NUOVI ORIENTAMENTI, TRA RIFLESSIONI E GIURISPRUDENZA, IN MATERIA DI LOTTIZZAZIONE ABUSIVA DI IMMOBILI ADIBITI A STRUTTURA RICETTIVA

di Marco Mecacci

In data 18 gennaio 2008, ho avuto l'immeritato onore di moderare un convegno di studi giuridici organizzato dall'Assessorato al Turismo del comune di Grosseto, intitolato con fresca ironia “La Albergo non è una Casa”.

L'incontro, ha visto la partecipazione di numerosi operatori pratici e studiosi provenienti da tutta Italia, ed ha riscosso un vasto successo di pubblico, sulla stampa locale, e tra gli addetti ai lavori.

Con queste mie brevi considerazioni darò conto, a quasi un anno di distanza, delle riflessioni che ho ricavato.

Al convegno di studi, non unico nel suo genere[1] ma indubbiamente peculiare per il taglio adottato, si è aggiunta tra le altre, la recente cassazione penale n. 24096 del 13/06/2008 (c. d. Sentenza Desimine)[2], redatta da uno dei più autorevoli studiosi ed operatori pratici del diritto urbanistico italiano (A. Fiale).

La sentenza, ha scolpito con la consueta efficacia espositiva “manualistica”, il metro di misura che dovrà orientare l'operatore pratico a fronte delle fattispecie concrete per individuare quelle di rilevanza penale.

Anche se con un po' di presunzione che il lettore mi vorrà perdonare, mi permetto di affermare che entrambi gli eventi, il Convegno e la Sentenza, seguono una nuova direzione di studio e applicazione della materia.

Di seguito dunque, riepilogati in sintesi gli esiti del Convegno, esporrò anche la mia personale opinione su questa pronuncia giurisprudenziale, avviata probabilmente a divenire una nuova pietra miliare del diritto urbanistico.

Preciso ovviamente, che la mia opera non ha alcun valore e/o pretese di esaustività, nell'attesa di doverose critiche ed osservazioni.

Il Convegno di Studi Giuridici.

Breve introduzione.

Durante la preparazione, e dopo l'esecuzione dei lavori, è subito emerso che l'incontro non ha avuto soltanto il merito di far esaminare e discutere un fenomeno giuridico ad autorevoli esperti della materia.

Con un inconsueto connubio tra teoria e pratica, sono stati elaborati nuovi spunti di riflessione partendo da approcci apparentemente diversi e distinti, per giungere ad univoche conclusioni sull’illiceità del fenomeno dei c. d. “falsi alberghi”.

I numerosi operatori pratici uditi infatti, tutti impegnati dal “fenomeno” nella quotidiana vita lavorativa, dopo avere parlato della loro esperienza e dei problemi che debbono affrontare, mi portano ad ipotizzare altri spunti di riflessione giuridica sulla sua continua e magmatica evoluzione pratica, che aggiungo alle precedenti riflessioni[3].

Questa operazione, è stata possibile non solo indagando sulle fattispecie concrete, ma anche grazie all'analisi di fenomeni speculativi adiacenti,  non sovrapponibili a quelli oggetto di studio, ma tuttavia indice di “costanza” nei comportamenti.

Alcune soluzioni emerse, e la narrazione di esperienze concrete che hanno avuto il merito di trovare soluzioni pratiche, forniscono senza dubbio altri spunti.

Un ampia congerie di interventi infine, più strettamente tecnico - giuridica, ha delineato per la prima volta un quadro d'insieme della situazione talora fin troppo fosco della situazione.

Anche in questo caso però, il modo di affrontare i temi trattati non è stato astratto né dogmatico, ma funzionale. Ha infatti tratto spunto da fattispecie reali affrontate dalla giurisprudenza, o da un esame pratico e sostanziale degli effetti concreti che conseguono o potrebbero conseguire dalle recenti evoluzioni normative.

Di seguito dunque, solo un mio personalissimo sunto.

Le questioni affrontate dal Convegno.

Gli aspetti attinenti al diritto penale, quelli attinenti al diritto amministrativo, i problemi aperti di diritto civile

Le pronunce giurisprudenziali che hanno ritenuto sussistente il reato di lottizzazione abusiva in ipotesi di cessione a privati per finalità diverse dall'uso turistico imprenditoriale, di residenze turistico alberghiere (RTA) e Case appartamenti vacanza (CAV), sono ormai note[4].

Tutti i relatori che hanno trattato molti dei moltissimi e quasi innumerevoli aspetti, lo hanno evidenziato a chiare lettere: con queste pronunce innovative, le corti hanno affrontato per ora, e a loro modo di vedere risolto, una parte del fenomeno; quella destinata alla sanzione penale[5].

Sempre ben delineato, anche se non del tutto, appare l’aspetto pratico legato all'elemento soggettivo del reato, con particolare riferimento alla liceità o meno della materiale redazione degli atti di trasferimento da parte dei notai.

Un esame comparato ed approfondito di alcune recenti disposizioni intervenute (Dlgs. 305/2005 e L. 246/2005), inquadra legittimamente le disposizioni come norme di semplificazione soltanto “apparente”[6]

Legittimo e opportuno, pare dunque il richiamo ad un attento uso dell'atto notarile come strumento di circolazione di questa particolare categoria di beni.

Nelle altre materie connesse però, nonostante gli sforzi, rimangono aperte numerose e altrettanto vaste questioni.

Una di queste, di diritto urbanistico, concerne i difetti e i vuoti delle regole che disciplinano l'edificazione  delle opere.

E’ indubbio, infatti, che le disposizioni di apertura al rilascio dei titoli abilitativi mediante semplici atti asseverativi[7], unite alle carenze e ai ritardi nell’approvazione degli atti di localizzazione delle funzioni imputabili agli enti titolari del potere di programmazione sul territorio, incentivino il ricorso a condotte che si concretano nella consumazione del territorio, spesso addirittura protetto anche da vincoli sovraordinati, per finalità verosimilmente speculative[8].

Ancora senza soluzione univoca, e in attesa di studio, è la questione concernente la validità civilistica degli atti di trasferimento dei beni. L’impressione di grande caos ricavata dall’esame delle molteplici tecniche elusive scoperte, e la “fantasia” impiegata dagli autori delle condotte per il raggiungimento dello scopo, troverà senza dubbio ragioni di approfondimento.

Per il momento, non essendo a conoscenza di studi specifici sulla materia, mi limito a segnalare la questione, con riserva anche di un futuro riesame.

Riflessioni personali

Accanto alle tematiche affrontate direttamente dai vari interventi, emerge a mio avviso un altro aspetto d'insieme saliente, relativo alla qualificazione della condotta.

Il complesso di operazioni che spesso portano alla realizzazione di immobili destinati a soddisfare finalità “turistico – ricettive”, poi ceduti a privati cittadini privi di qualsiasi intento imprenditoriale, non è soltanto identificabile nell’utilizzo dell’immobile per finalità diverse dalla destinazione originaria, come ipotizzano le abili difese e come talvolta emerge dagli atti d’indagine (mutamento di destinazione d'uso meramente funzionale).

Sul punto, il chiarimento fornito dalla sentenza “Desimine”, di cui dirò di seguito, è solare e difficilmente attaccabile.

Infatti, l’insediamento del privato cittadino nel bene costruito, è l’effetto della condotta, il suo risultato finale, non ciò che ha originato la discrasia tra le regole giuridiche ed il comportamento materialmente riscontrato.

Intendere dunque che l’unico aspetto illecito, peraltro soltanto a livello amministrativo, sarebbe il mutamento di destinazione d’uso, vorrebbe dire confondere le cause con gli effetti.

D’altra parte però, anche la tesi assolutamente prevalente in giurisprudenza, che il mutamento di destinazione d’uso degli immobili preordinato, è fattispecie individuabile “da sola” come lottizzazione abusiva, potrebbe prestare il fianco a critiche per difetto di tassatività della sanzione penale, come già ripetutamente evidenziato dalla dottrina[9], e a livello pratico.

Si impone dunque una riflessione su quanto emerso dalle relazioni, per sommi capi e senza pretesa alcuna, allo scopo di verificare se quelli finora proposti siano gli unici inquadramenti possibili, o se invece sia forse ipotizzabile una rielaborazione anche della fattispecie astratta del reato di lottizzazione.

Gli interventi dei vari relatori, ci hanno esposto che le attività riscontrate nella pratica per mettere in atto il fenomeno, si concretano in attività giuridiche e in attività concrete.

A parte le attività dirette al raggiungimento dei titoli abilitativi, di cui si dirà di seguito, una prima attività giuridica consiste nel simulare l’esistenza di una gestione unitaria.

L’apparente unicum gestionale, è raggiunto dissimulando il più possibile l’utilizzo del bene per finalità prive di lucro (prima casa d’abitazione o seconda casa di vacanza). Lo scopo, è realizzato compiendo atti di trasformazione giuridica del bene (creazione di società di gestione, affitto d’azienda etc….), che sicuramente violano le disposizioni tributarie di legge vigenti. In quanto attività di simulazione relativa (si crea l’apparenza di un negozio mentre in realtà ne esiste un altro), l’opera ha sicuramente carattere materiale e non meramente “cartolare”[10].

Con un’altra serie di attività compiute spesso in violazione delle norme tecniche di attuazione dei vari strumenti, o in contrasto con disposizioni specifiche aventi ad oggetto le modalità costruttive, gli immobili vengono realizzati nel rispetto soltanto apparente delle normative di settore, ma in realtà presentano deficienze strutturali rispetto alla tipologia costruttiva, o presentano caratteristiche che invece non dovrebbero avere.

Il riferimento è all’assenza di quegli standards che dovrebbero essere invece presenti in tutti gli edifici aperti al pubblico, dunque anche in una struttura ricettiva, e alla presenza di altre attività edilizie (realizzazione di suddivisioni interne degli spazi), che sono invece  tipiche delle case d’abitazione privata, perciò incompatibili con l’attività alberghiera[11].

Questi nuovi e ulteriori spunti pratici, possono rivelarsi idonei a verificare se il titolo abilitativo e gli atti antecedenti e/o successivi alla sua esistenza, legittimino o meno l’immobile edificato e poi ceduto a terzi per l’esercizio di attività diverse ed incompatibili con la finalità turistico – ricettiva. Qualora fosse accertato che la realizzazione si è verificata senza il rispetto delle disposizioni inderogabili che hanno ad oggetto le tecniche di edificazione e degli standards urbanistici vigenti per la tipologia di immobile interessato, il passo per ipotizzare l’esistenza di una lottizzazione abusiva non più cartolare, ma materiale, sarebbe già compiuto[12].

In simili ipotesi, sarebbe infatti indubbio che la condotta posta in essere nulla ha a che vedere con il mutamento di destinazione d’uso meramente funzionale del bene.

Inquadrare il fenomeno come mero abuso edilizio secondario, pertanto, finirebbe per descrivere, in modo errato ed incompleto il risultato di un’attività complessiva, non la condotta effettivamente posta in essere.

Cioè confondere le cause con gli effetti.

Brevi note sulla c.d. Sentenza “Desimine”; Cass 13/06/2008 n. 24096.

L'indubbio pregio della pronuncia che mi accingo a commentare[13], é quello di cercare per la prima volta, un inquadramento sistematico delle condotte di trasformazione, con atti successivi o ab origine, delle strutture ricettive in civili abitazioni ad uso residenziale.

Inquadramento sistematico che ha come primo scopo l'individuazione degli oggetti giuridici lesi dalle condotte incriminate.

Con estrema lungimiranza, la cassazione guarda non solo alla normativa penale astrattamente applicabile alla fattispecie concreta esaminata, e andando forse anche oltre i limiti oggettivi del giudizio cautelare, compie un esame accurato e puntuale delle disposizioni normative e degli atti amministrativi di governo del territorio vigenti nel locus commissi delicti.

La finalità del vasto ed approfondito esame normativo é chiara all'interprete: costituisce principio ben noto che la sussistenza o meno di una condotta qualificabile come reato dipende dalla verifica che il comportamento oggetto d'indagine, sia o meno conforme alle disposizioni normative concernenti la programmazione del territorio, e alle prescrizioni dell’Autorità alla quale è attribuito il Pubblico Potere che si assume violato.

Per queste ragioni la sentenza, pur pronunciata in fase cautelare, si addentra subito nell'esame della normativa di dettaglio e degli atti di programmazione allo scopo, proprio di compierne un celere inquadramento “pratico” e passare da un piano astratto e sistematico accusabile di dogmatismo, ad un'interpretazione funzionale meramente ancorata alla realtà oggetto di accertamento di fatto.

Anche se mi é assolutamente ignota l'esistenza di un qualche “link”, e a supporlo pretenderei sicuramente troppo, la sentenza pare affrontare e risolvere le questioni in modo funzionale, “in concreto”, abbandonando quegli indirizzi troppo fumosi e a rischio di indeterminatezza, che qualificavano come lottizzazione meramente “cartolare” l'attività avente per risultato (ma non per condotta) il mutamento della destinazione d'uso degli immobili[14].

Il risultato concreto ottenuto da questa operazione di indubbio fascino, sposta il campo dell'indagine e porta a ritenere che la configurazione astratta della contravvenzione di cui all'art. 44 l. a Dpr 380/01, non sia più ancorata alla verifica delle mere attività negoziali compiute come invece affermava, su tutte, la sentenza Ambrosioni (cass. 6889/2006).

Non si guarda più, in altre parole, all'esistenza e al contenuto degli atti di trasferimento degli immobili che, consegnando la titolarità dei beni in mano a soggetti privi di scopi imprenditoriali, finiscono con attività di cessione immobiliare “a catena”[15] per espropriare l'ente del potere di programmazione del territorio.

Il nuovo indirizzo della sentenza Desimine, infatti, individuata la normativa della legge regionale applicabile, scende all'esame dell'eventuale violazione concreta dei provvedimenti amministrativi attraverso i quali viene estrinsecato il governo del territorio.

Il reato, più nel dettaglio, è ritenuto sussistente ogni qual volta sussista una lesione “significativa” della potestà pianificatoria dell'ente locale che si traduca come risultato, nell'utilizzazione  degli immobili (destinazione d'uso), in contrasto assoluto o relativo con lo strumento urbanistico[16].

Un altro aspetto di indubitabile pregio della pronunzia, é poi riferibile al chiarimento fornito in merito alla possibile sussistenza della contravvenzione, nel caso di lottizzazione abusiva di “edifici”, e  non di terreni.

Una delle prime pronunce in materia (sent.. Ligresti), ormai risalente nel tempo, ha affermato l'insussistenza del reato nel caso che la condotta [17] avesse avuto ad oggetto edifici e non fondi per il principio di tassatività.

Le successive e più recenti pronunce che hanno preceduto l'ultimo arresto giurisprudenziale, invece, hanno ritenuto sussistente il reato, pur senza fornire adeguate argomentazioni convincenti che superassero questa interpretazione tipicamente stretta e propria del diritto penale.

Il pregio della sentenza Desimine, è di avere chiarito in modo inequivocabile – anche se discutibile – che l'espressione “terreno” contenuta nell'art. 3 comma 4 DPR 380/2001, non deve intendersi come riferita unicamente agli immobili sui quali non insiste alcuna edificazione opera dell'uomo, ma deve intendersi come riferita all'oggetto della programmazione urbanistica, cioè al territorio nel suo insieme, edificato o meno[18]

Pur affrontando le questioni in modo indubbiamente innovativo e con approfondimenti di alto livello tecnico, non mi sento di escludere alcune critiche alla pronuncia.

Lo sforzo interpretativo che ha portato all'individuazione come “indice primario” della condotta lottizzatoria la violazione delle disposizioni dell'atto amministrativo di programmazione generale del territorio, rischia infatti di riaprire il campo a possibili eccezioni di difetto di tassatività e determinatezza della fattispecie, non essendo questo un parametro chiaro ed univoco, poiché come è noto esistono circa ottomila “atti di programmazione generale del territorio” cui occorrerebbe fare riferimento, tanti quanti sono i comuni italiani.

E' pertanto possibile che fattispecie concretamente omogenee siano in alcuni casi oggetto di sanzione penale e in altri non lo siano, a seconda delle previsioni di piano, anche per l'ipotesi che questo fosse manifestamente illegittimo.

Infatti non sempre si potrebbe affermare la sussistenza della fattispecie di reato nel caso di atto di programmazione adottato in palese contrasto con le disposizioni di legge, regionale o nazionale, in materia di programmazione del territorio, o in difetto dell'adozione di atti di indirizzo doverosi (su tutti il piano di localizzazione delle funzioni).

Il giudice chiamato a decidere infatti, riscontrata la palese illegittimità dello strumento urbanistico, dovrebbe acquisire anche la prova che detta illegittimità deriva da comportamenti imputabili al lottizzatore, e in difetto disapplicare l'atto amministrativo in bonam partem.

Firenze, 6 ottobre 2008

Marco Mecacci.

 


[1] Cfr ad esempio, convegno “RTA, Residenze Turistico Alberghiere” tenutosi il 22 settembre 2007 nella Sala Congressi del complesso monumentale di Santa Caterina a Finalborga a Finale Ligure (SP), cfr: http://www.notariato.it/Notariato/StaticFiles/Convegni/Finale-07.pdf

[2] Tutti gli atti del convegno sono reperibili, oltre che sul sito del comune di Grosseto, Ufficio Turismo, che ha curato al redazione di un CD Rom interattivo disponibile su richiesta su http://web.mac.com/comitatopercampiglia/Comitato_per_Campiglia/rta:_falsi_alberghi.html

[3] Cfr M. Mecacci L’elemento soggettivo nella lottizzazione abusiva cartolare di c.a.v. e r.t.a., su http://www.altalex.com/index.php?idnot=38693 e su http://www.urbanisticaitaliana.it/modules.php?name=News&file=article&sid=2518

M. Mecacci Riflessioni problematiche sulla compravendita frazionata di immobili posti in strutture ricettive “c.a.v.”, su http://www.altalex.com/index.php?idnot=37600 e su http://www.urbanisticaitaliana.it/modules.php?name=News&file=article&sid=2210

[4] Il solco di pronunce giurisprudenziali, é ormai costante, soggetto ad aggiornamento giornaliero. Solo per un primo approccio, cfr, Mecacci L'elemento soggettivo...... cit, nota n. 5,  e   Gianluca D’Oria “LA LOTTIZZAZIONE ABUSIVA TRA PRINCIPI GARANTISTICI E ISTANZE DI TUTELA” http://web.mac.com/comitatopercampiglia/Comitato_per_Campiglia/rta:_falsi_alberghi.html link _D'Oria_Gianluca.pdf

[5] Cfr. nella relazione del Prof D’Oria, l'ampio excursus giurisprudenziale dalla sentenza Repino (Cass. Pen. 20661/2004), in poi. Cfr. di seguito la cassazione “Desimine”.

[6] Cfr. Avv. Maini   :”mi sentirei di auspicare l’accoglimento della posizione giusta la quale ove il notaio, con la ordinaria diligenza - che

può  e  deve  pretendersi  dall’esperto  professionista, possa / debba  essere  in  grado,  anche  doverosamente indagando la reale volontà delle parti,  di riconoscere gli indizi della lottizzazione abusiva, egli deve astenersi dal rogare / autenticare l’atto (che deve ritenersi nullo), (colposamente) concorrendo, altrimenti, nel reato – e salvo, in ogni caso, l’obbligo di denuncia, che è a tutela di un diverso bene giuridico.

Cfr. Stefano Maini: “Lottizzazione abusiva: i soggetti attivi nella giurisprudenza di legittimità”http://web.mac.com/comitatopercampiglia/Comitato_per_Campiglia/rta:_falsi_alberghi.html link Maini_Stefano.pdf

[7] Cfr Mecacci,  M., L ’elemento  soggettivo cit., nota 13: “...le attività edilizie vengono legittimate da iter procedimentali che prevedono il ricorso da parte della p.a. a strumenti di decisione concordata (es. S.U.A.P.), che talora possono sollevare dubbi sull’effettività del controllo sulle attività edilizie. Assai frequente, è il ricorso tramite conferenza di servizi, alle disposizioni del Dpr 447/1998, che prevede forme decisorie accelerate (non sempre oggetto di specifico controllo) per la ristrutturazione e la riconversione di impianti produttivi, per l’esecuzione in questi di opere interne, e per la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi. Accade poi altrettanto spesso grazie all’iter accelerato, che venga legittimata l’esecuzione degli interventi edilii mediante forme semplificate (su tutti la DIA), nonostante la norma preveda la necessità di un titolo abilitativo equipollente a quello oggetto di concreta esecuzione (art. 6 Dpr 447/1998)”.

[8] Cfr. così si esprime chiaramente nella sua relazione il prof. Grasso: “...se io deturpo una costa non potrò mai riavere quella costa esattamente com'era prima che fosse fatto l'intervento, è qualcosa che crea danni permanenti e irreversibile. Allora questo tipo di analisi ci porta a prestare grandissima attenzione a questo fenomeno di elusione del diritto qui il problema qual'è è sempre come abbiamo detto prima un problema etico. C'è il problema della ingegnosità di chi si trova a fronteggiare determinate situazioni che cerca di cogliere nella norma dei margini, dei limiti dei cavilli per poter realizzare qualcosa che alla fine della fiera risulterà essere illegittimo. Ovviamente tutto questo accade con la complicità più o meno chiara di tutta una serie di soggetti che sono intervenuti a vario titolo nella realizzazione di queste opere”. Cfr. “Tutela del Paesaggio e speculazione edilizia tra ecomostri e ripristino della legalità”, http://web.mac.com/comitatopercampiglia/Comitato_per_Campiglia/rta:_falsi_alberghi.html link Grasso_Nicola.pdf

[9] Fra le molteplici critiche, chiarissima l'esposizione del Prof. D'Oria, cit., che parla di: “...incontestabile “ruolo di supplenza” che la giurisprudenza è stata chiamata talora a ricoprire a fronte di un contesto normativo particolarmente complesso, di non sempre agevole interpretazione, caratterizzato ancora, nonostante le riforme del passato, da un percepibile deficit di determinatezza e, dunque, da un’ampia discrezionalità ermeneutica giurisprudenziale”.

[10] Il Prof. Andreani, con acume, si sofferma sul fatto che tutte le tecniche elusive sono dirette a dimostrare l'esistenza di un'impresa in perdita. Oltre a non essere credibili anche a livello logico, simili attività possono essere agevolmente ricondotte, a livello fiscale, all'opinione giurisprudenziale che ritiene simulato il compimento di atti palesemente antieconomici. Cfr. Giulio Andreani “Disciplina fiscale e fattispecie controverse”  http://web.mac.com/comitatopercampiglia/Comitato_per_Campiglia/rta:_falsi_alberghi.html link Andreani_Giulio.pdf

[11] Nella relazione del Maresciallo Domenico Martiniello, sono elencate molteplici carenze strutturali degli immobili rivenute in fase d’indagine. Il vasto elenco di disposizioni che si assumono violate, come già esposto in narrativa, può essere suddiviso in attività compiute in contrasto con gli obblighi dell'albergatore e deficit strutturali edilizi. Limitando l'indagine all'esperienza toscana e a quanto riferito dal Relatore, appartengono al primo gruppo, il mancato rispetto delle disposizioni regolamentari previste dalla legge 42/2000 ed emanate con regolamento del 23/4/2001 n. 18/R, allegati E e F, che disciplina lo svolgimento dell'attività ricettiva. Altre disposizioni non osservate, riguardano gli obblighi imposti agli albergatori dal Testo unico di Pubblica Sicurezza (RD 18 Giugno 1931, n. 773), e quelli del Dlgs. 196/2003, Codice in materia di protezione dati personali (informativa ex art. 13, consenso ex art. 23 etc.). cfr. O. Salvini, D. Martiniello “Il fenomeno dei falsi alberghi”, su http://www.urbanisticatoscana.it/modules.php?name=News&file=article&sid=2852

Sono poi riconducibili a violazioni di disposizioni edilizie e regole sugli standards costruttivi, il mancato rispetto dell'art. 34-bis l.r. Toscana 42/2000, comma 3, sulle superfici minime delle camere e degli alloggi. Sempre a questa categoria, appartengono accertamenti che verificano l'assenza di opere edilizie dirette all'abbattimento o al superamento delle barriere architettoniche, così come previsto dall'art 82 T.u. Edilizia (Dlgs 380/2001) e da tutte le varie disposizioni di settore per gli edifici aperti al pubblico. Mancano spesso, infine, mezzi idonei ad assicurare la prevenzione degli incendi, così come previsto per gli edifici aperti al pubblico dalla normativa di settore( D.M. 10/3/1998 D.M. 4/4/1994, DPR 37/98).

Sempre con riferimento all’esperienza Toscana, va evidenziata un’incongruenza normativa relativa agli immobili adibiti a Case ed appartamenti per vacanze (CAV). Mentre per le Residenze turistico alberghiere (RTA), il regolamento di attuazione del Testo Unico sul Turismo (L.R.T. 42/2000) detta molteplici disposizioni di dettaglio sulla conformazione edilizia degli immobili (sopra richiamate), l’art. 40 fa genericamente riferimento, per le strutture CAV, ai “requisiti igienico – edilizi previsti per le case di civile abitazione, anche per quanto attiene alle camere e agli altri locali”, pur essendo gli immobili strutture per definizione aperte al pubblico. Trattandosi di norma regolamentare, non è difficile ipotizzarne l’illegittimità, o comunque la necessaria disapplicazione a fronte delle disposizioni di rango superiore incompatibili del T.U Edilizia sull’abbattimento delle barriere architettoniche, della l. 104/92 etc….. la l. 46/90 non si sa se si riferisce alla certificazione di impianti relativi a civili abitazioni o a impianti destinati ad attività produttive e a strutture ricettive………

[12] Tutto ciò in accordo, ma anche di complemento a quanto sostenuto dal Prof. D'Oria (cfr. link. cit.) in riferimento ad attività successive alla materiale realizzazione dell'immobile. Scrive infatti l'Autore che il mutamento funzionale della destinazione d'uso mediante il frazionamento successivo di immobili già realizzati, costituirebbe indubbiamente indice di lottizzazione materiale, in linea peraltro con quanto già affermato dalla sentenza Repino. A mio giudizio, infatti, l'accertamento di violazioni nell'attività di gestione e di violazioni degli obblighi sulle modalità di edificazione delle strutture aperte al pubblico, costituisce senza dubbio indice di una volontà lottizzatoria materiale.

[13] La massima ed il testo integrale della sentenza (in formato .pdf) sono reperibili su http://www.lexambiente.it/article-print-4244.html

[14] Sul punto, mi permetto di richiamare quanto esposto dal Prof. D'ora e riferito in nota n. 8 in merito al deficit di determinatezza della fattispecie. Io stesso, nel primo scritto dedicato alla problematica ho cercato di inquadrare la fattispecie, verosimilmente errando, come lottizzazione “cartolare”, ingannato dalla ingolarità di un fenomeno apparentemente “neutro” e privo di connotati “abusivi”.

[15] Tipicamente, la stipulazione di atti d'obbligo unilaterali spesso di fatto non controllabili dai comuni, cui segue la stipulazione di atti di compravendita con “vincolo di destinazione” e/o procure ad amministrare le “parti comuni” a soggetti terzi.

[16] Con grande finezza tecnica e proprietà di linguaggio urbanistico, la sentenza precisa che il contrasto è “assoluto” se la destinazione d'uso è vietata nella zona oggetto di condotta lottizzatoria. Il contrasto è invece “relativo” se il frutto dell'attività lottizzatoria porta ad una destinazione d'uso concreta dell'immobile che, pur consentita dall'atto amministrativo generale di programmazione, ne oltrepassa i limiti conformativi. In altre parole, il reato sussiste anche se l'attività lottizzatoria porta al mutamento di destinazione d'uso in una zona in cui è consentita la realizzazione di civili abitazioni, se il mutamento medesimo avviene in violazione dei limiti dimensionali volumetrici consentiti e/o delle modalità edificatorie licitate (ad es violazione delle distanze, violazione del regolamento edilizio etc..).

[17] Cfr G. D'Oria, cit,  riferendosi alla Sentenza Repino sopra indicata, parla di un “ nuovo filone interpretativo che segna, nel corso degli anni, il definitivo superamento del principio fatto proprio dalla sentenza Ligresti del ‘91 (Sez. III, 4 8 maggio 1991, Ligresti, in Riv. giur. edil., 1992, I, p. 1004) secondo cui “il reato non è configurabile neppure nell’ipotesi in cui [l’]autorizzazione contrasti con norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale e produca una considerevole modificazione della destinazione d’uso degli edifici in contrasto con le indicazioni di zona”; una corretta interpretazione della norma, infatti, “non consente di intravedere il reato di lottizzazione se non quando siano modificati i terreni e non gli edifici”............

[18] Pur non richiamandolo in modo espresso, pare di capire che in materia urbanistica venga ritenuto applicabile il noto brocardo latino “QUIDQUID INAEDIFICATUR SOLO CEDIT”, essendo logicamente l'attività costruttiva che si concreta nella realizzazione dell' AEDIFICIUM un posterius rispetto al bene immobile sul quale avviene. Modificare un edificio con scopi lottizzatori significa, in altre parole, modificare il terreno sul quale insiste.