Consiglio di Stato Sez. III n. 6840 del 1 agosto 2025
Caccia e animali.Presupposti del divieto di detenzione di armi
A prescindere dalle risultanze e dagli esiti penali, la valutazione sull’affidabilità dell’interessato può essere fondata su fatti significativi ai fini dell'applicazione dell'art. 39 TULPS (r.d. n. 773 del 1931). In particolare, qualora risultino circostanze comunque connesse all'uso delle armi e alla finalità di detenzione delle stesse (ad esempio, come nel caso in esame, caccia con strumenti proibiti e deposito improprio delle munizioni), si può desumere la insussistenza in capo al titolare dell'autorizzazione delle sufficienti garanzie di non abusare. L'art. 39 TULPS attribuisce infatti alla Prefettura la facoltà di vietare la detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti quando sia riscontrabile una capacità “di abusarne”, mentre il successivo art. 43 consente alla competente autorità - in sede di rilascio o di ritiro dei titoli abilitativi - di valutare non solo tale capacità di abuso, ma anche, in alternativa, l'assenza di una buona condotta, per la commissione di fatti, pure se estranei alla gestione delle armi, che non rendano i richiedenti meritevoli di ottenere o di mantenere la licenza di polizia, non occorrendo al riguardo un giudizio di pericolosità sociale dell'interessato. L'inaffidabilità all'uso delle armi è idonea a giustificare il ritiro, o il mancato rilascio, della licenza, senza che occorra dimostrarne l'avvenuto abuso, essendo sufficiente l'esistenza di elementi che fondino solo una ragionevole previsione di un uso inappropriato. La valutazione del Prefetto è caratterizzata da ampia discrezionalità ed ha lo scopo di prevenire, per quanto possibile, non solo i delitti, ma anche i sinistri involontari, che potrebbero avere occasione per la disponibilità di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili. Il giudizio alla base di tale provvedimento di divieto non è quindi un giudizio di pericolosità sociale bensì un giudizio prognostico sull'affidabilità del soggetto e sull'assenza di rischio di abusi, atteso che il divieto può fondarsi anche, come detto, su situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma che risultano genericamente non ascrivibili a buona condotta.
Pubblicato il 01/08/2025
N. 06840/2025REG.PROV.COLL.
N. 06295/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 6295 del 2023, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Sala della Cuna e Michela Pizzatti Sertorelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Prima, n. 1064 del 4 maggio 2023, resa tra le parti, concernente un provvedimento di divieto di detenere armi, munizioni e materiale esplodente.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’istanza di passaggio in decisione della parte appellante;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno 2025 il consigliere Nicola D'Angelo e udito l'avvocato dello Stato Wally Ferrante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il signor -OMISSIS- ha impugnato dinanzi al Tar di Milano il decreto del 4 marzo 2019 con il quale il Prefetto della Provincia di Sondrio ha disposto nei suoi confronti il divieto di detenzione di armi, munizioni e materiale esplodente.
1.1. In particolare, il provvedimento prefettizio è stato adottato in relazione al deferimento all’Autorità Giudiziaria del ricorrente per violazione degli articoli 21, lett. u) e 30 lett. h) della legge n. 157 del 1992, nonché per la violazione dell’art. 20 della legge n. 110 del 1975. In sostanza, perché “esercitava la caccia con mezzi vietati, in particolare con l’uso di lacci” e “depositava munizioni di sua proprietà all’esterno della sua abitazione, in corrispondenza di una legnaia”.
2. Il Tar, con la sentenza indicata in epigrafe (n. 1064 del 2023), ha respinto il ricorso, condannando il ricorrente alle spese di giudizio.
2.1 Lo stesso Tribunale ha infatti rilevato che l’Autorità amministrativa ben poteva valorizzare, nella loro oggettività, sia fatti di reato, sia vicende e situazioni personali che pur non assumendo rilevanza penale fossero comunque sufficienti a definire ex art. 39 TULPS circostanze non ascrivibili alla buona condotta e all’affidabilità. Nel caso di specie, risultava che il ricorrente aveva utilizzato strumenti vietati per la caccia e comunque depositato delle munizioni all’esterno della sua abitazione, in corrispondenza di una legnaia. E tale ultima incontestata condotta poteva essere qualificata in termini di incauta custodia di armi e quindi giustificare il divieto di detenzione.
3. Contro la suddetta sentenza ha proposto appello il signor -OMISSIS-prospettando un articolato motivo di censura.
3.1. Il richiamo svolto nel decreto del Prefetto di Sondrio al deferimento all’autorità giudiziaria per la violazione dell’articolo 20 della legge 157 del 1992 (omessa custodia di munizioni) non sarebbe stato possibile in quanto la Procura della Repubblica di Sondrio non ha ritenuto di iscrivere il ricorrente per tale titolo di reato, mentre viceversa ha proceduto per il reato previsto e punito dall’articolo 21 e 30 lettera h) della stessa legge (esercizio della caccia con mezzi vietati). Le violazioni riconducibili all’articolo 30, comma 1, lettera h), della legge 157 del 1992 sarebbero però già prese in considerazione dall’articolo 32, comma 1, lettera a), come infrazioni amministrative punite con la sospensione della licenza di porto di fucile per uso caccia, oltre tutto solamente in caso di recidiva. Tali previsioni debbono tuttavia essere considerate fattispecie sanzionatorie speciali e quindi prevalenti rispetto alla norma generale dell’articolo 39 del TULPS. La Prefettura, di conseguenza, non avrebbe potuto sanzionare ai sensi del citato articolo un episodio che rientrava già in una singola previsione tra quelle codificate nell’articolo 30, comma 1, lettera h). In ogni caso, il provvedimento adottato sarebbe stato affetto da difetto di motivazione oltre che contraddittorio. Il Prefetto di Sondrio non avrebbe valutato concretamente, come invece previsto dall’art. 39 TULPS, la possibilità del ricorrente di abusare o meno delle armi.
3.1.1. La sentenza impugnata sarebbe dunque erronea laddove ha compiuto una serie di valutazioni non riferite al contenuto motivazionale del provvedimento impugnato (in particolare, nel citato richiamo all’art. 20 della legge n. 110 del 1075 sull’omessa custodia di armi, circostanza poi rilevatasi insussistente).
4. Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio il 4 settembre 2023.
5 Con ordinanza n. 3933 del 25 settembre 2023 questa Sezione ha respinto l’istanza di sospensione degli effetti della sentenza impugnata, presentata contestualmente al ricorso, con la seguente motivazione: “Considerato che le circostanze addotte dall’Amministrazione, a prescindere dalle vicende penali, appaiono giustificare il disposto divieto di detenzione delle armi, delle munizioni e del materiale esplodente”.
6. Con nota depositata l’11 dicembre 2024 parte appellante ha dichiarato la permanenza dell’interesse alla decisione dell’appello.
7. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza pubblica del 5 giugno 2025.
8. L’appello non è fondato.
9. Preliminarmente, va rilevato che l’Autorità di pubblica sicurezza ha un’ampia discrezionalità
nella valutazione dei requisiti di affidabilità del soggetto nell'uso e nella custodia delle armi. Tale valutazione poi si caratterizza per una sostanziale autonomia rispetto agli accertamenti eventualmente condotti in altre sedi.
10. Ciò detto, nel caso di specie, l’appellante è stato deferito per violazione degli artt. 21, lett. u) e 30 lett. h) della legge n. 157 del 1992, nonché per violazione dell’art. 20 della legge n. 110 del 1975. A seguito del suddetto deferimento sono stati aperti dalle competenti Autorità diversi procedimenti, l’uno, di competenza della Prefettura, finalizzato all’adozione del divieto di detenzione di armi e munizioni, sfociato nell’impugnativa oggetto del presente giudizio, l’altro, di competenza della Questura di Sondrio, finalizzato alla sospensione/revoca della licenza di porto di fucile, che è stato sospeso attesa l’intervenuta impugnazione, in sede giurisdizionale, del divieto di detenzione. Parallelamente, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sondrio ha avviato un procedimento nei confronti dell’odierno ricorrente per il reato di cui agli artt. 21 lett. u) e 30 lett. h) della legge n. 157 del 1992, conclusosi con decreto di archiviazione per intervenuta oblazione.
11. L’appellante sostiene che alla luce delle suddette circostanze l’Amministrazione non avrebbe potuto procedere all’adozione del provvedimento inibitorio, ma tale affermazione, come già evidenziato dal Tar, non può essere condivisibile.
11.1. A prescindere dalle risultanze e dagli esiti penali, la valutazione sull’affidabilità dell’interessato può essere fondata su fatti significativi ai fini dell'applicazione dell'art. 39 TULPS (r.d. n. 773 del 1931). In particolare, qualora risultino circostanze comunque connesse all'uso delle armi e alla finalità di detenzione delle stesse (ad esempio, come nel caso in esame, caccia con strumenti proibiti e deposito improprio delle munizioni), si può desumere la insussistenza in capo al titolare dell'autorizzazione delle sufficienti garanzie di non abusare.
11.2. L'art. 39 TULPS attribuisce infatti alla Prefettura la facoltà di vietare la detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti quando sia riscontrabile una capacità “di abusarne”, mentre il successivo art. 43 consente alla competente autorità - in sede di rilascio o di ritiro dei titoli abilitativi - di valutare non solo tale capacità di abuso, ma anche, in alternativa, l'assenza di una buona condotta, per la commissione di fatti, pure se estranei alla gestione delle armi, che non rendano i richiedenti meritevoli di ottenere o di mantenere la licenza di polizia, non occorrendo al riguardo un giudizio di pericolosità sociale dell'interessato. L'inaffidabilità all'uso delle armi è idonea a giustificare il ritiro, o il mancato rilascio, della licenza, senza che occorra dimostrarne l'avvenuto abuso, essendo sufficiente l'esistenza di elementi che fondino solo una ragionevole previsione di un uso inappropriato. La valutazione del Prefetto è caratterizzata da ampia discrezionalità ed ha lo scopo di prevenire, per quanto possibile, non solo i delitti, ma anche i sinistri involontari, che potrebbero avere occasione per la disponibilità di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili. Il giudizio alla base di tale provvedimento di divieto non è quindi un giudizio di pericolosità sociale bensì un giudizio prognostico sull'affidabilità del soggetto e sull'assenza di rischio di abusi, atteso che il divieto può fondarsi anche, come detto, su situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma che risultano genericamente non ascrivibili a buona condotta.
11.3. In definitiva, quanto emerso in sede di deferimento da parte dei Carabinieri di -OMISSIS- (cfr. provvedimento impugnato sub allegato 3 all’appello), al di là delle successive vicende penali, può ritenersi condizione sufficiente a sostenere l’adozione del divieto adottato dalla Prefettura di Sondrio. Peraltro, l’applicazione al caso dell’art. 39 TULPS è stata corretta, tenuto conto che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, tale disposizione ha una diversa natura rispetto alla fattispecie speciale di cui all’art. 32, comma 1, lett. a), della legge n. 157 del 1992, che prevede, quale sanzione accessoria per il reato previsto dall'art. 30, comma 1, lett. h) la sospensione della licenza di porto fucile per uso di caccia, limitatamente all'ipotesi della recidiva. L’art. 39 è infatti un atto ampiamente discrezionale adottato all’esito di un giudizio probabilistico, seppure fondato su circostanze concrete, mentre l’art. 32 è una sanzione accessoria alla condanna penale di applicazione vincolata.
12. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.
13. Tenuto conto dei profili interpretativi della controversia, le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese del presente grado di giudizio.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità dell’appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:
Michele Corradino, Presidente
Stefania Santoleri, Consigliere
Nicola D'Angelo, Consigliere, Estensore
Ezio Fedullo, Consigliere
Luca Di Raimondo, Consigliere