TAR Lazio (RM), Sez. II-Bis, n. 6647, del 5 luglio 2013
Rifiuti.Illegittimità decreto Clini per il superamento della criticità della gestione dei rifiuti urbani nel territorio della Provincia di Roma, e i provvedimenti d’individuazione degli impianti di trattamento.

E’ illegittimo il D.M. 3 gennaio 2013del c.d. decreto Clini, con cui era nominato il Prefetto Sottile Commissario, ai sensi del comma 358 dell’art. 1 della l. n. 228 del 24 dicembre 2012, per il superamento della situazione di grave criticità della gestione dei rifiuti urbani nel territorio della Provincia di Roma, ed al conseguente provvedimento commissariale con cui erano individuati quattro impianti TMB per il trattamento meccanico e biologico dei rifiuti indifferenziati di Roma, Fiumicino, Ciampino e Stato della Città del Vaticano, tra cui quello sito nel Comune di Albano Laziale.

N. 06647/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00910/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 910 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Comune di Albano Laziale, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. ti Fabrizio Pietrosanti, Giulio Montanari, Sabrina Paparo, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via di Santa Teresa, 23;

contro

Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro p.t., Commissario per il Superamento della Situazione di Grave Criticità nella Gestione dei Rifiuti Urbani nel Territorio della Provincia di Roma, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, e presso la stessa domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
Roma Capitale, in persona del Sindaco p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Angela Raimondo, dell’Avvocatura comunale e presso la stessa domiciliata in Roma, via Tempio di Giove, 21; Regione Lazio, n.c.;

nei confronti di

S.p.a. Ama Roma, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Damiano Lipani, Francesca Sbrana e Laura Mammucari, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Vittoria Colonna, 40; 
S.r.l. Pontina Ambiente, n.c.;

per l'annullamento

con il ricorso introduttivo:

del decreto del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare in data 3 gennaio 2013 pubblicato in G.U. 7 gennaio 2013 n. 5;

del decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 9 gennaio 2013 di integrazione modifica del precedente;

dei provvedimenti del Commissario, Prefetto a riposo Goffredo Sottile, con cui è stata data applicazione ai suindicati decreti e sono stati individuati gli impianti cui conferire, previa diffida, per il trattamento dei rifiuti prodotti dai Comuni di Roma, Fiumicino, Ciampino e Stato della Città del Vaticano con le relative modalità;

degli ulteriori atti, provvedimenti , documenti, analisi e studi, relativi alle fasi sub-procedimentali, quali adottati dalla regione Lazio, ovvero da altri enti con i quali sono stati individuati i percorsi di soluzione alla dichiarata grave criticità;

in quanto occorra, del provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 22 luglio 2011, con cui è stato decretato fino al 31 dicembre 2012 lo stato di emergenza in relazione all’imminente chiusura della discarica di Malagrotta, nonché dell’O.P.C.M. 6 settembre 2011 n. 3963;

di ogni altro atto preordinato, presupposto, connesso e conseguente e collegato;

e con i successivi motivi aggiunti:

del decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare del 25 marzo 2013 recante “Integrazione al decreto 3 gennaio 2013, concernente specifica dei poteri del commissario per fronteggiare la situazione di grave criticità nella gestione dei rifiuti urbani nel territorio della provincia di Roma, ai sensi dell’art. 1, comma 358 della legge 24 dicembre 2012, n. 228”, pubblicato in G.U. 26 marzo 2013, n. 72.



Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, del Commissario per il Superamento della Situazione di Grave Criticità nella Gestione dei Rifiuti Urbani nel Territorio della Provincia di Roma, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di Roma Capitale e della S.p.a. Ama Roma;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 giugno 2013 il Consigliere Solveig Cogliani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Con il ricorso indicato in epigrafe, il Comune istante, esponeva i fatti che avevano condotto all’emanazione del c.d. decreto Clini 3 gennaio 2013, con cui era nominato il Prefetto Sottile Commissario, ai sensi del comma 358 dell’art. 1 della l. n. 228 del 2012, per il superamento della situazione di grave criticità della gestione dei rifiuti urbani nel territorio della Provincia di Roma di cui al d.P.C.M. 22 luglio 2011 e ss. modif., ed al conseguente provvedimento commissariale con cui erano individuati quattro impianti TMB per il trattamento meccanico e biologico dei rifiuti indifferenziati di Roma, Fiumicino, Ciampino e Stato della Città del Vaticano, tra cui quello sito nel Comune ricorrente.

Pertanto, l’Ente ricorrente deduceva i seguenti motivi di illegittimità:

1 – violazione dell’art. 5, l. n. 225 del 1992, del d.P.C.M. 22 luglio 2011, direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, essendo cessata l’emergenza in data 31 dicembre 2012;

2 – violazione dell’o.P.C.M. 3963 del 2011, dell’art. 1 commi 358, 359 e 360, l. n. 228 del 2012, dell’art. 5, l. n. 225 del 1992, nonché incompetenza e straripamento di potere, essendo previsti poteri del Commissario ulteriori rispetto a quelli prescritti nella citata ordinanza emergenziale;

3 – violazione dell’art. 120 Cost. e degli artt. 7 e ss. l. n. 241 del 1990, per la mancanza di un preventivo coinvolgimento del Comune interessato;

4 – violazione della direttiva 2008/98/CE, eccesso di potere per erronea valutazione e travisamento dei fatti, illogicità e difetto di istruttoria;

5 – violazione del TFUE in relazione al principio di precauzione;

6 – violazione degli artt. 177, 179 e 199, d.lgs. n. 152 del 2006, della direttiva 2008/98/CE, della direttiva 1999/31/CE, essendo necessario individuare le misure che garantiscano il miglior risultato ambientale complessivo;

7 – violazione dell’art. 13, direttiva 2008/98/CE, dell’art. 182-bis d.lgs. n. 152 del 2006 e del principio di autosufficienza e prossimità , al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi;

8 – eccesso di potere per sviamento rispetto alla finalità di ottemperare al dettato della Comunità europea;

9 – ancora eccesso di potere per sviamento, violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza delle scelte rispetto alle possibili opzioni, del tessuto normativo e ordinamentale, anche in relazione all’art. 117 Cost. e alla materia della tutela ambientale in relazione alle attribuzioni delle Amministrazioni resistenti, difetto di istruttoria e motivazione.

Pertanto, il Comune ricorrente chiedeva l’annullamento dei provvedimenti impugnati previa sospensione degli effetti.

Si costituivano per resistere al ricorso le Amministrazioni centrali e Roma Capitale, nonché l’AMA S.p.a..

Con ordinanza n. 692 del 2013, questa Sezione accoglieva l’istanza cautelare, in considerazione anche di profili di fumus boni juris in particolare sotto il profilo della completezza istruttoria, e fissava la data di trattazione del merito.

Tale provvedimento era riformato dal Consiglio di Stato alla luce delle emergenti ragioni di criticità.

Con il ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 23 aprile 2013, il Comune di Albano Laziale impugnava, altresì, il d.m. 25 marzo 2013 di integrazione del precedente decreto del 3 gennaio 2013 in ordine ai poteri commissariali, poiché erroneamente il provvedimento avrebbe ritenuto che impianti di TMB del territorio di Roma Capitale si troverebbero ad operare alla massima capacità autorizzata, senza, peraltro, considerare la specificità dell’area del Comune interessato su cui i provvedimenti impugnati vanno a produrre i loro effetti, sia con riguardo alla qualificazione dell’area, sia con riferimento a quanto rilevato dall’ARPA Lazio con nota prot. 88592 del 17 novembre 2010 sullo stato delle acque sotterranee, sia ulteriormente con riguardo alla capacità effettiva dell’impianto individuato.

Conseguentemente deduceva i seguenti ulteriori motivi di gravame:

1 – violazione degli artt. 29 octies e 29 nonies, d.lgs. n. 172 del 2006 ed incompetenza del Commissario in ordine all’adeguamento necessario dell’AIA dell’impianto di Albano Laziale;

2 – illegittimità derivata.

Il Comune produceva, peraltro, l’Autorizzazione Integrata Ambientale relativa all’impianto d’interesse.

Era respinta l’istanza di provvedimento cautelare monocratico.

Le Amministrazioni centrali insistevano sulla legittimità dei provvedimenti in ragione della diversità delle norme in forza delle quali i Commissari di cui all’o.P.C.M. n. 3963 del 2011 e successivamente per il superamento “della grave criticità” erano stati nominati. Ancora ribadivano la necessità dei provvedimenti per rispettare precisi vincoli comunitari.

Precisavano che i decreti ministeriali interessati sono stati pubblicati sulla G.U.R.I..

Per quanto concerne l’istruttoria, richiamavano le indagini commissionate al NOE, e le valutazioni dell’idoneità e della vicinanza degli impianti individuati.

Anche Roma Capitale controdeduceva in ordine alla capacità dei medesimi impianti.

L’AMA s.p.a. sottolineava la sussistenza del presupposto per l’attivazione dei poteri commissariali in relazione alla necessità di soluzioni di continuità. Evidenziava ancora i motivi di inadeguatezza degli impianti di Roma in riferimento al mancato completamento della raccolta differenziata. Ulteriormente, richiamava – quanto alla partecipazione degli interessati – la nota commissariale dell’8 gennaio 2013.

All’udienza di discussione la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

1 – Osserva il Collegio che il ricorso in esame ed i conseguenti motivi aggiunti muovono dalla primaria esigenza dell’Ente proponente di garanzia di interessi che attengono alla tutela di profili igienici e sanitari, che sarebbero compromessi dal sovraccarico dell’impianto sito nel territorio di competenza a causa dei provvedimenti del Commissario per il superamento della situazione di grave criticità nella gestione dei rifiuti urbani nel territorio della Provincia di Roma.

In particolare, infatti, con atto del Commissario del 15 gennaio 2013 erano diffidate “le Autorità competenti ed i soggetti interessati al conferimento e le Società coinvolte nonchè le Imprese titolari degli impianti TMB”, come individuati nella tabella, “a trattare nei predetti impianti, nei limiti della capacità residua autorizzata degli stessi, i rifiuti urbani indifferenziati prodotti dai Comuni di Roma Capitale, Fiumicino, Ciampino, e dello Stato della Città del Vaticano, entro il 25 gennaio 2013”.

Tra gli impianti interessati era indicato quello di Albano Laziale – Comune odierno ricorrente - di Pontina Ambiente S.r.l..

Tale provvedimento era assunto sulla base di quanto previsto dalla l. n. 228 del 2012 e del conseguente d.m. Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare del 3 gennaio 2013 e preso atto delle risposte pervenute dagli Enti e dalle Società a seguito delle richieste formulate con le note commissariali dell’8 gennaio 2013 02/U-C.C.R.U., 09/C.C.R.U., 14/U-C.C.R.U. circa l’effettiva capacità residua di trattamento dei singoli impianti.

Per quanto riguarda la fattispecie che occupa, si prendeva atto della nota n. 07 del 10 gennaio 2013 con cui la Pontina Ambiente S.r.l. comunicava la disponibilità stimabile per 50.000 t/a..

La tesi di parte ricorrente è finalizzata a contestare, dal punto di vista fattuale, per un verso l’insufficienza della capacità residua degli impianti romani che in via del tutto preliminare legittimerebbe l’intervento extra ordinem, su cui si verte, e, per l’altro, la fruibilità dell’impianto sito nel Comune ricorrente, in particolare in ragione degli esami effettuati dall’ARPA Lazio sulle acque sotterranee che evidenzierebbero il superamento dei limiti previsti dalla Tabella 2, All. 5, parte IV del d.lgs. n. 152 del 2006 con riferimento ai parametri di arsenico e cloroformio (nota prot. 88592 del 17 novembre 2010, doc. 5 allegato ai motivi aggiunti e nota prot. 0092747 del 18 novembre 2011, doc. allegato n. 9). Peraltro, il Comune ricorrente evidenzia che con nota prot. n. 7302/12 PTA 2.7 del 18 gennaio 2012 (doc. allegato 12)la Provincia di Roma aveva diffidato la Società interessata per tali superamenti (diffida che si ripeteva in data 18 gennaio 2012 – doc. allegato 13).

Del resto l’impianto interessato non è autorizzato a ricevere rifiuti da comuni non compresi nell’A.I.A., con la sola eccezione prevista a pag. 7 dell’allegato tecnico, dei rifiuti speciali non pericolosi nei limiti massimi del 10% della capacità annua dell’impianto, al fine di consentire all’impianto medesimo di gestire i “picchi” di rifiuti in entrata del proprio bacino di riferimento.

Così brevemente devono essere riassunte le questioni circa l’interesse fatto valere in giudizio e la connessa dedotta illegittimità dei provvedimenti commissariali contestati per quanto concerne le carenze istruttorie e motivazionali.

Del resto, siffatte carenze istruttorie erano state ritenute non prive – prima facie – di fondamento, da questa Sezione, già a seguito della proposizione del ricorso introduttivo con l’ordinanza cautelare di accoglimento n. 692 del 2013, in cui si notava, tra l’altro, una “mancata completa verifica della sussistenza di una situazione di effettiva indilazionabile emergenza specificamente riferita all’impossibilità di risolvere “in loco” la questione del trattamento meccanico biologico dei rifiuti” e la mancata considerazione della “effettiva situazione di capienza e funzionamento concreto degli impianti coinvolti”.

Orbene, infatti, dagli stessi atti di causa risultava una discrepanza tra i dati emergenti dalla relazione del NOE (in atti), in cui si evince che la capacità residua degli impianti della capitale (Malagrotta 1, Malagrotta 2, via Salaria 981 e via Rocca Cencia 301) per l’anno 2012 è di 378.945,119 tonnellate annue, potendo trattare tali impianti dunque circa 400.000 t/a che, invece, l’Amministrazione commissariale destinava agli altri impianti.

A fronte di tale affermazione, l’AMA S.p.a. ha evidenziato che la differenza deriverebbe dalla mancata considerazione, da parte istante, del fatto che gli impianti romani sono autorizzati al trattamento meccanico-biologico TMB di 935.000 tonnellate/anno (corrispondenti a 2.997 tonnellate/giorno) a fronte di un fabbisogno di trattamento annuo di 1.220.000 tonnellate di rifiuti indifferenziali (corrispondenti a circa 3.900 tonnellate/giorno), mentre la capacità autorizzata di trattamento meccanico-biologico degli impianti esistenti nel territorio di Roma Capitale sarà sufficiente ad assicurare l’integrale copertura dei fabbisogni della città di Roma solo al raggiungimento di una percentuale di raccolta differenziata pari al 50% della produzione di rifiuti, obiettivo il cui raggiungimento è fissato dal c.d. Patto di Roma per la fine del 2014.

Va osservato, del resto, che il Consiglio di Stato, pur riformando il menzionato provvedimento cautelare, mettendo in evidenza le “possibili emergenze di carattere sanitario e di ordine pubblico”, demandava all’esame del merito l’approfondimento delle complesse questioni sollevate dalle parti.

2 – Le questioni sin qui riportate attengono ai profili di illegittimità dedotti dal Comune ricorrente con vari motivi che possono così riassumersi:

a) carenza istruttoria;

b) mancato coinvolgimento partecipativo dei Comuni interessati;

c) violazione dei principi di precauzione e del perseguimento del miglior risultato ambientale complessivo, nonché di prossimità, sia con riguardo alla normativa europea che nazionale.

Le censure rivolte, in primo luogo, avverso i provvedimenti commissariali direttamente lesivi della posizione del Comune istante, nonché i presupposti provvedimenti ministeriali (e in via meramente gradata avverso il d. P.C.M. del 22 luglio 2011 di decretazione dello stato di emergenza e la conseguente o.P.C.M. 6 settembre 2011 n. 3963, che hanno esaurito i propri effetti, per come dopo si specificherà) si articolano in vizi di violazione di legge e di eccesso di potere nelle varie figure sintomatiche.

Tuttavia, con il primo ed il secondo motivo del ricorso introduttivo, la parte introduce, in via assolutamente prioritaria per l’esame della legittimità dei provvedimenti gravati, i vizi di violazione delle norme sull’emergenza e di conseguente incompetenza e straripamento dei poteri del Commissario. Tale motivo si articola, poi, anche attraverso le successive censure in termini di eccesso di potere, anche con riferimento alla finalità di ottemperare al dettato della Comunità europea, di proporzionalità e adeguatezza delle scelte e nelle censure formulate con i motivi aggiunti, specificamente con riguardo alla violazione delle norme relative all’autorizzazione integrale ambientale (AIA).

Pertanto, è da tali profili di illegittimità - che si ripercuotono in via derivata sui provvedimenti commissariali, e che direttamente investono i decreti ministeriali di nomina del Commissario e di attribuzione dei poteri - che è necessario procedere per primi nell’esame.

3 – Innanzi tutto, vale osservare che con d.P.C.M. 22 luglio 2011, intitolato “Dichiarazione dello stato di emergenza ambientale nel territorio della provincia di Roma in relazione all’imminente chiusura della discarica d Malagrotta ed alla conseguente necessità di realizzare un sito alternativo per lo smaltimento dei rifiuti”, ai sensi dell’art. 5, l. 24 febbraio 1992 n. 225 - considerata la grave situazione determinatasi nella gestione dei rifiuti prodotti dai comuni di Roma, Fiumicino, Ciampino e nello Stato della Città del Vaticano, e la notifica al Governo italiano di una lettera di costituzione in mora per l’infrazione 2011/4021, nonché la necessità di circa trentasei mesi - decretava lo stato di emergenza “fino al 31 dicembre 2012”.

Con l’o.P.C.M. 6 settembre 2011 n. 393, il Prefetto di Roma era nominato Commissario delegato per il superamento dell’emergenza “per la realizzazione di una o più discariche e/o per l’ampliamento di discariche esistenti indicate dalla medesima Regione, nonché di un impianto di trattamento meccanico-biologico dei rifiuti urbani necessarie a garantire la piena copertura del fabbisogno dell’area interessata dallo stato di emergenza” di cui all’ordinanza medesima.

4 – Vale ribadire che, con riguardo ai poteri conferiti ai sensi dell’art. 5, l. n. 225 del 1992, questo Tribunale ha avuto già modo di pronunziarsi (TAR Lazio, Sez. I, n. 5608 del 2012), evidenziando che “la latitudine del potere emergenziale va individuata con riferimento all’apprezzamento dei relativi presupposti”.

Merita, dunque, nuovamente richiamare l’art. 5 comma 1, l. n. 225 del 1992 che prevede che “Al verificarsi degli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), ovvero nella loro imminenza, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero, per sua delega, del Ministro dell'interno o del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri segretario del Consiglio, acquisita l'intesa delle regioni territorialmente interessate, delibera lo stato di emergenza”. Si sottolinea, altresì, che la disposizione prosegue indicando la necessità di determinare contestualmente “durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi, nonché indicando l'amministrazione pubblica competente in via ordinaria a coordinare gli interventi conseguenti all'evento successivamente alla scadenza del termine di durata dello stato di emergenza. Con le medesime modalità si procede alla eventuale revoca dello stato di emergenza al venire meno dei relativi presupposti”.

Peraltro, questo TAR (Sez. I, sent. n. 1140 del 2012) aveva ribadito l’orientamento in ordine al “carattere tassativo del potere derogatorio scaturente dall'esercizio della attribuzioni di cui alla L. n. 225 del 1992: e, con esso, della insuscettibilità della potestà di che trattasi a formare oggetto di letture estensive e/o variamente espansive suscettibili di veicolare una (ex ante) indeterminabile delimitazione del corpo normativo sul quale sono destinate ad incidere le ricadute della (pur) consentita derogabilità alle fonti primarie dell'ordinamento”. Come ricordato nella sentenza ora menzionata, “Tale affermazione è stata resa, nella consapevolezza dell’interpretazione effettuata dal Consiglio di Stato nella sentenza 28 ottobre 2011 n. 5799, con cui si è affermato che se il contenuto prescrittivo delle ordinanze commissariali in deroga, in quanto autorizzate da norma primaria "eccezionale", è di "stretta interpretazione" (ex art. 14 disp. prel. cod. civ.), non potendosene consentire (interpretazioni e quindi) applicazioni, al di là dei casi strettamente contemplati, ciò non comporta l'obbligo di "interpretazione letterale" in quanto la legge, nell'autorizzare il potere in deroga alla normativa primaria, proprio per la non preventivabile definizione dei presupposti che potranno rendere necessario il potere di ordinanza in deroga, non pone alcuna limitazione, per materia o contenuto, alle disposizioni derogabili, limitandosi ad affermare il rispetto "dei principi dell'ordinamento giuridico".

A precisazione, tuttavia, la citata sentenza n. 1140 del 2012 che, diversamente lo stesso Consiglio di Stato, sez. IV, (con sentenza 29 luglio 2008 n. 3726) aveva preso le mosse, coerentemente con la consolidata giurisprudenza, anche costituzionale, dalla necessità di circoscrivere al massimo l'operatività della deroga, concludendo che i provvedimenti, che attuano la dichiarazione d’emergenza “oltre a dover trovare fondamento in una espressa disposizione di legge e a dover essere necessariamente limitati quanto a efficacia temporale, debbano anche essere puntualmente motivati sotto il profilo della proporzione tra la deroga attuata e la situazione di fatto che la impone (in altri termini, occorre dimostrare che la deroga sia effettivamente limitata, nel tempo e nello spazio, allo stretto indispensabile a far fronte alla situazione di necessità e urgenza da cui scaturisce)”, “Non può infatti dubitarsi che le ordinanze contemplate dall'art. 5 l. nr. 225 del 1992, pur ricevendo un'analitica e puntuale disciplina da parte del legislatore, rientrino nel più ampio genus delle ordinanze di necessità e urgenza, e debbano pertanto rispettarne i parametri di legittimità (in tal senso, cfr. Corte cost., 14 aprile 1995, n. 127)”.

Nella predetta sentenza del giudice delle leggi, come richiamata da questo TAR con la pronunzia n. 1140 del 2012, erano espressi i caratteri del potere di deroga:

“- "il carattere eccezionale del potere di deroga della normativa primaria, conferito ad autorità amministrative munite di poteri di ordinanza, sulla base di specifica autorizzazione legislativa";

- il carattere temporalmente delimitato della deroga stessa, insuscettibile di essere assimilato ad "abrogazione o modifica di norme vigenti" (cfr. sentenze Corte Costituzionale nn. 201 del 1987, 4 del 1977, 26 del 1961 e 8 del 1956);

- il corollario per cui "proprio il carattere eccezionale dell'autorizzazione legislativa implica, invero, che i poteri degli organi amministrativi siano ben definiti nel contenuto, nei tempi, nelle modalità di esercizio (sent. n. 418 del 1992)";

- l'esclusa incidenza, a livello di impatto derogatorio, del potere di ordinanza relativamente a "settori dell'ordinamento menzionati con approssimatività, senza che sia specificato il nesso di strumentalità tra lo stato di emergenza e le norme di cui si consente la temporanea sospensione"”.

Ritiene il Collegio – per quanto di seguito si dirà - di non doversi discostare da tale interpretazione.

5 - Per i profili d’interesse, tornando alla fattispecie in esame, va osservato, preliminarmente – come del resto ricordato dal Comune ricorrente - che gli effetti del decreto dichiarativo dell’emergenza 22 luglio 2011 sono cessati in data 31 dicembre 2012.

Orbene, con il d.m. 3 gennaio 2013, primo atto impugnato impugnato, era nominato “Il Prefetto a riposo Goffredo Sottile” quale “Commissario ai sensi del comma 358 dell'art. 1 della legge n. 228 del 2012 per provvedere, in via sostitutiva degli Enti competenti in via ordinaria e senza determinare soluzioni di continuità nelle azioni in corso, al superamento della situazione di grave criticità nella gestione dei rifiuti urbani nel territorio della provincia di Roma di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 luglio 2011 e successive modificazioni” (art. 1).

La medesima norma disponeva la durata limitata della carica di sei mesi, ammettendo tuttavia la proroga.

I commi 358 e 359 dell’art. 1, l. n. 228 del 2012 così dispongono:

“358. In considerazione della situazione di grave criticità nella gestione dei rifiuti urbani nel territorio della provincia di Roma di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 luglio 2011 e successive modificazioni, al fine di non determinare soluzioni di continuità nelle azioni in corso per il superamento di tale criticità con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, viene nominato un commissario che provveda in via sostitutiva degli Enti competenti in via ordinaria.

359. Il commissario, per l'attuazione dei necessari interventi, è autorizzato a procedere con i poteri di cui agli articoli 1, comma 2, 3 e 4 dell'O.P.C.M. 6 settembre 2011, n. 3963, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 213 del 13 settembre 2011, salvo diversa previsione da parte del presente comma e dei commi 360 e 361. Con il medesimo decreto sono determinati i compiti e la durata della nomina, per un periodo di sei mesi, salvo proroga o revoca”.

In questa sede non è posta in discussione, la possibilità o meno, nel caso in esame, da parte del legislatore, di dettare una siffatta disposizione per fronteggiare una situazione di particolare “criticità”, sebbene non si nascondono le perplessità in ordine alla qualificazione di siffatta situazione come divergente da quella di “emergenza” di cui al precedente decreto ex art. 5, l. n. 225 del 1992 (trascorsi i termini ivi stabiliti e assai contenuti alla luce di quanto disposto dalla generale previsione sui poteri emergenziali).

Dispone, infatti, il comma 1-bis - aggiunto dal numero 2) della lettera c) del comma 1 dell’art. 1, d.l. 15 maggio 2012, n. 59, come modificato dalla l. di conversione 12 luglio 2012, n. 100 - del cit. art. 5 che “ La durata della dichiarazione dello stato di emergenza non può, di regola, superare i novanta giorni” e “ può essere prorogato ovvero rinnovato, di regola, per non più di sessanta giorni”.

Ciò che merita di essere oggetto di una più attenta riflessione, alla luce dei primi due motivi di ricorso, è, però, la circostanza che il decreto impugnato non si è limitato a conferire al Commissario nominato i poteri di cui ai richiamati commi 358 e 359, ovvero quelli – pur ampi e derogatori - di cui alla ivi richiamata o.P.C.M. 6 settembre 2011 (emessa a seguito del decreto dichiarativo dell’emergenza) in forza della quale “Il Commissario delegato si avvale, in qualità di Soggetto attuatore, nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, della Direzione attività produttive e rifiuti della regione Lazio per lo svolgimento della funzione di stazione appaltante per la realizzazione di una o più discariche e/o per l'ampliamento di discariche esistenti indicate dalla medesima Regione, nonché di un impianto di trattamento meccanico - biologico dei rifiuti urbani necessarie a garantire la piena copertura del fabbisogno dell'area interessata dallo stato di emergenza di cui alla presente ordinanza” (art. 1, comma 2), né solo quelli di cui al successivo comma 360 dell’art. 1 della l. n. 228 - che dispone che il Commissario, nell’ambito dei compiti regionali, provveda all’ “ autorizzazione alla realizzazione e gestione delle discariche per lo smaltimento dei rifiuti urbani nonché di impianti per il trattamento di rifiuto urbano indifferenziato e differenziato, nel rispetto della normativa comunitaria tecnica di settore”, al “supporto alla Regione Lazio nelle iniziative necessarie al rientro nella gestione ordinaria” e all’ “adozione, a fronte dell'accertata inerzia dei soggetti preposti alla gestione, manutenzione, od implementazione degli impianti per il recupero e lo smaltimento dei rifiuti urbani prodotti nei comuni di Roma capitale, Fiumicino, Ciampino e nello Stato della Città del Vaticano, previa diffida ad adempiere entro termini perentori non inferiori a giorni trenta, dei necessari provvedimenti di natura sostitutiva in danno dei soggetti inadempienti”.

E’ evidente che i poteri previsti dal comma 360 non possono che essere utilizzati per la realizzazione dei compiti come individuati nei due commi precedenti. Ed in particolare, l’eventuale potere di diffida del Commissario deve, dunque, essere letto come finalizzato alla realizzazione e/o all’ampliamento delle discariche, in continuità con i compiti assegnati dalla normativa emergenziale.

Il d.m. ha, altresì, disposto – per quanto qui d’interesse - che il Commissario svolga i seguenti compiti:

“a) … individua gli impianti di trattamento meccanico biologico dei rifiuti urbani esistenti nella regione Lazio che hanno una capacità autorizzata residua di trattamento, secondo quanto indicato dalla nota della regione Lazio in data 21 dicembre 2012 richiamata in premessa;

contestualmente, entro il medesimo termine di 8 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, diffida le Autorità competenti e le imprese titolari degli impianti di cui al precedente punto, a trattare in detti impianti, nei limiti della capacità residua autorizzata degli stessi, i rifiuti urbani prodotti dai comuni di Roma, Fiumicino, Ciampino e dallo Stato della Città del Vaticano a partire dal 25 gennaio 2013; decorso inutilmente tale termine il Commissario provvede entro i trenta giorni successivi alla adozione dei necessari provvedimenti sostitutivi;

entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto diffida le Autorità competenti a provvedere entro il 15 febbraio 2013 al completamento delle procedure di autorizzazione degli impianti di trattamento meccanico biologico e di compostaggio di cui agli allegati «3» e «2»”- (Lettera così modificata dall’ art. 1, comma 1, D.M. 9 gennaio 2013) -

“Decorso inutilmente tale termine il Commissario provvede entro i trenta giorni successivi alla adozione dei necessari provvedimenti sostitutivi;

b) al fine di conseguire gli obiettivi di legge, diffida, entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le Autorità competenti e le imprese titolari degli impianti e/o interventi, ad adottare entro il 30 gennaio 2013 le iniziative indispensabili per rendere operativo il piano per la raccolta differenziata nel comune di Roma predisposto da AMA e CONAI richiamato in premessa. Decorso inutilmente tale termine provvede entro i trenta giorni successivi alla adozione dei necessari provvedimenti sostitutivi;

c) al fine di favorire il recupero energetico dei rifiuti urbani e ridurre il quantitativo dei rifiuti urbani avviato a smaltimento, secondo quanto stabilito dalle leggi vigenti in materia, entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto diffida le Autorità competenti e le imprese titolari degli interventi e/o impianti ad adottare entro il 30 gennaio 2013 le misure necessarie allo scopo, secondo quanto stabilito dalle leggi vigenti in materia. Decorso inutilmente tale termine il Commissario provvede entro i trenta giorni successivi alla adozione dei necessari provvedimenti sostitutivi;

d) qualora necessario, e nei limiti quantitativi risultanti dalle iniziative di cui ai precedenti punti a), b) e c) individua aree idonee alla localizzazione e autorizzazione di impianti di trattamento e discariche per rifiuti urbani” (art. 2).

Per tutti questi compiti, sono conferiti al Commissario i poteri di cui all’o.P.C.M. 6 settembre 2011, n. 3963.

Dal confronto delle disposizioni – tra quanto contenuto nella legge istitutiva del Commissario per fronteggiare la situazione di grave criticità di cui si discute e il provvedimento ministeriale – si evince un chiaro divario: mentre la prima, infatti, limita i compiti commissariali alla “continuità nelle azioni in corso per il superamento di tale criticità” ovvero tese primariamente “alla realizzazione di una o più discariche” per fronteggiare l’imminente chiusura del sito di Malagrotta “e/o”, in secondo luogo, “per l'ampliamento di discariche esistenti indicate dalla medesima Regione” come soluzione al medesimo problema, la seconda fonte – di carattere provvedimentale - invece, amplia i poteri assegnando la possibilità di individuare siti in cui conferire in trattamento – con i poteri di diffida e sostitutivi – i rifiuti della Capitale.

6 – In tale modo, il decreto ministeriale gravato (ed il successivo del 9 gennaio 2013, che richiama le tabelle in cui sono inseriti gli impianti individuati per convogliare i rifiuti della Capitale) realizza un’illegittima estensione dei poteri emergenziali ed in deroga – fissati dalla l. n. 228 del 2012 – con riferimento, peraltro, a quanto stabilito per una situazione di emergenza – già esauritasi temporalmente al 31 dicembre dell’anno precedente – a fattispecie ulteriori che non trovano giustificazione della fonte primaria.

Sicchè, se deve darsi una lettura costituzionalmente orientata e di tutela dei principi ordinamentali della norma contenuta nella l. n. 228 - sia pur con le svolte considerazione in ordine ai dubbi confini tra “criticità” ed “emergenza” – non può che ritenersi che i poteri di cui ai richiamati commi 358, 359 e 360 debbano trovare i propri confini entro quanto stabilito dalla finalità espressa dalla legge medesima, ovvero la menzionata “continuità” con quanto disposto nel provvedimento emergenziale richiamato, essendo necessario che la deroga alle ordinarie competenze sia fondata su un dato legalmente chiaro, determinato temporalmente e definito con riguardo alla specifica esigenza (la realizzazione di un nuovo impianto o l’ampliamento dei preesistenti).

Nessuna disposizione autorizza, invero, a ritenere tra le competenze il conferimento per il trattamento meccanico-biologico in impianti di differenti ambiti territoriali ed adibiti, nonché dimensionati, a diverse esigenze in sede locale. Del resto, una differente ed estensiva lettura si porrebbe in contrasto con i principi – di rilievo comunitario – di autosufficienza e prossimità, fissati dall’art. 182 bis, d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, come integrato dall’art. 9, d.lgs. 3 dicembre 2010 n. 205.

Del resto siffatti principi, da ultimo menzionati, sono strettamente complementari all’ulteriore principio di sussidiarietà – anch’esso di rilevanza comunitaria e ormai di rango costituzionale a seguito della riforma del Titolo V, parte II, Cost. – che verrebbe compromesso ove si ritenesse che la norma di legge abbia consentito una non tassativa e puntuale espansione dei compiti commissariali.

A maggior ragione il provvedimento attuativo impugnato per primo non può presupporre una interpretazione estensiva delle competenze “derogatorie” di quelle ordinamentali previste per quanto già sopra osservato - in coerenza con il principio di legalità - con riguardo alla necessità che le norme “eccezionali” siano – secondo quanto anche messo in luce nella citata sentenza della Corte costituzionale – di stretta interpretazione.

7 – Quanto sin qui considerato è sufficiente ad inficiare la legittimità dei decreti ministeriali impugnati con il ricorso introduttivo. Ciò, in disparte gli ulteriori evidenziati profili di carenza con riferimento all’istruttoria ed alla motivazione e alle necessarie ricadute in termini di eccesso di potere, che derivano dall’utilizzo dei decreti gravati e dei conseguenti provvedimenti commissariali per finalità ulteriori rispetto a quelle legalmente individuate, nonché di mezzi inficiati sotto il profilo della proporzionalità dell’azione amministrativa in relazione alla compromissione dei territori coinvolti, anche con riguardo alla prevenzione dei rischi, alla cui protezione è finalizzata la Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 19 novembre 2008 n. 2008/98/CE (art. 13).

Ne deriva che i provvedimenti commissariali conseguenti risultano inficiati da illegittimità derivata, nonché da incompetenza e straripamento di potere con riferimento ai limiti che risultano previsti dalla legge istitutiva e all’o.P.C.M. n. 3963 ivi richiamata.

Ne consegue, ancora, che il ricorso deve essere accolto e per l’effetto, è annullato il d.m. 3 gennaio 2013 impugnato, nella parte e per i profili sospra specificati, con riguardo all’ampliamento dei poteri commissariali ed alla connessa individuazione degli impianti di trattamento, nonché sono annullati i conseguenti decreti integrativi ed i successivi e connessi provvedimenti commissariali gravati.

Nulla deve disporsi con riferimento a d.P.C.M. 22 luglio 2011 e all’o.P.C.M. 6 settembre 2011, che sono impugnati in via meramente gradata e hanno esaurito i loro effetti al 31 dicembre 2012.

Per i motivi sin qui esposti, deve essere accolto anche il ricorso per motivi aggiunti avverso il successivo decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare 25 marzo 2013 che ha ulteriormente - e sui medesimi presupposti sin qui esaminati – integrato i poteri del Commissario.

Ne consegue che, per l’effetto, deve essere annullato anche tale provvedimento, fatte salve le ulteriori determinazioni che l’Amministrazione vorrà assumere nei limiti di quanto previsto dal legislatore, come sin qui evidenziati.

In ragione dell’indubbia complessità della fattispecie esaminata sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis)

definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie – nei termini indicati in motivazione - e, per l’effetto, annulla il d.m. 3 gennaio 2013 in parte qua – come specificato in motivazione; annulla altresì gli ulteriori e conseguenti provvedimenti gravati.

Compensa le spese di lite tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

Eduardo Pugliese, Presidente

Antonio Vinciguerra, Consigliere

Solveig Cogliani, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)