La Corte costituzionale indica i criteri giuridici della caccia in deroga.
di Stefano DELIPERI
La Corte costituzionale, con la recentissima sentenza n. 70 del 5 aprile 2018, ha salvato gli Storni (Sturnusvulgaris) dalla caccia in deroga “stabile e permanente”.
Infatti, il Giudice delle leggi ha dichiarato incostituzionale l’art. 1 della legge regionale Marche n. 7/2015, che consente la caccia in deroga allo Storno in ogni caso (“comunque consentito”) esercitata “in prossimità di nuclei vegetazionali produttivi sparsi, a tutela della specificità delle coltivazioni regionali”.
L’art. 19 bis della legge n. 157/1992 e s.m.i., che disciplina in Italia l’istituto della c.d. caccia in deroga in attuazione della direttiva n. 2009/147/CE, dispone “però che l’autorizzazione al prelievo venatorio sia disposta con atto amministrativo e prevedendo il contenuto minimo del provvedimento, nel senso che esso deve specificare le ragioni che giustificano la sua adozione, l’assenza di diverse soluzioni soddisfacenti e le modalità e condizioni di esercizio della deroga. La scelta dello strumento amministrativo consente di motivare in ordine alla ricorrenza delle specifiche condizioni a cui il legislatore statale subordina l’esercizio della deroga, quale strumento di carattere eccezionale e temporaneo”.
Invece, “la previsione dell’autorizzazione nella legge regionale impugnata determina l’assorbimento dell’obbligo di motivazione e finisce con il trasformare la stessa deroga in un rimedio stabile e permanente (sentenze n. 260 del 2017, n. 160 e n. 20 del 2012, e n. 250 del 2008)”, rendendo di fatto impossibile l’esercizio della facoltà dell’Esecutivo di avviare la “speciale procedura di diffida ed annullamento governativo delle delibere regionali sul prelievo delle specie interessate che sono in contrasto con le prescrizioni della legge statale”.
E’ vero che in concreto sarà una deliberazione di Giunta regionale a individuare la necessità e la modalità di esercizio della caccia in deroga allo Storno, ma la previsione legislativa regionale dispone “che la cacciabilità dello storno è ‘comunque’ consentita seppure in determinati ambiti”, in violazione delle competenze statali di cui all’art. 117, comma 2°, lettera s, Cost. ed “elide il potere di annullamento governativo del provvedimento di deroga, in contrasto con la normativa nazionale e comunitaria, con conseguente violazione anche dell’art. 117, primo comma, Cost.”.
La giurisprudenza costituzionale costante (vds. Corte cost. n. 174/2017) riconosce, infatti, nei principi fissati dalla legge quadro nazionale sulla caccia i criteri minimi di salvaguardia della fauna selvatica, per cui “i livelli di tutela da questa fissati non sono derogabili in peius dalla legislazione regionale (da ultimo, sentenze n. 139 e n. 74 del 2017).”