Consiglio di Stato Sez. II n. 8433 del 20 dicembre 2021
Urbanistica.Lottizzazione abusiva e ordinanza ex art. 30 comma 7 TU edilizia

Se l’ordinanza prevista dall'art. 30, comma 7, del D.P.R. n. 380 del 2001, in quanto provvedimento vincolato, al pari di tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, non richiede alcuna specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati incisi, e neppure una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale, non essendo configurabile alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito avente natura permanente, l’Amministrazione non è tenuta ad una specifica motivazione solo alloché risultino chiaramente dal provvedimento i presupposti della fattispecie lottizzatoria

Pubblicato il 20/12/2021

N. 08433/2021REG.PROV.COLL.

N. 01849/2010 REG.RIC.

N. 01850/2010 REG.RIC.

N. 01851/2010 REG.RIC.

N. 01852/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1849 del 2010, proposto dalla
signora Caterina Porto, rappresentata e difesa dall’avvocato Alessandro Lipani, con domicilio eletto presso l’avv. Francesco Cerasi in Roma, via Due Macelli, 66;

contro

Comune di Afragola, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Daniele Perna, con domicilio eletto presso l’avv. Daniela Storani in Roma, via Silvestro II n. 14;


sul ricorso numero di registro generale 1850 del 2010, proposto dalla
signora Anna Russo, rappresentata e difesa dall’avvocato Alessandro Lipani, con domicilio eletto presso l’avv. Francesco Cerasi in Roma, via Due Macelli, 66;

contro

Comune di Afragola, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Daniele Perna, con domicilio eletto presso l’avv. Daniela Storani in Roma, via Silvestro II n. 14;


sul ricorso numero di registro generale 1851 del 2010, proposto dalla
signora Anna Linguetta, rappresentata e difesa dall’avvocato Alessandro Lipani, con domicilio eletto presso l’avv. Francesco Cerasi in Roma, via Due Macelli, 66;

contro

Comune di Afragola, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Daniele Perna, con domicilio eletto presso l’avv. Daniela Storani in Roma, via Silvestro II n. 14;



sul ricorso numero di registro generale 1852 del 2010, proposto dalle
signore Giovanna Cerbone e Anna Laezza, rappresentate e difese dagli avvocati Alessandro Lipani e Saverio Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso l’avv. Francesco Cerasi in Roma, via Due Macelli, 66;

contro

Comune di Afragola, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Daniele Perna, con domicilio eletto presso l’avv. Daniela Storani in Roma, via Silvestro II n. 14;

per la riforma

quanto al ricorso n. 1850 del 2010:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (sezione Seconda) n. 1168/2009, resa tra le parti, concernente diniego del permesso di costruire in sanatoria e ingiunzione a sospendere i lavori con contestuale divieto di disporre dei suoli e delle opere realizzate;

quanto al ricorso n. 1851 del 2010:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (sezione Seconda) n. 1166/2009, resa tra le parti, concernente diniego del permesso di costruire in sanatoria e ingiunzione a sospendere i lavori con contestuale divieto di disporre dei suoli e delle opere realizzate;

quanto al ricorso n. 1852 del 2010:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (sezione Seconda) n. 1169/2009, resa tra le parti, concernente diniego del permesso di costruire in sanatoria e ingiunzione a sospendere i lavori con contestuale divieto di disporre dei suoli e delle opere realizzate;

quanto al ricorso n. 1849 del 2010:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (sezione Seconda) n. 1167/2009, resa tra le parti, concernente diniego del permesso di costruire in sanatoria e ingiunzione a sospendere i lavori con contestuale divieto di disporre dei suoli e delle opere realizzate;


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Afragola;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista la riunione dei giudizi disposta con ordinanza n. 4090 del 17 giugno 2019;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 settembre 2021 il Cons. Cecilia Altavista e uditi per le parti l’avvocato Ugo De Luca su delega dell’avv. Alessandro Lipani e l’avvocato Daniele Perna; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue


FATTO e DIRITTO

Con gli appelli in epigrafe sono state impugnate le sentenze del Tribunale amministrativo regionale per la Campania n. 1166, n. 1167, n. 1168, n. 1169 del 27 febbraio 2009, che hanno respinto i ricorsi proposti dalle odierne appellanti avversi i provvedimenti del 15 maggio 2007, di diniego del permesso di costruire in sanatoria, relativi a opere abusive, costituite da muri di recinzione sui fondi di loro proprietà (siti in località Murillo, identificati al catasto al foglio 1 rispettivamente alla particella n. 395 per la signora Anna Linguetta, alla particella n. 396 per la signora Caterina Porto, alla particella n. 397 per la signora Anna Russo, alla particella 398 per le signore Giovanna Cerbone e Anna Laezza) realizzati in cemento armato di tre metri circa su tre lati e un metro circa sul restante lato, in difformità dalle denunce di inizio attività presentate distintamente dalle odierne appellanti nel corso dell’anno 2006 per recinzioni in cemento di metri 1 e con rete metallica sovrastante di due metri; nonché i motivi aggiunti avverso l’ordinanza n. 170 del 29 maggio 2007, con cui è stata ordinata, ai sensi dell’art. 30 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, la sospensione delle opere e il divieto di disporre dei suoli e delle opere realizzate.

In particolare, i provvedimenti di diniego del permesso di costruire di sanatoria erano basati sul contrasto dell’intervento edilizio con le norme di attuazione del P.R.G. che, per le zone “C” (di espansione residenziale), imponevano un piano attuativo (piano particolareggiato o convenzione di lottizzazione).

Con le censure del ricorso di primo grado era stato dedotto che le opere realizzate costituivano espressione dello ius excludendi alios e sarebbero state, quindi, compatibili con le previsioni urbanistiche, che non potrebbero, comunque, interpretarsi nel senso di imporre il piano attuativo per la realizzazione delle recinzioni, manifestazione del diritto di proprietà.

L’ordinanza n. 170 del 2007 era indirizzata a 18 destinatari proprietari di differenti particelle; oltre alle odierne appellanti proprietarie delle particelle 395, 396, 397, 398 del foglio 1 erano indicati i proprietari della particella 399 del foglio 1 e i proprietari delle particelle n. 2262, 2263, 2264, 2265, 2266, 2267, 2268, 2269 del foglio 4, assumendosi tutti partecipanti alla lottizzazione abusiva; il provvedimento, per tutti i destinatari indistintamente, faceva riferimento alla realizzazione di opere “in assenza di titolo abilitativo, al frazionamento delle aree, alla realizzazione di recinzioni, di una strada di servizio e di opere abusive, tutte opere che denotano una trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni”; venivano poi indicate per ogni proprietario interessato le opere abusive realizzate, tra cui per le odierne appellante le recinzioni in difformità dalle denunce di inizio attività presentate nel 2006.

Avverso il provvedimento n. 170 del 29 maggio 2007 sono stati proposti motivi aggiunti, censurando la violazione delle garanzie procedimentali, non essendo state prese in specifica considerazione le osservazioni presentate nel corso del procedimento; il difetto di motivazione e di istruttoria dell’ordinanza privo della specifica considerazione della situazione delle particelle delle ricorrenti diverse da quelle degli altri destinatari sia per la collocazione che per le opere realizzate; sono stati poi contestati i presupposti della lottizzazione abusiva, in quanto non erano state realizzate significative opere edilizie abusive mentre il frazionamento delle particelle era stato originariamente effettuato in esecuzione di una divisione ereditaria.

Il giudice di primo grado con le sentenze appellate ha respinto i ricorsi e i motivi aggiunti, sulla base della avvenuta abusiva lottizzazione di una vasta area di territorio sita nel Comune di Afragola in località Murillo, in cui era stata realizzata una strada a servizio di tutte le unità immobiliari, recinzioni di consistente portata, nonché su alcuni lotti (diversi da quelli di proprietà delle odierne appellanti) costruzioni abusive; ha considerato tali interventi, complessivamente considerati, realizzati in violazione delle norme locale P.R.G., che per la zona in questione (zona “C” espansione residenziale), imponevano il previo varo di un piano attuativo, la cui mancanza valeva ad inibire qualsivoglia intervento edilizio, considerando quindi rilevanti, sotto tale profilo, anche le recinzioni; ha escluso però, rispetto alle odierne appellanti, la rilevanza della lottizzazione cartolare, provenendo il frazionamento da una divisione ereditaria; ha, invece, ritenuto sussistente la lottizzazione materiale, sulla base della consistenza delle recinzioni (muri in cemento armato sormontati da reti metalliche, ciascuna delle quali di altezza pari a tre metri in tre lati ed in un metro nel rimanente lato) e della complessiva attività di trasformazione dell’area, in cui i lotti finitimi risultano parimenti delimitati con opere edili e sulla relativa area di sedime sono stati realizzati anche ulteriori manufatti abusivi; l’intera area di riferimento è stata frazionata in 11 lotti, servita da una comune strada d’accesso, per cui al di là “dei singoli illeciti consumati dai vari proprietari” vi è stato un “vasto ed incisivo fenomeno di sostanziale stravolgimento del territorio, effettuato a danno dell’ordinaria programmazione urbanistica riservata al Comune”; ha, inoltre, dato valenza alla strada di collegamento tra i lotti che, “in quanto realizzata a beneficio dell’intero comparto, pone i lotti in questione in un rapporto di vicendevole interazione, sicché deve ritenersi condivisibile l’impostazione metodologica privilegiata dal Comune di Afragola di assegnare rilievo indiziario anche alle opere realizzate sui lotti contigui”; ha quindi sostanzialmente assorbito le censure relative al difetto di partecipazione procedimentale e all’insufficienza dell’istruttoria e della motivazione, in relazione alla situazione di fatto ritenuta integrante la lottizzazione abusiva.

Con i motivi di appello, sono stati contestati i presupposti per l’adozione della ordinanza, ai sensi dell’art. 30 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ritenuti sussistenti dal giudice di primo grado.

In particolare, si è lamentata l’erroneità delle considerazioni del giudice di primo grado in ordine alla situazione di fatto, sostenendo che le particelle di proprietà delle odierne appellanti sarebbero poste in zona distinta da quella degli altri sette proprietari che avevano realizzato sui loro fondi opere abusive; la mera recinzione della proprietà non avrebbe comportato alcuna trasformazione edilizia del territorio, tenuto conto che si era resa necessaria di una certa consistenza per evitare i depositi di rifiuti sui terreni, frequenti in una zona degradata come quella in questione; la stradina non asfaltata sarebbe solo una via di accesso alle quattro particelle altrimenti intercluse, per cui non si potrebbe assegnare ad essa alcuna valenza di collegamento tra le varie aree interessate dalla lottizzazione abusiva; si è dedotta poi l’omessa pronuncia rispetto alle censure relative al difetto delle garanzie procedimentali e al difetto di motivazione e di istruttoria, che sono state quindi riproposte, deducendo che non erano state prese in alcuna considerazione le osservazioni formulate nel corso del procedimento relative alla situazione di fatto dei lotti; nonché la genericità della motivazione del provvedimento che indistintamente per tutti i proprietari faceva riferimento a “frazionamento delle aree, realizzazione di recinzioni, di una strada di servizio e di immobili abusivi” . Sono stati poi altresì riproposti i motivi del ricorso di primo grado relativi al diniego di permesso di costruire in sanatoria, lamentando l’omessa pronuncia anche sotto tale profilo e deducendo che la realizzazione di muri di recinzione sarebbe sottratta alla previa approvazione del piano attuativo, non comportando alcun impatto di carattere urbanistico né la realizzazione di opere di urbanizzazione.

Si è costituito il Comune di Afragola, che ha contestato la fondatezza dell’appello, insistendo per la natura unitaria dell’intervento di trasformazione edilizia relativo al frazionamento in 13 lotti, alla realizzazione di una strada di collegamento, di opere di canalizzazione in fogna comunale, e svariate opere edilizie abusive (capannoni e manufatti) e per la completezza della motivazione del provvedimento in relazione a tali circostanze.

Con ordinanza n. 4090 del 17 giugno 2019, la Sezione ha riunito i giudizi e disposto una verificazione, nominando verificatore il Dirigente pro tempore preposto all’Ufficio antiabusivismo edilizio costituito presso la Direzione Generale per il governo del territorio della Regione Campania con facoltà di delega ad un funzionario dell’ufficio, prescrivendo i seguenti adempimenti:

“Il Verificatore dovrà accedere ai terreni di cui al foglio 1, particelle nn. 398, 397, 396 e 395, di Afragola di proprietà delle parti appellanti, effettuerà un congruo numero di fotografie all’interno e all’esterno dei relativi terreni al fine di documentarne le attuali condizioni, ed effettuerà – altresì – varie fotografie dei muri di recinzione dei terreni in questione, quantificandone altezza e spessore.

Il Verificatore dovrà inoltre, sulla base di ulteriori fotografie, descrivere il tracciato della strada interpoderale che percorre i terreni di proprietà delle appellanti, in modo da descriverne le attuali condizioni.

Il Verificatore dovrà anche precisare, sempre con supporto fotografico, se tale strada interpoderale (della quale verranno precisate le dimensioni) consenta – o meno – un accesso più o meno agevole alle porzioni di terreno di cui alle finitime particelle n. 399 del foglio 1 e nn. 2261, 2262, 2263, 2265, 2266 e 2269 del foglio 4.

Il Verificatore assumerà dal Comune di Afragola documentate informazioni sull’attuale condizione giuridica di tali terreni, al fine di conoscere se, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 30 del T.U. approvato con d.lgs. 6 giugno 2001 n. 380, è stata definitivamente accertata, o meno, la sussistenza di una lottizzazione abusiva su tali terreni.

Sulla base di un accesso diretto ad essi – se possibile – ovvero mediante l’acquisizione di supporti cartografici anche da Google Maps, dovrà essere indicato dal Verificatore se la viabilità interpoderale tra tali terreni si riconnette presentemente, ovvero se ragionevolmente si riconnetteva a suo tempo, con quella interna ai terreni di cui alle predette particelle nn. 395, 396, 397 e 398”;

Con ordinanza n. 2765 del 30 aprile 2020, è stato disposto rinvio ai sensi dell’art. 84 comma 5 del d.l. 17 marzo 2020 n. 18 e sono stati assegnati nuovi termini al verificatore.

Con ordinanza n. 6291 del 19 ottobre 2020 sono stati assegnati nuovi termini al verificatore, in quanto effettivamente nominato dalla Regione solo in data 11 ottobre 2020.

Con ordinanza n. 2055 del 10 marzo 2021 è stata accolta l’istanza di proroga dei termini presentata dal verificatore, per le difficoltà materiali riscontrate sui luoghi di causa, in particolare, per l’occupazione dell’area da parte di materiali di risulta e vegetazione incontrollata, per cui è stato, altresì, disposto che i privati proprietari appellanti provvedessero a rendere accessibili i fondi nelle condizioni di pulizia necessarie all’esperimento della verificazione.

Il 30 giugno 2021 è stata depositata la relazione di verificazione, con allegata documentazione fotografica, da cui è emerso l’avvenuto frazionamento dell’originaria particella in data 21 giugno 2005 al fine di procedere alla divisione ereditaria dei germani Vacca con atto pubblico del 20 ottobre 2005; poi i terreni sono stati venduti con atti distinti dai singoli proprietari alle odierne appellanti (dal signor Giovanni Vacca alla signora Caterina Porto, dalla signora Chiara Vacca alle signore Giovanna Cerbone e Anna Laezza; dal signor Clemente Vacca alla signora Anna Russo; dalla signora Adele Vacca alla signora Anna Linguetta) con atti del 20 ottobre 2005 e per la signora Caterina Porto dell’11 novembre 2005; lo stato complessivo di abbandono dei luoghi; l’esistenza di un tracciato sterrato di una strada per l’accesso a tali particelle, costituente “un’ appendice privata” priva di collegamento con altre strade della rete cittadina o funzionale all’utilizzo di altre proprietà o ad altri immobili confinanti, in particolare delle particelle n. 399 del foglio 1 e n. 2262, 2263, 2265, 2266, 2269 del foglio 4 interessate dalla medesima ordinanza n. 170 del 29 maggio 2007; è stata rilevata la realizzazione di un marciapiede su entrambi i lati della strada di larghezza di metri 1 e di metri 1,20 sul confine di proprietà aliena.

Il 9 luglio 2021 sono state depositate note del tecnico nominato dalla difesa appellante e il 21 luglio 2021 la memoria della difesa appellante, che ha concluso per la fondatezza dell’appello anche alla luce delle risultanze della verificazione.

All’udienza pubblica del 21 luglio 2021 l’appello è stato trattenuto in decisione.

L’appello è fondato.

Come è noto, l’art. 30 d.P.R. n. 380 del 2001, in applicazione del quale è stata adottata l’ordinanza n. 170 del 2007, impugnata con i motivi aggiunti in primo grado, riproduce integralmente le disposizioni già contenute nell’art. 18 della legge 28 febbraio 1985 n. 47; le norme, nello specifico, hanno previsto che si abbia “lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”.

Da tale norma derivano due fattispecie di lottizzazione cioè una lottizzazione “materiale”, consistente nella realizzazione, anche nella sola fase iniziale, di opere che comportino un’abusiva trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni in violazione degli strumenti urbanistici; e una lottizzazione “negoziale”, ovvero “cartolare”, allorquando la trasformazione avvenga tramite atti negoziali che determinino un frazionamento del terreno in lotti tali da denunciare in modo inequivoco la destinazione a scopo edificatorio.

La fattispecie lottizzatoria può consolidarsi innanzitutto nella veste di c.d. lottizzazione materiale o sostanziale, che si realizza attraverso l’avvio non autorizzato di opere finalizzate alla trasformazione urbanistica di terreni in zona non adeguatamente urbanizzata in violazione della disciplina a quest’ultima impartita dalla legislazione e dagli strumenti pianificatori.

In particolare, come evidenziato da questo Consiglio, siffatti interventi devono risultare globalmente apprezzabili in termini di trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, di aggravio del relativo carico insediativo e, soprattutto, di pregiudizio per la potestà programmatoria attribuita all'amministrazione; devono, cioè, valutarsi alla luce della ratio del citato art. 30 del D.P.R. n. 380 del 2001, il cui bene giuridico tutelato risiede nella necessità di salvaguardare detta potestà programmatoria, nonché la connessa funzione di controllo, posta a garanzia dell'ordinata pianificazione urbanistica, del corretto uso del territorio e della sostenibilità dell'espansione abitativa in rapporto agli standard apprestabili (Cons. Stato, sez. VI, 6 giugno 2018, n. 3416; id. 9 gennaio 2018, n. 5805; Sez. II, 30 gennaio 2020, n. 768).

L’illecito costituito dalla lottizzazione abusiva si consuma nel caso di qualsiasi tipo di opera in concreto idonea a stravolgere l’assetto del territorio preesistente ed a realizzare un nuovo insediamento abitativo e, pertanto, a determinare sia un concreto ostacolo alla futura attività di programmazione del territorio (che viene posta di fronte al fatto compiuto), sia un nuovo e non previsto carico urbanistico (Cons. Stato Sez. II, 20 maggio 2019, n. 3215).

Con riferimento alla lottizzazione c.d. “cartolare” la fattispecie è ravvisabile allorquando la trasformazione del suolo sia predisposta mediante il frazionamento e la vendita - ovvero mediante atti negoziali equivalenti - del terreno frazionato in lotti, i quali, per le loro oggettive caratteristiche - con riguardo soprattutto alla dimensione correlata alla natura dei terreni ed alla destinazione degli appezzamenti considerata sulla base degli strumenti urbanistici, al numero, all’ubicazione o all’eventuale previsione di opere di urbanizzazione - rivelino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio degli atti adottati dalle parti (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 20 maggio 2019, n. 3215, Sez. V, 3 agosto 2012, n. 4429, Sez. IV, 13 maggio 2011, n. 2937).

Ai fini dell'accertamento della sussistenza di una lottizzazione abusiva “cartolare” non è peraltro sufficiente il mero riscontro del frazionamento del terreno collegato a plurime vendite, ma è richiesta anche l'acquisizione di un sufficiente quadro indiziario dal quale sia oggettivamente possibile desumere, in maniera non equivoca, la destinazione a scopo di edificazione perseguito mediante gli atti posti in essere dalle parti. Detto altrimenti, l'attività negoziale avente ad oggetto il frazionamento e il trasferimento di appezzamenti di terreno rileva quale indizio di un intento che deve trovare peraltro conferma anche in altre circostanze che rendano evidente la non equivocità del fine della futura edificazione, rilevando al riguardo la sussistenza di circostanze fattuali certe e univoche, che confermino che l'attività posta in essere è propedeutica alla realizzazione di un abuso o alla trasformazione del suolo a fini edificatori (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 10 novembre 2015, n. 5108; Sez. II, 17 maggio 2019, n. 3196).

La giurisprudenza ha poi delineato altresì anche la cd. lottizzazione mista, caratterizzata dalla compresenza delle attività materiali e negoziali individuate dalla predetta norma, consistente nell'attività negoziale di frazionamento di un terreno in lotti e nella successiva edificazione dello stesso (cfr. per tutte, di recente, Cons. Stato Sez. VI, 19 luglio 2021, n. 5403).

In ogni caso, la fattispecie della lottizzazione abusiva, riguardando la sottrazione al Comune del potere pianificatorio, prescinde dalle singole opere abusive realizzate senza titolo e dalla presentazione per questa di una eventuale domanda di sanatoria (Consiglio di Stato, Sezione II, 7 agosto 2019, n. 5607).

Si deve, poi, richiamare la giurisprudenza di questo Consiglio che ha puntualizzato come il giudizio amministrativo, anche con riferimento alle ipotesi di lottizzazione abusiva, ha ad oggetto un provvedimento amministrativo e mira a verificarne la legittimità, sinteticamente compendiabile nella verifica della veridicità dei fatti materiali posti a fondamento della scelta amministrativa e nella logicità e congruenza della decisione rispetto ai detti presupposti, rapportati alla fattispecie legale che viene in considerazione (Cons. Stato Sez. VI, 19 luglio 2021, n. 5403).

Applicando tali coordinate giurisprudenziali al caso di specie non può che non ritenersi integrata la fattispecie della lottizzazione abusiva.

In primo luogo, si deve precisare che il giudice di primo grado ha espressamente escluso che si potesse configurare nel caso di specie una lottizzazione negoziale, essendo accertato che le particelle n. 395, 396, 397, 398 del foglio 1 provenissero da una divisione ereditaria.

La esclusione della lottizzazione negoziale affermata dal giudice di primo grado non può essere, dunque, più messa in discussione, non essendoci sul punto appello incidentale del Comune, e, comunque, non essendo neppure specificamente contestata tale affermazione nella memoria depositata dal Comune di Afragola, peraltro oltre il termine di 60 giorni dalla notifica del ricorso, indicato, ai sensi degli art. 101 comma 2 c.p.a. e 46 c.p.a., per la riproposizione delle domande e delle eccezioni assorbite o non esaminate in primo grado.

Peraltro, la circostanza del frazionamento in sede di divisione ereditaria è stata anche confermata in sede di verificazione, da cui è risultato che l’originaria particella (facente parte di una più ampia particella n. 126 frazionata nel 1983) è stata frazionata in sede di divisione ereditaria dei germani Vacca del 20 ottobre 2005, a seguito del frazionamento catastale del 21 giugno 2005; poi i terreni sono stati venduti, con atti distinti stipulati il 20 ottobre 2005, dalla signora Chiara Vacca alle signore Giovanna Cerbone e Anna Laezza; dal signor Clemente Vacca alla signora Anna Russo; dalla signora Adele Vacca alla signora Anna Linguetta, e in data 11 novembre 2005 dal signor Giovanni Vacca alla signora Caterina Porto.

Pertanto, correttamente il giudice di primo grado, richiamando l’art. 30 ultimo comma del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, per cui “le disposizioni di cui sopra… non si applicano comunque alle divisioni ereditarie”, ha ritenuto neutro rispetto alla fattispecie della lottizzazione, il frazionamento intervenuto nella divisione ereditaria; né si può dare rilevanza al precedente frazionamento della particella 126, avvenuto quasi 25 anni prima.

Venendo alla ipotesi della lottizzazione materiale, ritenuta sussistente dal giudice di primo grado, deve in primo luogo rilevarsi che l’ordinanza n. 170 del 2007, impugnata con i motivi aggiunti in primo grado era indirizzata a 18 destinatari proprietari di differenti particelle (oltre alle odierne appellanti proprietarie delle particelle n. 395, 396, 397, 398 del foglio 1 erano indicati il proprietario della particella n. 399 del foglio 1 e i proprietari delle particelle n. 2262, 2263, 2264, 2265, 2266, 2267, 2268, 2269 del foglio 4), facendo poi riferimento per tutti alla realizzazione di opere “in assenza di titolo abilitativo, al frazionamento delle aree, alla realizzazione di recinzioni, di una strada di servizio e di opere abusive, tutte opere che denotano una trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni” ; venivano poi indicate per ogni proprietario interessato le opere abusive realizzate e per le odierne appellante la recinzione in difformità dalla DIA presentata.

Sostanzialmente, quindi, il Comune, ha considerato l’unicità delle trasformazioni urbanistiche realizzate nella area complessivamente considerata con una strada di accesso, con opere edilizie abusive, con il frazionamento della originarie particelle.

Una volta esclusa, però, la rilevanza del frazionamento, anche in base a quanto affermato dal giudice di primo grado e confermato dal verificatore, deve valutarsi se siano idonee a denotare una lottizzazione materiale le sole opere abusive realizzate e la strada di collegamento.

Tale accertamento deve essere condotto alla luce delle risultanze della verificazione, da cui è emerso che la ricostruzione in termini unitari della lottizzazione abusiva configurata dal Comune per 18 proprietari nella località Murillo del Comune di Afragola è esclusa dalla mancanza di collegamento tra le particelle di proprietà degli odierni appellanti (particelle n. 395, n. 396, n. 397, e n. 398 del foglio 1) con le altre particelle considerate nell’ordinanza impugnata in primo grado, essendo stata accertata solo l’esistenza di una strada sterrata di accesso alle quattro particelle, priva di collegamento con le altre particelle.

Ne deriva che al fine di configurare la lottizzazione materiale non si può fare riferimento né alle opere edilizie realizzate sulle altre particelle né ad un disegno unitario di urbanizzazione, in base ad una strada di collegamento; con la conseguenza che si dovrebbe ritenere integrata la lottizzazione materiale per la sola realizzazione delle opere di recinzione, peraltro neppure integralmente abusive, in quanto realizzate in difformità dalle denunce di inizio di attività presentate dalle odierne appellanti nel 2006, nonché dalla detta strada di accesso ai fondi.

Ritiene il Collegio che tali opere, anche unitariamente considerate per le quattro particelle, non possano configurare una attività tesa alla trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, con aggravio del relativo carico insediativo e pregiudizio per la potestà programmatoria attribuita all'amministrazione, secondo i criteri indicati dalla giurisprudenza, in base alla ratio dell’art. 30 del D.P.R. n. 380 del 2001, non avendo raggiunto le opere uno stadio “materiale” tale da comportare una trasformazione urbanistica.

Infatti, le opere realizzate in difformità dalle denunce di inizio attività presentate sono opere di recinzione della proprietà, le quali -pur di consistente entità, essendo stati realizzati muri in calcestruzzo di notevoli dimensioni almeno per i tre lati in cui l’altezza raggiunge quasi i tre metri- in assenza di altri manufatti abusivi nonché di un frazionamento rilevante ai fini lottizzatori non possono di per sé sole assurgere ad indizio della fattispecie della lottizzazione abusiva “materiale” (cfr. Consiglio di Stato, Sezione II, 27 luglio 2020, n. 4772, che ha ritenuto rilevante anche una recinzione, ma in presenza di una fattispecie di lottizzazione negoziale).

La strada è sterrata, anzi attualmente integralmente ricoperta d’erba, e rappresenta, secondo quanto affermato dal verificatore, un percorso di accesso ai quattro fondi di proprietà delle appellanti, che rimane “un’appendice privata” priva di collegamento con altre strade e proprietà. Pertanto di tale accesso si devono escludere sia la natura di opera di urbanizzazione sia la funzionalizzazione ad una successiva urbanizzazione.

Diversamente potrebbe dirsi per il marciapiede posto ai lati della strada, la cui esistenza è stata accertata in sede di verificazione, ma poiché tale aspetto non risulta preso in considerazione dal Comune nell’ordinanza n. 170 del 2007, ritiene il Collegio di non poterlo valorizzare in questa sede, in quanto il presente giudizio, come sopra evidenziato, ha ad oggetto la legittimità del provvedimento impugnato e la sua congruità rispetto ai presupposti di fatto indicati nel provvedimento, nel caso di specie, insussistenti rispetto alla fattispecie della lottizzazione abusiva.

Dalle opere indicate nel provvedimento, allo stato, per come concretamente realizzate è provata nell’area di proprietà delle odierne appellanti, solo l’avvenuta recinzione dei fondi e la realizzazione di un percorso di accesso ad essi.

In ogni caso anche il marciapiede, pur realizzato senza titolo edilizio, in relazione alla collocazione della strada per il solo accesso ai quattro fondi costituisce solo una modalità del percorso per consentire l’accesso ai fondi.

Non vi sono, quindi, opere di trasformazione del territorio né è provata la funzionalizzazione delle opere alla realizzazione di un nuovo insediamento abitativo e al conseguente aumento del carico urbanistico.

Non è stata quindi raggiunta alcuna prova di una attività anche solo prodromica ma univoca rispetto alla realizzazione di opere di urbanizzazione apprezzabili in termini di trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, da cui derivi un aggravio del relativo carico urbanistico e il pregiudizio per la potestà programmatoria attribuita all'amministrazione, per la cui tutela è prevista la fattispecie della lottizzazione abusiva.

Sotto tale profilo, deve, altresì, rilevarsi la evidente carenza di motivazione del provvedimento che, considerando l’unicità della situazione lottizzatoria in capo a 18 proprietari, non ha esaminato la specifica posizione delle odierne appellanti sia in ordine alla collocazione delle particelle rispetto alle altre che in relazione allo stato (mancante) dell’edificazione, circostanze che erano state oggetto di apposita memoria in fase di partecipazione.

Infatti, se l’ordinanza prevista dall'art. 30, comma 7, del D.P.R. n. 380 del 2001, in quanto provvedimento vincolato, al pari di tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, non richiede alcuna specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati incisi, e neppure una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale, non essendo configurabile alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito avente natura permanente, l’Amministrazione non è tenuta ad una specifica motivazione solo alloché risultino chiaramente dal provvedimento i presupposti della fattispecie lottizzatoria (cfr. Cons. Stato, Sez. II n. 27 luglio 2020, n. 4772), i quali risultano carenti, invece, nel caso di specie.

Si deve poi rilevare, altresì, che nel caso di specie la destinazione dell’area non era agricola, ma zona C di espansione residenziale, per cui era sì previsto lo strumento attuativo ma per “nuovi complessi insediativi per interventi privati e pubblici”. Ne deriva che la recinzione di per sé anche unitamente alla strada sterrata di accesso ai fondi non comportava alcuna sottrazione al potere pianificatorio comunale e di programmazione, non contrastando con la disciplina di piano.

Infatti la recinzione del fondo non era incompatibile con la successiva attività di pianificazione attuativa, non sostituendosi ad essa.

Sotto tale profilo deve essere accolto anche il motivo di appello con cui sono state riproposte le censure del ricorso di primo grado relative al diniego dell’accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 380 del 2001.

Infatti, dalle indicazioni relative alla zona C di espansione residenziale, depositate in allegato alla verificazione, risulta solo la previsione della destinazione di zona a nuovi insediamenti residenziali pubblici o privata previa necessità del piano attuativo (piano particolareggiato o lottizzazione convenzionata), ma non vi è alcuna indicazione rispetto alla possibilità di realizzare altre opere; né si può ovviamente interpretare tale regime urbanistico come impeditivo del diritto, attribuito dal codice civile in via generale, di recintare il fondo di proprietà.

Si deve, infatti, considerare che le recinzioni non comportanti, per caratteristiche costruttive (realizzate senza opere murarie, con rete metallica sorretta da paletti di ferro o di legno, prive di muretti di sostegno) un'apprezzabile trasformazione territoriale non richiedono alcun titolo edilizio, in quanto entro tali limiti il manufatto rientra tra le manifestazioni del diritto di proprietà rappresentando una manifestazione non dello ius aedificandi, ma del diritto di chiudere il fondo sancito dall’art. 841 c.c. (fra le altre, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14 giugno 2018, n. 3661; sez. V, 9 aprile 2013, n. 1922); anche secondo altra (e più restrittiva) tesi giurisprudenziale, la realizzazione di una recinzione a protezione della proprietà, quando abbia dimensioni limitate, non è comunque considerata soggetta a permesso di costruire, non comportando una “trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio”, ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. 380 del 2001, rientrando quindi (secondo questa tesi) nella nozione residuale degli interventi subordinati a denuncia di inizio attività (art. 22, ora segnalazione certificata di inizio di attività) (Cons. Stato Sez. II, 20 marzo 2020, n. 1997).

È vero che, nel caso di specie, la recinzione era di consistenti dimensioni e che quindi poteva eventualmente ipotizzarsi come necessario il permesso di costruire, ma questo era stato appositamente richiesto in sanatoria dalle appellanti, essendo stata realizzata la recinzione in difformità rispetto alla precedente denuncia di inizio attività.

Del resto, dalla necessità del titolo edilizio, in relazione alla natura delle opere di chiusura del fondo realizzate, non può farsi discendere la necessità anche della redazione di un piano attuativo.

Oltre all’assoluto difetto di proporzionalità tra i due strumenti, la realizzazione della recinzione non comportava la previa approvazione del piano attuativo, non essendo finalizzata alla realizzazione né di un insediamento residenziale secondo quanto indicato delle norme di piano, né di un immobile residenziale, da cui sarebbe derivato comunque un aumento del carico urbanistico e la necessità di opere di urbanizzazione, restando posta a tutela della proprietà del terreno, come del resto dimostrato dalla mancata realizzazione di ulteriori opere edilizie nel corso degli anni.

Pertanto, nel caso di specie il richiamo alla necessità del piano attuativo, posto a base del provvedimento di diniego di sanatoria, è illegittimo.

In conclusione, l’appello è fondato e deve essere accolto con annullamento della sentenza impugnata e accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti proposti in primo grado.

Le spese del doppio grado di giudizio e quelle del verificatore, in forza del principio della soccombenza vengono poste a carico del Comune di Afragola e liquidate per tutte le parti dei ricorsi riuniti unitariamente considerate in complessive euro 6000,00 (seimila,00) oltre spese generali e accessori di legge e rimborso dei contributi unificati, se versati, e oltre alle spese del verificatore, il cui compenso viene complessivamente liquidato in euro 4000,00 (quattromila,00).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie per l'effetto annulla la sentenza di primo grado e accoglie i gravami proposti in primo grado.

Condanna il Comune di Afragola al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio in favore delle parti dei ricorsi riuniti unitariamente considerate, pari a complessive euro 6000,00 (seimila,00) oltre spese generali, accessori di legge e rimborso dei contributi unificati, se versati, oltre al compenso del verificatore, liquidato in euro 4000,00 (quattromila,00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 settembre 2021 con l'intervento dei magistrati:

Ermanno de Francisco, Presidente

Giovanni Sabbato, Consigliere

Francesco Frigida, Consigliere

Cecilia Altavista, Consigliere, Estensore

Roberto Politi, Consigliere