TAR Lazio (RM) Sez.IIIquater n.7782 del 13 settembre 2012
Caccia e animali. Caudotomia
Ricorso per l'annullamento dell’ordinanza del Ministero della Salute, in data 22.03.2011 avente ad oggetto: Differimento del termine di efficacia e modificazioni dell'ordinanza del Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali del 03.03.2009 concernente la tutela dell'incolumita' pubblica dall'aggressione dei cani, nella parte in cui, nel modificare appunto l’ordinanza contingibile ed urgente suddetta del 3.3.2009, vieta, all’art. 2 lett. d), gli interventi chirurgici destinati a modificare la morfologia di un cane o non finalizzati a scopi curativi, nonché alla lettera e) la vendita, l’esposizione e la commercializzazione di cani sottoposti agli interventi chirurgici di cui alla lettera d)
N. 07782/2012 REG.PROV.COLL.
N. 06502/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6502 del 2011, proposto da:
Nerilli Luigi, in proprio e quale presidente del Club Italiano Griffone Korthals, Lozza Marco, in proprio e quale presidente del Club Italiano Spinoni, Pasqualetti Gianluca, in proprio e quale presidente del Club Italiano Epagneul Breton, nonché titolare dell’Allevamento del Falco Nero, Cupini Andrea, in proprio e quale presidente del Spinger Spaniel Club d’Italia, nonché quale titolare dell’Allevamento della Banda Alata, Manfroni Giuseppe Colombo, in proprio e quale presidente della Società Amatori Bracco Italiano, nonché quale titolare dell’Allevamento delle Crode, Passini Giancarlo, in proprio e quale presidente del Kurzhaar Club Italiano, nonché quale titolare dell’Allevamento di Prà Capone, Massimino Luca, in proprio e quale titolare dell’Allevamento Ferentum, Fusi Franco, in proprio e quale titolare dell’Allevamento di Morghengo, Merlini Romualdo, in proprio e quale titolare dell’Allevamento della Valle delle Anatre, Guerrini Nadia, in proprio e quale titolare dell’Allevamento del Mucrone, Torniai Mario, in proprio e quale titolare dell’Allevamento del Pratomagno, Bertagna Roberto, in proprio e quale titolare dell’Allevamento dei Morenici, Barbieri Giuseppe, in proprio e quale titolare dell’Allevamento dei Bunarii, Nobile Adriano, in proprio e quale titolare dell’Allevamento di San Jacopo, Mori Marco, in proprio e quale titolare dell’Allevamento Morinensis, nonché quale addestratore professionista, Selmi Marco, in proprio e quale addestratore professionista, Lapi Guido, in proprio e quale titolare dell’Allevamento di San Tommaso, Dinelli Massimo, in proprio e quale titolare dell’Allevamento della Notte di San Lorenzo, Aroldi Stefano, in proprio e quale titolare dell’Allevamento della Guardiola, Camiolo Francesco, in proprio e quale titolare dell’Allevamento della Badia di San Savino, Bandini Riccardo, medico veterinario in Castelfranco di Sotto, Capecchi Francesco, medico veterinario in San Miniato, Bonanni Serena, medico veterinario in San Miniato, Spinelli Giovanni, medico veterinario in Pisa, Chiaramonti Alberto, Selvi Andrea, Barelli Innocenti Luca, Barletti Roberto, Tureddi Andrea, Da Prato Maria Cristina, Antonielli Leonardo, Pacini Fabio, Boschi Stefano, Petri Luigi, rappresentati e difesi dagli avv.ti Maria Grazia Poli e Alberto M. Bruni, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via G. Carducci, 4;
contro
Ministero della Salute e Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona dei rispettivi Ministri p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
ENPA, Ente Nazionale Protezione Animali; ENCI, Ente Nazionale della Cinofilia Italiana;
per l'annullamento
dell’ordinanza del Ministero della Salute, in data 22.03.2011 avente ad oggetto: Differimento del termine di efficacia e modificazioni dell'ordinanza del Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali del 03.03.2009 concernente la tutela dell'incolumita' pubblica dall'aggressione dei cani, nella parte in cui, nel modificare appunto l’ordinanza contingibile ed urgente suddetta del 3.3.2009, vieta, all’art. 2 lett. d), gli interventi chirurgici destinati a modificare la morfologia di un cane o non finalizzati a scopi curativi, nonché alla lettera e) la vendita, l’esposizione e la commercializzazione di cani sottoposti agli interventi chirurgici di cui alla lettera d);
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Salute e di Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore designato per l'udienza pubblica del giorno 30 maggio 2012 il Cons. Domenico Lundini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti sono legali rappresentanti di associazioni amatoriali di particolari razze di cani (ad esempio Spinoni, Bracchi Italiani, Epagneul Breton, Kurzhaar, Drahthaar, Spinger Spaniel ed altri ) destinati a svolgere attitudinalmente attività sportiva e/o venatoria, ovvero allevatori (anche a scopi commerciali) o addestratori di tali cani o cinofili e proprietari di esemplari appartenti a razze continentali da ferma oppure ancora medici veterinari (che esercitano la libera professione ed assumono di essere pregiudicati dal provvedimento impugnato).
Quest’ultimo è costituito dall’ordinanza del Ministero della Salute, in data 22.03.2011 (avente ad oggetto: “Differimento del termine di efficacia e modificazioni dell'ordinanza del Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali del 03.03.2009, concernente la tutela dell'incolumita' pubblica dall'aggressione dei cani), nella parte in cui, nel modificare appunto l’ordinanza contingibile ed urgente suddetta del 3.3.2009, da un lato sostituisce, all’art. 2, comma 1, la lettera d), conseguentemente vietando “gli interventi chirurgici destinati a modificare la morfologia di un cane o non finalizzati a scopi curativi in conformità della Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia, ratificata con la legge 4 novembre 2010, n. 201”, dall’altro, modifica la lettera e), vietando, oltre alla vendita e alla commercializzazione, la stessa esposizione dei cani sottoposti agli interventi chirurgici di cui alla precedente lettera d).
La specifica questione che viene in rilievo nel ricorso di cui trattasi con riferimento alle contestate disposizioni, è quella del divieto del taglio di coda dei cani che i ricorrenti assumono peraltro (invero fondatamente) essere pratica da secoli seguita, nella prima settimana di vita dei cuccioli, per gli esemplari di certe razze di cani particolarmente dedite ad attività sportiva, di ricerca e venatoria, al fine di prevenire dolorose ferite in età adulta conseguenti all’attività da essi praticata in ambienti angusti ed incolti, ricchi di rovi o tronchi d’albero, quali roveti, macchie, maremme, boschi. Inoltre, precisano ancora i ricorrenti, il taglio indolore della coda in via preventiva nella prima settimana di vita del cane persegue anche lo scopo di incrementare la valorizzazione zootecnica e l’utilizzo delle razze canine secondo i criteri fissati dal Ministero delle Risorse Agricole e Forestali con DM 5.2.1996 n. 21095 (Disciplinare del Libro Genealogico del cane di razza), in coerenza, altresì, con gli standards ed i dati caratteristici di ciascuna razza fissati nel corso dei secoli e che prescrivono, per certe razze (tra cui quelle di cui sopra si è detto), il taglio della coda nella prima settimana di vita dell’animale.
E dunque, gli istanti, rimarcandone la lesività anche in riferimento, per gli allevatori, addestratori e veterinari, ad interessi economico-professionali, contestano l’ordinanza impugnata (la quale segue ad una serie di precedenti ordinanze, contenenti disposizioni, in tema di caudotomia, non sempre, come invece quella che ne occupa, radicalmente inibitorie, considerato, in particolare, che con ordinanza del 28.3.2007, confermata sul punto dalla successiva ordinanza del 3.3.2009, il Ministero, nel mantenere il divieto del taglio della coda dei cani, ha tuttavia inserito specifica eccezione per i cani appartenenti alle razze canine con caudotomia prevista dallo standard, da eseguirsi e certificarsi da un medico veterinario entro la prima settimana di vita dell’animale), muovendo avverso la stessa quattro articolati motivi di censura, ex adverso ai quali controdeduce tuttavia l’Amministrazione intimata e costituita in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso.
Tanto premesso, rileva il Collegio che l’ordinanza in impugnativa (avente natura di ordinanza contingibile e urgente, essendo fondata sul concorrente richiamo delle esigenze di tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione dei cani e degli artt. 32 della legge n. 833/1978 e 117 del D.Lgs. n. 112/1998, in tema di sanità pubblica e polizia veterinaria) è stata già sospesa in via cautelare da questo Tribunale, nell’ambito del presente giudizio, con ordinanza n. 3966 del 27.10.2011, con riferimento, tra l’altro, sotto il profilo del fumus, alla dedotta contraddittorietà con altri provvedimenti, di poco antecedenti o successivi, della medesima amministrazione ed all’insussistenza, altresì,dei presupposti giustificativi dell’atto costituiti dalla sua indifferibilità ed urgenza.
Ritiene il Collegio che gli aspetti sopra evidenziati possano essere confermati anche in questa sede di merito, alla stregua delle seguenti considerazioni:
1) – Sebbene il Ministero, nelle proprie difese, cerchi di avvalorare una ricostruzione ermeneutica dell’ordinanza in questione nel senso che la stessa non avrebbe affatto previsto un generale divieto di amputazione della coda (lasciando ferme le eccezioni di cui alla previgente disciplina “riferite ai cani da gara o addetti a pratiche sportive”, in consonanza con l’art. 10 della Convenzione europea ratificata con legge n. 201/2010), pare al Collegio che proprio nel senso di un generalizzato divieto abbia invece statuito l’ordinanza in impugnativa, alla stregua del suo tenore letterale, e nonostante l’operato richiamo dell’art. 10 della Convenzione suddetta (peraltro all’epoca non ancora entrata in vigore). Ciò risulta invero dal chiaro riferimento, in essa ordinanza contenuto, ad un divieto, senza alcuna prevista eccezione (a parte quella, di generale inapplicabilità, già stabilita dall’art. 5 dell’O M. del 3.3.2009 per i “cani in dotazione alle Forze armate, di Polizia, di Protezione Civile e dei Vigili del Fuoco), di “interventi chirurgici destinati a modificare la morfologia di un cane o non finalizzati a scopi curativi in conformità all'art. 10 della Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia, ratificata con la legge 4 novembre 2010, n. 201”. In proposito, ed a scioglimento di ogni possibile perplessità interpretativa, si deve precisare che gli interventi consentiti in via di eccezione dall’art. 10 della suddetta Convenzione, su valutazione specifica di un veterinario, sono comunque interventi “non curativi” (anche se ritenuti necessari per ragioni di medicina veterinaria o nell’interesse dell’animale) proprio in relazione ai quali, tra gli altri, l’O. M. di cui trattasi dispone inibitoria.
2)- Ciò stante sono dunque condivisibili i rilievi mossi dai ricorrenti riferiti ad un contrasto (sintomatico d’illegittimità) delle censurate disposizioni dell’ordinanza di cui trattasi ( a firma del Sottosegretario delegato) con la circolare interpretativa del Ministro della Salute in data 16.3.2011, emanata ad illustrazione della Convenzione Europea di Strasburgo del 13.11.1987 (ratificata con legge n. 201/2010 e poi entrata in vigore in Italia il 1°.11.2011), nella quale, ribadito il divieto di praticare interventi chirurgici a scopo estetico sugli animali da compagna, sono stati però ritenuti legittimi e consentiti gli interventi preventivi di caudotomia, effettuati da un medico veterinario su giudizio motivato e certificato dello stesso, “sui cani impegnati in talune attività di lavoro, nonché in quelle di natura sportivo-venatoria spesso espletate in condizioni ambientali particolari, quali zone di fitta vegetazione che, comportando un elevato impegno motorio, espongono notoriamente l’animale al rischio di fratture, ferite, e lacerazioni della coda, con ripercussioni sulla salute e sul benessere psico-fisico dell’animale”.
3)- Tale circolare del Ministro è pienamente coerente, d’altra parte, con l’art. 10 della ridetta convenzione europea, la quale, pur vietando in generale gli interventi chirurgici destinati a modificare l’aspetto di un animale da compagnia per scopi non curativi, li consente tuttavia “se un veterinario considera un intervento non curativo necessario sia per ragioni di medicina veterinaria, sia nell’interesse dell’animale”. Il principio di cui sopra, con riferimento specifico al possibile taglio preventivo della coda dei cani appartenenti a razze utilizzate in attività sportivo-venatorie, è stato poi specificato, con diffuse argomentazioni di carattere medico-veterinario, dallo stesso Consiglio Superiore della Sanità nella seduta del 13.7.2011. Sicchè, rispetto a tali determinazioni ministeriali e fonti normative superiori, le contestate disposizioni, di generalizzata inibitoria della caudotomia, contenute nell’ordinanza impugnata, si pongono in insanabile ed immotivato contrasto, risultando peraltro prive di ogni presupposto giustificativo.
4)- Sono anche condivisibili i rilievi dei ricorrenti relativi alla mancanza, nell’atto impugnato (in parte qua), della grave, improvvisa ed impellente necessità pubblica che sostanzi nella specie i necessari caratteri dell’indifferibilità e dell’urgenza, trattandosi del divieto immotivato di una pratica seguita da tempi remoti per cani di determinate razze (e non quindi di esigenze improvvisamente e inaspettatamente intervenute) attraverso un provvedimento (peraltro di proroga di precedenti ed incidente anche su aspetti –quali quelli di cui alla lettera e)- con riflessi economico-professionali o imprenditoriali) destinato durare nel tempo per un periodo (di 24 mesi) che non sembra compatibile con la straordinarietà insita nelle ordinanze della specie. Al riguardo, va infatti considerato che il requisito della contingibilità -di cui anche all'art. 32 della legge 23 dicembre 1978 n. 833- implica che la situazione di emergenza sia oggettivamente tale da poter essere fronteggiata con un provvedimento la cui esecuzione non duri più di un breve lasso di tempo (cfr., al riguardo, CdS, IV, n. 605 del 06-12-1985). Né risulta adeguatamente specificato, nell’atto, l’eventuale pericolo per l’incolumità pubblica.
Sulla base delle considerazioni di cui sopra e con assorbimento di ogni profilo di censura non esaminato, il proposto ricorso dev’essere accolto, con annullamento, per l’effetto, dell’O. M. 22.3.2011, limitatamente alle disposizioni contestate e fatti salvi gli eventuali ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
La peculiarità della questione trattata induce tuttavia il Collegio a ravvisare sufficienti ragioni giustificative per la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater) accoglie il ricorso in epigrafe ed annulla, per l’effetto, il provvedimento impugnato, nei termini e limiti specificati in motivazione.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Italo Riggio, Presidente
Maria Luisa De Leoni, Consigliere
Domenico Lundini, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/09/2012