TAR Lombardia (BS), Sez. II, n. 651, del 8 luglio 2013
Caccia e animali.Legittimità revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia per omessa custodia

Se l’arma esce dalla sfera di controllo del legittimo possessore per un’autonoma decisione dello stesso, non possono certamente essere considerate idonee a escludere profili di responsabilità le istruzioni date alla persona che subentra nella detenzione, e tantomeno il rapporto di fiducia intercorrente tra i medesimi soggetti. Gli errori di giudizio circa l’affidabilità della persona a cui l’arma viene consegnata diventano inevitabilmente sintomi di inaffidabilità del legittimo possessore, e possono costituire il presupposto per la revoca della licenza di porto d’armi. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00651/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00504/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 504 del 2012, proposto da: 
GIULIO AMBROSINI, rappresentato e difeso dall'avv. Alberto Nevola, con domicilio eletto presso la segreteria del TAR in Brescia, via Zima 3;

contro

MINISTERO DELL'INTERNO, QUESTURA DI BERGAMO, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio in Brescia, via S. Caterina 6;

per l'annullamento

- del decreto del Questore di Bergamo Cat.P.1/PAS del 31 gennaio 2012, con il quale è stata revocata la licenza di porto di fucile per uso caccia;



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Bergamo;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 aprile 2013 il dott. Mauro Pedron;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Considerato quanto segue:



FATTO e DIRITTO

1. La Questura di Bergamo con decreto 31 gennaio 2012 ha revocato al ricorrente Giulio Ambrosini la licenza di porto di fucile per uso caccia. Il provvedimento è stato adottato sulla base degli art. 11 e 43 del RD 18 giugno 1931 n. 773 (Tulps).

2. Il fatto che ha provocato la decisione della Questura è la condanna ex art. 444 cpp a 2 mesi e 20 giorni di arresto per omessa custodia di armi ai sensi dell’art. 20-bis della legge 18 aprile 1975 n. 110 (Trib. Bergamo 12 gennaio 2012). In sintesi, il ricorrente in data 14 maggio 2011 ha consegnato un fucile di sua proprietà, regolarmente denunciato, di marca Manu Arm Saint-Étienne, unitamente a 16 cartucce di marca Fiocchi Flobert calibro 9, a un suo amico privo della licenza di porto d’armi. Quest’ultimo ha utilizzato il fucile per abbattere alcuni galletti del suo allevamento, situato nel Comune di Covo. Dopo aver sparato ai galletti, l’amico del ricorrente ha imbracciato il fucile dalla parte della canna, come una mazza, per finirli a bastonate. In questo modo ha però fatto partire un colpo ferendosi alla coscia destra. Trasportato immediatamente all’ospedale di Romano di Lombardia, l’amico del ricorrente è stato ricoverato con una prognosi di 10 giorni. A causa dell’uso improprio il fucile si è spezzato in due.

3. Contro il provvedimento di revoca il ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 13 aprile 2012 e depositato il 9 maggio 2012. Le censure possono essere così riassunte: (i) difetto di motivazione, in quanto il ricorrente non avrebbe abusato dell’arma, essendosi limitato a prestare il fucile a una persona alla quale era legato da lunga amicizia, in un contesto rurale (il ricorrente risiede a Fara Olivana con Sola, l’amico a Covo) caratterizzato da forte spirito di solidarietà; (ii) ulteriore profilo di difetto di motivazione, in quanto non è stata effettuata alcuna valutazione circa l’inaffidabilità futura del ricorrente nell’uso delle armi.

4. La Questura si è costituita in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.

5. Sulle questioni sollevate nel ricorso si possono svolgere le seguenti considerazioni:

(a) l’art. 11 comma 1 del Tulps prevede l’inibizione automatica (ossia il diniego o il ritiro immediato delle autorizzazioni di polizia) solo per reati puniti con sanzioni particolarmente gravi (reclusione superiore a tre anni per delitto non colposo) o nel caso in cui sia accertata un’attitudine delinquenziale (ammonizione o misura di sicurezza personale; dichiarazione di delinquenza abituale, professionale o per tendenza). Con specifico riferimento alle licenze relative alle armi l’art. 43 comma 1 del Tulps amplia la tipologia dei reati ostativi (condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione; condanna alla reclusione per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico; condanna per diserzione in tempo di guerra, o per porto abusivo di armi);

(b) quando non si verifichi un’ipotesi di inibizione automatica le condanne possono diventare ostative se il fatto è connotato da violenza (art. 11 comma 2 del Tulps) o se comunque è interpretabile come sintomo della mancanza di affidamento nell’uso delle armi (art. 43 comma 2 del Tulps);

(c) nello specifico, la condanna subita dal ricorrente è stata interpretata dall’autorità di pubblica sicurezza come dimostrazione dell’inaffidabilità nell’uso delle armi. La valutazione appare complessivamente corretta;

(d) per quanto riguarda la consegna del fucile a un soggetto privo della licenza di porto d’armi, la condotta del ricorrente appare in effetti caratterizzata da grave negligenza. Come evidenziato dalla Questura nella relazione depositata il 10 luglio 2012, il contesto in cui è avvenuto l’episodio (area rurale, rapporto di amicizia, solidarietà, disponibilità all’aiuto) non poteva esimere il ricorrente dal verificare se effettivamente il suo amico fosse esperto nell’uso delle armi e risultasse titolare della licenza di porto d’armi. Del resto, proprio la lunga frequentazione metteva il ricorrente nella condizione di ottenere con facilità le predette informazioni;

(e) parimenti, non attenua la gravità della condotta del ricorrente il fatto che la consegna del fucile sia avvenuta allo scopo di permettere l’abbattimento di alcuni galletti di allevamento. È evidente che l’uso di un fucile da caccia per questa finalità, di cui il ricorrente era consapevole, è del tutto inappropriato anche in un contesto rurale;

(f) le conseguenze dell’incauta consegna del fucile, destinato a essere utilizzato al di fuori della diretta sorveglianza del ricorrente, si sono rivelate particolarmente serie per le modalità dell’impiego, e avrebbero potuto essere ancora più gravi. Certo, difficilmente il ricorrente poteva immaginare che la persona a cui stava prestando il fucile lo avrebbe utilizzato come un bastone lasciando una cartuccia nella camera di scoppio, tuttavia la diligenza richiesta ai legittimi possessori di un’arma copre una serie causale più ampia di quella di cui risponde la generalità dei cittadini. Il titolare della licenza di porto d’armi assume infatti uno speciale obbligo di garanzia nei confronti dell’incolumità pubblica, e dunque deve porre in essere ogni precauzione per evitare che l’uso dell’arma provochi (anche indirettamente o accidentalmente) lesioni o danni;

(g) se poi l’arma, come nel caso in esame, esce dalla sfera di controllo del legittimo possessore per un’autonoma decisione dello stesso, non possono certamente essere considerate idonee a escludere profili di responsabilità le istruzioni date alla persona che subentra nella detenzione, e tantomeno il rapporto di fiducia intercorrente tra i medesimi soggetti. Gli errori di giudizio circa l’affidabilità della persona a cui l’arma viene consegnata diventano inevitabilmente sintomi di inaffidabilità del legittimo possessore, e possono costituire il presupposto per la revoca della licenza di porto d’armi;

(h) l’inaffidabilità non è una condizione permanente, ma ha una durata variabile a seconda del maggiore o minore allarme provocato dall’infrazione, e comunque, nel caso in cui siano stati commessi dei reati, non può considerarsi superata prima che sia intervenuta la riabilitazione (v. CS Sez. III 2 luglio 2012 n. 3842; TAR Brescia Sez. II 8 marzo 2012 n. 389). In questo senso non è condivisibile la tesi del ricorrente secondo cui il giudizio (penale e amministrativo) sull’errore commesso in passato non dovrebbe tradursi nella presunzione di rischi futuri per l’incolumità pubblica;

(i) spetta quindi in primo luogo all’autorità di pubblica sicurezza individuare un adeguato periodo di privazione della licenza di porto d’armi per l’episodio in questione, e stabilire se e quando, anche in relazione alla condotta mantenuta medio tempore dal ricorrente, vi possano essere le condizioni per riesaminare la situazione.

6. Il ricorso deve pertanto essere respinto. La particolarità della vicenda consente la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando, respinge il ricorso. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:

Giorgio Calderoni, Presidente

Mauro Pedron, Consigliere, Estensore

Stefano Tenca, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)