L’altra faccia della Legge n. 68/2015 sugli Ecoreati: il disastro dell’eliminazione delle contravvenzionali in materia ambientale almeno l’80 % dei reati contravvenzionali buttati nella spazzatura
di Giuseppe AIELLO
Premessa.
La legge 22 maggio 2015, n. 68, (pubbl. in Gazzetta Ufficiale n. 122 del 28 maggio 2015), che ha introdotto nell’ordinamento italiano il nuovo Titolo VI°-Bis del codice penale, rubricato 'Delitti contro l'ambiente', con fattispecie di aggressione all’ambiente costituite sotto forma di delitto, è stata accolta con entusiasmo da tantissimi che gioendo hanno fatto a gara per rivendicarne i meriti. Lo dimostrano le dichiarazioni rilasciate all’indomani dell’approvazione da parte di esponenti politici delle diverse compagini politiche dal PD al movimento 5 Stelle, (il ministro Galletti: “un passo avanti”. Il PD: “giornata da ricordare”. I 5 Stelle: “ il provvedimento porta la nostra firma”) e autorevoli rappresentati del mondo dell’associazionismo Ambientale da Legambiente, al WWF.
Legambiente: “oggi è una giornata importante nella nostra battaglia per l’inserimento degli ecoreati nel codice penale,.. Non siamo stati zitti e i senatori hanno sentito la nostra voce”. Il WWF: “plaude all’approvazione della legge che introduce nel codice penale i nuovi delitti ambientali. La Magistratura, seppure con ritardo, può ora contare su strumenti adeguati per contrastare gli illeciti in campo ambientale”.
La maggior parte dei cittadini Italiani, sotto lo slogan, “ dopo 18 anni di battaglie gli ecoreati sono legge i crimini ambientali da reati contravvenzionali diventano delitti le pene aumentano come aumenta il termine della prescrizione” rimbalzato in tutti i telegiornali e testate giornalistiche dei giorni seguenti l’approvazione della legge, si sono sentiti più sicuri credendo realmente in una maggiore tutela dell’Ambiente grazie all’inasprimento delle nuove sanzioni penali mediante l’introduzione di nuovi reati delitti. Dispiace dover deluderli e destare loro ulteriori preoccupazioni con questa mia analisi ragionata della seconda parte seconda L.68/2015, forse fin ora rimasta sconosciuta.
In realtà i risultati complessivi di questa manovra nascondono, ad un occhio più esperto, disastrose conseguenti in ambito alla tutela Penale riservata in passato dal Codice dell’Ambiente con sfaccettature di grande superficialità ed imbarazzo mascherando, con quel falso entusiasmo, quella che è di fatto la più grande manovra di depenalizzazione dei reati ambientali mai vista sin ad ora nel nostro Paese.
Purtroppo nessuno ha saputo o voluto spiegare cosa realmente rappresenti, nel complesso, la nuova Legge e quali conseguenze reali porterà alla causa ambientale ed innanzitutto nessuno ha svelato l’altra faccia della medaglia che, se da una parte, introduce effettivamente nuovi reati ambientali sotto forma di delitti dall’altra intende eliminare la stragrande parte dei reati contravvenzionali contemplati nel Codice dell’Ambiente, D.lgs 152/2006, trasformandoli in sanzioni amministrative con una procedura che definirla fantascientifica è poco.
Direi proprio che è stata tradita l’attesa di chi, da lungo tempo, aspettava una norma coerente con quanto richiesto dalla Direttiva dell’Unione Europea 2008/99/CE del 19 novembre 2008 sulla protezione dell’ambiente, sicuramente, dopo tanto tempo, si sarebbe potuto e dovuto fare di più infatti, soprattutto in termini di semplificazione e di concretezza operativa, basti pensare che un risalente progetto di legge, intitolato Introduzione nel codice penale del titolo VI-bis, "Delitti contro l'ambiente", e disposizioni sostanziali e processuali contro il fenomeno criminale dell'"Ecomafia", risulta trasmesso alle Presidenze delle Camere il 22 aprile 1998.
L’ Europa, nella su citata direttiva, ha voluto precisare che “attività che danneggiano l’ambiente, le quali generalmente provocano o possono provocare un deterioramento significativo della qualità dell’aria, compresa la stratosfera, del suolo, dell’acqua, della fauna e della flora, compresa la conservazione delle specie esigono sanzioni penali dotate di maggiore dissuasività”, chiedendone l’introduzione nei sistemi nazionali, al fine di garantire uno standard minimo comunitario di tutela penale dell’ambiente.
Questo obiettivo sembrava fosse stato raggiunto dalla Legge 68/2015 con l’introduzione nel Codice penale del nuovo titolo, VI°-Bis, dedicato ai delitti contro l'ambiente: inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento del controllo e omessa bonifica. Purtroppo il legislatore non si è fermato a questo dando sfogo, nella seconda parte della Legge, quella peggiorativa o se vogliamo l’altra faccia della medaglia, alla sua grande fantasiosa e stravolgente mania di complicare le cose fino a renderle incomprensibili ed inapplicabili (legislazione ambientale in primis).
Insolitamente con la nuova Legge si è anche operata una sensibile modifica al D.lgs 152/2006 introducendo nel corpo del codice dell’ Ambiente una ulteriore parte VI bis, che pare nessuno ne aveva mai parlato o richiestone l’introduzione, in cui si prevede il modo di eliminare le contravvenzioni, ivi contemplate, con sanzioni Amministrative affidandone il compito ovvero la bacchetta magica necessaria per giungere alla metamorfosi, all’Organo di Vigilanza.
Si, proprio così, da oggi Vigili, Carabinieri poliziotti e quant’altri contemplati nell’art 55 del C.P.P. sono assunti a rango di paladini dell’ambiente, premiati sul campo e promossi esperti e tecnici ambientali, tutti senza esclusione alcuna, capaci di graziare anche i reo confessi della maggior parte delle violazioni ambientali ammettendoli al pagamento di sanzioni amministrative piuttosto che a stressanti processi penali, alla faccia degli ecoreati.
Questa non può che essere vera pazzia e dimostrazione che chi legifera in materia ambientale nel nostro Paese è lontano anni luce dalla realtà, CHE NON CONOSCE LE PROBLEMATICHE DEI CONTROLLI, e soprattutto non sa chi sono gli organi di vigilanza.
Passando in rassegna la legge 68/2015 si rileva che essa è composta da tre articoli.
Il nucleo fondamentale del provvedimento è costituito dall’art. 1, contenente un complesso di disposizioni che, in particolare, inseriscono nel codice penale un inedito titolo VI-bis (Dei delitti contro l'ambiente), composto da 12 articoli (dal 452-bis al 452-terdecies) e nel quale sono previsti cinque nuovi delitti, inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento del controllo, omessa bonifica.
Nel dispositivo viene anche contemplata altresì una forma di ravvedimento operoso per coloro che collaborano con le autorità prima della definizione del giudizio, ai quali è garantita una attenuazione delle sanzioni previste.
Tralasciando l’aspetto relativo all’introduzione dei nuovi reati delitti, come su indicati, ritengo necessario rivolgere l’attenzione alla disciplina contenuta al comma 9 dell’art. 1 della l. in questione, con la quale il legislatore ha introdotto in calce al testo del D.lgs. n. 152/2006 (c.d. TUA, Teso Unico Ambientale) una nuova Parte Sesta-bis, intitolata “Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale”.
La questione su cui si pone l’attenzione e che merita un’attenta riflessione è passata quasi del tutto inosservata anche se ha fortissime ripercussioni sul piano tecnico giuridico e quello pratico dei controlli stravolgendo il normale assetto procedurale della polizia giudiziaria nei casi di illeciti penali a carattere contravvenzionale contenuti nel D.lgs 152/2006.
In particolare ad essere stravolto è l’operatività degli organi di vigilanza, chiamati ad assumere un nuovo ruolo, innaturale rispetto alla genesi della P.G., con compiti che difficilmente potranno essere svolti senza creare ulteriori problematiche e il rischio che si infilino cavilli e sotterfugi capaci di creare zona franca dei soliti criminali che hanno sempre speculato grazie ad una normativa farraginosa e permissiva.
Legge n. 68/2015: l’introduzione della parte VI bis del T.U.A. ( l’eliminazione dei reati contravvenzionali) la monetizzazione degli illeciti Ambientali.
La disciplina di riferimento, contenuta negli articoli 318 bis- 318 octies del decreto legislativo n. 152 del 2006, come innovato dalla legge 68/2015, viene a stravolgere tutto l’impianto sanzionatorio e procedurale costruito intorno agli illeciti penali a carattere contravvenzionale contemplati nel Codice dell’Ambiente.
La normativa in esame, con il comma 9 dell’art. 1, introduce in calce al testo del D.lgs. n. 152/2006 (c.d. TUA, Teso Unico Ambientale negli articoli 318 bis – 318 octies) una nuova Parte Sesta-bis, intitolata “Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale” con l’intendo di operare l’estinzione, in via amministrativa, delle ipotesi di contravvenzioni di cui al D.lgs. n. 152/2006 e succ. modd. che ricorda la analoga disciplina dell’adempimento alle prescrizioni delle contravvenzioni in materia di sicurezza sul lavoro [cfr. quanto previsto dagli articoli 20 e segg. del decreto legislativo 19 dicembre 1994 n. 758, ora più generalmente richiamati dall’articolo 301 del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81].
Non bisogna lasciarsi ingannare dal menzionato titolo, che fa uno specifico richiamo sia agli illeciti amministrativi sia a quelli penali, proprio per questo sembrerebbe capire che nella nuova parte VI bis fosse considerato il duplice aspetto degli illeciti del T.U.A. Amministrativi e Penali mentre in effetti troviamo trattato solo l’aspetto relativo ai reati contravvenzionali.
A chiarire la portata del provvedimento è proprio il primo articolo 318-bis che apre la citata Parte Sesta-Bis, che recita “Le disposizioni della presente parte si applicano alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale previste dal presente decreto che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette”.
Il successivo articolo 318 ter (prescrizione) chiarisce in modo palese che la manovra legislativa intende introdurre un sistema capace di eliminare la contravvenzione accertata tra quelle previste nelle diverse parti del T.U.A . e “che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette”.
Il sistema, alla stessa stregua di quello introdotto in materia di sicurezza sul lavoro, prevede che “l'organo di vigilanza, nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all'articolo 55 del codice di procedura penale, ovvero la polizia giudiziaria impartisce al contravventore un'apposita prescrizione asseverata tecnicamente dall'ente specializzato competente nella materia trattata, fissando per la regolarizzazione un termine non superiore al periodo di tempo tecnicamente necessario”. Basterebbe già questo per dare un oscar al nostro legislatore che sembra peccare di troppa stima e considerazione degli organi di vigilanza che dovrebbero essere così preparati, anche su aspetti specificatamente tecnici- preventivi, in modo da poter in primis valutare che l’illecito non abbia di fatto “cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette” e subito dopo dare prescrizioni ai trasgressori indicando il tempo entro cui provvedere. A questo punto si dovrebbero dimenticare, per un momento, tutte le procedure tipiche della polizia giudiziaria, e concentrarsi sulle nuove metodologie, perché il nodo centrale della questione si sposta sui nuovi adempimenti, obbligatori per tutti, essendo previsto che , “Con la prescrizione l'organo accertatore puo' imporre specifiche misure atte a far cessare situazioni di pericolo ovvero la prosecuzione di attivita' potenzialmente pericolose”.
Si fa notare come nel disposto appena esaminato il termine organo di vigilanza, utilizzato al comma 1, viene sostituito in l’organo accertatore, facendo quindi rafforzare l’idea che chi interviene ad accertare il reato debba poi procedere direttamente, senza possibilità di delega, ad assicurare gli adempimenti neo introdotti con la L. 68/2015 ( prescrizioni, verifica adempimento) .
Sembrerebbe che il legislatore abbia dimenticato, inoltre, che il trattamento di favore della nuova disposizione è vietato, come sancito dall‘ art. 318 bis, nei casi in cui sia stato cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette.
L’art 318 ter continua prevedendo che “ In presenza di specifiche e documentate circostanze non imputabili al contravventore che determinino un ritardo nella regolarizzazione, il termine puo' essere prorogato per una sola volta, a richiesta del contravventore, per un periodo non superiore a sei mesi, con provvedimento motivato che e' comunicato immediatamente al pubblico ministero.”
Fortunatamente non ci si è dimenticati che la polizia giudiziaria, al cospetto di ogni tipologia di reato, quindi anche per quelli Ambientali, ha l’obbligo di dare la notizia di reato alla competente A.G. e proprio per questo, dopo aver previsto i termini della prescrizione, il comma 4 dell’art 318 ter conferma che “ Resta fermo l'obbligo dell'organo accertatore di riferire al pubblico ministero la notizia di reato relativa alla contravvenzione, ai sensi dell'articolo 347 del codice di procedura penale”.
Quindi, dopo aver accertato il reato contravvenzionale e verificato che non sia stato cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno all’ambiente, l’organo di vigilanza, che riveste la qualifica di P.G. e che ha accertato il reato, deve dare le prescrizioni, stabilire il tempo entro cui provvedere, far cessare situazioni di pericolo ovvero la prosecuzione di attivita' potenzialmente pericolose e finalmente dare la comunicazione di reato all’A.G. Fine?
No, assolutamente no, quale fine, forse il bello deve ancora cominciare, infatti, l’ Art. 318-quater (Verifica dell'adempimento), prevede che l’organo di vigilanza, “Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione ai sensi dell'articolo 318-ter, deve ulteriormente verificare se la violazione e' stata eliminata secondo le modalita' e nel termine indicati dalla prescrizione”. Nei casi in cui risulta l'adempimento della prescrizione, l'organo accertatore ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari a un quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo accertatore comunica al pubblico ministero l'adempimento della prescrizione nonche' l'eventuale pagamento della predetta somma.
Quando invece risulta l'inadempimento della prescrizione, l'organo accertatore ne da' comunicazione al pubblico ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella stessa prescrizione.
Purtroppo le novità, ovvero le pazzie del nostro legislatore, non sono ancora finite anzi, assistiamo adesso ad un capovolgimento, mai visto prima, dei rapporti tra Magistratura e Polizia giudiziaria, infatti nell’art. 318-quinquies. (Notizie di reato non pervenute dall'organo accertatore) si legge che “Se il pubblico ministero prende notizia di una contravvenzione di propria iniziativa ovvero la riceve da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio diversi dall'organo di vigilanza e dalla polizia giudiziaria, ne da' comunicazione all'organo di vigilanza o alla polizia giudiziaria affinche' provveda agli adempimenti di cui agli articoli 318-ter e 318-quater”. Non credo che sia mai capitato prima una cosa del genere ed è difficile immaginare che un P.M. debba dare avviso obbligatorio alla P.G. o meglio organo di vigilanza della notizia reato riguardante ad esempio una discarica abusiva ed aspettare da essa tutti gli adempimenti sopra descritti.
Logicamente comprendendo le finalità del legislatore che sono quelle di eliminare la contravvenzione non poteva non esserci l’Art. 318-sexies. (Sospensione del procedimento penale). Che prevede appunto la sospensione del procedimento per la contravvenzione dal momento dell'iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all'articolo 335 del codice di procedura penale fino al momento in cui il pubblico ministero riceve una delle comunicazioni di cui all'articolo 318-quater, commi 2 e 3, del presente decreto (avvenuto adempimento con pagamento della sanzione amministrativa e/o comunicazione di inadempimento). Al comma 3 dell’art. 318-sexies è previsto che “La sospensione del procedimento non preclude la richiesta di archiviazione. Non impedisce, inoltre, l'assunzione delle prove con incidente probatorio, ne' gli atti urgenti di indagine preliminare, ne' il sequestro preventivo ai sensi degli articoli 321 e seguenti del codice di procedura penale.”
In ultimo, il premio per quei poveretti, pur se hanno violato la legge con illeciti penali nel campo ambientale, hanno però provveduto ad adempiere alla prescrizione ed a versare ¼ del massimo dell’ammenda prevista per la sanzione penale in questione, arriva con l’Art. 318-septies (Estinzione del reato).
Infatti la contravvenzione si estingue se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall'organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dall'articolo 318-quater, comma 2. Il pubblico ministero richiede l'archiviazione se la contravvenzione e' estinta.
Non è ancora finito siate buoni se potete, infatti il nostro legislatore lo è stato di fatto perché ha previsto che “L'adempimento in un tempo superiore a quello indicato dalla prescrizione, ma che comunque risulta congruo a norma dell'articolo 318-quater, comma 1, ovvero l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalita' diverse da quelle indicate dall'organo di vigilanza ( ma come adempimenti diversi, e che prescrizioni sono? ) sono valutati ai fini dell'applicazione dell'articolo 162-bis del codice penale. In tal caso, la somma da versare e' ridotta alla meta' del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa.
Fortunatamente l’Art. 318-octies. (Norme di coordinamento e transitorie) prevede che Le norme della presente parte non si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima parte».
In conclusione, indagando, quindi, le ipotesi di contravvenzioni punite, secondo la distinzione di cui all’art. 17, cod.pen., con l’arresto e/o l’ammenda, ci rendiamo immediatamente conto dell’ampia portata applicativa del nuovo sistema deflattivo introdotto dal legislatore che abbraccia sanzioni:
: 1) in materia di AIA (dall'esercizio di una delle attivita' di cui all'Allegato VIII, alla Parte Seconda, D.lgs. n. 152/2006, senza essere in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale, o dopo che la stessa sia stata sospesa o revocata, alla mancata osservanza di una prescrizione autorizzato ria, piuttosto che imposta dall’autorità competente, da parte di soggetto pur in possesso dell'autorizzazione integrata Ambientale...); 2) in materia di scarichi di acque reflue industriali (dall'apertura o comunque effettuazione di nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, oppure per prosieguo ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, al celebre scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto senza osservare le prescrizioni dell'autorizzazione, o le altre prescrizioni dell'autorità competente, etc.); 3) in materia di rifiuti (dall'esercizio di una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216, D.lgs. cit., all'abbandono o deposito in modo incontrollato di rifiuti ovvero immissione nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all'articolo 192, commi 1 e 2, commessa da parte di titolari di imprese ed ai responsabili di enti, etc.); 4) in materia di bonifica di siti contaminati (dal cagionare inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio, senza provvedere alla bonifica in conformità al progetto approvato dall'autorità competente nell'ambito del procedimento di bonifica di cui agli articoli 242 e seguenti, alla mancata effettuazione della comunicazione di evento in grado di contaminare il suolo di cui all'art. 242); 5) in materia di emissioni in atmosfera (dall'esercizio di uno stabilimento in assenza della prescritta autorizzazione ovvero per proseguo all'esercizio con l'autorizzazione scaduta, decaduta, sospesa o revocata, alla sottoposizione di uno stabilimento ad una modifica sostanziale senza l'autorizzazione prevista dall'articolo 269, comma 8, etc.).
Non so quale è il parere di chi ha avuto la pazienza e la forza di leggere sin a questo punto ma vi confesso che io nello scrivere sono rimasto sconvolto da tanta “ciucciaggine”, termine usato dai maestri di un tempo per definire un soggetto ignorante, chi non conosce, come dimostra esserlo chi ha previsto questo articolato procedimento in nome della maggiore tutela penale necessaria per un ambiente più tutelato e protetto.
E’ proprio vero che Chi inquina ed ha soldi non va dal Giudice e non rischia la condanna, basta che paghi, è questa la monetizzazione dei reati ambientali, in conseguenza dell’introduzione degli ecoreati.
Pare che ogni volta nel nostro Paese si debba giungere a compromessi per vedersi riconosciuto un sacro santo diritto costretti al gioco delle tre carte ottengo questo in cambio di quest’altro.
Speriamo che il mio pessimismo nella nuova disposizione venga smentito in atti, e che sia in grado di risolvere le variegate problematiche ambientali sarà la prima volta che accetterei di buon grado di perdere e di essere smentito.
23.06.2015
Dott. Giuseppe Aiello, C.te Polizia municipale di Lioni