Consiglio di Stato, Sez. III, n. 6057, del 10 dicembre 2014
Elettrosmog.Illegittimità ordinanza del Presidente della Giunta regionale di delocalizzazione degli impianti di diffusione sonora e televisiva

La Regione, e non il suo Presidente in persona, nel caso specifico di superamento dei soli valori d’attenzione, era tenuta ad attivare il piano di risanamento di cui all’art. 9, c. 1 della l. 36/2001. Tanto all’evidente scopo, sotteso al piano stesso, di determinare il progressivo adeguamento degli impianti radioelettrici già esistenti ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione ed agli obiettivi di qualità stabiliti secondo le norme della citata legge. Peraltro, il piano una volta inutilmente trascorsi i dodici mesi dall’entrata in vigore del decreto di cui all'art. 4, c. 2, lett. a) ed in caso d’inerzia o inadempienza dei gestori, ben può esser adottato dalla Regione, sentiti i Comuni e gli enti interessati, anche contro la volontà dei gestori stessi e, se del caso, prevedendo anche la delocalizzazione degli impianti in siti conformi alla pianificazione in materia, con oneri a carico dei titolari degli impianti. L’omessa attivazione d’un serio piano di risanamento senza alcun vero contraddittorio con gli operatori titolari degli impianti, determina la vicenda d’un continuo, ma arbitrario e tecnicamente incongruo, spostamento di impianti. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

 

 

N. 06057/2014REG.PROV.COLL.

N. 04845/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 4845/2009 RG, proposto dalla Reti televisive italiane – RTI s.p.a., corrente in Roma e dalla Elettronica Industriale s.p.a., corrente in Lissone (MI), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Giuseppe Rossi e Luigi Medugno, con domicilio eletto in Roma, via Panama n. 58,

contro

- il Ministero dello sviluppo economico - MISE, in persona del Ministro pro tempore e la Regione Abruzzo, in persona del Presidente pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici si domiciliano in Roma, via dei Portoghesi n. 12 e 
- l’Agenzia regionale per la tutela dell'ambiente – ARTA per l’Abruzzo, in persona del Direttore pro tempore, non costituita nel presente giudizio e

nei confronti di

Comune di Pescara, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Paola Di Marco, con domicilio eletto in Roma, via Paolo Emilio n.34, presso lo studio dell’avv. D'Angelo,

per la riforma

della sentenza del TAR Abruzzo – Pescara, n. 85/2009, resa tra le parti e concernente l’ordine di delocalizzazione di impianti per la radiodiffusione sonora e televisiva, in loc. S. Silvestro, nel territorio comunale di Pescara;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio soltanto del MISE, della Regione Abruzzo e del Comune di Pescara;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore all'udienza pubblica del 30 ottobre 2014 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti costituite, gli avvocati Medugno e Palieri (su delega di Di Marco) e l’Avvocato dello Stato Soldani;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:



FATTO

La RTI s.p.a., corrente in Roma e la Elettronica Industriale s.p.a., corrente in Lissone (MI), rendono noto d’essere, l’una, una concessionaria per l’esercizio della radiodiffusione televisiva su frequenze terrestri e fornitrice di contenuti e servizi televisivi e, l’altra, un’impresa per la realizzazione e la gestione di impianti radiotelevisivi, nonché per la diffusione televisiva in tecnica digitale.

Dette Società dichiarano pure d’aver ricevuto, il 24 gennaio 2008, tre verbali d’accertamento a cura della Polizia municipale di Pescara, con cui fu loro contestato il superamento, verificato dall’ARTA Abruzzo il 9 novembre 2007, dei valori di campo elettromagnetico ex DPCM 8 luglio 2003 da parte degli impianti siti in Pescara, loc. S. Silvestro, con conseguente violazione dell’art. 15, c. 1 della l. 22 febbraio 2001 n. 36. In base a tal accertamento, il superamento di tali limiti si verificò sì, ma con riguardo ad un solo dei punti di misurazione, ossia al n. 2), corrispondente al terrazzino del frantoio sito in via della Chiesa n. 96.

Nonostante le rimostranze della Elettronica Industriale s.p.a., in data 29 febbraio 2008 il Comune di Pescara le comunicò l’avvio del procedimento per la diffida alla rimozione dell’impianto stesso e le conseguenti misure di legge. Dopo varie vicissitudini, detta Società propose una memoria al fine di confutare quanto contestatole dal Comune, deducendo, tra l’altro, l’incompetenza di quest’ultimo a statuire la delocalizzazione di impianti radiotelevisivi, la perdurante assenza del piano nazionale di assegnazione delle frequenze – PNAF in tecnica analogica e la soggezione di quello in tecnica digitale terrestre all’avvio della previa fase di sperimentazione. Dal canto suo, anche RTI s.p.a., a sua volta destinataria del medesimo avviso d’avvio, fornì deduzioni nei confronti del Comune di Pescara. Quest’ultimo, però, dispose siffatta delocalizzazione con l’ordinanza contingibile e urgente n. 405 del 16 maggio 2008, impugnata da dette Società e poi sospesa dal TAR Pescara.

Intervennero allora le ordinanze n. 1 del 24 giugno 2008 e n. 2 del successivo 1° luglio, con cui il Presidente della Giunta regionale dell’Abruzzo, richiamati gli atti dianzi citati, ordinò alle predette Società la delocalizzazione, entro 180 gg., di tutti gli impianti di radiodiffusione collocati in loc. S. Silvestro ed il loro spostamento nel territorio comunale di Bussi sul Tirino (PE), loc. Pietracorniale, o in altra reputata idonea dal Ministero delle comunicazioni.

Avverso tali statuizioni insorsero dette Società innanzi al TAR Pescara, con il ricorso n. 566/2008 RG, deducendo in punto di diritto otto articolati gruppi di censura. L’adito TAR, con sentenza n. 85 dell’11 febbraio 2009, respinse il ricorso stesso perché: 1) – le impugnate ordinanze posero un termine non per la delocalizzazione, ma per i soli adempimenti connessi; 2) – con esse il Presidente della Giunta regionale, al di là della dizione usata, si limitò, per un verso, ad invitare gli operatori interessati al trasferimento volontario degli impianti coinvolti e, per altro verso ed in caso d’inerzia, ad assumere l’iniziativa di quest’ultimo ai sensi dell’art. 28, c. 7 del Dlg 31 luglio 2005 n. 177, senza con ciò interferire con le attribuzioni del Ministero; 3) – le ordinanze stesse erano sì atti endoprocedimentali, ma pur sempre impugnabili per il loro aspetto decisorio sulla necessità della disattivazione degli impianti siti in loc. S. Silvestro; 4) – lo spostamento si rese necessario in base agli artt. 9 e 19 della l. reg. Abr. 13 dicembre 2004 n. 45, le cui norme sono più rigorose di quelle statali; 5) – gli accertamenti svolti dall’ARTA erano sì impugnabili ma solo per macroscopiche illogicità, non riscontrate nella specie; 6) – il termine assegnato era congruo per consentire agli interessati la partecipazione procedimentale e, comunque, il potere esercitato dal Presidente della Giunta regionale rientrava tra le funzioni di controllo, nei cui riguardi tal partecipazione è ammessa nel prosieguo del procedimento.

Appellano quindi dette Società, con il ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità della sentenza perché: A) –le ordinanze citate, pur se non previste né dalla l.r. 45/2004, né dalla normativa statale e ben lungi dall’esser un mero invito alla delocalizzazione, invece la ordinano espressamente ed in base a ragioni d’urgenza; B) – il potere d’iniziativa verso il Ministero nella Regione Abruzzo, ai sensi dell’art. 53 dello Statuto, spetta non al Presidente della Giunta ma ai dirigenti; C) – in ogni caso, spetta al piano di risanamento ex art. 9 della l. 36/2001, adottato dalla Regione (ossia dal Consiglio regionale), di disporre l’adeguamento degli impianti radioelettrici ai valori d’attenzione e agli obiettivi di qualità; D) – non essendo mai stato attuato il PNAF analogico, il sito S. Silvestro, colà non più previsto, è sì utilizzabile ai soli fini della riallocazione degli impianti che superino o che concorrano a superare i limiti ed i valori indicati dall’art. 4 della l. 36/2001, ma solo in base ad un’apposita statuizione del Ministero, su iniziativa delle regioni, ai sensi dell’art. 28, c. 7 del Dlg 177/2005, mentre l’attuazione del PNAF digitale, a cura dell’AGCOM, è in itinere e, in attesa della relativa definizione, gli operatori muniti di titolo legittimo possono proseguire nell’attività dai siti attualmente in uso; E) – in ogni caso, lo spostamento d’un impianto da un sito ad un altro non può avvenire se non coordinandone l’attuazione con i necessari mutamenti dei siti nelle arre viciniori, al fine d’evitare nocive interferenze, senza poter più far riferimento alle località alternative poste dal PNAF analogico e solo con la definitiva assegnazione delle frequenze ai sensi dell’art. 8-novies del DL 8 aprile 2009 n. 59 (convertito, con modificazioni, dalla l. 6 giugno 2008 n. 101); F) – lo stesso PNAF digitale indica il sito di Pontecorniale solo come temporaneo, in mancanza di siti alternativi, fermo restando che la mancata inserzione d’un sito nel PNAF di per sé sola non implica per forza il trasferimento degli impianti colà allocati, vigendo il principio di equivalenza dei siti stabilito dalla delibera AGCOM n. 15/03/Cons e, dunque, la possibilità d’utilizzare siti diversi previa acquisizione delle necessarie autorizzazioni dalle competenti autorità; G) – non giova il richiamo, nella specie, ai citati artt. 9 e 19 della l.r. 45/2004 per escludere l’incompetenza del Presidente della Giunta, ai soli enti locali spettando sì il potere di vigilanza sugli impianti, ma senza elidere la differenza essenziale tra il limite d’esposizione (20 V/m) ed i valori di attenzione – obiettivi di qualità (6 V/m) ex art. 3, c. 1, lett. c) della l. 36/2001, che è invece una misura cautelativa ai fini della protezione da possibili effetti a lungo termine, fermo restando che la normativa regionale è conforme a quella statale e non certo più rigorosa, come ben s’evince dalla serena lettura del successivo art. 8, c. 1; H) – è mancata un’espressa pronuncia sul secondo motivo del ricorso di primo grado, sulla carenza dei requisiti di legittimità delle impugnate ordinanze, le quali, pur ad ammettere la competenza del Presidente della Giunta, nella vicenda in esame non appaiono sussistere i presupposti del potere d’ordinanza; I) – non si può riconoscere alcun’efficacia decisoria, sia pur parziale, alle impugnate ordinanze, le quali, se sono da ricondurre alla fattispecie ex art. 28, c. 7 del Dlg 117/2005, allora hanno un mero valore propulsivo e non sono affatto vincolanti per il Ministero; L) – sussiste la violazione degli artt. 1, 7, 8 e 10 della l. 7 agosto 1990 n. 241, essendo mancata ogni minima garanzia procedimentale, mentre il termine di 180 gg., assegnato alle appellanti, al più serve per adeguarsi alle prescrizioni imposte e non per svolgere la partecipazione al procedimento; M) – anche ad accedere alla tesi del TAR, per cui le valutazioni tecniche dell’ARTA siano censurabili per macroscopiche illogicità, queste ultime si rinvengono proprio in tal accertamento, il superamento della soglia d’attenzione derivando non dagli impianti delle appellanti, ma da esposizioni multiple originate da varie sorgenti; N) – è mancata ogni pronuncia sull’inidoneità della rilevazione dell’ARTA per la postazione denominata «2 fam. Seccia».

Si sono costituiti in giudizio il MISE e la Regione Abruzzo, con il patrocinio dell’Avvocatura erariale, con mera memoria di stile. Resiste nel presente giudizio pure il Comune di Pescara, già interventore ad opponendum in primo grado, che conclude per il rigetto dell’appello.

Alla pubblica udienza del 30 ottobre 2014, su conforme richiesta delle parti costituite, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.

DIRITTO

Si controverte in questa sede della delocalizzazione, ordinata dal Presidente della Giunta regionale dell’Abruzzo alle due odierne appellanti, dei loro impianti di diffusione televisiva siti in località S. Silvestro, nel territorio comunale di Pescara, per riscontrato loro superamento dei limiti dei valori di attenzione, nonché per contrasto con gli obiettivi di qualità circa le zone intensamente abitate.

L’appello è fondato e va accolto, per le considerazioni di cui appresso.

Ora, la serena lettura d’entrambe le ordinanze impugnate in primo grado evidenzia come esse muovano dalla considerazione, tra l’altro e dato l’accertato (da parte dell’ARTA Abruzzo) superamento dei valori – soglia d’attenzione per campi elettromagnetici, dell’indifferibilità di adottare un provvedimento di delocalizzazione dal sito di S. Silvestro. A causa di tal fenomeno emergenziale, le ordinanze stesse ordinano quest’ultima assegnando alle appellanti il termine di 180 gg. «… per gli adempimenti connessi alla delocalizzazione, a carico dei titolari degli impianti…». È di tutt’evidenza che le ordinanze hanno non solo la veste grafica e la forma, ma pure il contenuto dell’ingiunzione ad un facere, ossia d’un vero e proprio ordine amministrativo, cui adempiere entro il termine all’uopo assegnato.

Sicché, già alla luce di questi dati testuali, in sé non facilmente superabili, si deve condividere la doglianza delle appellanti, secondo la quale le ordinanze stesse son state emesse nell’esercizio di potestà contingibili ed urgenti. Tanto con riguardo alla pretesa (ed erronea, come si vedrà tra poco) esigenza di proteggere l’esposizione della popolazione a campi elettromagnetici a radiofrequenza. E di siffatta natura ordinatoria è tanto consapevole il TAR, che si premura di precisare che né la l. reg. Abr. 13 dicembre 2004 n. 45, né altre norme regionali o statali attribuiscono al Presidente della Giunta regionale una simile potestà in materia, con ciò riconoscendo qual è la sostanza delle cose. E pur tuttavia, il TAR vuol leggere le ordinanze non per quel che sono, ma soltanto come meri atti d’iniziativa del procedimento di cui all’art. 28, c. 7 del Dlg 31 luglio 2005 n. 177, d’esclusiva competenza del Ministero dello sviluppo economico, per il trasferimento di quegli impianti le cui emissioni elettromagnetiche, ai sensi del precedente c. 1, superino o concorrano a superare in modo ricorrente i limiti e i valori stabiliti ai sensi dell'art. 4 della l. 22 febbraio 2001 n. 36.

Ma così non è, stante la perentorietà dell’ordine, in relazione al quale sia l’invito al MISE di rendere il proprio parere sulla vicenda, sia l’avvertenza alle appellanti delle conseguenze del loro eventuale inadempimento costituiscono elementi consequenziali alla pienezza dell’esercizio, da parte del Presidente della Giunta regionale, della potestà ordinatoria, come se fossero, cioè, pareri ex post, se non vere e proprie richieste del Ministero di condivisione e di solidarietà su quanto statuito.

Donde la censurata incompetenza della Regione Abruzzo in soggetta materia, la quale si manifesta in una duplice veste e ciò pure a voler accedere alla tesi ricostruttiva operata dal TAR. Per un verso, l’incompetenza invero sussiste con riguardo al metodo usato dell’ordine diretto (ma illegittimo), emanato al solo fine d’ottenere comunque una spontanea delocalizzazione, senza così attendere la definitiva statuizione del MISE ex art. 28 del Dlg 177/2005. Per altro verso, essa concerne l’organo emanante, che va identificato non nel Presidente della Giunta regionale, ad imitazione del Sindaco quale ufficiale di Governo ai sensi dell’art. 54 del Dlg 18 agosto 2000 n. 267, ma nel dirigente regionale di settore in forza dell’art. 53, c. 2 dello Statuto, spettando a solo questi d’assumere l’atto a rilevanza esterna qual è appunto quello, a rilevanza esterna, d’iniziativa di cui al ripetuto art. 28.

È appena da soggiungere, anche qui condividendo l’assunto delle appellanti, che nella specie il superamento dei valori – soglia riguarda i soli valori d’attenzione. Allora a più forte ragione, cioè quand’anche le predette ordinanze fossero state mere iniziative, la Regione (e non il suo Presidente in persona) era tenuta ad attivare il piano di risanamento di cui all’art. 9, c. 1 della l. 36/2001. Tanto all’evidente scopo, sotteso al piano stesso, di determinare il progressivo adeguamento degli «…

impianti radioelettrici già esistenti ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione ed agli obiettivi di qualità stabiliti secondo le norme della presente legge...». Peraltro, il piano de quo, una volta inutilmente trascorsi i dodici mesi dall’entrata in vigore del decreto di cui all'art. 4, c. 2, lett. a) ed in caso d’inerzia o inadempienza dei gestori, ben può esser adottato dalla Regione, sentiti i Comuni e gli enti interessati, anche contro la volontà dei gestori stessi e, se del caso, prevedendo anche la delocalizzazione degli impianti in siti conformi alla pianificazione in materia, con oneri a carico dei titolari degli impianti.

Da ciò discende l’assenza specifica d’ogni presupposto per l’attivazione d’ogni potestà ordinatoria, giacché, in disparte l’impossibilità d’ingiungere in via immediata la delocalizzazione senza attivare forme partecipate con i gestori ed il Ministero, è dubbia l’esistenza d’un serio ed attuale pericolo per la salute collettiva. Gli impianti de quibus superano i soli valori – soglia di attenzione, la cui fissazione è sì rilevante, ma soltanto qual misura precauzionale ai fini della protezione da effetti a lungo termine, per cui sono da accogliere il terzo ed il quinto motivo d’impugnazione. È da accogliere poi il terzo motivo d’appello. Inoltre, neppure giova alla legittimità di dette ordinanze il richiamo del TAR agli artt. 9 e 19 della l.r. 45/2004, essendo è qui in discussione, da parte delle appellanti, non già la potestà di vigilanza degli enti locali sui valori–soglia previsti dalla l. 36/2001, ma appunto l’assenza d’una non acconcia valutazione, da governare con la proporzionata ragionevolezza del caso, della differenza tra superamento dei valori di attenzione e violazione dei limiti d’esposizione. Ma siffatta potestà, che poi si sostanzia nelle autorizzazione degli impianti radiotelevisi ai sensi dell’art. 8 della l. 36/2001 e dell’art. 87 del Dlg 177/2005, compete non alla Regione, ma ai Comuni.

Inoltre, il riferimento dell’art. 9, c. 1, I per. alla pianificazione sui siti conformi, quando si tratti di impianti radiotelevisivi, va letto in coerenza con la duplice vicenda della mancata attuazione del piano nazionale delle frequenze – PNAF in tecnica analogica alla data d’emanazione delle impugnate ordinanze (cfr. l’art. 47, c. 10 del Dlg 177/2010) e della conseguente soggezione d’ogni eventuale delocalizzazione all’inderogabile giudizio d’idoneità dei siti nei quali riallocare gli impianti delocalizzandi.

Anche sulla scorta di queste ultime precisazioni, è da accogliere altresì il secondo motivo d’appello, giacché comunque, cioè in disparte il giudizio ministeriale d’idoneità di cui al citato c. 7, vige la regola di cui al precedente c. 1, I per. del medesimo art. 28.

Sicché i titolari di impianti assentiti legittimamente, se funzionanti alla data d’entrata in vigore della l. 3 maggio 2004 n. 112, possono continuarne l’esercizio «… al fine di agevolare la conversione del sistema dalla tecnica analogica alla tecnica digitale la diffusione dei programmi radiotelevisivi…». Non sfugge al Collegio che, ai sensi del successivo periodo del medesimo c. 1, il «… repertorio dei siti di cui al piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione televisiva in tecnica analogica resta utilizzabile ai fini della riallocazione degli impianti che superano o concorrono a superare in modo ricorrente i limiti e i valori stabiliti…» ex art. 4 della l. 36/2001. Questo è vero, ma non cambia la sostanza delle cose, perché resta sempre fermo il giudizio sulla idoneità dei siti che spetta al MISE, stante, come s’è visto, la non attuazione del PNAF analogico, nonché l’ormai avvenuta definizione dello switch-off al digitale televisivo terrestre.

Non va sottaciuto che, nelle more del presente giudizio (2010), è intervenuto il PNAF digitale, che ha ribadito la delibera AGCOM n. 15/03/Cons (ma vedi anche la delibera n. 93/12/Cons), così confermando il principio di equivalenza dei siti dal punto di vista radioelettrico. In altre parole, è possibile l’uso dei siti ritenuti equivalenti a quelli di PNAF in termini sia di servizio, sia di livello interferenziale. Dal che l’evidente irrilevanza della mancata inserzione del sito di S. Silvestro in nessuno dei due piani (arg. ex Cons. St., III, 15 maggio 2014 n. 4357), avendo a suo tempo il Ministero delle comunicazioni già manifestato serie perplessità in ordine alla delocalizzazione presso vari siti, tra cui quello di Pietracorniale (nel quale si sarebbero dovuti trasferire gli impianti delle appellanti), delle strutture esistenti in S. Silvestro. E ciò in relazione alla circostanza, non seriamente revocata in dubbio, della scarsa efficacia, sotto il profilo radioelettrico, della mancata applicazione in toto del PNAF analogico. Dal che l’evidente erroneità dell’ammissione, da parte del TAR, d’una sia pur ridotta efficacia ordinatoria, discendente dalle ordinanze stesse proprio in relazione alla mancata inserzione del sito di S. Silvestro nei PNAF, in sé irrilevante ai fini tecnici e radioelettrici.

L’omessa attivazione d’un serio piano di risanamento senza alcun vero contraddittorio con gli operatori titolari degli impianti, nonché la sottovalutazione e delle norme citate e delle precisazioni rese dal Ministero, determina, come deducono le appellanti, la vicenda d’un continuo, ma arbitrario e tecnicamente incongruo, spostamento di impianti. Ma su quest’ultimo aspetto il Ministero non assunse a suo tempo, né pare aver assunto tuttora un giudizio sulla sicura idoneità di tutti i siti coinvolti. Anzi, consta il contrario alla Sezione, ché quello di S. Silvestro non fu inserito nel PNAF digitale solo per le insistenze della Regione circa una sua pretesa inidoneità (e non certo per il suo contrasto con il piano delle frequenze previsto dalla Conferenza dell’UIT in Ginevra del 16 giugno 2006 e senza tener conto che il passaggio al digitale terrestre avrebbe implicato, com’è notorio, una minor emissione elettromagnetica), mentre su quello di Pietracorniale il Ministero ha espresso un giudizio negativo che così supera ogni diversa valutazione contenuta nelle ordinanze regionali.

In questi termini, l’appello va accolto nel merito, con assorbimento d’ogni altra questione, ma giusti motivi suggeriscono l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. III), definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso n. 4845/2009 RG in epigrafe), lo accoglie e per l'effetto, in integrale riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 30 ottobre 2014, con l'intervento dei sigg. Magistrati:

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Salvatore Cacace, Consigliere

Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore

Alessandro Palanza, Consigliere

Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/12/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)