Elettrosmog. Posizionamento impianti
l’introduzione di misure tipicamente di governo del territorio (distanze, altezze, localizzazioni, ecc….) tramite un regolamento edilizio comunale trova giustificazione solo se sia conforme al principio di ragionevolezza e alla natura delle competenze urbanistico-edilizie esercitate, e sia sorretta da una sufficiente motivazione sulla base di risultanze acquisite attraverso un’istruttoria idonea a dimostrare la ragionevolezza della misura e la sua idoneità rispetto al fine perseguito; e ciò vale anche alla luce dell’art. 8, 6° comma L. n. 36/2001 per il quale alle competenze dei Comuni, dirette ad assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti, si aggiunge quella di <> in quanto anche tali misure di minimizzazione (distinte dalla norma anzidetta rispetto a quelle urbanistico-edilizie) non possono in alcun modo prevedere limiti generalizzati di esposizione diversi da quelli previsti dallo Stato, né possono di fatto costituire una deroga generalizzata a tali limiti.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.3160/2007
Reg.Dec.
N. 11961 Reg.Ric.
ANNO 2001
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Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
sul ricorso in appello n. 11961/2001 proposto dal Comune di Padova, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Fabio Lorenzoni, Ferdinando Sichel, Carlo De Simoni e Chiara Laverda, con elezione di domicilio in Roma, via del Viminale n. 43, presso lo studio del primo;
Nokia Italia S.p.a., non costituita in giudizio;
e Blu S.p.a., non costituita in giudizio;
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto, Sez. II 24/9/2001, n. 2764.
Alla pubblica udienza del 30 gennaio 2007 relatore il Consigliere Lanfranco Balucani. Udito l’avv. Lorenzoni;
Con ricorso proposto dinanzi al TAR Veneto NOKIA ITALIA S.p.a. e BLU S.p.a. hanno impugnato l’art. 57 bis del Regolamento edilizio del Comune di Padova adottato con deliberazione consiliare 2.4.2001, n. 34, nella parte in cui stabiliva le distanze da osservare dai confini di proprietà nella istallazione degli impianti di telefonia cellulare, nonché la misura di salvaguardia in data 29.5.2001 relativa alla pratica 5436/00.
Con la sentenza assunta in forma semplificata il TAR adito ha accolto il ricorso avendo ritenuto fondato il motivo di gravame con il quale le ricorrenti società lamentavano la mancanza di qualsiasi ragionevole giustificazione in ordine alla concerta determinazione di dette distanze.
Nei riguardi di tale pronuncia il Comune ha interposto appello deducendo i seguenti motivi di censura:
1) erroneità e contraddittorietà della motivazione, nell’assunto che il Comune avrebbe agito nell’esercizio del potere pianificatorio edilizio del territorio, pacificamente riconosciuto ai Comuni, i quali possono pertanto predeterminare le distanze tra le costruzioni soprattutto in considerazione delle esigenze collettive connesse alla tutela dell’igiene e della sicurezza.
2) violazione e omessa applicazione dell’art. 8, 6° comma, L. n. 36/2001, rientrando nella competenza del Comune, ai sensi della norma predetta, la determinazione delle distanze nella realizzazione degli impianti di telefonia cellulare;
3) erronea valutazione dei presupposti, in relazione alla condanna alle spese legali a carico del Comune.
Con successiva memoria la difesa del Comune ha ribadito e ulteriormente sviluppato le proprie tesi difensive.
DIRITTO
L’appello all’esame del Collegio ripropone la questione dei limiti del potere regolamentare dei Comuni in tema di localizzazione degli impianti di telefonia mobile.
Nella fattispecie si tratta di stabilire la legittimità della norma del regolamento edilizio del Comune di Padova ove si è prescritto di osservare la distanza di cinquanta metri dal confine di proprietà nella istallazione dei predetti impianti.
Ritiene il Collegio che siffatta disposizione fuoriesca dalla sfera di competenza attribuita al Comune e che pertanto l’appello da questo proposto debba essere respinto confermandosi la sentenza di primo grado che tale disposizione ha annullato. E ciò in conformità con un ormai consolidato orientamento della Sezione.
È stato infatti più volte ribadito dalla Sezione che l’introduzione di misure tipicamente di governo del territorio (distanze, altezze, localizzazioni, ecc….) tramite un regolamento edilizio comunale trova giustificazione solo se sia conforme al principio di ragionevolezza e alla natura delle competenze urbanistico-edilizie esercitate, e sia sorretta da una sufficiente motivazione sulla base di risultanze acquisite attraverso un’istruttoria idonea a dimostrare la ragionevolezza della misura e la sua idoneità rispetto al fine perseguito; e ciò vale anche alla luce dell’art. 8, 6° comma L. n. 36/2001 per il quale alle competenze dei Comuni, dirette ad assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti, si aggiunge quella di <> in quanto anche tali misure di minimizzazione (distinte dalla norma anzidetta rispetto a quelle urbanistico-edilizie) non possono in alcun modo prevedere limiti generalizzati di esposizione diversi da quelli previsti dallo Stato, né possono di fatto costituire una deroga generalizzata a tali limiti. (cfr. in tal senso Cons. St. VI, 3 giugno 2002, n. 3095 e 16 novembre 2004, n. 7502).
Coerentemente con siffatti principi la Sezione ha precisato che ai sensi dell’art. 8, 6° comma, L. n. 36 i Comuni, mentre possono legittimamente vietare l’installazione degli impianti di telefonia mobile su specifici edifici (quali ospedali, case di riposo, scuole, ecc.), non possono invece stabilire <>, non essendo consentito introdurre limitazioni generalizzate alla localizzazione degli impianti.
In linea con il suesposto indirizzo della Sezione deve pertanto ritenersi che, come non può essere imposto, mediante il regolamento edilizio comunale, la osservanza di determinate distanze dagli edifici esistenti, ugualmente, ed anzi a maggior ragione, non si può pretendere di localizzare gli impianti ad una determinata distanza dal confine di proprietà, trattandosi di previsione che, come ha già rilevato il giudice di prime cure, appare priva di giustificazione alcuna, e rappresenta solo un indebito impedimento nella realizzazione di una rete completa di telecomunicazioni.
Per quanto precede l’appello in esame deve essere respinto.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese processuali inerenti il presente grado di giudizio tra le parti in causa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso in appello indicati in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2007 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
Claudio Varrone Presidente
Carmine Volpe Consigliere
Giuseppe Romeo Consigliere
Luciano Barra Caracciolo Consigliere
Lanfranco Balucani Consigliere Est.
Sottoscrive, ai sensi dell’art. 132 comma 2 cpc, il solo Presidente per essere il Consigliere relatore sospeso dalle funzioni a tempo indeterminato.