Sez. 3, Sentenza n. 13717 del 17/03/2005 Cc. (dep. 14/04/2005 ) Rv. 231514
Presidente: Onorato P. Estensore: Sarno G. Relatore: Sarno G. Imputato: Dami. P.M. Fraticelli M. (Diff.)
(Annulla senza rinvio, Trib.Lib. Roma, 26 Novembre 2004) SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Realizzazione di nuovi impianti di smaltimento o recupero - Reato di cui all'art. 51 del D.Lgs n. 22 del 1997 - Ultimazione dei lavori - Necessità - Fondamento.
Massima (Fonte CED Cassazione)
In tema di gestione dei rifiuti, nel caso in cui sia in corso la realizzazione
senza autorizzazione di nuovi impianti per lo smaltimento o il recupero dei
rifiuti non si configura il reato di cui all'art. 51, comma primo, del D.Lgs. 5
febbraio 1997 n. 22, trattandosi di un reato formale che prevede l'inizio
dell'attività industriale propriamente intesa e non potendosi apprezzare le
condotte sotto il profilo del tentativo.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. ONORATO Pierluigi - Presidente - del 17/03/2005
Dott. MANCINI Franco - Consigliere - SENTENZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 00405
Dott. VANGELISTA Vittorio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - N. 003702/2005
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) Dami MASSIMO N. IL 29/07/1960;
avverso ORDINANZA del 26/11/2004 TRIB. LIBERTÀ di ROMA;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dr. SARNO GIULIO;
sentite le conclusioni del P.G. Dr. Fraticelli Mario che ha chiesto il rigetto
del ricorso;
È presente l'avv. GIANNELLI Claudio di Roma.
OSSERVA
Massimo Dami ha proposto ricorso per Cassazione avverso l'ordinanza pronunciata
dal Tribunale di Roma, sezione per il riesame, in data 26.11.2004, con la quale
veniva confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP presso il
tribunale di Tivoli in data 3.11.2004, eccependo la violazione dell'articolo 606
comma 1 lettera b) c.p.p. con riferimento all'articolo 51 comma 1 lett. a)
d.Lgs. 22/97, in relazione all'art. 27 del d.Lgs, medesimo. Eccepisce il
ricorrente che l'articolo 51 citato sanziona esclusivamente le attività in
essere e non può, quindi, avere riguardo alla sola realizzazione di nuovi
impianti di smaltimento o di recupero dei rifiuti, non autorizzati, qualora non
ancora ultimati e funzionanti.
Il ricorso è fondato e merita accoglimento difettando, nella specie, il fumus
del reato ipotizzato.
Il tribunale fonda la pronuncia di conferma del decreto di sequestro sulla
considerazione che, pur versandosi in una fase antecedente all'esercizio ed
inizio dell'attività di recupero dei rifiuti, occorre, tuttavia, tenere conto, a
fini di prevenzione: a) della circostanza che l'impianto progettato non poteva
comunque ottenere l'autorizzazione ad operare, stante il divieto in zona di
attività per le industrie insalubri di 1^ classe; b) che la società titolare
dell'impianto, non ancora iscritta all'Albo delle imprese esercenti il recupero
dei rifiuti, aveva in primo momento già fatto ricorso alle procedure
semplificate, anziché a quelle ordinarie previste dagli artt. 27 e 28,
rinunciandovi solo per potere effettuare i lavori necessari ad aumentare la
quantità dei rifiuti conferibili di impianto e per apportare ad esso variazioni
anche sotto il profilo qualitativo. L'impostazione seguita dal tribunale non può
essere condivisa.
Sul piano dei principi si deve, infatti, rilevare che innegabilmente l'art. 51
co. 1^ lett. a) D.Lvo n. 22/1997, punendo chiunque effettui un'attività di
raccolta, trasporto, recupero, ecc. di rifiuti in mancanza della prescritta
autorizzazione, fa riferimento all'esercizio concreto di tali attività ed,
inoltre, che la natura contravvenzionale del reato esclude la possibilità che
siano perseguite condotte eventualmente apprezzabili sotto il profilo del
tentativo.
Il richiamo alle procedure semplificate non muta evidentemente i termini della
questione.
È, anzi, da rilevare che proprio l'art. 31 co. 6 D.Lvo n. 22/97, disciplinando
le procedure in questione, offre importanti elementi di riscontro in ordine
all'autonoma rilevanza della condotta contestata rispetto alla fattispecie
ipotizzata.
Per la costruzione degli impianti che recuperano rifiuti l'art. 31 richiama,
infatti, espressamente le disposizioni del DPR 24.5.1988 n. 203 (Attuazione
delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in
materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di
inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'art. 15 della
legge 16 aprile 1987, n. 183), che prevedono, tra l'altro, la necessità della
specifica autorizzazione regionale. La mancanza dell'autorizzazione comporta
l'applicazione dell'art. 24 del citato DPR, che sanziona penalmente, in maniera
autonoma, l'inizio della costruzione di un nuovo impianto senza
l'autorizzazione, ovvero l'esercizio con autorizzazione sospesa, rifiutata,
revocata, ovvero dopo l'ordine di chiusura dell'impianto. Trattasi di reato
formale che prescinde, evidentemente dall'inizio dell'attività industriale
propriamente intesa.
Le disposizioni in esame che, peraltro, nella specie, non sembrano avere formato
oggetto di esame, dimostrano, dunque, non solo la possibilità di configurare un
autonomo reato in presenza di mancata autorizzazione degli impianti destinati al
trattamento dei rifiuti, ma anche la piena autonomia della condotta rispetto
alle violazioni sostanziali connesse all'esercizio dell'attività vietata. Le
disposizioni del DPR n. 203/88 rilevano evidentemente anche nel caso delle
autorizzazioni integrate di cui all'art. 27 D.Lvo n. 22/97, richieste anche per
la realizzazione di varianti sostanziali in corso di esercizio che comportano
modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi
all'autorizzazione regionale. La differenza è rappresentata, infatti, unicamente
dalla circostanza che, nel caso di queste ultime autorizzazioni, oltre alla
valutazione sui profili esaminati vi è quella relativa ad altri aspetti taluni
dei quali, suscettibili anch'essi di autonoma valenza sotto il profilo penale,
posto che l'approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri,
autorizzazioni di organi regionali, provinciali e comunali e costituisce, ove
occorra, variante allo strumento urbanistico comunale.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Annulla l'ordinanza impugnata.
Così deciso in Roma, il 17 marzo 2005.
Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2005