TAR LAzio Sez. II quater sent. 2723 del 28 marzo 2007
Elòettrosmog. Antenna camuffata da albero

Un’antenna anche se mascherata da finto albero non può essere installata in un’area con vincolo paesistico se non compatibile le N.T.A. (norme tecniche di attuazione) del Piano Territoriale Paesistico. Lo ha stabilito il Tar Lazio con la Sentenza n. 2723 del 14 febbraio 2007. La vicenda prende le mosse dal ricorso della Vodafone Omnitel contro il decreto del Soprintendente per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per il Lazio con il quale è stato annullato il provvedimento della regione Lazio che autorizza la realizzazione di una stazione radio per la telefonia mobile in area con vincolo paesistico.
Il ricorrente ritiene erroneamente, che l’assimilazione delle infrastrutture di comunicazioni elettroniche (operata dall’art. 86, comma 3, del D.Lgs. 1.8.2003 n. 259) alle opere di urbanizzazione primaria (cioè opere d’interesse generale, indifferibili ed urgenti) consenta l’installazione “di diritto” su tutto il territorio nazionale comprese le aree con vincolo paesistico. Per verificare che non è così, basta leggere il comma 4 dell’articolo 86 del D.Lgs. 259/2003: “Restano ferme le disposizioni a tutela dei beni ambientali e culturali contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490”. (a cura di Fulvio Albanese)





REPUBBLICA ITALIANA Sent. N. 2723 del 2007
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO
(Sezione II quater)
ha pronunciato la seguente


SENTENZA
sul ricorso n. 9133/2006, proposto dalla Società VODAFONE OMNITEL N.V., in persona del suo procuratore avv. Saverio Tridico, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Di Stefano e Filippo Costanza ed elettivamente domiciliati presso il loro studio in Roma, Via G. Zanardelli, n. 23;
contro
il MINISTERO per i Beni e le Attività Culturali e la SOPRINTENDENZA per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per il Lazio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono legalmente domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
e nei confronti
del COMUNE di Montecompatri (Roma) e della REGIONE Lazio, in persona, rispettivamente, del Sindaco e del Presidente della Giunta regionale pro-tempore, non costituitisi in giudizio;
per l’annullamento
• del decreto, in data 31.5.2006, del Soprintendente per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per il Lazio, con il quale è stato annullato il provvedimento n. B0987 del 27.3.2006 della Regione Lazio con cui si autorizza la ricorrente, ai sensi dell’art. 159 del D.Lgs. 22.1.2004, n. 42, a realizzare una stazione radio per telefonia cellulare nel Comune di Montecompatri in località Via San Silvestro e si invita il predetto Comune ad impartire le disposizioni consequenziali;
• di tutti gli atti presupposti e consequenziali, comunque connessi, con espressa riserva di motivi aggiunti e di richiedere il risarcimento dei danni in separata sede.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per il Lazio;
Viste le memoria prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore all’udienza pubblica del 14 febbraio 2007 il consigliere Renzo CONTI;
Uditi, l’avv. Giuseppe Di Stefano per la società ricorrente e, ai preliminari, l’avv. dello Stato Paola Palmieri per il Ministero per i Beni e le Attività Culturali;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO
Con il ricorso in trattazione, notificato il 3 ottobre 2006 e depositato il successivo 12 ottobre, la società Vodafone ricorrente espone:
• di essere licenziataria del servizio pubblico di comunicazioni in forza di Convenzione con il Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni del 30.11.1994 e successivi decreti ministeriali e delibere dell’Autorità T.L.C.;
• che l’art. 8 della delibera dell’Autorità T.L.C. stabilisce che “…la licenza…conferisce alla Società titolo alla realizzazione delle infrastrutture necessarie all’espletamento del servizio oggetto della licenza e costituisce dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere”;
• che, in caso di inadempimento, in forza della delibera 128/01/Cons., l’AGCOM potrà “sospendere, modificare, o revocare la licenza o imporre in maniera proporzionata misure specifiche atte a garantire tale ottemperanza”;
• che, al fine di adempiere a tutte le obbligazioni assunte, Vodafone ha programmato la realizzazione di una Stazione Radio Base per telefonia mobile cellulare nel Comune di Montecompatri, località Via San Silvestro;
• che, a tal uopo, ha presentato istanza per ottenere l’autorizzazione necessaria ai sensi degli artt. 86, 87 e 88 del D.Lgs. n. 259/2003;
• che analoga richiesta è stata presentata all’ARPA Lazio competente che, con atto prot. 31505 dl 6.12.2005, si è espressa favorevolmente;
• che ulteriore richiesta è stata presentata il 13.9.2005 alla Regione Lazio, ai sensi dell’art. 151, comma 2, del D.Lgs. n. 490/1999 e successivo D.Lgs. n. 42/2004 (ex art. 7 L. n. 1497/1939 e L. n. 431/1985);
• che la Regione, dopo aver richiesto a Vodafone l’integrazione della documentazione prodotta con uno “Studio di Inserimento Paesistico” (SIP), autorizzava l’esecuzione delle opere con determinazione n. B0987;
• che, in data 15.6.2006, si vedeva notificare il decreto, in questa sede impugnato, di annullamento del citato provvedimento regionale n. B0987.
A sostegno della richiesta di annullamento del predetto decreto, premesso il quadro normativo di riferimento, la società ricorrente deduce i seguenti motivi, così dalla medesima paragrafati:
1) violazione di legge, in particolare dell’art. 7 L.241/1990. Inosservanza del principio del contraddittorio; violazione e falsa applicazione dell’art. 151 del D.Lgs. n. 490/1999 (art. 82 D.P.R. n. 616/77);
2) violazione e falsa applicazione dell’art. 82 DPR n. 616/77; eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; sviamento; irragionevolezza; violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 259/2003;
3) eccesso di potere; incompetenza; violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 259/2003; sviamento; mancata valutazione dell’interesse pubblico al servizio di radio telefonia.
Si sono costituiti per resistere il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per il Lazio, i quali, con successiva memoria depositata il 30.1.2007, hanno opposto l’infondatezza delle censure dedotte.
Non si sono costituiti in giudizio, invece, il Comune di Montecompatri e la Regione Lazio, ai quali il ricorso risulta ritualmente notificato.
Con memoria, tardivamente depositata il 9.2.2007, ma con il consenso della difesa erariale (reso alla chiamata preliminare dell’odierna pubblica udienza), la ricorrente ha ulteriormente esplicitato le censure dedotte.
L’istanza cautelare di sospensione del decreto impugnato è stata respinta con ordinanza collegiale n. 5807/2006.
La causa è stata quindi chiamata e posta in decisione all’udienza pubblica del 14 febbraio 2007, nel corso della quale la difesa della ricorrente ha illustrato le proprie tesi difensive.
DIRITTO
Il ricorso è volto ad ottenere l’annullamento del decreto del Soprintendente per i Beni Architettonici e per il Paesaggio del Lazio del 31.5.2006, con il quale è stato annullato il provvedimento n. B0987 del 27.3.2006 della Regione Lazio, con cui si autorizzava la società ricorrente, ai sensi dell’art. 159 del D.Lgs. 22.1.2004, n. 42 (codice dei beni culturali e del paesaggio), a realizzare una stazione radio base per telefonia cellulare nel Comune di Montecompatri, in località Via San Silvestro.
Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 7 della legge 7.8.1990 n. 241, in quanto l’Amministrazione procedente avrebbe illegittimamente omesso la comunicazione di avvio del procedimento prevista da detta disposizione e ribadita dall’art. 4 del D.M. 13.6.1994, n. 495 .
La censura è infondata.
Quanto al predetto art. 4, primo comma, del D.M. 13.6.1994 n. 495 (con il quale è stato emanato il regolamento per l’attuazione degli artt. 2 e 4 della legge n. 241/1990), che prevedeva l’obbligo per l’Amministrazione di comunicare l’avvio del procedimento in relazione alla generalità degli atti dalla stessa emanati, va precisato che esso è stato successivamente integrato dal D.M. 19.6.2002 n. 165 (pubblicato nella G.U 2.8.2002 n. 180) che, nel dettare modifiche al citato D. M. n. 495/1994, ha aggiunto, all’art. 4 di quest’ultimo, il comma 1 bis, secondo cui “La comunicazione prevista dal comma 1 non è dovuta per i procedimenti avviati ad istanza di parte, ed in particolare, per quelli disciplinati dagli articoli” nello stesso indicati, tra i quali l’art. 151 del D.Lgs. 29.10.1999 n. 490, che appunto al comma 4 prevede l’obbligo della Regione (nonché dei Comuni dalla stessa delegati) di dare comunicazione alla Soprintendenza delle autorizzazioni rilasciate ed il potere della stessa Soprintendenza di “annullare, con provvedimento motivato, l’autorizzazione regionale entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della relativa comunicazione”.
Ciò precisato si osserva, tuttavia, che successivamente al predetto D.M. n. 165/2002, lo stesso Legislatore con l’art. 159, primo comma, del D.Lgs. n. 42/2004, in applicazione del quale la Regione ha trasmesso alla Soprintendenza l’autorizzazione rilasciata all’odierna ricorrente, ha espressamente disciplinato la questione partecipativa di cui trattasi.
Detta norma, dopo aver previsto l’obbligo dell’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica di comunicare alla Soprintendenza le autorizzazioni rilasciate, espressamente dispone che “La comunicazione è inviata contestualmente agli interessati, per i quali costituisce avviso di inizio del procedimento, ai sensi e per gli effetti della legge 7 agosto 1990, n. 241”.
Ne consegue che, dalla data di entrata in vigore della predetta disposizione, l’onere dell’avviso di inizio del procedimento di rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche è assolto con la comunicazione agli interessati, da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, dell’avvenuta trasmissione alla Soprintendenza dell’autorizzazione rilasciata.
Nella specie, tale comunicazione è stata trasmessa alla odierna ricorrente con nota della Regione Lazio, Dipartimento del Territorio, del 4.4.2006 (depositata dalla stessa ricorrente come penultimo documento) e, quindi, nel pieno vigore e rispetto della nuova disciplina di cui sopra, nella quale è stata espressamente evidenziata, peraltro, la facoltà di partecipare al procedimento anche tramite presentazione di documenti e memorie illustrative.
A tale stregua, la censura di omessa comunicazione di avvio del procedimento si appalesa infondata, risultando la stessa ritualmente avvenuta secondo le modalità previste dal richiamato art. 159, comma 1, del D.Lgs n. 42/2004.
Con il secondo articolato motivo la ricorrente deduce: a) la violazione dell’art. 151 del D.Lgs. 29.10.1999 n. 490, sull’assunto che la Soprintendenza avrebbe provveduto all’annullamento dell’autorizzazione regionale sulla base di una valutazione di merito alla stessa preclusa, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza; b) l’erroneità del presupposto della insufficiente motivazione dell’autorizzazione regionale, sull’assunto che l’iter istruttorio seguito dalla medesima Regione, la richiesta dello specifico Studio di Inserimento Paesistico e le condizioni imposte si porrebbero in netta antitesi con quanto affermato dall’Amministrazione statale.
Il collegio ritiene opportuno preliminarmente evidenziare che il decreto impugnato risulta adottato sui seguenti presupposti: 1) la Regione non spiegherebbe come e perché l’intervento autorizzato sarebbe compatibile con le esigente di tutela ambientale; 2) le opere ricadrebbero in area (zone boscate non compromesse) disciplinata dall’art. 24 delle N.T.A. del P.T.P. n. 9, che “non contemplano il tipo di intervento previsto in progetto bensì la tutela integrale dei luoghi” ed, inoltre, ricadrebbero in zona sottoposta a vincolo monumentale in quanto pertinenza della Chiesa e del Convento di San Silvestro; 3) l’opera, seppure mascherata da “finto albero”, sarebbe pertanto incompatibile con le esigenze di salvaguardia ambientale e monumentale; 4) l’autorizzazione, qualora attuata, comporterebbe l’alterazione di tratti caratteristici della località protetta ed una modifica del provvedimento di vincolo paesaggistico posto ai sensi del D.M. 2.4.1954.
Ciò precisato, la censura che la Soprintendenza avrebbe annullato l’autorizzazione sulla base di una valutazione di merito è infondata.
Al riguardo va premesso che il collegio condivide pienamente la consolidata giurisprudenza (a partire dalla decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9 del 14.12.2001 e, da ultimo, Sez. VI del C.d.S. 9.3.2005 n. 971), secondo la quale il provvedimento statale di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica concessa dalla Regione (ovvero dal Comune delegato dalla medesima) non può basarsi su una propria valutazione tecnico-discrezionale, ma deve trovare il suo presupposto unicamente su riscontrati vizi di legittimità.
Va tuttavia rilevato che, nella specie, i riscontrati vizi di difetto di motivazione (sub n. 1) e di violazione dell’art. 24 delle N.T.A. del P.T.P.n. 9 (sub n. 2), attengono alla legittimità dell’atto annullato dalla Soprintendenza e non al merito delle valutazioni espresse dalla Regione con l’atto stesso.
In particolare, quanto alla riscontrata violazione del citato art. 24, va osservato che l’art. 8 delle N.T.A del P.T.P. n. 9, al quale detto art. 24 rinvia, all’ultimo comma prevede espressamente che l’autorizzazione ai sensi dell’art. 7 della legge n. 1497/1939 può essere rilasciata “solo per il recupero degli edifici esistenti, le relative opere idriche e fognanti, per l’esecuzione degli interventi di sistemazione idrogeologica delle pendici, per la costruzioni di abbeveratoi, ricoveri e rimesse per il bestiame brado, fienili e piccoli ricoveri per attrezzi…, attrezzature e servizi strumentali allo svolgimento di attività didattiche e di promozione dei valori naturalistico-ambientali…”.
In altri termini, ai sensi della predetta disposizione, nell’area in questione, ove non è contestato ricade l’intervento di cui trattasi, sono consentiti unicamente interventi di recupero, ovvero volti a realizzare piccoli manufatti destinati allo svolgimento delle attività agricole e pastorali.
Legittimamente, pertanto, la Soprintendenza, accertata l’estraneità dell’intervento progettato dalla società ricorrente alla tipologia di quelli consentiti dalla richiamata disposizione, ha disposto l’annullamento dell’autorizzazione regionale per sostanziale violazione della disposizione medesima.
Né la ricorrente contesta specificamente l’applicabilità della predetta disposizione al caso di specie, ovvero la legittimità della stessa.
E‘ ben vero che con il terzo motivo si lamenta la violazione del D.Lgs. 1.8.2003 n. 259, secondo il quale nel provvedimento impugnato non si sarebbe tenuto conto che gli impianti di telecomunicazioni sono ritenuti di interesse generale, indifferibili ed urgenti, in quanto assimilati dall’art. 86, comma 3, del D.Lgs. 1.8.2003 n. 259 “alle opere di urbanizzazione primaria” e, come tali, compatibili con qualsiasi destinazione di zona omogenea.
E’ anche vero, però, che detta censura è stata dedotta non specificamente nei confronti del citato art. 24 delle N.T.A. del P.T.P., ma genericamente nei riguardi di qualsiasi destinazione omogenea.
La censura stessa risulta comunque infondata, in quanto il successivo quarto comma del citato art. 86 del D.Lgs n. 259/2003 espressamente prevede che “Restano ferme le disposizioni a tutela dei beni ambientali e culturali contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490…” e, quindi, sottopone i menzionati impianti alle norme di tutela dettate dal predetto D.Lgs. n. 490/1999, ora trasfuse nel “codice dei beni culturali e del paesaggio” approvato con D.Lgs. 22.1.2004, n. 42 ed applicate dalla Soprintendenza, ivi compreso l’art. 159 che, al comma 3, attribuisce all’organo statale il potere di annullare l’autorizzazione rilasciata dall’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo nell’ipotesi in cui questa sia ritenuta “non conforme alle prescrizioni di tutela del paesaggio, dettate ai sensi del presente titolo”.
In altri termini il D.Lgs. n. 259/2003 ha disciplinato un procedimento semplificato per la realizzazione delle infrastrutture delle comunicazioni elettroniche ai soli fini urbanistici, edilizi ed igienico sanitari (cfr. Cons, St., VI, 28.2.2006, n. 889), destinato a prevalere unicamente sulla disciplina edilizia dettata con il T.U. di cui al D.P.R. 6.6.2001, n. 380 (cfr. TAR Lazio, Roma, II, 19.7.2006, n. 6056), ribadendo la piena applicabilità delle norme di tutela paesaggistica (cfr. TAR Marche, 3.2.2004, n. 52).
Non appare, pertanto, conferente la giurisprudenza (Cons.St., VI, n. 7502/2004 e n. 673/2003) richiamata dalla ricorrente, secondo la quale la realizzazione degli impianti in questione deve ritenersi consentita sull’intero territorio nazionale con riferimento a qualsiasi tipo di destinazione di zona omogenea, concetto questo chiaramente riferibile unicamente alle destinazioni di tipo urbanistico.
La citata giurisprudenza, infatti, si riferisce alla disciplina urbanistico-edilizia e non anche a quella paesaggistica, rispetto alla quale lo stesso D.Lgs n. 259/2003, all’art. 86, come già evidenziato, espressamente prevede la soggezione degli interventi di cui trattasi alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 42/2004.
A tale stregua risulta legittimo l’operato della Soprintendenza che, accertata la violazione della disciplina dettata dal citato P.T.P. e dalle relative norme tecniche di attuazione - si ribadisce non adeguatamente contestate e, comunque, non impugnate dalla ricorrente - ha decretato, fornendone adeguata motivazione, l’annullamento dell’autorizzazione rilasciata dalla Regione Lazio.
La riscontrata legittimità del presupposto motivazionale del provvedimento impugnato, costituito dalla richiamata violazione dell’art. 24 delle N.T.A. del P.T.P. n. 9, rende conseguentemente inammissibile per carenza di interesse l’ulteriore censura dedotta nello stesso secondo motivo di gravame, con la quale la ricorrente contesta la legittimità dell’altro presupposto, costituito dal ravvisato vizio (di legittimità) di difetto di motivazione dell’autorizzazione regionale.
Come si è espressa la giurisprudenza (cfr. C.d.S., V, 29.8.1994 n. 926; Tar Campania –Sa- 10.7.1995 n. 383), anche di questa Sezione (cfr., ex multis, sentenze 28.11.2006 n. 13356 e 23.5.2006 n. 3782), condivisa dal Collegio, infatti, ai fini della legittimità di un atto amministrativo, nel caso sia sorretto da una pluralità di motivi autonomi, è sufficiente che uno solo di essi sia riconosciuto idoneo a sorreggere l’atto stesso. Nella specie tale motivo va individuato nella riscontrata violazione della citata disposizione delle N.T.A. del P.T.P.n. 9.
In conclusione, e per quanto sopra argomentato, il ricorso va respinto.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio, ivi compresi diritti ed onorari.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. II quater, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 9133/2006 indicato in epigrafe, lo respinge.
Spese, diritti e onorari, compensati.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2007, in Camera di Consiglio, con l'intervento dei magistrati:
Italo RIGGIO - Presidente
Renzo CONTI - Consigliere, estensore
Floriana RIZZETTO - Primo Referendario
IL PRESIDENTE IL CONSIGLIERE ESTENSORE