TAR Lazio (RM) Sez. I-quater sent. 8445 del 5 giugno 2007
Elettrosmog. Impanti per telefonia mobile e norme urbanistiche

con commento a cura di Fulvio ALBANESE
Le installazioni di infrastrutture di telefonia mobile non possono scavalcare le norme urbanistiche, anche se qualificate opere di interesse pubblico relative allo sviluppo delle comunicazioni telematiche, da realizzare secondo criteri di semplificazione amministrativa, rilevanti anche sul piano comunitario. Lo ha stabilito il Tar Lazio con la Sentenza n. 8445 del 17 maggio e 5 giugno 2007.
Il Tar Lazio ha inoltre statuito che a nulla vale la rivendicazione del carattere assorbente, confermato dalla Corte Costituzionale, della disciplina dettata dal D.Lgs. n. 259 del 2003, rispetto alla normativa contenuta – con specifico riferimento agli impianti di telecomunicazione – nel Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. n. 380/2001). Gli articoli 87 e 88 del D.Lgs. n. 259/2003, infatti, fanno confluire in un unico procedimento autorizzativo i titoli abilitativi necessari per il posizionamento sul territorio degli impianti di telecomunicazione (cfr. in tal senso, Cons. St., sez. VI, 5.8.2005, n. 4149 e 9.6.2005, n. 3040; Cons. St., sez. VI, 21.1.20005, n. 100), ma senza escludere che in detto procedimento si inseriscano i contenuti del citato Testo Unico dell’edilizia, a tutela del territorio interessato. Pertanto anche se non appare più necessario, il rilascio di un titolo abilitativo, formalmente qualificato come permesso di costruire, non cambia la valutazione – nei termini in precedenza ricordati – della consistenza dell’intervento sul piano urbanistico-edilizio, con necessaria coesistenza delle misure repressive, di cui al D.P.R. n. 380/01, con le sanzioni disposte, sotto altro profilo, dal predetto D.Lgs. n. 259/03. Come sottolineato dalla Consulta nelle pronunce n. 336 del 2005 e n. 203 del 2006, il procedimento autorizzatorio unico non esclude, ma assorbe la valutazione della compatibilità urbanistico-edilizia, di competenza dell’ente locale, con sopravvivenza della fattispecie di “opere eseguite senza permesso di costruire”, sia ai fini dell’applicazione della misura sanzionatoria penale, di cui all’art. 44 del T.U. dell’Edilizia, sia – deve ritenersi – in ordine alle sanzioni amministrative, che gli articoli 31 e seguenti del medesimo T.U. impongono in materia di abusivismo edilizio.
Non va dimenticato, peraltro, che il binomio autorizzazione / concessione edilizia risulta concettualmente improprio, in rapporto alla natura comunque autorizzatoria del titolo abilitativo in questione (da intendere – dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 5 del 25.1.1980 – come mera rimozione di un limite all’esercizio di un diritto e non, secondo lo schema concessorio, come conferimento del diritto stesso): la nozione di “autorizzazione”, recepita dal Codice delle Comunicazioni Elettroniche, pertanto, può ben comprendere l’intera valenza del permesso di costruire, introdotto dal Testo Unico dell’Edilizia come dizione sostitutiva della “concessione edilizia”.
Detto ciò, è ovvio che i Comuni possono adottare misure programmatorie integrative per la localizzazione degli impianti di telefonia mobile, in modo tale da minimizzare l’esposizione dei cittadini residenti ai campi elettromagnetici, ma anche in un’ottica di ottimale disciplina d’uso del territorio (cfr. Cons. St., sez. VI, 3.6.2002, n. 3095; 20.12.2002, n. 7274; 10.2.2003, n. 673; 26.8.2003, n. 4841). (a cura di Fulvio Albanese)



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo regionale per il Lazio N. 8445 Anno 2007
Sez.I Quater
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi nn. 13126/03, 700/04 e 3784/04, proposti dalla S.p.A. ERICSSON TELECOMUNICAZIONI in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti G. Contardi e F. Alesi, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Tuscolana 1020;
contro
IL COMUNE DI RIPI, in persona del Sindaco pro tempore, costituitosi in giudizio limitatamente ai ricorsi nn. 13126/03 e 700/04, rappresentato e difeso dall’Avvocato P. Frattarelli ed selettivamente domiciliato presso lo stesso in Roma, via degli Scipioni, 268/A;
per l’annullamento
quanto al ricorso n. 13126/2003:
a) del provvedimento n. prot. 7781 del 6.10.2003, notificato il 9.10.2003, con cui il responsabile del settore urbanistica del Comune di Ripi invita la ricorrente all’osservanza del regolamento comunale per l’installazione e l’esercizio di impianti di radiotelecomunicazioni, approvato con delibera consiliare n. 25 del 25.6.2002, nonché all’osservanza del piano di localizzazione dei siti per l’installazione di stazioni radio per la rete di telefonia cellulare, approvato con delibera di G.M. 10.7.2003, n. 102 ed alla redazione di apposito studio per la Valutazione di Impatto Ambientale, ovvero all’adeguamento del proprio impianto alle normative e regolamenti comunali vigenti, entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento, a pena di annullamento degli atti relativi all’installazione della stazione radio base, di cui alla Denuncia di Inizio Attività (D.I.A.), presentata dalla medesima ricorrente il 16.12.2002, nonché per l’annullamento di tutti gli atti preparatori, preordinati e presupposti, fra cui specificamente le citate delibere di C.C. n. 25/2002 e di G.M. n. 102/2003;
b) quanto al ricorso n. 700/2004:
dell’ordinanza di demolizione n. prot. 8944 del 10.11.2003, notificata il 17.11.2003, concernente la stazione radio base per rete radiomobile, denominata “Ripi FR 046 G”, installata a Ripi, via Casilina Km. 95 + 400, nonché di tutti gli atti preparatori, preordinati e presupposti, fra cui il regolamento comunale, approvato con delibera consiliare n. 25/2002, la delibera di G.M. n. 102/2003 e la delibera consiliare n. 32/2003;
c) quanto al ricorso n. 3784/2004:
del provvedimento in data 16.6.2003, successivamente conosciuto, con cui si invita la ricorrente a rinunciare alla installazione della stazione radio base per telefonia mobile di via Casilina, Km. 92+400 ed a spostare la stazione stessa in un sito diverso, in base alla “mappatura” predisposta dall’Ufficio, nonché del provvedimento privo di data – anch’esso successivamente conosciuto – di annullamento della forma autorizzativa, conseguente alla Denuncia di Inizio Attività del 16.12.2002 e di tutti gli atti preordinati, preparatori, presupposti e consequenziali;
e per la condanna
del Comune di Ripi al risarcimento del danno;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune intimato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Vista l’ordinanza di remissione alla Corte Costituzionale n. 16332/2004 del 16.12.2004;
Vista l’ordinanza della Corte Costituzionale n. 203 del 18.5.2006;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 17 maggio 2007, il Consigliere G. De Michele e uditi, altresì, gli Avvocati delle parti, come da verbale di udienza in data odierna;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Torna all’esame del Collegio – dopo l’eccezione di costituzionalità sollevata da questo Tribunale, con ordinanza n. 16332/04 del 16.12.2004 e dopo che la Suprema Corte si è pronunciata, con ordinanza n. 203 del 18.5.2006 – la complessa vicenda, oggetto dei ricorsi specificati in epigrafe, vicenda concernente l’installazione di una stazione radio base per rete radiomobile nel Comune di Ripi, previa Denuncia di Inizio Attività (D.I.A.), presentata il 16.12.2002 a norma del D.Lgs. 4.9.2002, n. 198.
Successivamente – ritenendo formato il silenzio assenso in data 16.3.2003 – la società Ericsson, presentatrice dell’istanza, iniziava il 10.6.2003 e completava il 30.6.2003 i lavori di cui trattasi, dandone apposita comunicazione, rispettivamente, lo stesso giorno 10.6.2003 ed il 16.10.2003.
Già in data 9.10.2003, tuttavia, era stato notificato a detta società il provvedimento n. prot. 7781 del 6.10.2003 (oggetto del ricorso n. 13126/03, notificato il 10.12.2003), con il quale il responsabile del settore urbanistica del Comune di Ripi invitava all’osservanza del regolamento comunale per l’installazione e l’esercizio di impianti di radiotelecomunicazioni, approvato con delibera consiliare n. 25 del 25.6.2002, nonché all’osservanza del piano di localizzazione dei siti per l’installazione di stazioni radio per la rete di telefonia cellulare, approvato con delibera di G.M. 10.7.2003, n. 102 ed alla redazione di apposito studio per la Valutazione di Impatto Ambientale, ovvero all’adeguamento dell’impianto alle normative e regolamenti comunali vigenti, entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento, a pena di annullamento degli atti relativi all’installazione della stazione radio base di cui trattasi.
Come rilevato in corso di causa, peraltro, il provvedimento sopra ricordato era stato preceduto da un ordine di sospensione dei lavori (n. prot. 4097 in data 11.6.2003) e dall’annullamento della “forma autorizzativa”, conseguente alla D.I.A. (atto n. prot. 4765 del 30.6.2003): provvedimenti, entrambi, non tempestivamente comunicati e conosciuti solo in via successiva dall’attuale ricorrente, che avverso gli stessi ha proposto impugnativa, notificata il 31.3.2004 (ricorso n. 3784).
In precedenza, ovvero il 17.11.2003, era stato poi notificato l’ordine di demolizione dell’impianto (atto n. prot. 8944 del 10.11.2003, oggetto del ricorso n. 700/04, notificato il 16.1.2004).
Avverso gli atti sopra indicati, nelle impugnative vengono prospettati i seguenti motivi di gravame:
A - con ricorso 13126/2003 (riferito al provvedimento n. 7781 del 6.10.2003 ed agli atti presupposti specificati in epigrafe):
1. violazione o falsa interpretazione dell’art. 6, comma 1 del D.Lgs. 4.9.2002, n. 198, dell’art. 87 del D.Lgs. 1.8.2003, n. 259 e dell’art. 4 del D.L. 14.11.2003, n. 315, per avvenuta formazione del silenzio assenso, in ordine alla D.I.A. presentata dalla ricorrente, ovvero comunque, per prosecuzione ex lege della procedura avviata, dopo la dichiarata incostituzionalità del citato D.Lgs. n. 198/2002;
2. violazione dell’art. 97 della Costituzione ed eccesso di potere per sviamento e carenza di istruttoria, non essendo stata adeguatamente valutata – sotto il profilo tecnico – l’idoneità dei siti prescelti, per l’installazione degli impianti di cui trattasi;
3. violazione dell’art. 41 della Costituzione, essendo stata ostacolata la libertà di iniziativa economica della ricorrente;
4. violazione degli articoli 3, 4 e 5 del D.Lgs. n. 198/2002 e dell’art. 8, comma 6, della legge 22.2.2001, n. 36, in quanto le stazioni radio base sarebbero compatibili “con qualsiasi destinazione urbanistica e…realizzabili in ogni parte del territorio comunale, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento”, senza alcuna necessità di valutazione dell’impatto ambientale;
5. gravi motivi ed irreparabili danni, in quanto si impedirebbe l’operatività del sistema di telefonia mobile, entro i termini stabiliti in concessione, in tutto il territorio comunale.
B – con ricorso n. 700/2004 (riferito all’ingiunzione di demolizione n. 8944 del 10.11.2003 ed ai relativi atti presupposti):
1. violazione dell’art. 87 del D.Lgs. n. 259/2003, dell’art. 4 del D.L. n. 359/2003, nonché degli articoli 3, comma 1, lettera e), 4 e 31 del D.Lgs. n. 380/2001; eccesso di potere per errore nei motivi e nei presupposti, in quanto il permesso di costruire, previsto dal T.U. per l’Edilizia, sarebbe sostituito dalla procedura autorizzativa, introdotta dal codice delle comunicazioni elettroniche;
2. violazione dell’art. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 198/2002, essendo state sanzionate opere, già tacitamente assentite dall’Amministrazione;
3. violazione dell’art. 12, comma 4, del D.Lgs. n. 198/2002, della legge n. 349/1986, del D.P.C.M. in data 27.12.1988, della legge n. 146/1994, dell’art. 2 bis della. 189/1997, del D.P.R. n. 348/1999 e dell’art. 2 bis del D.L. n. 115/1997, convertito in legge n. 189/1997, non essendo prevista dalla normativa vigente, per gli impianti di cui trattasi, la valutazione di impatto ambientale;
4. violazione del D.Lgs. n. 198/2002 e dell’art. 97 della Costituzione, dovendo ritenersi applicabili le disposizioni procedurali, di cui al D.Lgs. n. 198/2002, anche in carenza del provvedimento di localizzazione delle infrastrutture strategiche;
5. eccesso di potere per sviamento e carenza di pubblico interesse, essendo stato manifestato un preciso intento di impedire la realizzazione dell’impianto di cui trattasi;
6. violazione degli articoli 41 e 97 della Costituzione, nonché dell’art. 3, comma 2, del D.Lgs. n. 198/2002, dell’art. 7 del T.U. sugli Enti Locali e dell’art. 4 del D.L. n. 245/2002, convertito in legge n. 286/2002; eccesso e sviamento di potere, in quanto le stazioni radio base sarebbero compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e realizzabili in ogni parte del territorio comunale, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento, con conseguente impossibilità per i Comuni di individuare aree determinate, vincolanti per i gestori, per la localizzazione degli impianti in questione, essendo l’art. 8 della legge n. 36/2001 abrogato dal successivo art. 3, comma 2, del D.Lgs. n. 198/2002; in ogni caso, poi, dovrebbero essere salvaguardati la funzionalità e l’economicità degli impianti stessi;
7. eccesso di potere per carenza di pubblico interesse, illogicità manifesta e sviamento, in quanto sarebbe stato perseguito l’unico intento di “non rilasciare i provvedimenti richiesti”;
8. incompetenza, violazione dell’art. 4, comma 1, L. n. 36/2001, dell’art. 102, comma 1, del D.P.r. n. 616/1977, dell’art. 4 della legge n. 833/1978, dell’art. 1, comma 4, della legge n. 59/1997, dell’art. 83 del D.Lgs. n. 112/1998, dell’art. 1, comma 15, della legge n. 249/1997 e dell’art. 4 del D.M. del Ministero dell’Ambiente n. 381/1998, nonché eccesso di potere, essendo competenza esclusiva dello stato la tutela della salute dei cittadini, senza alcuna potestà derogatoria degli enti locali;
9. violazione del Decreto Interministeriale n. 381/1998 e della legge n. 249/1997, avendo il Comune di Ripi ridotto i valori di esposizione del 50% nelle zone più sensibili, “ove dimorano quotidianamente e continuamente per più di quattro ore persone anziane, deboli o minori”, senza considerare che “ogni limitazione basata sulla distanza dal sito e slegata dalle effettive caratteristiche tecniche dell’impianto è intrinsecamente insufficiente a garantire il rispetto dei limiti di esposizione”;
10. eccesso e sviamento di potere, illogicità manifesta, errore nei motivi e nei presupposti, genericità, essendo vietata su tutto il territorio comunale solo l’ubicazione degli impianti idonei per la Wind Tlc. S.p.a, con l’intento di danneggiare i gestori di telefonia mobile che si avvalgano, per gli impianti ancora da installare, della società ricorrente;
11. eccesso di potere per errore nei motivi e nei presupposti; contraddittorietà e carenza di istruttoria, non essendo stato condotto dal Comune alcun accertamento tecnico-scientifico, circa la correlazione tra la presenza di apparecchiature elettromagnetiche e l’insorgenza di determinate patologie;
12. violazione degli articoli 3, 7, 8 e 10 della legge n. 241/90; difetto di motivazione, contraddittorietà e difetto di istruttoria, non essendo stata resa possibile all’interessata la partecipazione al procedimento;
13. eccesso e sviamento di potere, errore nei motivi e nei presupposti; illogicità manifesta, essendo consentite nel territorio comunale emissioni inquinanti molto più rischiose per la salute pubblica delle installazioni per la telefonia mobile;
14. e 15) ancora eccesso e sviamento di potere, dovendosi ritenere indice di disparità di trattamento che gli altri gestori possano continuare a far funzionare i propri impianti e non essendo mai stato evidenziato alcun nesso fra le emissioni di cui trattasi e l’insorgenza di patologie, mentre molti studi attesterebbero – al contrario – la innocuità delle medesime;
16. violazione dell’art. 4 della legge n. 493/1993, come modificato dall’art. 2, comma 60, della legge n. 662/1996, nonché del D.Lgs. n. 198/2002 e del D.Lgs. n. 259/2002, essendo le reti di telecomunicazione assimilate alle opere di urbanizzazione primaria, che non necessiterebbero di conformità urbanistica e corrisponderebbero ad attività di preminente interesse generale; le opere in questione, peraltro, in quanto meri volumi tecnici, marginali rispetto alla consistenza degi edifici, su cui vengano ad essere installati, sarebbero realizzabili previa D.I.A. e non risulterebbero soggette “allo specifico regime della concessione edilizia”;
17. violazione dell’art. 31, lettera b) della legge n. 457/1978, del D.Lgs. n. 198/2002 e del D.Lgs. n. 259/2003, in quanto le opere in questione – per la propria minima consistenza ed impatto sul territorio – non potrebbero che essere soggette a mera autorizzazione, come previsto dal recente D.Lgs, n. 259/2003;
18. gravi motivi ed irreparabili danni, con riferimento alla proposta azione risarcitoria.
C - con ricorso n. 3784/2004 (riferito all’ordine di sospensione dei lavori n. 4097 in data 11.6.2003 ed all’annullamento dell’autorizzazione tacita n. prot. 4765 del 30.6.2003):
1. eccesso di potere per genericità, errore nei motivi e nei presupposti, illogicità manifesta, contraddittorietà e carenza di pubblico interesse, nonché eccesso di potere, in quanto verrebbe annullata “la forma autorizzativa assunta con la comunicazione di inizio dei lavori”, mentre non verrebbe revocata affatto “l’autorizzazione edilizia sulla quale si era formato il 16 marzo 2003 il silenzio assenso, in relazione alla richiesta di autorizzazione presentata il 16.12.2002”; detto silenzio assenso, peraltro, sarebbe diventato ormai inoppugnabile, anche perché conforme al D.Lgs. n. 259/2003, cui dovrebbe farsi riferimento dopo l’intervenuta declaratoria di incostituzionalità del D.Lgs. n. 198/2002, a norma dell’art. 4 del D.L. 14.11.2003, n. 315, convertito in legge 16.1.2004, n. 5;
2. violazione del D.Lgs. n. 198/2002, in quanto la declaratoria di incostituzionalità non travolgerebbe atti divenuti ormai inoppugnabili;
3. violazione di legge sotto i medesimi profili, prospettati nel terzo motivo di gravame del ricorso n. 700/04;
4. eccesso di potere per errore nei motivi e nei presupposti, come conseguenza dei profili di illegittimità, di cui al motivo precedente;
5. ancora eccesso di potere per errore nei motivi e nei presupposti, nonché illogicità manifesta e sviamento di potere, in quanto verrebbe indicato – per la nuova collocazione dell’impianto – un sito inidoneo, non raggiungibile dal segnale delle altre stazioni radio base, della tipologia che interessa la ricorrente;
6. violazione di legge, sotto i medesimi profili già prospettati nell’ottavo motivo di gravame del ricorso n. 700/04, nonché per violazione degli articoli 3 e 4 del D.P.C.M. in data 8.7.2003;
7. ancora violazione di legge, sotto i medesimi profili, prospettati nel nono motivo di gravame del ricorso n. 700/04;
8. eccesso di potere, sotto i medesimi profili prospettati nel decimo motivo di gravame del ricorso n. 700/04;
9. ancora eccesso di potere, sotto i medesimi profili prospettati nell’undicesimo motivo di gravame del ricorso n. 700/04;
10. violazione di legge ed eccesso di potere, sotto i medesimi profili prospettati nel dodicesimo motivo di gravame del ricorso n. 700/04;
11. eccesso e sviamento di potere, nonché carenza di pubblico interesse, in quanto in base sia alla normativa vigente, sia ai più recenti studi pubblicati nel settore, sia secondo le ultime raccomandazioni dell’Unione Europea in materia di esposizione ai campi elettromagnetici, non sussisterebbe alcun rischio per la salute dei cittadini di Ripi, per effetto della collocazione dell’impianto di cui trattasi;
12. gravi motivi ed irreparabili danni, addotti a sostegno della proposta azione risarcitoria.
Il Comune di Ripi, costituitosi in giudizio limitatamente ai ricorsi nn. 13126/03 e 700/04, chiede gli stessi siano dichiarati inammissibili o infondati, in base alle controdeduzioni di seguito sintetizzate:
o omessa tempestiva impugnazione del provvedimento n. prot. 4765 del 30.6.03, con cui veniva annullata l’autorizzazione tacita, quale autonomo presupposto degli altri atti impugnati;
o necessità di considerare le antenne ricetrasmittenti, per l’erogazione del servizio pubblico di telefonia radiomobile e di servizi similari, quale opera che può essere autorizzata solo nel rispetto di prevalenti esigenze di tutela dell’ambiente, del paesaggio e della salute pubblica;
o applicabilità, per quanto sopra, della legge 1.7.1997, n. 189, che all’art. 2 bis prevede che l’installazione di infrastrutture, generatrici di campi elettromagnetici, sia sottoposta ad “opportune procedure di valutazione di impatto ambientale”;
o necessità di preventiva approvazione di un piano delle aree comunali, che raccolga l’elenco dei siti potenzialmente idonei ad ospitare impianti di telefonia cellulare;
o avvenuta estinzione del procedimento di cui trattasi alla fine del mese di giugno 2003, con conseguente inapplicabilità del D.L. n. 315 del 14.11.2003 (convertito in legge 16.1.2004, n. 5), che nell’art. 4 assoggetta alla disciplina del D.Lgs. n. 259/2003 i procedimenti di rilascio di autorizzazione alla installazione di infrastrutture di comunicazioni elettroniche, iniziati (come nel caso di specie) ai sensi del D.Lgs. n. 198/2002, ma ancora in corso alla data di pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale 1.10.2003, n. 303, dichiarativa dell’incostituzionalità del medesimo D.Lgs. n. 198;
o quadro normativo ancora “in itinere”, in attesa delle pronunce già richieste alla medesima Corte, in ordine alla costituzionalità del Codice delle Comunicazioni elettroniche, approvato con D.Lgs. n. 259/2003;
o potestà del Comune – ex art. 8 della legge 22.2.2001, n. 36 – di organizzare il sistema di teleradiocomunicazioni su base locale, attraverso l’adozione di prescrizioni regolamentari, finalizzate a minimizzare il rischio di esposizione della popolazione all’inquinamento elettromagnetico;
o mancata partecipazione della ricorrente alla conferenza di servizi svoltasi il 4.8.2003, nonostante formale invito del 16.7.2003, ritualmente notificato, con conseguente rinuncia dell’interessata a fornire il proprio apporto partecipativo al procedimento;
o riconosciuta possibilità di spostare l’impianto di cui si discute in un sito limitrofo, idoneo a soddisfare ogni esigenza di natura tecnica;
o opportunità di sospendere il giudizio di merito ex art. 295 c.p.c., in attesa della pronuncia della Suprema Corte sulla costituzionalità del D.Lgs. n. 259/2003, sulla base delle questioni già sollevate, in quanto la legittimità degli atti impugnati si fonderebbe “in via esclusiva sulla normativa predetta: ove se ne dichiarasse l’incostituzionalità, l’intera procedura autorizzatoria, in virtù della quale la stazione radio è stata realizzata ne risulterebbe travolta”.
DIRITTO
Il Collegio ha già ritenuto opportuno disporre – con ordinanza n. 16332/04 del 16.12.2004, già citata nella parte in fatto della presente decisione – la riunione dei ricorsi nn. 13126/2003, 700/2004 e 3784/2004, specificati in epigrafe, ai fini dell’eccezione di costituzionalità con tale ordinanza sollevata.
Tale riunione non può che essere ribadita, in via preliminare, nella presente fase di merito, essendo i ricorsi in questione legati da connessione sia soggettiva che oggettiva, nonchè inerenti questioni consequenziali.
Nel merito, la problematica sollevata nei tre ricorsi riuniti investe questioni, che già alla data di proposizione dei medesimi erano state sottoposte alla valutazione della Corte Costituzionale, poi nuovamente investita della problematica stessa anche da questo Tribunale, tramite l’ordinanza sopra citata.
Ora, dopo la pronuncia della Suprema Corte – che, nel dichiarare la questione infondata, ha tuttavia fornito concreti parametri di riscontro, per una applicazione costituzionalmente orientata della nuova normativa sulle comunicazioni elettroniche – il Collegio può tornare a sintetizzare, in tale ottica, la disciplina applicabile agli impianti di telecomunicazione.
Come osservato dal Collegio stesso nella citata ordinanza n. 16332/04 – e come poi confermato anche dalla Corte Costituzionale, nei termini più avanti sintetizzati – tale disciplina coinvolge sia il settore urbanistico-edilizio (sotto il profilo della oggettiva consistenza dei manufatti in questione, come fattore di modifica del territorio), sia il settore sanitario (tenuto conto delle complesse problematiche, riconducibili agli effetti sulla salute delle onde elettromagnetiche).
Per quanto riguarda il primo ordine di questioni, già antecedentemente all’approvazione del nuovo Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. 6.6.2001, n. 380), la prevalente giurisprudenza aveva ritenuto che le antenne televisive o altri impianti accessori di rilevanti dimensioni, non finalizzati a mera ricezione o comunque non posti a servizio di un singolo fabbricato, fossero soggetti a concessione edilizia (cfr. Cons. St., V, 6.4.98, n. 415; TAR Lombardia, Milano, 19.1.1990, n. 36; TAR Friuli V.G., 27.1.93, n. 55; TAR Sicilia, Palermo, 16.12.1993, n. 1145; TAR Campania, Salerno, 3.10.1994, n. 521; TAR Liguria, 28.6.1994, n. 268; Cass. Pen. 6.5.1985, n. 209 e 28.5.1985, n. 337); in base al predetto Testo Unico, poi, può considerarsi sussistente una disciplina differenziata, in caso di rapporto di strumentalità necessaria degli impianti rispetto a edifici preesistenti (situazione rapportabile a caldaie, condizionatori, pannelli solari e simili), ovvero di autonomia funzionale dei medesimi quali nuove costruzioni (come nel caso, appunto, di tralicci ed impianti, destinati ad essere parte di una rete di infrastrutture).
Solo per i primi, fra gli impianti sopra indicati, risulta applicabile - in base al citato T.U. - la disciplina dettata per gli interventi edilizi ritenuti minori, soggetti a mera denuncia di inizio attività (cosiddetta D.I.A.) a norma dell’art. 4 del D.L. 5.10.1993, n. 398, convertito con modificazioni dalla legge 4.12.1993, n. 493, come modificato dall’art. 2, comma 60, della legge 23.12.1996, n. 662 ed integrato dall’art. 1, comma 6, della legge 21.12.2001, n. 443, fino all’entrata in vigore – il 30.6.2003 – del D.P.R. 6.6.2001, n. 380 - testo unico delle disposizioni legislative in materia edilizia - che raccoglie le disposizioni legislative e regolamentari contenute nel D.Lgs. n. 378/01 e nel DPR n. 379/01. Per gli impianti di emissione elettromagnetica, come quello che è oggetto del presente giudizio, il citato D.Lgs. n. 380/01 prescrive - nel combinato disposto degli articoli 10 e 3, comma 1, lettere e.2, e.3 ed e.4, - il permesso di costruire, introdotto dalla medesima normativa come nuova qualificazione formale della concessione edilizia (cfr. anche, in tal senso, Cons. St., sez. VI, 18.5.2004, n. 3193; Cons. St., sez. II, 10.12.2003, parere n. 2420).
Per quanto riguarda principalmente, invece, la disciplina delle emissioni elettromagnetiche, l’intera materia è stata in un primo tempo inquadrata sulla base di due pronunce della Corte Costituzionale: in una di queste – n. 307 del 7.10.2003 – venivano ribaditi i parametri del riparto di competenze, operanti nella disciplina del settore; nell’altra – n. 303 in data 1.10.2003 – si dichiarava l’incostituzionalità, per eccesso di delega in rapporto alla legge n. 443/2002, del decreto legislativo 4.9.2002, n. 198, che nell’art. 3, comma 2, sanciva la compatibilità “con qualsiasi destinazione urbanistica “ e la realizzabilità “in ogni parte del territorio comunale” delle infrastrutture in questione, “anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento”, con eccezione prevista solo per alcuni manufatti di particolare consistenza, quali torri e tralicci, relativi alle reti di televisione digitale terrestre.
Nelle motivazioni della citata sentenza n. 303/03 si richiamava specificamente proprio l’art. 3, comma 2, del D.lgs. n. 198, che – nel consentire l’insediamento generalizzato sul territorio degli impianti di cui si discute – sarebbe stato lesivo della potestà pianificatoria della Regione: una potestà da esercitarsi anche a livello di legislazione concorrente, in base al nuovo articolo 117, comma 3, della Costituzione, che tra le materie oggetto di tale attribuzione cita il “governo del territorio”, la “tutela della salute” e l’”ordinamento della comunicazione”.
Appariva confermato, in tale contesto, che la disciplina degli impianti di telecomunicazione e radiotelevisivi coinvolgesse, come in precedenza ricordato, profili sia di tutela dell’ambiente che di governo del territorio, attraverso la previsione sia di standards di protezione dalle onde elettromagnetiche uniformi su tutto il territorio nazionale, a garanzia del diritto alla salute, sia di modalità di localizzazione degli impianti stessi, tali da consentire il rispetto dei parametri urbanistici.
Come ribadito dalla predetta Corte nella sentenza n. 307/03 – in armonia peraltro con l’indirizzo giurisprudenziale, già formatosi sulla legge quadro n. 36/01 – la determinazione degli standards di protezione dall’inquinamento elettromagnetico restava di competenza dello Stato (sotto il profilo di valori-soglia, non derogabili dalle Regioni), mentre si confermavano come oggetto di legislazione concorrente (ovvero, rientrante anche nella potestà legislativa regionale, ma nel rispetto di principi fondamentali, fissati da leggi dello Stato) il trasporto dell’energia e l’ordinamento della comunicazione; doveva infine ritenersi rimessa alle Regioni e agli enti territoriali minori la localizzazione degli impianti, come questione attinente alla disciplina d’uso del territorio, purchè la pianificazione, a quest’ultimo riguardo dettata, non fosse tale “da impedire o da ostacolare ingiustificatamente l’insediamento degli impianti stessi”.
In tale quadro di riferimento sono intervenute le procedure autorizzatorie, previste per le infrastrutture di cui trattasi dagli articoli 86, 87 e 88 del codice delle comunicazioni elettroniche, approvato con D.Lgs. 1.8.2003, n. 259: una disciplina, quest’ultima, che si proponeva di affrontare i molteplici profili di interesse pubblico coinvolti e prevedeva al riguardo lo svolgimento di apposite conferenze di servizi, circoscrivendo una peculiare fattispecie, soggetta a denuncia di inizio attività (“installazione di impianti, con tecnologia UMTS o altre, con potenza in singola antenna uguale o inferiore ai 20 watt”), mentre per le altre installazioni era previsto il rilascio - in forma espressa o tacita - di un titolo abilitativo, qualificato come autorizzazione.
Secondo l’indirizzo espresso dalla Corte Costituzionale, detta disciplina può ritenersi conforme a criteri – rilevanti anche sul piano comunitario – di semplificazione amministrativa, con prevista confluenza in un solo procedimento di tutte le tematiche, rilevanti per le installazioni in questione: quanto sopra, tuttavia, senza che sia cancellata l’incidenza delle installazioni stesse sotto il profilo urbanistico-edilizio, tenuto conto della concreta consistenza dell’intervento, anche sotto il profilo penale connesso ad ipotesi di abusivismo, ex art. 44 D.P.R. n. 380/01 (cfr. in tal senso Corte Cost. 28.3.2006, n. 259; Corte Cost. 18.5.2006, ord. n. 203).
Le conclusioni, che ormai possono dirsi raggiunte, consentono di avviare a soluzione le problematiche che – nei ricorsi di cui si discute – venivano con opposte argomentazioni sollevate dalle parti: il Comune di Ripi, attraverso la riaffermazione della potestà pianificatoria del Comune (in effetti sussistente) per la localizzazione dei siti idonei all’istallazione di tralicci ed impianti di telecomunicazione; la società Ericsson tramite la rivendicazione del carattere assorbente (pure confermato dalla Suprema Corte) della disciplina dettata dal più volte citato Codice delle Comunicazioni Elettroniche (D.Lgs. 1.8.2003, n. 259), rispetto alla normativa contenuta – con specifico riferimento agli impianti di telecomunicazione – nel Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. n. 380/2001); quanto sopra, però, senza che le norme urbanistiche vengano scavalcate, come prospettato dalla medesima società Ericsson, in nome dei profili di interesse pubblico, riconducibili allo sviluppo delle comunicazioni telematiche.
I già citati articoli 87 e 88 del D.Lgs. n. 259/2003, infatti, fanno confluire in un unico procedimento autorizzativo i titoli abilitativi necessari per il posizionamento sul territorio degli impianti di telecomunicazione (cfr. anche, in tal senso, Cons. St., sez. VI, 5.8.2005, n. 4149 e 9.6.2005, n. 3040; Cons. St., sez. VI, 21.1.20005, n. 100), ma senza escludere che in detto procedimento si inseriscano i contenuti del citato Testo Unico dell’edilizia, a tutela del territorio interessato.
Anche se non appare più necessario, pertanto, il rilascio di un titolo abilitativo, formalmente qualificato come permesso di costruire, non cambia la valutazione – nei termini in precedenza ricordati – della consistenza dell’intervento sul piano urbanistico-edilizio, con necessaria coesistenza delle misure repressive, di cui al D.P.R. n. 380/01, con le sanzioni disposte, sotto altro profilo, dal predetto D.Lgs. n. 259/03.
Come sottolineato dalla Suprema Corte nelle pronunce in precedenza citate, infatti, il procedimento autorizzatorio unico di cui sopra non esclude, ma assorbe la valutazione della compatibilità urbanistico-edilizia, di competenza dell’ente locale, con sopravvivenza della fattispecie di “opere eseguite senza permesso di costruire”, sia ai fini dell’applicazione della misura sanzionatoria penale, di cui all’art. 44 del T.U. dell’Edilizia, sia – deve ritenersi – in ordine alle sanzioni amministrative, che gli articoli 31 e seguenti del medesimo T.U. impongono in materia di abusivismo edilizio.
Non va dimenticato, peraltro, che il binomio autorizzazione / concessione edilizia risulta concettualmente improprio, in rapporto alla natura comunque autorizzatoria del titolo abilitativo in questione (da intendere – dopo la nota sentenza della Corte Costituzionale n. 5 del 25.1.1980 – come mera rimozione di un limite all’esercizio di un diritto e non, secondo lo schema concessorio, come conferimento del diritto stesso): la nozione di “autorizzazione”, recepita dal Codice delle Comunicazioni Elettroniche, pertanto, può ben comprendere l’intera valenza del permesso di costruire, introdotto dal Testo Unico dell’Edilizia come dizione sostitutiva della “concessione edilizia”.
Tenuto conto di quanto sopra, le censure prospettate nell’impugnativa in esame appaiono infondate.
Alcune delle argomentazioni difensive dell’attuale ricorrente, in effetti, erano già state negativamente valutate nell’ordinanza di questo Tribunale n. 16332/2004, quali presupposti della rilevanza della questione di costituzionalità, che veniva contestualmente sollevata.
Quanto sopra poiché – anche prima delle più recenti pronunce della Corte Costituzionale – la dichiarata incostituzionalità del D.Lgs. n. 198/2002 aveva fatto cadere alcune delle argomentazioni difensive, che nei tre ricorsi in esame venivano rapportate all’ampia liberalizzazione - sotto il profilo urbanistico/edilizio - degli insediamenti di cui all’art. 3, comma 2 del citato D.Lgs, mentre doveva al contrario riconoscersi la competenza pianificatoria aggiuntiva del Comune, a norma dell’art. 8, comma 6, della legge quadro n. 36/2001, che affida appunto agli enti locali minori criteri di localizzazione ottimale degli impianti di cui trattasi, con finalità di massima restrizione dell’inquinamento elettromagnetico, ma anche di “corretto insediamento urbanistico e territoriale” degli impianti stessi.
Non potevano, quindi, risultare conformi ad un quadro normativo, da cui era stato espunto il citato D.Lgs. n. 198/2002, le prospettazioni difensive finalizzate a negare la potestà di localizzazione del Comune, o a contestarne il contenuto (con argomentazioni, a quest’ultimo riguardo, generiche, o che avrebbero potuto essere utilmente rappresentate – per un compiuto apprezzamento tecnico – nella conferenza di servizi in data 4.8.2003, a cui la ricorrente non aveva ritenuto di partecipare, benché invitata dal 16.7.2003).
Il Comune resistente, d’altra parte, nel rivendicare la sfera di tutela rimessa alla propria regolamentazione, correttamente richiamava gli obiettivi enunciati nell’articolo 1 della legge n. 36/2001, obiettivi che partono dalla salvaguardia dell’integrità fisica e si raccordano con le esigenze connesse alla pianificazione urbanistica, ques’ultima affidata – a livello di P.R.G. – alla predisposizione di un atto complesso, emanato dai Comuni con l’approvazione della Regione; ad entrambi i profili si riallaccia, poi, l’ulteriore regolamentazione di cui al successivo art. 8 della stessa legge n. 36/01, che si rapporta, in via evolutiva, alla promozione della ricerca, per la valutazione degli effetti a lungo termine dell’inquinamento stesso, ma anche alle esigenze di tutela dell’ambiente e del paesaggio, da preservare con modalità che tengano conto delle innovazioni tecnologiche, in grado di ridurre l’impatto delle strutture di cui trattasi sui valori tutelati.
E’ dunque ammesso che i Comuni adottino misure programmatorie integrative per la localizzazione degli impianti di cui si discute, in modo tale da minimizzare l’esposizione dei cittadini residenti ai campi elettromagnetici, ma anche in un’ottica di ottimale disciplina d’uso del territorio (cfr. Cons. St., sez. VI, 3.6.2002, n. 3095; 20.12.2002, n. 7274; 10.2.2003, n. 673; 26.8.2003, n. 4841).
Quanto alla procedura nella fattispecie seguita dall’Amministrazione, inoltre, va ricordato come risultasse effettuata l’installazione di una stazione radio base per telefonia mobile, a norma del più volte citato D.Lgs. n. 198/02, con avvenuto decorso dei termini, al di là dei quali detta normativa consentiva di avviare e concludere i lavori, come nella situazione in esame avvenuto.
Il Comune, tuttavia, aveva esercitato la propria potestà di autotutela, sospendendo i lavori il giorno successivo a quello del dichiarato inizio e poi annullando – prima della citata sentenza della Corte Costituzionale n. 303/2003 – la “forma autorizzativa”, cui le opere in questione sarebbero state riconducibili, pur proseguendo l’iter della procedura in questione, sulla base delle disposizioni normative ritenute applicabili (disposizioni regolamentari dettate dal Comune stesso per una migliore localizzazione dell’impianto, nonché art. 2 bis della legge 1.7.1997, n. 189, circa la necessità di acquisire apposita valutazione di impatto ambientale e T.U. dell’Edilizia, prescrittivo del permesso di costruire).
In tale situazione il Collegio, nell’emanare la ricordata ordinanza n.16332/2004, riteneva superate le censure, basate sulla prospettata sussistenza di una situazione già consolidata per intervenuto silenzio assenso, alla data (1.10.2003) della declaratoria di incostituzionalità del più volte ricordato D.Lgs n. 198/2002.
Non poteva dirsi infatti, come avrebbe voluto la parte ricorrente, che il mero decorso dei termini - al di là dei quali si ammette l’esecuzione delle opere, dopo una Denuncia di Inizio Attività o un’istanza di autorizzazione non evasa entro la scadenza, cui la legge ricollega la formazione del silenzio assenso - determinasse quell’esaurimento del rapporto, che avrebbe potuto essere invocato per opporsi alla retroattività degli effetti delle sentenze dichiarative di illegittimità costituzionale (cfr., per il principio, Cons. St., sez. VI. 14.11.1992, n. 898; TAR Lazio, Roma, sez. I, 19.7.1989, n. 1049; TAR Sicilia, Palermo, 12.2.1993, n. 77 e 12.1.1989, n. 5; TAR Campania, Salerno, 29.3.1990, n. 127).
Quanto sopra, in base ai principi pacificamente riconosciuti in materia di potestà di autotutela, non soggetta a termini decadenziali in ordine a vizi genetici degli atti amministrativi, nonché in presenza, come nel caso di specie, di precise manifestazioni di volontà dell’Amministrazione stessa, preclusive della consolidazione del rapporto di cui trattasi (ordine di sospensione lavori in data 11.6.2003 e annullamento della “forma autorizzativa” tacita, riconducibile alla relativa istanza, in data 30.6.2003; quanto sopra, indipendentemente dalla tempestiva – ed in effetti non documentata –notifica dei provvedimenti in questione, la cui impugnazione con ricorso n. 3784/2004 non può, quindi, essere ritenuta tardiva, come eccepito dal Comune resistente).
Ugualmente infondate, tuttavia, risultano le ulteriori controdeduzioni comunali, riferite ad inapplicabilità – per intervenuta conclusione del procedimento – del D.L. n. 315 del 14.11.2003, convertito in legge 16.1.2004, n. 5, nella parte in cui (art. 4) assoggetta alla disciplina del D.Lgs. n. 259/2003 (Codice delle Comunicazioni Elettroniche) le procedure di rilascio di autorizzazioni alla installazione di infrastrutture di comunicazioni elettroniche, iniziate ai sensi del D.Lgs. n. 198/2002 e non ancora concluse (come risulterebbe, nel caso di specie, a seguito dell’atto di autotutela del 30.6.2003) alla data di pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale 1.10.2003, n. 303.
La medesima Amministrazione, infatti, ancora in data 6.10.2003 emetteva il provvedimento n. 7781 del 6.10.2003, oggetto del ricorso n. 13126/2003, con cui il responsabile del settore urbanistica del Comune di Ripi invitava la ricorrente all’osservanza del regolamento comunale per l’installazione e l’esercizio di impianti di radiotelecomunicazioni, approvato con delibera consiliare n. 25 del 25.6.2002, nonché all’osservanza del piano di localizzazione dei siti per l’installazione di stazioni radio per la rete di telefonia cellulare, approvato con delibera di G.M. 10.7.2003, n. 102 ed alla redazione di apposito studio per la Valutazione di Impatto Ambientale ex art. 2 bis L. n. 189/97 (norma, quest’ultima, abrogata ex art. 12, comma 4, D.Lgs. 198/02 cit., con decorrenza 14.9.2002), ovvero all’adeguamento del proprio impianto alle normative e regolamenti comunali vigenti, entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento, a pena di annullamento degli atti relativi all’installazione della stazione radio base, di cui alla originaria Denuncia di Inizio Attività (D.I.A.).
I presupposti normativi recepiti dall’Amministrazione, in effetti, potevano apparire contraddetti, nei punti già in precedenza indicati, dal D.Lgs. n. 198/2002, ancora in vigore alla data di emanazione dei primi atti impugnati, ma già fondatamente sottoposto al vaglio della Suprema Corte e dichiarato incostituzionale prima che il procedimento di cui trattasi fosse concluso.
Nell’ottica sopra indicata, pertanto, dopo la dichiarata incostituzionalità del D.Lgs. n. 198/2002 non poteva non trovare applicazione l’art. 4 del D.L. 14.11.2003, n. 315, convertito in legge 16.1.2004, n. 5, che espressamente sottopone la procedura stessa – ove, come nella fattispecie, iniziata ai sensi del D.Lgs. n. 198/2002 ed in corso alla data di pubblicazione della già citata sentenza della Corte Costituzionale n. 303/2003 – allo ius superveniens, contenuto nel Codice delle Comunicazioni Elettroniche, approvato con D.Lgs. n. 259/2003. Quest’ultima normativa, a sua volta, negli articoli 87 e 88 disciplina puntualmente la procedura autorizzativa di cui trattasi, con modalità procedurali che appaiono in larga parte reiterative delle disposizioni, contenute negli articoli 5 e 6 del ricordato D.Lgs. n. 198/2002 (peraltro non ancora dichiarato incostituzionale alla data di emanazione del predetto Codice).
Le nuove disposizioni in questione, tuttavia, non sono state ritenute incostituzionali nella formulazione predisposta dal legislatore, in quanto concepite in un’ottica di raccordo di tutti gli interessi pubblici coinvolti, in quell’apposito spazio di composizione di tali interessi che è la conferenza di servizi.
Le medesime norme sono sono state dunque ritenute esaustive – in conformità agli intenti di semplificazione attuativi della delega – per la regolare installazione degli impianti in questione, con conseguente assorbimento della sub-procedura di valutazione di impatto ambientale, di cui all’abrogato art. 2 bis della legge 1.7.1997, n. 189 (circa la non riviviscenza di norme, abrogate da una legge dichiarata incostituzionale – quanto meno quando, come nella situazione in esame, l’invalidità della norma non sia direttamente riferibile all’abrogazione stessa – cfr. Cass. Civ., sez. I, 14.11.1989, n. 4854 e 30.5.1989, n. 2647).
Per quanto più specificamente interessa in questa sede, inoltre, l’unitarietà del procedimento amministrativo deve coniugarsi con la già ricordata, duplice valenza delle installazioni di cui si discute, quali infrastrutture edilizie soggette a valutazione di conformità, in base alla vigente normativa urbanistica (comprensiva del piano di localizzazione degli impianti predisposto dal Comune) e come parte di una rete di servizi di comunicazione elettronica, oggetto – a sua volta – di una complessa disciplina, per consentire sia l’efficienza del servizio stesso, considerato di rilevante interesse pubblico, sia la tutela della salute dei cittadini, in relazione agli effetti - non ancora del tutto noti - dell’emissione di onde elettromagnetiche.
L’autorizzazione, di cui ai più volte citati articoli 87 e 88 del D.Lgs. n. 259/2003 – parzialmente reiterativo dell’art. 3 D.Lgs. n. 198/02 – non riproduce, pertanto, la nozione di autorizzazione, in precedenza riservata agli interventi edilizi minori (manutentivi, di risanamento conservativo o a carattere pertinenziale), assoggettati a D.I.A., pur essendo mantenuto l’istituto del silenzio assenso, mutuato dal D.Lgs. n. 198/02: detto istituto non esclude, comunque, l’esercizio della potestà di autotutela, esercitata nel caso di specie proprio con riferimento all’incidenza dell’intervento effettuato sull’assetto e lo sviluppo edilizio del territorio.
Solo in un contesto che non escluda tale incidenza, in effetti, possono ritenersi non superati i limiti della delega, contenuta nell’art. 41 della legge 1.8.2002, n. 166, che non affida al legislatore delegato una revisione della normativa urbanistica, con conseguente costituzionalità del Codice delle Comunicazioni elettroniche, solo in quanto quest’ultimo non pretenda di modificare i contenuti sostanziali del permesso di costruire e le misure sanzionatorie, previste dal Testo Unico dell’Edilizia.
In base alle argomentazioni in precedenza svolte – alla luce dell’interpretazione normativa, resa possibile dalle ricordate pronunce della Corte Costituzionale – nessuna delle numerose censure, prospettate nei tre ricorsi riuniti, appare condivisibile.
Dette censure infatti – così come elencate nella prima parte ella presente decisione – risultano infondate, nei termini di cui al seguente schema riepilogativo (che in buona parte costituisce una sintesi delle argomentazioni anzidette):
A. quanto al ricorso n. 13126/03:
- censura n. 1: silenzio assenso non formato o comunque non consolidato, per effetto dei ricordati interventi in via di autotutela del Comune di Ripi; procedura in effetti proseguita, ma legittimamente conclusa con l’invito alla società ricorrente al rispetto dei regolamenti comunali;
- censura n. 2: inidoneità dei siti prescelti dal Comune, per la localizzazione degli impianti di cui trattasi, asserita con inammissibile genericità di argomentazioni;
- censura n. 3: ancora inammissibilità, per indimostrato ostacolo alla libertà dell’iniziativa economica della ricorrente (una libertà peraltro legittimamente circoscrivibile, per ragioni di tutela della salute);
- censura n. 4: palese infondatezza della censura stessa, che ripropone i profili contenutistici del D.Lgs. n. 198/02, specificamente incorsi in declaratoria di incostituzionalità;
- censura n. 5: inammissibile per genericità, per apodittico riferimento ad un asserito impedimento generalizzato al sistema di telefonia mobile nel territorio comunale, senza che si forniscano adeguate controdeduzioni alle osservazioni dell’Amministrazione, che segnala la possibilità di spostamento dell’impianto in un sito limitrofo, “idoneo a soddisfare ogni esigenza di natura tecnica”;
B. quanto al ricorso n. 700/04:
- censura n. 1: nuova procedura autorizzativa introdotta in effetti (come sostenuto dalla ricorrente) dal Codice delle Comunicazioni Elettroniche, ma senza alcuna modifica dei contenuti sostanziali del permesso di costruire, come rilevato dal Collegio, visti gli esiti della questione di costituzionalità sollevata;
- censura n. 2: maturazione (e, a maggior ragione) consolidazione del silenzio assenso impedita dagli atti di autotutela dell’Amministrazione;
- censura n. 3: unica censura da accogliere, per intervenuta abrogazione della norma, prescrittiva della valutazione di impatto ambientale; la medesima censura, tuttavia, non appare invalidante dell’intero provvedimento, il cui contenuto dispositivo è sufficientemente sorretto dall’assenza di titolo abilitativo;
- censura n. 4: reiterativa della quarta censura del ricorso n. 13126/03 e da respingere per identiche considerazioni;
- censura n. 5: “preciso intento di impedire la realizzazione dell’impianto di cui trattasi” non solo indimostrato, ma contrastante con il carattere vincolato del provvedimento, riferito ad un intervento edilizio incompatibile con le norme regolamentari dell’Amministrazione;
- censura n. 6: sostanzialmente reiterativa delle censure nn. 4 dello stesso ricorso n. 700/04 e del ricorso n. 13126/03;
- censura n. 7: inammissibile, in rapporto all’indimostrato “intento di non rilasciare i provvedimenti richiesti”;
- censura n. 8: infondata poichè negatoria della riconosciuta potestà degli enti locali, in materia di localizzazione degli impianti di cui trattasi;
- censura n. 9: inammissibile, in quanto postula errori nei limiti di esposizione, normativamente fissati in base ad insindacabili criteri di discrezionalità tecnica;
- censura n. 10: infondata per le stesse ragioni, esposte in rapporto alle censure nn. 5, prospettate sia nel ricorso n. 13126/03 che nel ricorso n. 700/04, attualmente in esame;
- censura n. 11: infondata, in quanto ignora che la “correlazione tra la presenza di apparecchiature elettromagnetiche e l’insorgenza di determinate patologie” è operata a livello di normazione primaria, con affidamento proprio ai Comuni di criteri di localizzazione, atti a minimizzare i rischi della popolazione al riguardo;
- censura n. 12: infondata, in quanto riferita ad una mancata partecipazione al procedimento imputabile alla stessa società ricorrente, a suo tempo invitata, senza positivo riscontro, alla conferenza di servizi indetta dall’Amministrazione;
- censura n. 13: infondata e inammissibile per genericità, in quanto imputa al Comune una indimostrata tolleranza nei confronti di altre emissioni inquinanti: una tolleranza che, anche ove in ipotesi sussistente, non escluderebbe l’obbligo di rispetto, in ogni singolo caso, della disciplina normativa in materia di onde elettromagnetiche;
- censure nn. 14 e 15: inammissibili, poiché contestatrici nel merito della normativa vigente, in materia di esposizione della popolazione alla particolare tipologia di inquinamento di cui trattasi;
- censura n. 16: investe in modo diretto la tematica dell’irrilevanza delle strutture i cui trattasi dal punto di vista urbanistico-edilizio, questione ampiamente trattata da questo Tribunale prima con eccezione di incostituzionalità, poi sulla base della pronuncia della suprema Corte, con conclusioni di segno opposto a quelle dell’attuale ricorrente, nei termini già in precedenza esposti;
- censura n. 17: infondata per le stesse ragioni, di cui al punto n. 16, in quanto opera un’interpretazione riduttiva del titolo autorizzativo, richiesto dal D.Lgs. n. 259/03, come riferito ad interventi edilizi minori;
- censura n. 18: infondata in via consequenziale, poiché riferita all’azione risarcitoria, il cui rigetto è connesso a quello dell’azione di annullamento, proposta in via principale;
C) quanto al ricorso n. 3784/04:
censura n. 1: non condivisibile, in quanto postula inoppugnabilità del silenzio assenso e formazione di quest’ultimo in conformità ai parametri del D.Lgs. n. 198/02, che si affermano recepiti dal D.Lgs. n. 259/03, mentre l’inoppugnabilità è esclusa dai principi generali, in matera di potestà di autotutela dell’Amministrazione e la continuità fra il D.Lgs. n. 198/02 e il D.Lgs. n. 259/03 non può certo sussistere, con riferimento ai medesimi profili, che hanno determinato la dichiarata incostituzionalità del primo dei due testi normativi;
censura n. 2: infondata perché, ancora una volta, basata su una asserita inoppugnabilità del silenzio assenso, che non può viceversa, come già sopra ribadito, rendere inattaccabile dai Pubblici Poteri un illegittimo posizionamento delle infrastrutture di cui trattasi;
censura n. 3: da respingere per le stesse ragioni, illustrate in rapporto al terzo motivo di gravame del ricorso n. 700/04;
censura n. 4: consequenziale alle precedenti e quindi da respingere;
censura n. 5: inammissibile per genericità, non essendo dimostrata l’inidoneità dei siti alternativi previsti e risultando comunque possibile la rappresentazione di eventuali ragioni ostative nell’ambito del procedimento (che la ricorrente ha invece contestato alla radice, senza mostrare reale volontà di partecipazione);
censure nn. 6, 7, 8, 9 e 10: infondate per le stesse ragioni, esposte in rapporto, rispettivamente, al nono, decimo, undicesimo e dodicesimo motivo di gravame del ricorso n. 700/04;
censura n. 11: infondata, per apodittica affermazione dell’assenza di rischi per i cittadini di Ripi, in contrasto con le valutazioni discrezionalmente recepite in atti di rango legislativo;
censura n. 12: infondata in via consequenziale, in parallelo alla censura n. 18 del ricorso n. 700/04.
Per le ragioni ampiamente svolte, in conclusione, il Collegio ritiene che i tre ricorsi riuniti debbano essere respinti; quanto alle spese giudiziali, tuttavia, il Collegio stesso ne ritiene equa la compensazione, tenuto conto della delicata fase di transizione normativa, in cui si è svolta la vicenda in esame.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, (Sez. I Quater), RIUNISCE i ricorsi nn. 13126/03, 700/04 e 3784/04, specificati in epigrafe; RESPINGE i ricorsi stessi; COMPENSA le spese giudiziali.
Così deciso in Roma, nelle Camere di Consiglio in data 17 maggio e 5 giugno 2007, con l'intervento dei Magistrati:
Presidente Pio Guerrieri
Consigliere est. Gabriella De Michele
Primo Referendario Antonella Mangia