Cass. Sez. III n. 26546 del 2 luglio 2008 (Cc. 22 mag. 2008)
Pres. Altieri Est. Lombardi Ric. Bellinvia
Rifiuti. Veicoli fuori uso (pressatura)

Ai sensi dell\'art. 3, comma primo lett. i), del D. Lgs 24.6.2003 n. 209 per operazioni di "pressatura" si intendono "le operazioni di adeguamento volumetrico del veicolo già sottoposto alle operazioni di messa in sicurezza e di demolizione". Pertanto, ai sensi della disposizione citata, le attività di demolizione e messa in sicurezza del veicolo fuori uso devono essere effettuate prima della pressatura.

Considerato in fatto e diritto
Con la impugnata ordinanza il G.I.P. del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto ha respinto l’opposizione proposta da Bellinvia Carmela avverso il provvedimento del P.M. che aveva rigettato la richiesta di restituzione di n. 104 carcasse di auto sottoposte a sequestro probatorio dallo stesso P.M. in relazione al reato di cui all’art. 256 del D. Lgs. n. 152/06.
Il G.I.P. ha ritenuto irrilevante la qualificazione giuridica del fatto formulata dalla polizia giudiziaria all’atto del sequestro di propria iniziativa, afferente alla gestione di rifiuti senza la prescritta autorizzazione, poiché doveva tenersi conto esclusivamente della fattispecie di reato ravvisata dalla pubblica accusa, che aveva ritenuto sussistente l’ipotesi di cui all’art. 256, quarto
comma, del citato D. Lgs. n. 152/06 per la rilevata violazione delle prescrizioni dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di raccolta, messa in sicurezza, recupero e rottamazione di veicoli a motore rilasciata alla Bellinvia; che in particolare detta autorizzazione conteneva il richiamo alle prescrizioni del D. Lgs. n. 209/2003, delle quali era stata accertata la violazione dagli organi di polizia giudiziaria con riferimento al fatto che le carcasse dei veicoli non erano state messe in sicurezza prima delle operazioni di pressatura, essendo stata rilevata nelle predette carcasse la presenza di pneumatici, gruppi ottici ed altro materiale che doveva essere rimosso prima della frantumazione.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’indagata, che la denuncia per violazione di legge.
Con un unico mezzo di annullamento la ricorrente denuncia la violazione degli art. 253 c.p.p., 256 del D. Lgs. n. 152/06 e del D. Lgs. n. 209/2003.
Si deduce, in sintesi, che all’atto del sequestro probatorio la polizia giudiziaria aveva ravvisato il reato di cui all’art. 256 del D. Lgs. n. 152/06 per avere la Bellinvia gestito rifiuti in assenza della prescritta autorizzazione; che tale reato era, però, inesistente, essendo stato accertato che la ditta dell’indagata era regolarmente munita di autorizzazione regionale per l’esercizio di un centro dì raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero di materiali e la rottamazione di veicoli a motore, rimorchi, simili e loro parti; che a seguito della richiesta di restituzione, la pubblica accusa aveva respinto l’istanza, ravvisando la diversa ipotesi di reato di cui all’art. 256, comma quarto, del D. Lgs. n. 152/06, senza formulare alcuna precisazione in ordine alle prescrizioni dell’autorizzazione che sarebbero state violate; che il G.I.P. con il provvedimento impugnato ha affermato, invece, che le prescrizioni violate devono essere riferite a quelle contenute nel D. Lgs. n. 209/2003 genericamente richiamato dalla predetta autorizzazione; che, però, l’affermazione del provvedimento sul punto è conseguenza di un’errata interpretazione delle disposizioni contenute nel predetto decreto legislativo, poiché l’art. 3 citato nel provvedimento impugnato distingue chiaramente le varie fasi di lavorazione dei rifiuti speciali, sicché deve escludersi qualsiasi attinenza tra quanto accertato dagli agenti operanti, ovvero il fatto che gli autoveicoli compattati presentavano inglobati paraurti, gruppi ottici, parti in plastica e marmitte, con le operazioni di messa in sicurezza dei veicoli da rottamare.
Infatti, le operazioni di messa in sicurezza, secondo la ricorrente, sono descritte al punto 5 dell’allegato 1 del citato decreto legislativo e si riferiscono alla rimozione degli accumulatori, neutralizzazione delle soluzioni acide, rimozione dei serbatoi di gas compresso, prelievo del carburante; che dalla lettura dell’art. 3 in correlazione con il richiamato allegato I del decreto legislativo si evince che la normativa di settore non prevede alcun obbligo di rimozione di pneumatici, paraurti e materiali analoghi prima della frantumazione, statuendo che dette operazioni possono esser effettuate successivamente all’atto delle operazioni per la promozione del riciclaggio, secondo il punto 7 dell’allegato I del decreto legislativo; che le carcasse sequestrate erano ancora in attesa di frantumazione, sicché anche la fattispecie ipotizzata dal P.M. nel provvedimento di rigetto della richiesta di dissequestro, condiviso sul punto dal G.I.P., doveva ritenersi insussistente.
Il ricorso è manifestamente infondato.
E’ stato già affermato da questa Suprema Corte con riferimento ai limiti della cognizione del giudice dell’opposizione in materia di diniego della restituzione di cose sottoposte a sequestro probatorio che “L’opposizione contro il decreto del pubblico ministero, che respinge la richiesta di restituzione delle cose sequestrate può avere ad oggetto solo le questioni relative alta necessità di mantenere il sequestro ai fini di prova, mentre ogni altra questione relativa alla opportunità o legittimità del sequestro deve essere fatta valere col procedimento del riesame.” (sez. VI, 200349154, Armenise, RV 227208)
Il citato indirizzo interpretativo, che il Collegio condivide, trova testuale riscontro nell’art. 262, primo comma, c.p.p., ai sensi del quale la restituzione viene disposta quando non è necessario mantenere il sequestro a fini di prova, mentre le questioni relative alla legittimità del sequestro probatorio devono essere dedotte mediante la richiesta di riesame, ai sensi dell’art. 355, comma terzo, c.p.p.; richiesta sottoposta a termine di decadenza, che verrebbe vanificato da una diversa interpretazione.
Peraltro, va rilevato per completezza di esame che le deduzioni in punto di diritto della ricorrente in ordine alla insussistenza del fumus del reato oggetto di indagine sono altresì manifestamente infondate.
Ai sensi dell’art. 3, comma primo lett. i), del D. Lgs. 24.6.2003 n. 209 per operazioni di “pressatura”, che secondo le indagini di polizia giudiziaria risultavano essere state già effettuate, sì intendono “le operazioni di adeguamento volumetrico del veicolo già sottoposto alle operazioni di messa in sicurezza e di demolizione”.
Pertanto, ai sensi della disposizione citata, le attività di demolizione e messa in sicurezza del veicolo fuori uso devono essere effettuate prima della pressatura.
Si osserva, poi, che, ai sensi dell’allegato I punto 6) del predetto decreto legislativo, rientrano tra le fasi dell’attività di demolizione le seguenti operazioni:
“a) smontaggio dei componenti del veicolo fuori uso od altre operazioni equivalenti, volte a ridurre gli eventuali effetti nocivi sull’ambiente;
b) rimozione, separazione e deposito dei materiali e dei componenti pericolosi in modo selettivo così da non contaminare i successivi residui delta frantumazione provenienti dal veicolo fuori uso; c) eventuale smontaggio e deposito dei pezzi di ricambio commercializzabili, nonché dei materiali e dei componenti recuperabili, in modo da non compromettere le successive possibilità di reimpiego, di riciclaggio e di recupero.”
Orbene, che come rilevato, secondo le indagini di polizia giudiziaria le descritte operazioni non erano state eseguite prima della pressatura delle carcasse dei veicoli.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606, ultimo comma, c.p,p..
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue a carico della ricorrente l’onere del pagamento delle spese processuali, nonché di una somma alla cassa delle ammende.