Cass. Sez. III n. 26548 del 2 luglio 2008 (Cc. 22 mag. 2008)
Pres. Altieri Est. Lombardi Ric. Mazzuccato
Rifiuti. Discarica abusiva, confisca e decreto penale

L\'art. 256, comma terzo, del D. Lgs n. 152/06 non contempla il decreto penale di condanna tra i provvedimenti cui consegue la confisca obbligatoria dell\'area adibita a discarica abusiva, ma solo la sentenza di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell\'art. 444 c.p.p.. D\'altra parte l\'art. 460, comma secondo, c.p.p. dispone che con il decreto di condanna il giudice ordina la confisca nei casi previsti dall\'art. 240, comma secondo, c.p. e, quindi, implicitamente con esclusione delle ipotesi in cui la confisca sia prevista come obbligatoria da altre disposizioni di legge. In proposito, infatti, deve essere ricordato che le misure di sicurezza patrimoniale previste come obbligatorie da leggi speciali, nel caso di condanna dell’imputato, non sono equiparabili a quella di cui all\'art. 240, comma secondo, c.p., avente ad oggetto il prezzo del reato ovvero le cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisce reato, sicché la previsione della applicabilità della misura di sicurezza patrimoniale ex art. 240, comma secondo, c.p. non è estensibile ad altre ipotesi di confisca obbligatoria previste da leggi speciali, al di fuori dei casi in cui la stessa legge speciale la consente. Orbene, non può non ravvisarsi una rispondenza tra le citate disposizioni normative, nel senso della volontà del legislatore di escludere l\'applicazione della misura di sicurezza patrimoniale obbligatoria, allorché il procedimento penale per il reato di cui all\'art. 51, comma terzo, del D. L.gs n. 22/97, attualmente sostituito dall\'art. 256, comma terzo del D. Lgs n. 152/06 venga definito mediante decreto penale di condanna.

Considerato in fatto e diritto
Con la impugnata ordinanza il G.I.P. del Tribunale di Padova, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’opposizione proposta da Mazzucato Grazia Maria avverso il provvedimento che aveva disposto la confisca di un’area sottoposta a sequestro per i reati di cui agli art. 51, comma terzo, del D. Lgs. n. 22/97 e 181 del D. Lgs. n. 42/04.
Il giudice dell’esecuzione ha osservato che sull’area di cui è stata disposta la confisca, di proprietà della Yota S.r.l., della quale era amministratore unico la Mazzucato, ubicata nell’ambito del Parco Regionale dei Colli Euganei, era stata realizzata una discarica su una superficie di mq. 24.900 per un altezza di mt. 1 e mc. 14.000 mediante l’abbandono di terre aride dì scavo, e materiali di risulta vari provenienti da demolizioni edilizie, senza alcuna autorizzazione; che nei confronti della imputata era stato emesso in data 6.7.2006 decreto penale di condanna per i reati sopra precisati, divenuto esecutivo; che, pertanto, l’area sequestrata è soggetta a confisca obbligatoria ai sensi dell’art. 51, comma terzo, del D. Lgs. n. 22/97; che le deduzioni della condannata avverso il provvedimento di confisca, emesso in sede esecutiva, sono infondate, stante la obbligatorietà della misura di sicurezza patrimoniale ai sensi della disposizione citata.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore della Mazzucato, che la denuncia per violazione di legge e vizi della motivazione.
Con il primo mezzo di annullamento la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 666, primo comma, c.p.p..
Si deduce, in sintesi, che ai sensi della disposizione citata il giudice dell’esecuzione procede a richiesta del pubblico ministero o della parte privata, sicché il procedimento di esecuzione deve essere sempre attivato su impulso dì parte, mentre il giudice non ha poteri per conoscere autonomamente dell’esecuzione stessa; che l’unica eccezione in materia è costituita dalla applicazione dell’amnistia e dell’indulto, ai sensi dell’art. 672 c.p.p., ed è giustificata dalla necessità di provvedere con urgenza in ordine alla cessazione della pena; che, nella specie, il G.I.P. ha, invece, provveduto di propria iniziativa alla emissione del provvedimento di confisca, in assenza di qualsiasi richiesta proveniente dalle parti, sicché detto provvedimento è affetto da nullità insanabile.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 51, comma terzo, del D. Lgs. n. 22/97.
Si osserva che ai sensi della disposizione citata la confisca dell’area adibita a discarica consegue obbligatoriamente alla sentenza di condanna o a quella emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p., mentre nulla è disposto nell’ ipotesi in cui il procedimento venga definito mediante l’emissione del decreto penale di condanna; che, peraltro, la confisca dell’area adibita a discarica risulta, invece, facoltativa ai sensi dell’art. 240 c.p., quale cosa che servì o fu destinata a commettere il reato; che inoltre il decreto penale di condanna, seppure risulta equiparato sotto vari profili alla sentenza, prevede, ai sensi dell’art. 460, comma secondo, c.p.p., effetti premiali a favore dell’imputato tra i quali la limitazione della confisca all’ipotesi di cui all’art. 240, comma secondo, c.p..
Si deduce, quindi, che i beni che non rientrano nelle categorie indicate dalla norma citata non sono suscettibili di confisca in sede di decreto penale di condanna; che la mancata previsione del decreto penale di condanna tra i provvedimenti che rendono obbligatoria la confisca dell’area adibita a discarica abusiva, previsione rimasta immutata nel disposto di cui all’art. 256, comma terzo, del vigente D. Lgs. n. 152/06, non può essere altrimenti interpretata che quale esclusione della applicabilità della misura di sicurezza patrimoniale nell’ipotesi di definizione del procedimento mediante decreto.
Si osserva in proposito che la giurisprudenza di legittimità, prima della riforma dell’art. 445 c.p.p., era pervenuta ad analoga conclusione negativa a proposito della estensibilità della confisca, nel caso di definizione del procedimento ai sensi dell’art. 444 c.p.p., ad altre ipotesi, diverse da quelle di cui all’art. 240, comma secondo c.p., in cui fosse prevista come obbligatoria da leggi speciali.
Con l’ultimo motivo di gravame la ricorrente denuncia, infine, l’ordinanza per carenza di motivazione, osservando che il giudice dell’esecuzione ha totalmente omesso di motivare in ordine alla infondatezza dei rilievi che precedono in punto di diritto, già dedotti in quella sede.
Il ricorso è fondato.
Per completezza di esame deve essere preliminarmente rilevata la infondatezza della eccezione processuale di cui al primo motivo di gravame.
L’art. 676, comma primo, c.p.p., che attribuisce al giudice dell’esecuzione la competenza, tra l’altro, a provvedere in ordine alla confisca o alla restituzione delle cose sequestrate, rinvia per il procedimento all’art. 667, comma quarto, c.p.p., che non prevede impulso o partecipazione delle parti prima della emanazione del provvedimento da parte del giudice dell’esecuzione.
Le parti, però, possono proporre opposizione avverso il provvedimento emesso, nel qual caso si procede a norma dell’art. 666 c.p.p..
E’ invece, fondato il secondo motivo di ricorso.
L’art. 51, comma terzo, del D. Lgs. n. 22/97, così come il corrispondente disposto di cui all’art. 256, comma terzo, del D. Lgs. n. 152/06, non contempla il decreto penale di condanna tra i provvedimenti cui consegue la confisca obbligatoria dell’area adibita a discarica abusiva, ma solo la sentenza di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p..
Dall’altra parte l’art. 460, comma secondo, c.p.p. dispone che con il decreto di condanna il giudice ordina la confisca nei casi previsti dall’art. 240, comma secondo, c.p., e, quindi, implicitamente con esclusione delle ipotesi in cui la confisca sia prevista come obbligatoria da altre disposizioni di legge.
In proposito, infatti, deve essere ricordato che, secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte (cfr. sez. un. 199301811, Bissoli, RV 192494; sez. un. 199300005, Carnea ed altri, RV 193120; negli stessi sensi più di recente: sez. III, 200502949, Gazziero, RV 230869), le misure di sicurezza patrimoniale previste come obbligatorie da leggi speciali, nel caso di condanna dell’imputato, non sono equiparabili a quella di cui all’art. 240, comma secondo, c.p., avente ad oggetto il prezzo del reato ovvero le cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisce reato, sicché la previsione della applicabilità della misura di sicurezza patrimoniale ex art. 240, comma secondo, c.p. non è estensibile ad altre ipotesi di confisca obbligatoria previste da leggi speciali, al di fuori dei casi in cui la stessa legge speciale la consente.
Orbene, non può non ravvisarsi una rispondenza tra le citate disposizioni normative, nel senso della volontà del legislatore di escludere l’applicazione della misura di sicurezza patrimoniale obbligatoria, allorché il procedimento penale per il reato di cui all’art. 51, comma terzo, del D. L.gs. n. 22/97, attualmente sostituito dall’art. 256, comma terzo del D. Lgs. n. 152/06 venga definito mediante decreto penale di condanna.
Peraltro, l’area utilizzata quale discarica abusiva non rientra certamente tra le ipotesi di cui all’art. 240, secondo comma, c.p., essendone lecita la realizzazione e gestione, se debitamente autorizzata, ed in quanto lo stesso art. 51, comma terzo, del D. Lgs. n. 22/97 ne prevede la soggezione a confisca obbligatoria solo se appartenente all’autore o al compartecipe al reato.
La impugnata ordinanza ed il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione ha disposto la confisca dell’area in sequestro, pertanto, devono essere annullati senza rinvio, non rientrando il titolo esecutivo tra quelli in base ai quali è consentita la confisca obbligatoria in sede esecutiva.