Cass. Sez. III n. 6266 del 16 febbraio 2010 (Ud. 14 gen 2010)
Pres. Altieri Est. Marini Ric. Bellini
Rifiuti. Calcolo volumetrico rifiuti solidi
Non può condividersi l’interpretazione secondo la quale per i rifiuti solidi il calcolo volumetrico dovrebbe essere operato non tenendo conto degli spazi vuoti esistenti fra i diversi corpi, spazi ovviamente irregolari e diversi a seconda dei materiali; ciò che la legge individua è l’ingombro dei materiali abbandonati e non la quantità di materia che li compone.
SENTENZA N. 57
REG. GENERALE N. 28362/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. Altieri Enrico Presidente
Dott. Petti Ciro Consigliere
Dott. Amoresano Silvio Consigliere
Dott. Marini Luigi Consigliere est.
Dott. Gazzara Santi Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: BELLINI MICHELE, nato a Roma il xx/xx/xxxx
- Avverso la sentenza emessa in data 10 Marzo 2009 dalla Corte di Appello di Perugia, che ha confermato la sentenza emessa il 12 Luglio 2007 dal Tribunale di Perugia, con cui è stato condannato alla pena di quattro mesi di arresto e 3.600,00 euro di ammenda per i reati previsti: a) dagli artt.51, comma secondo, lett.b del d.lgs. 5 febbraio 1997, n.22 e 6, lett.m, n. e 14 primo comma del medesimo decreto; b) dagli artt.51, comma primo, letta e 51, secondo comma, del d.Lgs. 5 febbraio 1997, n.22.
Fatti accertati il 15 Luglio 2005.
- Sentita la relazione effettuata dal Consigliere LUIGI MARINI
- Udito il Pubblico Ministero nella persona del CONS. FRANCESCO SALZANO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
- Udito il Difensore, Avv. GIUSEPPE INNAMORATI, che ha concluso per l\'accoglimento del ricorso.
RILEVA
Il Sig.Bellini, quale legale rappresentante della società "Foto chimica S.r.l." é stato condannato dal Tribunale di Perugia con sentenza del 12 Luglio 2007 perché ritenuto responsabile di illegale trattamento di materiale qualifica come "rifiuto non pericoloso" e di materiale consistente in imballaggi, ed in particolare perché ritenuto responsabile dei reati previsti: a) dagli artt.51, comma secondo, lett.b del d.lgs. 5 febbraio 1997, n.22 e 6, lett.m, n. e 14 primo comma del medesimo decreto; b) dagli artt.51, comma primo, lett.a e 51, secondo comma, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n.22 (così riqualificata l\'ipotesi di reato oggetto di imputazione).
Il Tribunale per i materiali contestati al capo b) ha accolto la prospettazione difensiva che escludeva la natura di rifiuto "pericoloso" e così riqualificato il fatto originariamente rubricato dalla pubblica accusa ai sensi dell\'art.51, comma secondo, lett.b) del citato decreto legislativo, ora sostituito dall\'art.183 del d.lgs. n.152 del 2006).
Avverso tale decisione il Sig.Bellini ha proposto appello, lamentando: a) l\'assenza di prova certa circa il superamento dei limiti temporali e quantitativi fissati dalla legge; b) l\'assenza, quanto al reato contestato al capo A, di consapevolezza circa il superamento per soli 3.000 litri, al momento del controllo, del tetto previsto; c) la destinabilità dei contenitori sub B a nuovo utilizzo, così escludendosi la natura di "rifiuto".
La Corte territoriale ha esaminato i singoli motivi e li ha ritenuti infondati, per tale ragione confermando la sentenza di primo grado.
Ricorre il Sig.Bellini tramite il Difensore.
Con primo motivo lamenta violazione dell\'art.606, lett.b) ed e) c.p.p. in relazione all\'art.52, primo comma del d.lgs. 5 febbraio 1997, n.22. Afferma il ricorrente che i contenitori oggetto del capo B) della rubrica non costituivano rifiuto e che, in ogni caso, l\'incompleta tenuta dei registri di carico dei rifiuti era all\'epoca prevista dal comma secondo dell\'art.52, comma secondo del citato decreto legislativo, disposizione che fissava una sanzione amministrativa. In secondo luogo, per i rifiuti non pericolosi è prevista per il responsabile la possibilità di optare fra il criterio quantitativo e quello temporale, così che, mancando la prova che i contenitori di plastica superassero il tetto di 20 metri cubi previsto dalla legge, non sussistono i presupposti per ritenere provata la violazione contestata.
Con secondo motivo lamenta violazione dell\'art.606, lett.e) c.p.p. con riferimento all\'elemento oggettivo del reato contestato al capo B), mancando ogni elemento che escluda la destinazione dei contenitori ad un futuro riutilizzo.
Con terzo motivo, quanto al capo A), lamenta violazione dell\'art.43 c.p. con riferimento al mancato accertamento dell\'esistenza dell\'elemento soggettivo del reato, avendo la Corte territoriale omesso di considerare la specifica situazione personale (recentissimo decesso del padre, titolare dell\'impresa) e di esaminare i dati risultanti dal registro di carico e scarico che mostra nel tempo limitatissimi superamenti del tetto di legge.
OSSERVA
Ritiene la Corte che il ricorso debba essere respinto nei termini di seguito specificati.
1. La Corte rileva come i motivi secondo e terzo ripropongano in questa sede i temi già affrontati in modo specifico dalla Corte di Appello e siano riproposti con argomenti di fatto riconducibili a quanto esposto coi motivi di appello. Trova così applicazione il costante orientamento di questa Corte secondo il quale si considerano generici - con riferimento al disposto degli artt.581, comma primo, lett.c) e 591, comma primo, lett. c) c.p.p. -, i motivi che ripropongono davanti al giudice di legittimità le medesime doglianze presentate in sede di appello avverso la sentenza di primo grado e che nella sostanza non tengono conto delle ragioni che la Corte di appello ha posto a fondamento della decisione sui punti contestati (cfr. Seconda Sezione Penale, sentenza 6 maggio 2003, Cucillo). Giova, poi ricordare, con riferimento alla censura concernente l\'elemento soggettivo del reato, che questa Corte ha già esaminato il tema della responsabilità del titolare che subentra nella gestione dell\'opificio e che assume su di sé la responsabilità per il mancato rispetto del termine fissato dalla legge o da altre fonti normative, in quel caso trimestrale, qualora non si attivi immediatamente per porre rimedio alla violazione (sentenza n.1187 del 2007, Petrelli, rv 238549).
2. Per quanto concerne il primo motivo, si osserva che la questione se i contenitori fossero destinati ad un successivo riutilizzo oppure allo smaltimento quale "rifiuto" è stata affrontata dalla Corte di Appello, che ha motivatamente optato per la seconda ipotesi con argomenti né illogici né contrastanti con i dati processuali. Del resto, il ricorrente non ha fornito prova documentale che supporti con certezza la sua tesi e non è possibile introdurre in sede di legittimità questioni di fatto che siano state risolte dai giudici di merito con motivazione immune da vizi logici, la giurisprudenza ha fissato in ordine ai confini del giudizio di legittimità, con particolare riferimento ai limiti che l\'art.606 c.p.p. pone in tema di controllo sulla valutazione del materiale probatorio attraverso le censure di carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Osserva la Corte che il giudizio di legittimità rappresenta lo strumento di controllo della corretta applicazione della legge sostanziale e processuale e non può costituire un terzo grado di giudizio volto alla ricostruzione dei fatti oggetto di contestazione. Si tratta di principio affermato in modo condivisibile dalla sentenza delle Sezioni Unite Penali, n.2120, del 23 novembre 1995-23 febbraio 1996, Fachini (rv 203767) e quindi dalla più recente giurisprudenza (si vedano la sentenza della Seconda Sezione Penale della Corte, 5 maggio-7 giugno 2006, n.19584, Capri ed altra, rv 233773, rv 233774, rv 233775, e la sentenza della Sesta Sezione Penale, 24 marzo-20 aprile 2006, n.14054, Strazzanti, rv 233454).
Una dimostrazione della sostanziale differenza esistente tra i due giudizi può essere ricavata, tra l\'altro, dalla motivazione della sentenza n.26 del 2007 della Corte costituzionale, che (punto 6.1), argomentando in ordine alla modifica introdotta dalla legge n.46 del 2006 al potere di impugnazione del pubblico ministero, afferma che la esclusione della possibilità di ricorso in sede di appello costituisce una limitazione effettiva degli spazi di controllo sulle decisioni giudiziali in quanto il giudizio avanti la Corte di cassazione é "rimedio (che) non attinge comunque alla pienezza del riesame di merito, consentito (invece) dall\'appello".
Se, dunque, il controllo demandato alla Corte di cassazione non ha "la pienezza del riesame di merito" che è propria del controllo operato dalle corti di appello, ben si comprende come il nuovo testo dell\'art.606, lett. e) c.p.p. non autorizzi affatto il ricorso a fondare la richiesta di annullamento della decisione di merito chiedendo al giudice di legittimità di ripercorrere l\'intera ricostruzione della vicenda oggetto di giudizio e di riesaminare gli elementi di fatto posti a fondamento delle decisione.
Tale impostazione é stata ribadita, anche dopo la modifica della lett.e) dell\'art.606 c.p.p. apportata dall\'art.8, comma primo, lett.b) della legge 20 febbraio 2006, n.46, dalle sentenze della Seconda Sezione Penale, n.23419 del 23 maggio-14 giugno 2007, PG in proc.Vignaroli (rv 236893) e della Prima Sezione Penale, n. 24667 del 15-21 giugno 2007, Musumeci (rv 237207), secondo le quali l\'esame di uno specifico materiale processuale non può mai comportare per la Corte di legittimità una nuova valutazione del risultato probatorio e delle sue ricadute in termini di ricostruzione del fatto e delle responsabilità.
3. Infine, sempre con riferimento al primo motivo di ricorso, che contesta il superamento dei limiti, le decisioni di merito hanno accertato che all\'epoca del controllo risultavano superati sia il più ampio termine di un anno sia il tetto quantitativo, così che risulta priva di rilevanza l\'argomentazione circa la natura alternativa dei due requisiti previsti dalla fattispecie incriminatrice (sul punto si rinvia alle condivisibili motivazioni adottate da questa Sezione con le sentenze n.39544 del 2006, Tresolat e altro, rv 235703 e 19883 del 2009, Fabris, rv 234719).
Occorre, peraltro, precisare che non può condividersi l\'interpretazione proposta dal ricorrente secondo la quale per i rifiuti solidi il calcolo volumetrico dovrebbe essere operato non tenendo conto degli spazi vuoti esistenti fra i diversi corpi, spazi ovviamente irregolari e diversi a seconda dei materiali; ciò che la legge individua è l\'ingombro dei materiali abbandonati e non la quantità di materia che li compone. La legge, dunque, fissa un tetto che nel caso in esame risulta superato del 50%, e ciò impone anche sotto questo profilo la conferma della decisione impugnata.
4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, ai sensi dell\'art.616 c.p.p.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 14 Gennaio 2010
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 16/02/2010