Cass. Sez. III n. 3299 del 24 gennaio 2018 (Ud 19 lug 2017)
Presidente: Amoresano Estensore: Gentili Imputato: Masi
Rifiuti.Criteri di qualificazione

La qualificazione di rifiuto deve essere operata sulla base di elementi di carattere obbiettivo, quali la oggettività dei materiali in questione, la loro eterogeneità, non rispondente ad alcun ragionevole criterio merceologico, e le condizioni in cui gli stessi sono detenuti nonché con eventuale riferimento alle circostanze nelle quali l'originario produttore se ne era disfatto e alle modalità in cui ciò è avvenuto; al fine di cui sopra non rileva, pertanto, che detti materiali siano, almeno in parte, ancora suscettibili di utilizzazione economica attraverso la loro cessione a titolo oneroso, poiché tale evenienza non esclude comunque la loro natura di rifiuto


RITENUTO IN FATTO

Con ordinanza resa in data 11 novembre 2016, il Tribunale di Pisa, in accoglimento della istanza presentata in tal senso nell’interesse di Masi Idilio, ha disposto l’annullamento del sequestro preventivo di n. 4 aree immobiliari, in uso alla impresa individuale “La Soluzione di Masi Idilio”, nonché di un autocarro di proprietà del medesimo Masi, oggetto di un precedente provvedimento cautelare reale, disposto di urgenza dalla polizia giudiziaria in data 10 ottobre 2016 e convalidato, su richiesta del Pm, dal Gip del Tribunale di Pisa il successivo 17 ottobre 2016.
Il Tribunale pisano, dato atto che il provvedimento cautelare era stato preso in ragione del fatto che sulle predette aree erano state realizzate, a seguito di attività di deposito incontrollato di rifiuti, delle discariche non autorizzate e che in esse erano stati, altresì, rinvenuti diversi oggetti e materiali riportanti segni distintivi nonché contrassegni in uso ai corpi di polizia, ha rilevato che, relativamente ad uno dei siti in questione, ubicato in Comune di Radicondoli, vi era incompetenza territoriale del Gip del Tribunale di Pisa a provvedere in ordine alla convalida del sequestro, essendo questa radicata, in ragione della posizione territoriale del bene in questione, di fronte al Tribunale di Siena.
Mentre con riferimento al restante compendio oggetto di sequestro il Tribunale ha rilevato la assenza del requisito del fumus commissi delicti, in quanto, avendo la ricordata impresa individuale gestita dal Masi ad oggetto l’attività di commercio di beni usati, per lo più da lui acquisiti attraverso cessioni operate dalla Croce rossa italiana, la quale a sua volta riceve, a titolo gratuito, beni in disuso a lei forniti da strutture pubbliche di vario genere, quanto era risultato giacere nelle 4 aree oggetto di sequestro non poteva essere qualificato, a mente della definizione che ne viene data dall’art. 183, comma1, lettera a), del dlgs n. 152 del 2006, come rifiuto, trattandosi di beni destinati ad essere ceduti a terzi; ha soggiunto il Tribunale che ad escludere la predetta definizione, considerata la destinazione soggettivamente impressa ai beni in questione, non valeva il fatto che gli stessi si trovassero in uno stato di conservazione caratterizzato da un’apparente trascuratezza.
Con ricorso del 18 novembre 2016 il Procuratore della Repubblica di Pisa ha interposto ricorso per cassazione avverso la predetta ordinanza osservando che la stessa sarebbe stata emessa in violazione di legge con riferimento sia all’art. 256, commi 1 e 2, del dlgs n. 152 del 2006, sia con riferimento all’art. 125, comma 3, cod. proc. pen. sia, infine, con riferimento all’art. 16 del medesimo codice del rito penale.
 In particolare l’organo della pubblica accusa ha rilevato, quanto alla violazione dell’art. 256 del dlgs n. 152 del 2006 che, una volta rilevata la iniziale volontà dell’originario produttore, di disfarsi di determinati beni, volontà che imprime su fi loro la qualificazione dei medesimi alla stregua di rifiuto, incombe sull’eventuale successivo detentore l’onere di provare che la sua condotta è, viceversa, indirizzata verso una forma di riuso produttivo del bene e non semplicemente alla soddisfazione di una esigenza dismissiva degli stessi; nel caso, ritiene il Pm, tale prova non è stata assolutamente fornita dall’indagato, avendo il Tribunale desunto la destinazione commerciale dei beni de quibus sulla base del dato formale riveniente dalla attività commerciale svolta dal Masi, di tal che i beni in questione hanno conservato l’originaria impronta loro impressa da chi se ne è disfatto cedendoli per il loro smaltimento.
D’altra parte, conclude sul puto il ricorrente, lo stesso Masi ha chiesto di essere esentato dal pagamento della tassa sui rifiuti, dichiarando espressamente al Comune di Castelnuovo di val di Cecina, che allo smaltimento di essi, attività materialmente riconducibile a quella svolta nelle aree oggetto di sequestro, egli provvedeva autonomamente senza avvalersi dei servizi comunali.
Quanto all’annullamento del provvedimento avente ad oggetto l’area ubicata in Comune di Radicondoli, determinato dalla ritenuta incompetenza territoriale del Tribunale di Pisa, il Pm, nell’impugnare l’ordinanza del Tribunale del riesame, ha osservato che la competenza a convalidare il provvedimento, su conforme richiesta del Pm, si era correttamente radicata di fronte al Tribunale di Pisa stante la connessione esistente fra le diverse fattispecie contravvenzionali contestate al prevenuto, tali da avere reso giudice competente in relazione alle medesime il giudice della violazione più grave, individuabile nella specie in quello di Pisa, stante la maggiore estensione della discarica realizzata in Comune di Castelnuovo.    

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato e, pertanto il provvedimento impugnato deve essere annullato
Prendendo le mosse - stante la sua, sia pur parziale, priorità logica - dalla censura avente ad oggetto la ritenuta incompetenza territoriale del Gip del Tribunale di Pisa, in favore di quello di Siena, in merito alla convalida del sequestro preventivo disposto in relazione ad una delle aree interessate dai provvedimenti cautelari reali, in particolare quella sito in Comune di Radicondoli, osserva il Collegio che, non diversamente da quanto si verifica in relazione alla ipotesi di individuazione del giudice competente per la adozione delle misura cautelari, in relazione alle quali, in caso di connessione, la competenza è fissata sulla base delle regole dettate dall’art. 16 cod. proc. pen. e, pertanto, sulla base del criterio della maggiore gravità del fatto, fra quelli per cui si indaga, anche nel caso in cui la misura non abbia ad oggetto tale fatto (Corte di cassazione, Sezione VI penale, 18 novembre 2013, n. 4621301; idem Sezione I penale, 25 febbraio 2011, n. 7511), parimenti, in caso di richiesta di convalida, indirizzata da parte del Pm al Gip dell’Ufficio giudiziario di riferimento, di un sequestro già operato in via d’urgenza, vale il medesimo criterio di ripartizione territoriale con la prevalenza, in caso di reati fra loro connessi, della competenza relativa alla fattispecie criminosa più grave.
Quanto al caso di specie osserva questa Corte - anche a prescindere dal fatto, dedotto dal Pm ricorrente, che la più estesa fra le aree in sequestro è ubicata all’interno del circondario del Tribunale di Pisa – che, risultando dallo stesso testo della ordinanza impugnata, che il Masi è indagato non solamente per la violazione delle ipotesi contravvenzionali relative alla normativa in materia di gestione dei rifiuti, ma anche in relazione alla violazione dell’art. 497-ter cod. pen., per avere illecitamente detenuto segni distintivi e contrassegni in uso a corpi di polizia, e considerato che siffatta violazione, in ipotesi commessa in territorio di Castelnuovo di val di Cecina, integra gli estremi di un delitto, caratterizzandosi, pertanto, quale reato più grave fra quelli contestati, in evidente rapporto di connessione oggettiva, del tutto correttamente la convalida del sequestro eseguito in danno del Masi è stata disposta dal Gip del Tribunale di Pisa, essendo tale Ufficio territorialmente competente in relazione al più grave fra i reati in provvisoria contestazione.
Passando alla ulteriore doglianza del ricorrente Pm, formulata con riferimento alla sussistenza del fumus delicti in ordine alle ipotesi contravvenzionali, osserva il Collegio che, in accordo con le convincenti argomentazioni rassegnate dal Pg nella propria requisitoria scritta ed in conformità con la condivisibile giurisprudenza di questa Corte, deve ritenersi inaccettabile, secondo i principi generali ormai consolidati, ogni valutazione soggettiva in merito alla natura dei materiali da classificare o meno quali rifiuti, poiché è rifiuto non ciò che non è più di nessuna utilità per il detentore in base ad una sua personale scelta ma, piuttosto, ciò che è qualificabile come tale sulla scorta di dati obiettivi che definiscano la condotta del detentore in relazione a tale bene ovvero sulla scorte di un obbligo al quale lo stesso è comunque tenuto, inerente, appunto, alla necessità di disfarsi del suddetto materiale.
A tale proposito va ribadito che la verifica di tale qualificazione deve essere operata sulla base di elementi di carattere obbiettivo, quali la oggettività dei materiali in questione, la loro eterogeneità, non rispondente ad alcun ragionevole criterio merceologico, e le condizioni in cui gli stessi sono detenuti nonché con eventuale riferimento alle circostanze nelle quali l'originario produttore se ne era disfatto e alle modalità in cui ciò è avvenuto; al fine di cui sopra non rileva, pertanto, che detti materiali siano, almeno in parte, ancora suscettibili di utilizzazione economica attraverso la loro cessione a titolo oneroso, poiché tale evenienza non esclude comunque la loro natura di rifiuto (Corte di cassazione, Sezione III penale, 16 novembre 2016, n. 48316).
Per quanto, invece, attiene al caso di specie, il Tribunale - pur avendo rilevato che i compendi immobiliari oggetto di sequestro palesino, data la loro effettiva condizione, il fatto che i beni in essi depositati si trovino, per riprendere le parole della ordinanza impugnata, conservati “in stato di apparente trascuratezza” - ha fondato la propria decisione di ritenere quanto ivi rinvenuto destinato al comune commercio - e non al commercio, pur in linea di principio legittimamente esercitabile, dei rifiuti - sulla base del dato, del tutto formale e non rappresentativo della effettiva qualità di quanto rinvenuto presso le predette aree, che il Masi esercita l’attività di rivendita di oggetti usati.
Pertanto, anche sotto il ricordato profilo, la ordinanza impugnata - nella quale, a dispetto della sua necessità, laddove si fossero volute esplicitare razionalmente le ragioni che avevano indotto all’annullamente del provvedimento cautelare, è del tutto carente qualsivoglia analisi della natura, la tipologia e la modalità di conservazione dei beni depositati presso le aree in sequestro -  deve essere annullata, con rinvio, al Tribunale di Pisa che, in diversa composizione personale, riesaminerà la fondatezza o meno, sulla base degli illustrati principi, della richiesta di riesame presentata dal Masi in data 27 ottobre 2016.            

PQM

Annulla la ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Pisa.
        Così deciso in Roma, il 19 luglio 2017