Cass. Sez. III n. 37547 del 13 settembre 2013 (Ud. 27 giu 2013)
Pres. Mannino Est. Amoresano Ric. Cerquitelli ed altri
Rifiuti. Disciplina dei rifiuti e responsabilità dell'appaltatore
Risponde del reato di abusiva gestione di rifiuti l'appaltatore di lavori edili, in quanto grava su di lui l'obbligo di garanzia in relazione all'interesse tutelato ed al corretto espletamento delle operazioni di raccolta e smaltimento dei rifiuti connessi all'attività edificatoria.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 15.10.2012 il Tribunale di Teramo, sez. dist. di Atri, in composizione monocratica, condannava C.G., Co.Gi. e M.A. alla pena di Euro 3.000,00 di ammenda ciascuno per il reato di cui all'art. 110 c.p. e D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2 per avere, in concorso tra loro, il primo quale committente di lavori edili per la realizzazione di un fabbricato, il secondo quale titolare della ditta esecutrice dei lavori, il terzo quale direttore dei lavori, abbandonato o depositato in modo incontrollato sul suolo, per una quantità di mq.
30 circa, rifiuti speciali non pericolosi (classificati con codice CER 170904) derivanti, nella maggior parte da opere di demolizione e costruzione, di provenienza del cantiere edile.
Riteneva il Tribunale che il materiale abbandonato in modo incontrollato costituisse rifiuto e che del reato dovessero rispondere gli imputati nella loro rispettiva qualità.
2. Proponevano appello gli imputati, deducendo, con il primo motivo, l'erronea applicazione del principio di colpevolezza e l'assoluta mancanza di motivazione in ordine alle ragioni che consentivano di attribuire ad essi il fatto reato.
Il Tribunale ha affermato la penale responsabilità soltanto sulla base delle qualità rivestite dagli imputati senza che dalle risultanze processuali emergesse alcun elemento in ordine al deposito incontrollato dei rifiuti e del contributo fornito da ciascuno di essi alla consumazione del reato. Non vi è prova, infatti, nè di un coinvolgimento diretto degli imputati nella commissione del fatto, nè tanto meno della sussistenza di un obbligo giuridico di impedire l'evento. Dall'istruttoria dibattimentale ed in particolare dalle testimonianze degli operai era emerso, piuttosto, che gli imputati avevano dato disposizione di depositare il materiale terroso proveniente dagli scavi sul posto per poi riutilizzarlo per il rinterro e che essi non erano presenti sul cantiere al momento del trasporto e che infine la decisione di trasferire il materiale in altro luogo era stata presa da C.M. (già condannato con separato processo per il medesimo reato).
Con il secondo motivo deducono la mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione. Il Tribunale argomenta in ordine alla natura di rifiuti del materiale rinvenuto ma non alla riferibilità del fatto agli imputati.
3. Essendo la sentenza inappellabile, gli atti a norma dell'art. 568, comma 5 venivano trasmessi a questa Corte.
4. Con motivi nuovi, depositati in cancelleria l'11.6.2013, si denuncia l'erronea applicazione della legge penale in relazione al D.Lgs., art. 256, art. 40 c.p., comma 2 non sussistendo a carico del committente dei lavori edili e del direttore dei lavori una posizione di garanzia in relazione alla raccolta e smaltimento dei rifiuti connessi ad un'attività edificatoria.
Si deduce altresì, in relazione al titolare della ditta esecutrice dei lavori, l'insussistenza della possibilità materiale di impedire la situazione di pericolo.
Anche nel caso dovesse ritenersi a carico del titolare della ditta esecutrice una posizione di garanzia ex art. 40 c.p., comma 2, egli, come risulta dagli atti, era venuto a trovarsi nell'impossibilità di attivarsi per impedire l'evento, essendo stata la decisione di trasferire il materiale presa arbitrariamente, in sua assenza, da C.M..
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato in relazione alla posizione del committente, C.G., e del direttore dei lavori, M. A..
2. "La giurisprudenza di questa Suprema Corte ha già reiteratamente affermato che entrambe le qualità, di committente, cui deve essere equiparata quella di appaltante nell'ipotesi del subappalto, e di direttore dei lavori, non determinano alcun obbligo di legge di intervenire nella gestione dei rifiuti prodotti dalla ditta appaltatrice o subappaltatrice ovvero di garantire che la stessa venga effettuata correttamente" (cfr. Cass. pen. sez. 3 n. 25041 del 25.5.2011).
"In materia di rifiuti, il committente dei lavori edili e il direttore dei lavori non possono essere ritenuti responsabili a titolo di concorso con l'appaltatore per la raccolta e lo smaltimento abusivi dei rifiuti non pericolosi connessi all'attività edificatoria: infatti nessuna fonte legale, nè scaturente da norma extrapenale (ossia ricavabile dalle disposizioni del D.Lgs. n. 22 del 1997), nè da contratto, pone in capo a tali soggetti l'obbligo di garanzia in relazione all'interesse tutelato ed il correlato potere giuridico di impedire che l'appaltatore commetta il reato di abusiva gestione dei rifiuti". (sez. in, 22.9.2004 n. 40618, Bassi e altro, RV 230181; sez. 3, 28.1.2003 n. 15165, Capecchi Massimo, RV 224706, con specifico riferimento alla posizione del committente dei lavori).
In particolare, è stato osservato, con riferimento alla posizione del committente e del direttore dei lavori, che i doveri di controllo imposti a tali soggetti, ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 6 ed attualmente del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 29 riguardano esclusivamente la conformità della costruzione alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano, al permesso di costruire, nonchè l'osservanza delle altre prescrizioni contenute nel testo unico per l'edilizia, mentre nessun obbligo è imposto dalla legge a tali soggetti riguardo alla osservanza della disciplina in materia di smaltimento dei rifiuti, (sez. 3 21.10.2009 n. 44457, Leone, RV 245269; sez. 3, 21.1.2000 n. 4957, Rigotti e altri, RV 215945). Nè dai principi generali che regolano i compiti del direttore dei lavori o i rapporti tra la ditta appaltante e quella appaltatrice o subappaltatrice derivano obblighi di intervenire per il rispetto da parte della ditta esecutrice dei lavori della normativa in materia di rifiuti. Sicchè, salva l'ipotesi di un diretto concorso nella commissione del reato, non può ravvisarsi alcuna responsabilità a carico di tali soggetti, ai sensi dell'art. 40 c.p., comma 2, per non essere intervenuti al fine di impedire violazioni della normativa in materia di rifiuti da parte della ditta appaltatrice". (Cass. N. 25041/2011 cit.).
2.1.Il Tribunale ha affermato la responsabilità del committente e del direttore dei lavori soltanto in considerazione delle loro rispettive qualità, non emergendo dalla sentenza alcun coinvolgimento diretto dei predetti o un loro qualsiasi contributo nelle operazioni di illecita gestione dei rifiuti derivanti dal cantiere ( C.M., proprietario del terreno su cui venne effettuato il deposito del materiale è stato giudicato separatamente ed è soltanto omonimo del committente C. G.).
La sentenza impugnata va, pertanto, annullata nei loro confronti "per non aver commesso il fatto".
3. Diversa è, invece, la posizione di Co.Gi. che, pacificamente, era il titolare della ditta esecutrice dei lavori.
In relazione ai lavori effettuati sul cantiere il ricorrente assumeva indiscutibilmente una posizione di garanzia, per cui aveva l'onere di accertare che il materiale derivante dalla demolizione venisse correttamente smaltito secondo la normativa vigente.
Come ribadito più volte dalla giurisprudenza di questa Corte, "Risponde del reato di abusiva gestione di rifiuti l'appaltatore di lavori edili in quanto grava su di lui l'obbligo di garanzia in relazione all'interesse tutelato ed al corretto espletamento delle operazioni di raccolta e smaltimento dei rifiuti connessi all'attività edificatoria" (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 3 n. 35692 del 5.4.2011).
Nè può andare esente da responsabilità per il solo fatto (peraltro soltanto affermato) della sua assenza dal cantiere al momento in cui C.M. avrebbe assunto l'iniziativa di trasportare il materiale sulla sua proprietà.
Per escludere la responsabilità nelle contravvenzioni è necessario che l'imputato provi di aver fatto quanto era possibile per osservare la legge e che quindi nessun rimprovero può essergli mosso neppure per negligenza o imprudenza.
La buona fede acquista giuridica rilevanza solo se si risolva, a causa di un elemento estraneo all'agente, in uno stato soggettivo che sia tale da escludere anche la colpa.
Sicchè la buona fede può esentare da responsabilità penale soltanto se il soggetto abbia violato la legge per cause indipendenti dalla sua volontà: la violazione della norma deve apparire, cioè, determinata da errore inevitabile che si identifica con il caso fortuito o la forza maggiore.
Ne consegue che, in presenza di un reato, completo in tutti i suoi elementi costituitivi, incombe all'imputato l'onere di provare che l'evento si sia verificato per un avvenimento imprevedibile, estraneo alla sua volontà e che non può in alcun modo essere fatto risalire alla sua attività psichica. Deve trattarsi, quindi, di un fatto non prevedibile e non evitabile, pur con l'impiego di ogni diligenza.
Il Co. avrebbe dovuto costantemente vigilare sulle operazioni di demolizione ed assicurarsi che il materiale di risulta venisse smaltito correttamente e, in sua assenza, avrebbe dovuto delegare altro soggetto.
Di tanto non è stata fornita alcuna prova, per cui il ricorso va rigettato, con condanna al pagamento delle ulteriori spese processuali.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di C.G. e M.A. per non aver commesso il fatto. Rigetta il ricorso di Co.Gi. che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 27 giugno 2013.