Cass. Sez. III n. 48397 del 24 ottobre 2018 (CC 26 set 2018)
Pres. Savani Est. Cerroni Ric. PM in proc. Trasi
Rifiuti. Raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli dei materiali vegetali

Le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli dei materiali vegetali di cui all’art. 185, comma 1, lettera f), effettuate con le modalità ed alle condizioni indicate dall'art. 182, comma 6-bis non rientrano tra le attività di gestione dei rifiuti, non costituendo smaltimento, e non integrano alcun illecito. Al di fuori di tali modalità e condizioni non opera alcuna deroga e divengono applicabili le sanzioni previste dall’art. 256 d.lgs. 152 del 2006 per l’illecita gestione di rifiuti.


RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 27 ottobre 2017 il Tribunale di Avellino, quale Giudice del riesame delle misure cautelari reali, ha rigettato l’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso al rigetto, da parte del Giudice per le indagini preliminari, della richiesta di sequestro preventivo di cumuli di fogliame e comunque di residui della combustione in località Sant’Andrea Apostolo del Comune di Solofra, nell’ambito di procedimento penale a carico di Giuseppe Trasi, Mario Ingino e Massimo De Vita per i reati di cui agli artt. 110 cod. pen. 182 e 256, comma 1, lett. a) d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
2. Avverso il predetto provvedimento il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore della Repubblica presso il medesimo Tribunale, ha proposto ricorso per cassazione con unico articolato motivo di impugnazione.
2.1. In particolare, il ricorrente ha anzitutto osservato, invocando violazione di legge quanto agli artt. 321 cod. proc. pen., 256, comma 1 e 182 comma 6-bis del d.lgs. 152 cit., ed in relazione al negato fumus del delitto contestato, che la combustione di residui vegetali durante il periodo di massimo rischio per gli incendi boschivi costituisce un’attività illecita di gestione dei rifiuti, da ritenersi sempre vietata.
In secondo luogo il ricorrente ha affermato che, contrariamente all’orientamento di legittimità, il Tribunale di Avellino aveva ritenuto che incombesse al Pubblico ministero la prova della sussistenza formale dell’abbruciamento non in piccoli cumuli ed in quantitativi giornalieri non superiori a tre metri steri, trattandosi di elementi costitutivi del reato, laddove al contrario la disciplina esonerativa rappresentava norma eccezionale derogatrice della disciplina ordinaria.
In terzo luogo infine la motivazione del provvedimento impugnato doveva considerarsi meramente apparente, non avendo in alcun modo spiegato i motivi per i quali non risultava assolto l’onere della prova anche in relazione alla documentazione fotografica prodotta, che anzi avrebbe deposto in senso contrario.
3. Il Procuratore generale ha concluso per l’annullamento con rinvio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è fondato.
4.1. Questa Corte ha già ricordato che, in tema di gestione dei rifiuti, gli scarti vegetali non sono classificabili come rifiuti, se utilizzati in agricoltura mediante processi e metodi costituenti le normali pratiche agronomiche disciplinate dagli artt. 182, comma 6-bis, e 185, comma primo, lett. f), del citato d.lgs. n. 152 del 2006, sicché la loro eliminazione mediante incenerimento, in piccoli cumuli ed in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro, non integra il reato di smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi di cui all’art. 256, comma primo, lett. a), d.lgs. n. 152 del 2006, né quello di combustione illecita di rifiuti di cui all’art. 256-bis del medesimo decreto legislativo (Sez. 3, n. 21936 del 05/04/2016, Ascolese, Rv. 267470). Vero è, peraltro, che l’incenerimento di residui vegetali effettuato nel luogo di produzione al di fuori delle condizioni previste dall’art. 182, comma 6-bis, primo e secondo periodo, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, integra il reato di smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi di cui all’art. 256, comma primo, lett. a), d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (Sez. 3, n. 5504 del 12/01/2016, Lazzarini, Rv. 265838).
4.2. Ciò premesso, l’art. 182 cit. stabilisce, nel comma 6-bis, che “le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all’articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti. Nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni, la combustione di residui vegetali agricoli e forestali è sempre vietata. I comuni e le altre amministrazioni competenti in materia ambientale hanno la facoltà di sospendere, differire o vietare la combustione del materiale di cui al presente comma all’aperto in tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attività possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana, con particolare riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili (PM10)”.
E’ stato così osservato che la norma pone una serie di condizioni che riguardano, nell’ordine: 1) la tipologia dell’attività (raggruppamento e abbruciamento); 2) la quantità di materiale (piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro); 3) la tipologia dei materiali (materiali vegetali di cui all’articolo 185, comma 1, lettera f); 4) il luogo in cui l’attività descritta deve svolgersi (luogo di produzione). Concorrendo tutte queste condizioni, le attività descritte non rientrano nell’ampia nozione di gestione e si ritiene costituiscano “normali pratiche agricole”, consentite, però, “per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti”, ponendosi, così, un’ulteriore condizione per l’operatività della deroga. In altre parole, un’attività che, in base alle regole generali, rientrerebbe, per come svolta, tra quelle di smaltimento, a determinate condizioni viene sottratta alla disciplina comune per espressa deroga contenuta nell’art. 182, comma 6-bis, d.lgs. 152 cit..
L’art. 182 comma 6-bis esclude quindi che costituisca smaltimento, fase residuale della gestione dei rifiuti, la combustione, con le modalità ed alle condizioni descritte, di materiali che, per origine non sono rifiuti, poiché vengono richiamati i “materiali vegetali” di cui all’articolo 185, comma 1, lettera f), che sono, appunto, esclusi dalla disciplina di settore. Tale esclusione, tuttavia, non riguarda tutti i materiali vegetali, senza distinzione di sorta, ma soltanto, come si è visto, quelli che rispettino le ulteriori condizioni che la richiamata disposizione prevede e che riguardano, come già detto, provenienza, natura e, soprattutto, destinazione successiva (normali pratiche agricole e zootecniche o utilizzazione in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia), con la conseguenza che tutto ciò che non presenta tali requisiti è da considerarsi rifiuto, soggetto, quindi, alla disciplina ordinaria ed alle relative sanzioni, quali quelle previste per la gestione in assenza di titolo abilitativo. In particolare, ricorrendone ovviamente i presupposti, andranno applicate le sanzioni di cui all’art. 256 cit. e, nel caso i fatti siano commessi in territorio soggetto alla disciplina emergenziale, quelle previste dal quasi speculare articolo 6 legge 210 del 2008.
In definitiva, pertanto, le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli dei materiali vegetali di cui all’art. 185, comma 1, lettera f), effettuate con le modalità ed alle condizioni indicate dall'art. 182, comma 6-bis non rientrano tra le attività di gestione dei rifiuti, non costituendo smaltimento, e non integrano alcun illecito.
Al di fuori di tali modalità e condizioni non opera alcuna deroga e divengono applicabili le sanzioni previste dall’art. 256 d.lgs. 152 del 2006 per l’illecita gestione di rifiuti.
4.2.1. Oltre a ciò, il ricorrente ha altresì correttamente evocato i principi più volte espressi in tema di distribuzione dell’onere probatorio, cui non si è invece attenuta l’ordinanza impugnata.
Infatti, come più volte affermato da questa Corte, l’eventuale applicazione di norme aventi natura eccezionale e derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria in tema di rifiuti fa sì che l’onere della prova circa la sussistenza delle condizioni di legge debba essere assolto da colui che ne richiede l’applicazione (cfr. Sez. 3, n. 5504 cit.; Sez. 3, n. 6107 del 17/01/2014, Minghini, Rv. 258860; Sez. 3, n. 17453 del 17/04/2012, Busè, Rv. 252385; Sez. 3, n. 16727 del 13/04/2011, Spinello, non massimata; amplius, su tutti i profili richiamati, Sez. 3, n. 38658 del 15/06/2017, Pizzo, Rv. 270897), e quindi, come in specie e diversamente da quanto ritenuto dal provvedimento impugnato, sull’autore del trattamento contestato.
Ciò posto, rimane pertanto assorbita ogni ulteriore questione circa il lamentato difetto di motivazione, in ordine alla dedotta insufficienza della prova fornita al riguardo dal Pubblico Ministero.
5. In definitiva, quindi, va annullata l’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Avellino.
 
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Avellino.
Così deciso in Roma il 26/09/2018