Cass. Sez. III n. 16665 del 16 aprile 2014 (Ud. 20 feb. 2014)
Pres. Fiale Est. Aceto Ric. Baj
Rifiuti. Trasporto illecito, confisca del mezzo e terzo proprietario estraneo al reato

In caso di trasporto illecito di rifiuti, il terzo proprietario del mezzo estraneo al reato (da intendersi come persona che non ha partecipato alla commissione dello stesso o ai profitti che ne sono derivati) può evitare la confisca se provi la sua buona fede, ossia, che l'uso illecito della res gli sia stato ignoto e non collegabile ad un suo comportamento negligente.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 21/05/2013, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano all'esito di giudizio abbreviato, B.B. e Ba.Se. sono stati condannati alla pena, rispettivamente, di Euro 6.600,00 di ammenda il primo, e di Euro 6.000,00 il secondo, perchè ritenuti responsabili del reato di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 256, comma 1, lett. a) (T.U. amb.) per aver, quale conducente dell'autocarro il B., legale rappresentante della "Alba Edil" S.r.l. il Ba., effettuato il trasporto di kg. 2460,00 di rifiuti edili, derivanti da demolizioni, senza la prescritta iscrizione all'Albo Nazionale dei Gestori Ambientali di cui all'art. 212, T.U. amb.. Con la medesima sentenza è stata, altresì, disposta la confisca dell'autocarro tg.

(OMISSIS), di proprietà della "Alba Edil" S.r.l., utilizzato per il trasporto dei rifiuti.

2. Il 5 giugno 2013 gli imputati, per il tramite del difensore di fiducia, hanno proposto appello avverso la sentenza di cui in epigrafe, lamentando l'eccessiva severità del trattamento sanzionatorio, la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, la mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena in favore del B., l'erronea confisca dell'autocarro.

Il Ba., nello specifico, ha evidenziato, quale elemento suscettibile di essere positivamente valutato al fine della concessione delle circostanze attenuanti generiche, perchè sintomatico di resipiscenza, che subito dopo la contestazione del fatto ad opera della Polizia Locale ((OMISSIS)), aveva provveduto a richiedere l'iscrizione all'Albo ((OMISSIS)), ottenendola il (OMISSIS).

Troppo risalenti nel tempo, invece, le precedenti condanne del B. ((OMISSIS)), una delle quali per delitto non colposo, per giustificare la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, a fronte del fatto che l'imputato è sposato ed ha sempre prestato regolare attività lavorativa. Non ostava, inoltre, alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena il fatto che lo stesso ne avesse già fruito, una sola volta, nel (OMISSIS).

Il giudice, hanno inoltre affermato gli imputati, non avrebbe potuto disporre la confisca dell'autocarro posto che, non potendosi confondere l'obbligatorietà della confisca di cui all'art. 259, comma 2, T.U. amb. con quella di cui all'art. 240 c.p., comma 2, essa colpirebbe ingiustamente un soggetto (la "Alba Edil" S.r.l. che ne è proprietaria) estraneo al reato. La confisca, hanno aggiunto, colpirebbe la "Astra Edil" S.r.l. per non aver predisposto un adeguato modello organizzativo idoneo a prevenire reati ambientali, come previsto dal D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 131, art. 25-undecies senza esser mai stata chiamata a rispondere di una sua eventuale responsabilità.

3. Trattandosi di sentenza non appellabile ai sensi dell'art. 593 c.p.p., u.c., l'impugnazione è stata trasmessa a questa Corte di Cassazione a norma dell'art. 568 c.p.p., comma 5.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è fondato quanto alle ragioni del diniego di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena in favore del B. e alla disposta confisca dell'autocarro.

E' infondato nel resto.

5. I fatti non sono oggetto di contestazione.

E' dunque certo che il (OMISSIS) il B. era stato colto, presso l'impianto di smaltimento dei rifiuti TICITER Srl, sito in (OMISSIS), alla guida dell'autocarro tg. (OMISSIS) (di proprietà della "Alba Edil" S.r.l.) sul quale erano stipati 2.640 chilogrammi di rifiuti misti da demolizione, classificati come rifiuti speciali non pericolosi, per il cui trasporto - ha affermato la sentenza impugnata - è necessaria l'iscrizione presso l'Albo Nazionale dei Gestori Ambientali di cui all'art. 212, T.U. amb.. La massa di carico del mezzo (4.960 chilogrammi) - non ha mancato di evidenziare il Giudice di prime cure (ai fini di cui oltre si dirà) - era superiore a quella consentita (3.500 chilogrammi). All'atto del controllo, il B. aveva falsamente dichiarato agli operanti di essere in regola con l'iscrizione all'Albo e che la relativa documentazione era detenuta dal proprio ragioniere/commercialista. In realtà, alcuna iscrizione era stata effettuata. La "Alba Edil" S.r.l. era legalmente rappresentata dal Ba., amministratore unico sin dall'ottobre 2009. Subito dopo l'accertamento del reato, la società in questione aveva chiesto ed ottenuto l'iscrizione all'Albo Nazionale dei Gestori Ambientali. Il mezzo non è mai stato sottoposto a cautela reale.

Questo, dunque, il quadro.

Il Giudice del merito ha ritenuto il fatto di oggettiva gravità per l'importante quantitativo dei rifiuti trasportati, superiore persino alla portata di carico del mezzo, rapportata alle ridotte dimensioni della società, dotata di un solo dipendente nel 2011 e con conseguente non spiccata mole di lavoro. Non rileva, in senso contrario, ha affermato, la registrazione all'Albo effettuata subito dopo il controllo, trattandosi, semmai, di indice del carattere non sporadico dell'attività di trasporto dei rifiuti.

In sede di graduazione del trattamento sanzionatorio, il Giudice ha optato per la pena pecuniaria siccome ritenuta più idonea, pur a fronte della gravità del fatto, a favorire la risocializzazione di entrambi gli imputati.

Quanto al B., nello specifico, ne ha stigmatizzato il comportamento tenuto nell'immediatezza dell'accertamento del fatto ("pronto a fornire una versione in veritiera agli operanti" si legge nella sentenza) e, avuto riguardo ai due precedenti penali, ha ritenuto di non concedere le circostanze attenuanti generiche, nè il beneficio della sospensione condizionale della pena, non avendo "manifestato l'intendimento di adempiere ad alcuno degli obblighi previsti dall'art. 165, commi 1 e 2". Partendo, così, dalla pena base di Euro 9.900,00 di ammenda, ha operato la riduzione per il rito, giungendo alla pena finale di Euro 6.600,00.

Al Ba., invece, il Giudice ha ritenuto di dover concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena perchè immune da precedenti e per aver ricondotto la società, da lui rappresentata, nell'alveo della legalità mediante l'iscrizione del mezzo di trasporto all'Albo dei Gestori. Partendo, dunque, dalla pena base di Euro 9.000,00 di ammenda, operata la riduzione per il rito, l'ha condannato alla pena finale di Euro 6.000,00 di ammenda. Il Giudice ha ritenuto di non dover concedere le circostanze attenuanti generiche non essendo valutabile, a tal fine, alcun indice diverso dalla tardiva, ma pur sempre doverosa, iscrizione all'Albo.

6.Quanto alla doglianza circa la severità del trattamento sanzionatorio, eccessivamente distante - secondo l'assunto difensivo - dal minimo edittale, la Corte osserva quanto segue.

Il reato per il quale si procede è punito, in via alternativa, con l'arresto da un minimo di tre mesi ad un massimo di un anno o con l'ammenda da un minimo di Euro 2.600,00 ad un massimo di Euro 26.000,00.

Secondo il costante insegnamento di questa Corte, in generale, "in tema di determinazione della pena, quanto più il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto più ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale, indicando specificamente quali, tra i criteri, oggettivi o soggettivi, enunciati dall'art. 133 c.p., siano stati ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio, dovendosi perciò escludere che sia sufficiente il ricorso a mere clausole di stile, quali il generico richiamo alla entità del fatto e alla personalità dell'imputato" (così, in motivazione, Sez. 6, n. 35346 del 12/06/2008, Bonarrigo; cfr. anche Sez. 1, n. 2413 del 13/03/2013, Pachiarotti; Sez. 6, n. 2925 del 18/11/1999, Baragiani). Si può far ricorso esclusivo a tali clausole, così come a espressioni del tipo:

"pena congrua", "pena equa", "congruo aumento", solo quando il Giudice non si discosti molto dai minimi edittali (Sez. 1, n. 1059 del 14/02/1997, Gagliano; Sez. 3, n. 33773 del 29/05/2007, Ruggieri) oppure quando, in caso di pene alternative, applichi la sanzione pecuniaria, ancorchè nel suo massimo edittale (Sez. 1, n. 40176 del 01/10/2009, Russo; Sez. 1, n. 3632 del 17/01/1995, Capelluto).

Nel caso di specie, come visto, il giudice ha ritenuto di applicare la pena pecuniaria, in una misura peraltro ben lontana dal massimo edittale.

La motivazione addotta appare, pertanto, adeguata e coerente con l'insegnamento giurisprudenziale sopra indicato, avendo il Giudice spiegato, sia pur succintamente, le ragioni delle quantificazione della pena pecuniaria nei termini sopra indicati.

Il ricorso è, dunque, infondato in parte qua.

6.1. Parimenti infondato è il motivo di doglianza relativo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.

Secondo l'insegnamento di questa Corte, la concessione o il diniego delle attenuanti generiche rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio, positivo o negativo che sia, deve essere bensì motivato ma nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l'adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo. Il giudice non è tenuto ad una analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti ma, in una visione globale di ogni particolarità del caso, è sufficiente che dia l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in carenza di stretta contestazione (così, in motivazione, Sez. 3, n. 19639 del 27/01/2012, Gallo; si veda anche Sez. 5, n. 7562 del 17/01/2013, La Selva).

In ogni caso, la concessione delle attenuanti generiche richiede la dimostrazione di elementi di segno positivo (Sez. 3, Gallo, cit.) che il Giudice, con motivazione congrua e immune da vizi logico- giuridici, ha ritenuto, per quanto riguarda il Ba., di non poter rinvenire nella mera condizione di incensuratezza dell'imputato (ostandovi il chiaro disposto di cui all'art. 62-bis c.p., u.c.) e nella tardiva, ma necessitata, iscrizione all'Albo, trattandosi - ha condivisibilmente affermato - di decisione presa solo in conseguenza dell'accertamento del reato; per quanto riguarda il B., ha ritenuto ostativi la gravità del fatto ed i suoi precedenti penali.

6.2. E' fondata, invece, la doglianza relativa alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena in favore del B..

L'imputato ha un precedente per il reato di lesione personale colposa, commesso il (OMISSIS), e un altro precedente per omicidio colposo e guida in stato di ebbrezza, commesso il (OMISSIS), con condanna a pena sospesa.

Il Giudice ha motivato il diniego del beneficio perchè il B., avendo già riportato condanna a pena condizionalmente sospesa, non ha "adempiuto, nè ha manifestato l'intendimento di adempiere ad alcuno degli obblighi preveduti dall'art. 165 c.p., commi 1 e 2 (tra i quali è sempre possibile la prestazione di attività non retribuita a favore della collettività)".

Osserva la Corte che a norma dell'art. 165 c.p., comma 2, "la sospensione condizionale della pena, quando è concessa a persona che ne ha già usufruito, deve essere subordinata all'adempimento di uno degli obblighi previsti nel comma precedente" e cioè, alternativamente: 1) all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull'ammontare di esso e alla pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno; 2) all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato; 3) alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.

Tale disposizione, tuttavia, non si applica qualora la sospensione condizionale della pena sia stata concessa ai sensi del quarto comma dell'art. 163 cod. pen. che così recita: "Qualora la pena inflitta non sia superiore ad un anno e sia stato riparato interamente il danno, prima che sia stata pronunciata la sentenza di primo grado, mediante il risarcimento di esso e, quando sia possibile, mediante le restituzioni, nonchè qualora il colpevole, entro lo stesso termine e fuori del caso previsto nell'art. 56, comma 4 si sia adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato da lui eliminabili, il giudice può ordinare che l'esecuzione della pena, determinata nel caso di pena pecuniaria ragguagliandola a norma dell'art. 135, rimanga sospesa per il termine di un anno".

In ogni caso, la sospensione condizionale della pena, anche quando concessa per la seconda volta, "è ammessa soltanto se, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'art. 133, il giudice presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati" (art. 164 c.p., comma 1).

Prima ancora, dunque, di stabilire se, e a quali obblighi la concessione del beneficio possa o debba essere subordinata, è necessario che il giudice preliminarmente effettui un giudizio prognostico, all'esito del quale soltanto potrà affermare che, nonostante le precedenti condanne, il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati; solo all'esito di tale giudizio potrà ulteriormente procedere ai sensi dell'art. 165, comma 2, salvo che non ricorra l'ipotesi di cui all'art. 163 c.p., comma 4.

Tale giudizio prognostico, poichè deve essere effettuato avendo riguardo alle circostanze di cui all'art. 133 cod. pen., può certamente considerare anche il comportamento tenuto dal colpevole successivamente alla commissione del reato, ma non può fondarsi sul fatto che questi non ha adempiuto ad obblighi che ancora gli sono stati imposti e che, anzi, presuppongono una prognosi positiva.

Il giudice, infatti, può certamente valorizzare, a fini prognostici, il fatto che il colpevole non abbia mai inteso risarcire o riparare il danno, o comunque eliminare le conseguenze dannose o pericolose del reato, ma ove tali circostanze non siano state valutate o comunque non siano state ritenute ostative alla concessione del beneficio o non risulti che ne abbia tenuto conto, non può negare la sospensione condizionale della pena affermando, come nel caso in esame, che "non ha adempiuto o manifestato l'intendimento di adempiere ad alcuno degli obblighi preveduti dall'art. 165 c.p., commi 1 e 2" prima ancora che tali obblighi siano stati imposti.

Tanto più che, vertendosi in ipotesi astrattamente riconducibile alla previsione di cui all'art. 163 c.p., comma 4, tali obblighi potrebbero non essere nemmeno imposti.

Quando, infatti, come nel caso di specie, il colpevole sia stato condannato ad una pena pecuniaria che, ragguagliata alla pena detentiva a norma dell'art. 135 cod. pen., sia inferiore ad un anno, il giudice, deve comunque accertare se, prima della sentenza di condanna il danno sia stato interamente riparato o comunque il colpevole si sia adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere le conseguenze dannose o pericolose del reato.

Nel caso in esame l'iscrizione all'Albo è stata effettuata subito dopo l'accertamento del reato. Il Giudice ha tenuto conto di tale condotta a fini di prova della colpevolezza non solo del legale rappresentante della "Alba Edil" S.r.l., ma anche del B. (semplice dipendente della società), del quale ha stigmatizzato il comportamento menzognero tenuto in sede di controllo (allorquando aveva affermato che i documenti erano presso il proprio commercialista) e il fatto che avesse fatto riferimento al "proprio" commercialista, non a quello della società.

In questo contesto il Giudice avrebbe dovuto, con miglior coerenza, considerare l'iscrizione all'Albo dei Gestori quale possibile condotta riparatoria successiva al reato, eventualmente riconducibile (anche) all'iniziativa del B., non ostando a ciò il dato formale che egli non fosse, formalmente, il legale rappresentante della società (tanto più se di ridottissime dimensioni), visto che tale circostanza non ha comunque impedito la dichiarazione della sua responsabilità.

Sicchè, ove dovesse risultare che l'iscrizione all'Albo è avvenuta anche per iniziativa, o comunque su sollecitazione dello stesso B., di ciò il Giudice non potrebbe non tener conto ai fini dell'applicazione della sospensione condizionale della pena (eventualmente anche ai sensi dell'art. 164 c.p., comma 4, e con esclusione degli obblighi di cui all'art. 165 c.p., comma 2).

La sentenza deve, dunque, essere annullata in parte qua, con rinvio, per nuovo esame,al Tribunale di Milano.

6.3. Fondato è anche il motivo di ricorso relativo alla confisca dell'autocarro, disposta dal Giudice ai sensi dell'art. 259, comma 2, T.U. amb., norma che nulla dispone circa la posizione del terzo, incolpevole, proprietario del veicolo.

Il rigore dell'originario arresto, secondo il quale "in tema di gestione di rifiuti, legittimamente il giudice dispone la confisca dei mezzi utilizzati per il trasporto illecito di rifiuti anche se appartenenti alla società di cui all'epoca dei fatti l'imputato era legale rappresentante, non rilevando in tale ipotesi la pretesa appartenenza a persona estranea al reato del bene, atteso che ove una attività illecita venga posta in essere da un soggetto collettivo attraverso i suoi organi rappresentativi mentre a costoro farà capo la responsabilità penale per i singoli atti delittuosi ogni altra conseguenza patrimoniale non può non ricadere sull'ente esponenziale in nome e per conto del quale la persona fisica abbia agito, con esclusione della sola ipotesi di rottura del rapporto organico per avere il soggetto agito di propria esclusiva iniziativa" (Sez 3, n. 17349 del 29/03/2011, Mingione), ha subito, in conseguenza dell'entrata in vigore del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 e sotto l'influsso della giurisprudenza della Corte Edu, consistenti erosioni.

Secondo il più recente orientamento di questa Corte "una interpretazione della norma costituzionalmente orientata nonchè aderente ai principi di cui alla Corte Edu (laddove in particolare si è affermato che l'art. 7 CEDU esige, per punire e cioè per l'irrogazione di una pena e quindi anche della misura della confisca, la ricorrenza di un legame di natura intellettuale (coscienza e volontà) che permetta di rilevare un elemento di responsabilità nella condotta del soggetto cui viene applicata una sanzione sostanzialmente penale (v. Corte Edu, 09/02/1995, Welch e Regno Unito; Corte Edu, 30/08/2007, Sud Fondi srl e. Italia; Corte Edu, 20/01/2009, sud Fondi c. Italia; Corte Edu, 17/12/2009, M. c. Germania) deve necessariamente condurre a ritenere che la speciale confisca in esame deroghi ai principi generali in tema di obbligatorietà, essendo disciplinata, per gli aspetti non regolamentati dalla norma speciale, dalla previsione dell'art. 240 c.p. ed, in particolare, dal comma 3, laddove si prevede, per effetto del richiamo ai commi 1 e 2, n. 1, che la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto il prezzo non opera ove queste appartengano a persona estranea al reato. Pertanto, anche nella particolare fattispecie in esame, il terzo proprietario del mezzo estraneo al reato (da intendersi come persona che non ha partecipato alla commissione dello stesso o ai profitti che ne sono derivati) può evitare la confisca se provi la sua buona fede, ossia, che l'uso illecito della res gli sia stato ignoto e non collegabile ad un suo comportamento negligente (cfr., Sez. 3, n. 46012 del 04/11/2008, Castellano, Rv. 241771; Sez. 3, n. 26529 del 30/05/2008, Torre, Rv.

240551)" (Sez. 3, n. 1475 del 22/11/2012, Dioli; cfr. anche, nello stesso senso, Sez. 1, n. 44516 del 16/05/2012, Agrileasing Spa, nonchè Sez. U, n. 14484 del 19/01/2012, Sforza).

Sotto altro profilo, l'espressa previsione, per l'ente, di poter provare la sua estraneità ai reati commessi nel suo interesse da persone che rivestono funzioni apicali (D.Lgs. 231 del 2001, artt. 5 e 6 cit.), anche quando l'ente sia di piccole dimensioni (art. 6, comma 4), introduce elementi di possibile estraneità dell'ente al reato commesso dal suo legale rappresentante, dei quali il giudice non può non tenere conto in sede di confisca di beni diversi dal profitto del reato (essendo il profitto comunque confiscabile a norma del cit. D.Lgs. n. 231, art. 6, u.c.).

Nel caso in esame, dunque, il Giudice non avrebbe potuto disporre in modo automatico la confisca del bene di proprietà della società "Edil Alba" S.r.l., senza prima valutare la incolpevole estraneità della società al reato commesso dal suo legale rappresentante.

La sentenza deve dunque essere annullata sul punto con rinvio al Tribunale di Milano per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata - limitatamente alla richiesta del beneficio della sospensione condizionale per il B. ed alla disposta confisca - e rinvia su tali punti al tribunale di Milano.
Rigetta il ricorso nel resto.

Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2014.
Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2014