Consiglio di Stato n. 3255 del 15 aprile 2025
Rifiuti.Abbandono e responsabilità
Il potere-dovere di ordinare la rimozione e il ripristino dello stato dei luoghi deve essere esercitato senza indugio non solo nei confronti di chi abbandona sine titulo i rifiuti (il quale realizza la propria condotta col dolo e con l’animus derelinquendi), ma anche del proprietario o del titolare di altro diritto reale cui la violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa. Il comma 3 dell’art.192, ritiene sufficiente la colpa nell’ambito della quale rientra la negligenza. Nel suo significato lessicale, la “negligentia” (vale a dire la mancata “diligentia”) consiste nella trascuratezza e nella incuria nella gestione di un proprio bene, cioè nell’assenza della cura, della vigilanza, della custodia e della buona amministrazione del bene. L’art. 192 attribuisce rilievo alla negligenza del proprietario - da accertarsi caso per caso e in concreto anche con riferimento al profilo causale del deposito incontrollato - che si disinteressi per un apprezzabile lasso di tempo del proprio bene per una qualsiasi ragione e resti inerte, senza affrontare effettivamente la situazione (attraverso segnalazioni alle autorità di polizia, installazione di recinzioni, attività ed opere di sorveglianza, periodica rimozione dei rifiuti e così via), ovvero la affronti con misure palesemente inadeguate. La condotta illecita del terzo, ovvero la proliferazione delle condotte illecite di terzi, non è di per sé una causa che rende non imputabile al proprietario l’evento (la trasformazione del suo terreno in discarica abusiva), né interrompe il nesso di causalità tra la sua condotta colposa (id est, caratterizzata dalla trascuratezza e dalla incuria) e l’evento, ovvero la lesione dell’ambiente (quando costituisce un fatto prevedibile e prevenibile).
Pubblicato il 15/04/2025
N. 03255/2025REG.PROV.COLL.
N. 06277/2024 REG.RIC.
logo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6277 del 2024, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Eric Della Valle, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Enrico Martinetti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di -OMISSIS-;
Vista la memoria del Comune di -OMISSIS- del 30 settembre 2024 e del 30 dicembre 2024;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2025 il consigliere Michele Conforti e uditi per le parti gli avvocati come da verbale.
FATTO e DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Consiglio di Stato l’appello proposto dal signor -OMISSIS- avverso la sentenza del T.a.r. per il Piemonte n. -OMISSIS-.
2. Il giudizio ha ad oggetto la domanda di annullamento dell'ordinanza del Sindaco di -OMISSIS-, n. 7 del 28 febbraio 2023, avente ad oggetto: «esecuzione interventi di rimozione e smaltimento di rifiuti speciali pericolosi contenenti amianto e rifiuti speciali non pericolosi di natura inerte proveniente da costruzione/demolizione interrati presso area sita in via -OMISSIS-a -OMISSIS- distinta a catasto al Fg 7 mappali 296» e i relativi atti presupposti.
3. Si riassumono i fatti rilevanti per il giudizio.
3.1. L’odierno appellante, all’epoca proprietario del fondo, ha incaricato nel mese di novembre dell’anno 2010 una ditta della rimozione di alcune lastre di cemento-amianto (“eternit”) da cui erano ricoperti i fabbricati ubicati nella suddetta area e, in data 23 novembre 2010, l’impresa ha redatto la comunicazione di “chiusura cantiere” dal quale si desumeva che erano stati smaltiti n. 6 bancali di materiale.
3.2. Il giorno 31 dicembre 2012, l’appellante vendeva il terreno di cui si discute (foglio n.7, part. 296) a tale signora -OMISSIS- per lo svolgimento dell’attività di allevamento di animali, che, a sua volta, nel corso dell’anno 2014, cedeva la propria azienda ad un terzo.
3.3. Il 10 settembre 2014, in occasione di un sopralluogo effettuato dalla Polizia Municipale di -OMISSIS- unitamente al Servizio urbanistica ed edilizia privata del medesimo ente, veniva accertata la costruzione di opere in assenza di permesso di costruire.
3.4. Dalla relazione tecnica dell’A.r.p.a., redatta il giorno 11 settembre 2014, a seguito del suddetto sopralluogo, risulta che tali manufatti presentavano una copertura costituita da un’“ondulina”, senza ulteriori specificazioni circa la tipologia di materiale da cui tale struttura era costituita.
3.5. Pur avendo ottenuto il permesso di costruire in sanatoria, l’allora proprietaria del fondo non procedeva al suo ritiro e, pertanto, il Comune di -OMISSIS- domandava la rimozione dei manufatti abusivi.
3.6. In data 4 ottobre 2016 la proprietaria dell’immobile ha rivenduto all’odierno appellante il medesimo appezzamento di terreno, che ha proceduto, infine, alla demolizione delle opere abusive.
3.7. Il giorno 13 giugno 2018, il Comune di -OMISSIS- acquistava dall’appellante i lotti censiti al CU, Foglio 7, mappali 296-300-298-299 tra i quali era ricompreso l'appezzamento di terreno oggetto di causa.
3.8. Il 15 gennaio 2021, è pervenuta all’A.r.p.a. una segnalazione relativa all’interramento di rifiuti originati dalla demolizione di alcune tettoie/coperture, alcune delle quali costituite da cemento presumibilmente contenente fibre di amianto.
3.9. Il 23 maggio 2022, sono state effettuate alcune operazioni di scavo nel corso delle quali sono state rinvenuti “cospicui quantitativi di spezzoni di lastre ondulate verosimilmente riconducibili a lastra in cemento amianto”.
3.10. Il 27 giugno 2022, con la nota prot. n. 58614, l’A.r.p.a. trasmetteva la relazione tecnica al Comune in cui si ipotizzava la responsabilità dell’odierno appellante quanto allo smaltimento delle lastre di amianto.
3.11. Veniva pertanto emanata, in data 6 settembre 2022, una prima ordinanza da parte del Dirigente dell’area tecnica manutentiva, lavori pubblici e ambiente del Comune di -OMISSIS-, impugnata innanzi al T.a.r. per il Piemonte e annullata per vizio di incompetenza con la sentenza n. -OMISSIS-.
3.12. Il Comune di -OMISSIS- ha riattivato il procedimento, il 30 dicembre 2022, con la comunicazione di avvio del procedimento, ricevendo, il 1° febbraio 2023, la memoria difensiva dell’odierno appellato.
3.13. Il 23 febbraio 2023, il Sindaco del Comune di -OMISSIS- ha emanato l’ordinanza ex art. 192 d.lgs. n. 152/2006 di rimozione dei rifiuti a carico dell’odierno appellante, “in qualità di proprietario dell’area all’epoca delle demolizioni”.
4. L’interessato ha impugnato il provvedimento innanzi al T.a.r. per il Piemonte, nella resistenza del Comune di -OMISSIS-.
5. Con la sentenza n. -OMISSIS-, il T.a.r. ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dal Comune in ragione della mancata impugnazione della relazione A.r.p.a., ha respinto il ricorso e ha condannato il ricorrente alle spese del giudizio.
6. Il ricorrente ha impugnato la sentenza di primo grado, formulando un unico motivo di appello, con cui domanda di rivalutare la decisione evidenziandone le criticità.
6.1. Si è costituito in giudizio il Comune, resistendo all’appello.
6.2. Nel corso del giudizio, il Comune ha depositato ulteriori memorie difensive.
7. All’udienza del 30 gennaio 2025, la causa è stata trattenuta in decisione.
8. Con l’unico motivo di impugnazione, l’appellante deduce l’error in judicando per erronea valutazione da parte della pronuncia di primo grado degli elementi posti dal Comune a fondamento dell'ordinanza, nonché l’eccesso di potere, l’ingiustizia manifesta e la violazione del principio euro-unitario “chi inquina paga”.
In particolare, l’appellante evidenzia che:
i. l’area in cui è stato effettuato il ritrovamento dei rifiuti ha subito negli anni diversi passaggi di proprietà e, da ultimo nel mese di giugno dell’anno 2018, è stata acquistata dal Comune di -OMISSIS- che risulta esserne l’attuale proprietario;
ii. non sarebbe stato in alcun modo accertato che le costruzioni dallo stesso demolite fossero ricoperte con lastre contenenti amianto ed anzi, come affermato dalla stessa A.r.p.a Piemonte nella propria relazione si parla genericamente di “ondulina” senza specificare di quale materiale sia costituita;
iii. successivamente al trasferimento dell’area al Comune la stessa è stata lasciata in condizioni di totale abbandono, tant’è che, con la determinazione n. 945 del 23 novembre 2018, il Comune disponeva l’esecuzione di opere di urbanizzazione dell’area, dando incarico alla ditta -OMISSIS- di effettuare un “intervento di pulizia/allontanamento rifiuti e sistemazione dell'area allo scopo di destinarla all'uso parcheggio al servizio dell'utenza della borgata di -OMISSIS-”;
iv. l’impresa di cui sopra, nell’effettuazione dei lavori di risistemazione dell’area, non pare che abbia avuto modo di avvedersi della presenza dei rifiuti di cui si discute, sebbene gli stessi fossero ubicati ad una profondità di soli 80/90 cm dal piano di campagna (ciò che fa presumere che gli stessi siano stati interrati successivamente o contestualmente all'intervento di bonifica e risistemazione dell’area); v. l’A.r.p.a. Piemonte, al di là delle operazioni di scavo intraprese a seguito della segnalazione, non ha svolto alcuna attività istruttoria volta ad accertare caratteristiche costruttive delle tettoie.
Sulla scorta delle suesposte circostanze, l’appellante ritiene che gli elementi acquisiti dall’A.r.p.a. Piemonte non siano affatto idonei, neppure a livello indiziario, ad individuare l’effettivo responsabile della condotta che si assume violata, né la collocazione temporale in cui la stessa sarebbe stata posta in essere, poiché l’unica prova certa sarebbe costituita dal ritrovamento dei rifiuti nel fondo che fu di proprietà dell’appellante e che questi ha demolito dei manufatti abusi in relazione ai quali era stato concesso un permesso di costruire in sanatoria mai ritirato, nel quale, al pari della relazione redatta dall’Ufficio tecnico del Comune con la quale sono stati rilevati gli abusi, non si fa menzione alcuna circa la composizione delle coperture.
8.1. L’appello deve essere respinto.
8.2. Come emerge dagli atti del processo e dalle allegazioni di parte, nel caso di specie, viene in rilievo un’ipotesi di abbandono incontrollato di rifiuti, dal momento che l’ordinanza impugnata è stata emessa ai sensi dell’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006.
8.3. Il primo comma di tale disposizione prevede il divieto di abbandono e di deposito incontrollati di rifiuti “sul suolo e nel suolo”, mentre il comma 3 dispone che: “Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”.
8.4. Con riferimento alla posizione del responsabile dell’inquinamento, la giurisprudenza ha chiarito che il soggetto ritenuto responsabile deve “provare e documentare con pari analiticità la reale dinamica degli avvenimenti e indicare a quale altra impresa, in virtù di una specifica e determinata causalità, debba addebitarsi la condotta causativa dell'inquinamento” (Cons. Stato, Sez. IV, 4 dicembre 2017, n. 5668).
Sul versante dell’accertamento del nesso di causalità, si è affermato che: “l'accertamento del nesso di causalità si fonda non sulla regola probatoria penalistica basata sul principio dell'accertamento della responsabilità «al di là di ogni ragionevole dubbio» ma sul principio civilistico del «più probabile che non»”. (Cons. Stato, Sez. IV, 14 marzo 2022, n. 1763).
Inoltre, come chiaramente si desume dal tenore letterale della disposizione sopra riportata, la responsabilità solidale del proprietario è subordinata alla condizione che la violazione del divieto sia a lui “imputabile a titolo di dolo o colpa”, con la conseguenza che, con ogni evidenza, la legge non delinea un’ipotesi di responsabilità oggettiva.
8.5. Devono, pertanto, trovare applicazione i principi che sono stati recentemente enunciati da questa Sezione, con la sentenza n. 7439 del 2024, proprio in materia di ordinanze ex art. 192 d.lgs. n. 152/2006, relativamente alla posizione del proprietario dell’area.
Nel richiamato precedente, si è evidenziato che: “…con specifico riferimento alla fattispecie di cui all’art.192, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, Cons. Stato, Sez. IV, 3 dicembre 2020, n. 7657, che ha precisato che: «Prima di ordinare la rimozione dei rifiuti abbandonati ed il ripristino dello stato dei luoghi, il Comune deve accertare l’elemento soggettivo (dolo o colpa) in capo al proprietario non responsabile dello sversamento di rifiuti. Ai fini di tale accertamento, poi, l’omessa recinzione del suolo inquinato non costituisce ex se un indice di negligenza nella vigilanza sul fondo da parte del proprietario».
I medesimi principi, del resto, sono stati affermati anche in tempi meno recenti; sul punto, si veda Cons. Stato, Sez. V, 17 luglio 2014, n. 3786, secondo cui: «L’art. 192 d.lg. n. 152/2006 non individua una fattispecie di responsabilità oggettiva del proprietario dell'immobile nel quale vengono abbandonati rifiuti ma richiede l'elemento soggettivo del dolo o della colpa del proprietario stesso».
8.3. Pertanto, dal tenore letterale dell’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152 del2006 e, più in generale, dalla giurisprudenza sopra richiamata, emerge come la responsabilità del proprietario sia ancorata alla dimostrazione di profili di colpa ravvisabili nella sua condotta.” (Cons. Stato, Sez. IV, 5 settembre 2024 n. 7439).
Parimenti, in altre pronunce, il Consiglio di Stato ha affermato che: “stante l’insuperabile tenore testuale della norma sancita dal comma 3 dell’art.192, la responsabilità in questione è pur sempre qualificabile secondo i canoni classici della responsabilità per il proprio fatto personale colpevole dal momento che la personalità e la rimproverabilità dell’illecito risiedono nel comportamento del soggetto che volontariamente sceglie di sottrarsi o, il che è lo stesso, di non attivarsi anche per mera negligenza, per ripristinare l’ambiente o prevenirne un vulnus” (Cons. Stato, sez. VI, 14 maggio 2024, n. 4298; sez. VII, 2 aprile 2024, n. 2997; sez. IV, 31 maggio 2021, n. 4145).
8.6. Il potere-dovere di ordinare la rimozione e il ripristino dello stato dei luoghi deve essere esercitato, dunque, senza indugio non solo nei confronti di chi abbandona sine titulo i rifiuti (il quale realizza la propria condotta col dolo e con l’animus derelinquendi), ma anche del proprietario o del titolare di altro diritto reale cui la violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa.
Il comma 3 dell’art.192, ritiene sufficiente la colpa nell’ambito della quale rientra la negligenza. Nel suo significato lessicale, la “negligentia” (vale a dire la mancata “diligentia”) consiste nella trascuratezza e nella incuria nella gestione di un proprio bene, cioè nell’assenza della cura, della vigilanza, della custodia e della buona amministrazione del bene (Cons. Stato, sez. V, 10 giugno 2014, n. 2977).
L’art. 192 attribuisce rilievo alla negligenza del proprietario - da accertarsi caso per caso e in concreto anche con riferimento al profilo causale del deposito incontrollato - che si disinteressi per un apprezzabile lasso di tempo del proprio bene per una qualsiasi ragione e resti inerte, senza affrontare effettivamente la situazione (attraverso segnalazioni alle autorità di polizia, installazione di recinzioni, attività ed opere di sorveglianza, periodica rimozione dei rifiuti e così via), ovvero la affronti con misure palesemente inadeguate.
La condotta illecita del terzo, ovvero la proliferazione delle condotte illecite di terzi, non è di per sé una causa che rende non imputabile al proprietario l’evento (la trasformazione del suo terreno in discarica abusiva), né interrompe il nesso di causalità tra la sua condotta colposa (id est, caratterizzata dalla trascuratezza e dalla incuria) e l’evento, ovvero la lesione dell’ambiente (quando costituisce un fatto prevedibile e prevenibile).
8.7. Applicando i principi suenunciati alla vicenda controversa, il Collegio ritiene che il T.a.r. abbia correttamente inteso e applicato i principi regolatori della materia.
8.8.. Preliminarmente, il Collegio evidenzia che il provvedimento gravato individua in capo all’odierno appellante la responsabilità in qualità di proprietario dell’area e, nondimeno, sia il giudizio di primo grado che, in particolar modo, l’appello risultano incentrati sulla contestazione dell’interramento delle tettoie in amianto nel fondo da parte dell’odierno appellante.
Dopo aver trascritto il capo della sentenza impugnato, l’appellante esordisce evidenziando che: “Al contrario di quanto affermato dal Giudice di prime cure, gli elementi acquisti dall'ARPA Piemonte non sono affatto idonei ad ascrivere la responsabilità dell'interramento dei rifiuti al sig. -OMISSIS-” (pagina 23 appello).
8.9. Così ricostruito il thema decidendum e in disparte ogni considerazione se tale circostanza determini profili di inammissibilità del ricorso di primo grado e dell’odierno gravame, si evidenzia che non si ritengono fondate le censure articolate e relative all’erronea applicazione del parametro del “più probabile che non” nell’imputazione della causazione dell’evento e dei profili di colpevolezza rispetto all’abbandono dei rifiuti che ha costituito il presupposto oggettivo dell’emanazione dell’ordinanza di rimozione ai sensi dell’art. 192 d.lgs. n. 152/2006.
8.9.1. Costituisce un fatto dirimente nell’ambito dell’accertamento che ha condotto all’adozione del provvedimento le seguenti circostanze, valorizzate dal T.a.r. e dalle difese dell’amministrazione, secondo cui: i. “A seguito del ricevimento della relazione dell’ARPA, il Comune ha chiesto all’odierno ricorrente di produrre la documentazione relativa allo smaltimento dei rifiuti derivanti dalle operazioni di demolizione dei fabbricati presenti nell'area (che è rimasta, però, inesitata) e ha effettuato un sopralluogo per campionare il materiale interrato; l’attività è stata oggetto di un successivo approfondimento (anche in relazione alle indagini di polizia giudiziaria, avviate nel frattempo) all’esito del quale è stata confermata la presenza di amianto nei rifiuti interrati”;
ii. “l’Agenzia ha anche smentito le asserzioni del ricorrente, secondo cui egli non sarebbe in possesso della documentazione attestante lo smaltimento dei residui delle demolizioni perché depositate all’interno dell'area attigua di sua proprietà, in quanto in essa non è stato rinvenuto alcun residuo derivante dalla demolizione delle tettoie”.
8.9.2. Tali statuizioni non possono considerarsi superate dalle censure svolte nel presente giudizio.
Risulta provato (e, dunque certo) che il manufatto da demolire sia stato demolito dall’odierno appellante e che esso presentava una “copertura ondulata”.
Risulta inoltre non contestato che l’odierno appellante, convocato in data 24 novembre 2021 presso gli uffici dell’A.r.p.a., riferiva informalmente di non avere i documenti relativi allo smaltimento dei rifiuti derivanti dalle operazioni di demolizione dei fabbricati, abusivi e mai sanati presenti all'interno dell'area, dichiarando che le macerie derivanti dalle suddette operazioni sarebbero state depositate all'interno dell'area attigua sempre di sua proprietà.
Risulta provato, altresì, che nell’ambito dell’ispezione nel fondo attiguo non è stata rinvenuta la copertura del manufatto demolito, di cui non si conosce dunque quale sia stata la destinazione.
Risulta, infine, provato il rinvenimento di pezzi frantumati di una copertura “ondulata”, che, dalle analisi svolte, è risultata composta da amianto e che è risultata interrata nel terreno un tempo di proprietà dell’odierno appellato e ora trasferito al Comune.
8.9.3. Insomma, l’insieme di queste circostanze consente di ritenere adeguatamente motivato il convincimento del Giudice di primo grado, che risulta, pertanto, corretto in diritto e ineccepibile nello svolgimento della motivazione posta a base della pronuncia gravata, sia che si voglia ritenere l’appellante quale responsabile dell’interramento (il che coincide con il thema decidendum delineatosi nel presente giudizio per l’effetto devolutivo dell’appello, ma non risulta pienamente in linea con l’imputazione mossa dal provvedimento “nei confronti del Sig. -OMISSIS-, in qualità di proprietario dell’area all’epoca delle demolizioni”) sia che lo si voglia ritenere responsabile a titolo di omessa vigilanza nella sua qualità di proprietario all’epoca dei fatti (come emerge dalla disamina del provvedimento emesso dall’amministrazione).
8.9.4. Non assume invece alcuna incidenza, ai fini della dimostrazione dell’insussistenza della responsabilità, la circostanza, rappresentata dalla parte appellante, che in una prima occasione, datata da questi nel “mese di novembre 2010”, egli abbia fatto regolarmente smaltire l’amianto presente nell’area, perché le “onduline” ritrovate sono state ricondotte ai manufatti abusivi realizzati nell’anno 2014, ancora presenti sul sito nell’anno 2017 (“ancora presenti il 17/3/2017”, memoria del Comune del 30 settembre 2024 pagina 9), fatti demolire dall’odierno appellante e, pertanto, non più presenti nell’area successivamente all’anno 2018 (“non sono più visibili il 13/2/2018”, memoria del Comune del 30 settembre 2024, pagina 9).
9. In conclusione, in ragione delle suesposte motivazioni, l’appello va respinto.
10. Quanto alla regolazione delle spese del presente giudizio, il Collegio ritiene che non sussistono le condizioni per l’accoglimento della domanda di condanna per lite temeraria dell’odierno appellante formulata dal Comune di -OMISSIS- con la memoria del 30 dicembre 2024.
10.1. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello n.r.g. 6277/2024, lo respinge.
Condanna il signor -OMISSIS- alla rifusione, in favore del Comune di -OMISSIS-, delle spese del giudizio che liquida in euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre agli accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e rimborso spese generali al 15%).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 gennaio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Carbone, Presidente
Francesco Gambato Spisani, Consigliere
Michele Conforti, Consigliere, Estensore
Luca Monteferrante, Consigliere
Paolo Marotta, Consigliere