Consiglio di Stato Sez. IV n. 7004 del 6 agosto 2024
Rifiuti.Accesso ad area privata da parte di agenti accertatori

E' legittimo l'accesso di agenti accertatori in un’area privata non qualificabile come “privata dimora”, la cui definizione non può essere considerata equivalente a quella di proprietà privata; gli elementi per attribuire ad un luogo la qualifica di privata dimora sono: l’utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata in modo riservato, la durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona e la non accessibilità del luogo da parte dei terzi, senza il consenso del titolare. Ciò rende legittimo il procedimento di cui all’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006 avviato a seguito dell'accertamento.

Pubblicato il 06/08/2024

N. 07004/2024REG.PROV.COLL.

N. 02736/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2736 del 2021, proposto da -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe Gallenca, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;

contro

Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

nei confronti

Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri - Comando Regione Carabinieri Forestale Piemonte e Valle D'Aosta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Valle D’Aosta (sezione prima) n. -OMISSIS-.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri - Comando Regione Carabinieri Forestale Piemonte e Valle D'Aosta;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 aprile 2024 il consigliere Paolo Marotta e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;

Viste le conclusioni delle parti.


1. L’odierna appellante ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il T.a.r. della Valle d’Aosta ha respinto il ricorso di primo grado proposto per l’annullamento della ordinanza del Comune di -OMISSIS- n. 2 del 27 settembre 2019 (con la quale veniva ordinato alla odierna appellante di “rimuovere … la vecchia -OMISSIS- manuale arrugginita dall’area sita in Fraz. -OMISSIS- identificata con il foglio 23 mapp. 333 e il ripristino dello stato dei luoghi…”).

2. L’appellante premette quanto segue.

2.1. Con nota notificata il 2 luglio 2019, il Comune di -OMISSIS-, dopo aver dato atto della trasmissione di una nota della Stazione Forestale di -OMISSIS- (con la quale si rilevava la presenza sul fondo della odierna appellante di una -OMISSIS- manuale arrugginita qualificata come rottame), comunicava alla odierna appellante l’avvio del procedimento di cui all’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006, per violazione del divieto di abbandono incontrollato di rifiuti; con successiva nota del 15 luglio 2019, l’appellante faceva pervenire al Comune di -OMISSIS- le proprie controdeduzioni.

2.2. Con ordinanza n. 2 del 27 settembre 2019, il Comune di -OMISSIS- ha ordinato alla odierna appellante, ai sensi dell’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152/2006, di procedere alla rimozione della -OMISSIS- e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di sessanta giorni dalla notifica dell’ordinanza.

2.3. Avverso il predetto provvedimento e i relativi atti presupposti la parte intimata ha proposto ricorso giurisdizionale davanti al T.a.r. della Valle d’Aosta, che, con sentenza n. -OMISSIS-, ha respinto il ricorso, disponendo la compensazione delle spese di giudizio.

3. Tanto premesso, con il ricorso in esame l’odierna appellante ha contestato la sentenza di primo grado con tre articolati motivi.

4. Si è costituito in giudizio, per il tramite dell’Avvocatura generale dello Stato, il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri – Comando Regione Carabinieri Forestali del Piemonte e della Valle d’Aosta, chiedendo la sua estromissione dal giudizio, per difetto di legittimazione passiva, essendo stati impugnati atti di enti locali.

5. Il Comune di -OMISSIS- non si è costituito in giudizio.

6. All’udienza pubblica del 4 aprile 2024 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

7. Preliminarmente, il Collegio è chiamato ad esaminare l’istanza di estromissione dal giudizio, per difetto di legittimazione passiva, formulata dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri.

7.1. L’istanza deve essere accolta.

7.2. L’oggetto del presente giudizio concerne l’ordinanza adottata dal Comune di -OMISSIS-, ai sensi dell’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152/2006, per l’abbandono incontrollato di una -OMISSIS- arrugginita su un’area di proprietà della odierna appellante; la predetta ordinanza comunale è stata emanata sulla base della segnalazione della Stazione Forestale di -OMISSIS- del 10 giugno 2019.

7.3. Nelle Regioni a Statuto speciale (come la Valle d’Aosta) le funzioni del Corpo Forestale dello Stato sono state affidate ai Corpi Forestali Regionali.

Il Corpo Forestale della Valle d’Aosta è un corpo tecnico con funzioni di polizia alle dipendenze della Regione Autonoma Valle d’Aosta, disciplinato dalla l.r. della Valle d’Aosta dell’8 luglio 2002 n. 12 ed è stato escluso dalla abolizione che ha riguardato il Corpo Forestale dello Stato e dall’assorbimento del relativo personale nell’Arma dei Carabinieri (di cui al d.lgs. 19 agosto 2016 n. 177).

Ne consegue che il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri deve considerarsi estraneo all’oggetto del presente contenzioso.

8. Con il primo motivo di appello, l’appellante deduce: violazione dell’art. 34 c.p.a. nonché dell’art. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.; violazione del disposto dell’art. 13 l. 689/1981 in relazione ai principi di cui agli artt. 614 e 624 bis c.p.

8.1. L’appellante evidenzia che con il primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio aveva censurato l’ordinanza impugnata sotto diversi profili (violazione dell’art. 13 della legge n. 689 del 1981; violazione dell’art. 192 del d.lgs. n. 152 del 2006; sviamento di potere; violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990; difetto d’istruttoria e motivazione; contraddittorietà).

In sintesi, la ricorrente (odierna appellante) aveva lamentato che l’ispezione, sulla base della quale l’ordinanza si fonda, si era svolta sul suo terreno senza il suo consenso e in assenza di un provvedimento dell’autorità giudiziaria, come invece richiesto nel caso di accesso su fondo di proprietà privata; a tal fine, aveva contestato che il fondo fosse gravato da una servitù di uso pubblico.

8.2. La difesa del Comune di -OMISSIS- aveva sostenuto che la strada che attraversa il terreno, ancorché di proprietà privata, fosse asservita all’uso pubblico (e fosse dunque una “strada vicinale”), come dimostrerebbero il fatto che vi passano una serie di condutture pubbliche, che sia stata asfaltata a cura e spese del Comune e che a essa accedano indiscriminatamente tutti gli abitanti della frazione.

8.3. Il giudice di primo grado ha respinto la censura, prescindendo dalle allegazioni del Comune, evidenziando che, in base a quanto disposto dall’art. 13 della legge n. 689 del 1981, gli organi preposti all’accertamento di illeciti amministrativi possono procedere a ispezioni in luoghi diversi dalla «privata dimora», la cui definizione coincide con quella rilevante per la commissione del reato di violazione di domicilio, di cui all’art. 614 cod. pen.; il concetto di “privata dimora” prescinde dall’accertamento della proprietà e degli eventuali diritti reali che interessano un determinato luogo, ma dipende dal fatto che in esso si svolgano non occasionalmente atti della vita privata e che si tratti di uno spazio inaccessibile ai terzi senza il consenso del titolare.

Il giudice di primo grado ha quindi ritenuto che la predetta area non potesse essere qualificata come “privata dimora”, ai sensi dell’art. 13 della legge n. 689 del 1981, ritenendo così legittimo l’atto presupposto di accertamento.

8.4. L’odierna appellante ha contestato le conclusioni del giudice di primo grado, sostenendo che, in primo luogo, il T.a.r. della Valle d’Aosta si sarebbe sostituito alla amministrazione “laddove immuta la motivazione e la ragione dell’accesso e quindi del provvedimento impugnato”.

Se, infatti, la Amministrazione ha ritenuto legittimo l’accesso degli agenti accertatori perché l’area in questione è stata considerata gravata da una servitù di uso pubblico, il giudice di primo grado ha ritenuto legittimo l’accesso degli agenti accertatori sulla base della considerazione che il terreno non sarebbe qualificabile come “privata dimora”.

La sentenza impugnata sarebbe viziata per violazione dell’art. 34 c.p.a. nonché dell’art. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. e per violazione del disposto dell’art. 13 l. 689/1981, in relazione ai principi di cui all’art. 614 e 624 bis c.p.

Oltre a ciò, il giudice di primo grado non avrebbe tenuto conto che detto cortile è una pertinenza della abitazione principale, essendone contiguo: e tale aspetto rafforzerebbe la tesi della odierna appellante ed evidenzierebbe la non correttezza delle tesi fatta propria dal giudice di primo grado.

8.5. Il motivo è infondato.

8.5.1. Il giudice di primo grado non ha integrato la motivazione del provvedimento impugnato, ma, in conformità al principio “iura novit curia”, ha individuato il fondamento normativo del potere esercitato.

8.5.2. Nel caso di specie, la presenza della -OMISSIS- abbandonata è stata rilevata dal Corpo Forestale dello Stato su un’area di proprietà della odierna appellante. Come sopra evidenziato, il Corpo forestale della Valle d’Aosta è un corpo tecnico con funzioni di polizia alle dipendenze della Regione Autonoma Valle d’Aosta, cui sono affidate specifiche attività di indagine riguardanti la tutela, la protezione e la salvaguardia dell’ambiente.

8.5.3. Venendo in rilievo un’area privata non qualificabile, tuttavia, come “privata dimora”, legittimamente gli agenti accertatori vi hanno potuto accedere.

In tema di violazione di domicilio, la definizione di “privata dimora” non può essere considerata equivalente a quella di proprietà privata; gli elementi per attribuire ad un luogo la qualifica di privata dimora sono: l’utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata in modo riservato, la durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona e la non accessibilità del luogo da parte dei terzi, senza il consenso del titolare (Cass. pen., sez. V, 21 novembre 2017 n. 53438).

Sulla base della segnalazione degli agenti accertatori, legittimamente è stato avviato dal Comune di -OMISSIS- il procedimento di cui all’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006.

9. Con il secondo motivo di appello, l’appellante deduce: violazione dell’art. 182 del c.d. codice dell’ambiente, nonché dell’art. 132 c.p.c., per contraddittorietà e violazione di legge con riferimento all’art. 24 Costituzione.

9.1. L’appellante fa rilevare che con il secondo motivo del ricorso introduttivo del giudizio aveva denunciato: violazione dell’art. 183, co. 1, lett. a), del d.lgs. n. 152 del 2006 in relazione all’art. 13 della legge n. 689 del 1981; eccesso di potere; contraddittorietà; violazione dell’art. 24 Cost.

In particolare, nel ricorso di primo grado aveva lamentato che l’atto di accertamento della natura di “rifiuto” della -OMISSIS- in questione non era stato svolto in contraddittorio con l’interessata, la quale non avrebbe avuto la possibilità di difendersi adeguatamente sul punto, attinente una questione di fatto; aveva quindi contestato che la -OMISSIS- fosse qualificabile come “rifiuto”, dato che sarebbe stata perfettamente funzionante.

9.2. Il giudice di primo grado ha disatteso la censura, facendo rilevare che il Comune aveva inviato la comunicazione di avvio del procedimento, rispettando così in maniera adeguata l’obbligo d’instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale; la stessa ricorrente aveva partecipato al procedimento, presentando le proprie osservazioni prima dell’adozione del provvedimento finale.

Il giudice di primo grado, richiamata la definizione giuridica di rifiuto, aveva evidenziato che le condizioni della -OMISSIS- - arrugginita e con le ruote sgonfie - come comprovato dalle foto prodotte in giudizio – e la sua collocazione – in un’area aperta e di fatto accessibile ai terzi, senza alcuna copertura dalle intemperie – conducessero a ritenere non irragionevole la qualificazione della -OMISSIS- come “rifiuto”, attribuita ad essa dall’amministrazione sulla base della presunzione che la proprietaria avesse l’«intenzione» di disfarsene.

Il giudice di primo grado aveva altresì evidenziato che non potesse assumere rilevanza la circostanza che la ricorrente aveva ricevuto un’offerta di acquisto per la -OMISSIS-, perché la natura di “rifiuto” di un oggetto, ai sensi del codice dell’ambiente, non viene meno in ragione di un accordo di cessione a terzi e del valore economico con esso riconosciuto.

9.3. L’odierna appellante contesta la sentenza impugnata richiamando le censure già dedotte nel giudizio di primo grado.

Secondo l’appellante, venendo in rilievo una questione di fatto il contraddittorio nell’accertamento della natura di “rifiuto” della -OMISSIS- avrebbe dovuto essere rispettato prima della adozione di qualsiasi provvedimento.

In altri termini, l’appellante non sarebbe stata messa in condizione di sapere che tipo di valutazione gli agenti accertatori avevano effettuato. A suo dire, “se vi fosse stato contraddittorio effettivo e concreto in loco, ben si sarebbe potuto dimostrare la funzionalità della macchina da cantiere, che sol perché appare arrugginita o con una gomma sgonfia non può certo essere considerata un rifiuto”.

L’appellante sarebbe stata messa “davanti al fatto compiuto”.

La sentenza sarebbe viziata ultrapetizione; il giudice di primo grado non sarebbe stato legittimato a svolgere alcuna indagine sul foro interno del privato, visto e considerato che non era stata fatta dalla amministrazione.

In ogni caso alla ricorrente non era stata data la possibilità di dimostrare che il bene non fosse un rifiuto, posto che tale era stato qualificato tale “a priori” dalla amministrazione.

9.4. Il motivo è infondato.

9.4.1. Diversamente da quanto rappresentato dalla appellante, le contestazioni sollevate non concernono un elemento di fatto (ossia, la presenza di una -OMISSIS- arrugginita nella proprietà della appellante), ma la qualificazione giuridica di quanto rinvenuto nella sua proprietà come “rifiuto”.

A sostegno della sua tesi (secondo la quale la -OMISSIS- non sarebbe un rifiuto, ma, ancorché arrugginita e con le ruote sgonfie, sarebbe perfettamente valida e funzionante), la ricorrente non allega elementi concreti che consentano di ritenere erronea la qualificazione giuridica della -OMISSIS- come rifiuto, effettuata dal Corpo Forestale della Valle d’Aosta, che in relazione al rinvenimento della stessa ha effettuato la relativa segnalazione al Comune di -OMISSIS-, ai fini dell’esercizio dei poteri di cui all’art. 192 del codice dell’ambiente.

9.4.2. L’art. 183, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 152/2006 qualifica come rifiuto, anche ai fini dell’applicazione dell’art. 192, “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi”.

Nel caso di specie, non è quindi necessario indagare la volontà interna della proprietaria di disfarsi della -OMISSIS-; le condizioni della stessa, così come descritte dagli agenti del Corpo Forestale (“vecchia -OMISSIS- manuale arrugginita”) e documentate dalle fotografie prodotte in giudizio, il suo stato di abbandono in luogo aperto ed esposto alle intemperie fanno ritenere corretta la qualificazione della stessa -OMISSIS- come rifiuto, determinando conseguentemente l’obbligo della proprietaria dell’area di provvedere alla sua rimozione.

9.4.3. Infondate sono anche le censure relative alla mancata attivazione del contraddittorio.

Il rispetto del principio del contraddittorio - cui fa riferimento l’art. 192, comma 3, d.lgs. n. 152/2006 - attiene alla verifica della sussistenza del dolo o della colpa nei confronti del proprietario o del titolare di diritti reali o personali di godimento sull’area sulla quale sono stati rinvenuti rifiuti abbandonati.

Orbene, risulta per tabulas (ed è ammesso dalla stessa appellante) che l’adozione della ordinanza ai sensi dell’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152/2006 è stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento.

Ne consegue che l’odierna appellante ha avuto la possibilità di far valere in sede procedimentale le proprie ragioni, come ha effettivamente fatto.

Nelle controdeduzioni formulate in sede procedimentale, l’appellante non contesta la presenza materiale della -OMISSIS- sul fondo di sua proprietà, ma contesta la legittimità dell’accesso degli agenti accertatori sul predetto fondo e la qualificazione della -OMISSIS- come rifiuto.

Entrambe le deduzioni formulate in sede procedimentale e riproposte in sede giurisdizionale si rivelano infondate per le ragioni sopra richiamate.

10. Con l’ultimo motivo di appello, l’odierna appellante deduce la violazione dell’art. 3 della l.r. Valle d’Aosta n. 19 del 2007.

10.1. Fa rilevare che con il terzo motivo del ricorso introduttivo del giudizio aveva dedotto violazione dell’art. 3 della l.r. Valle d’Aosta n. 19 del 2007, in quanto l’ordinanza impugnata le era stata notificata oltre il termine in cui il procedimento avrebbe dovuto concludersi.

10.2. Il giudice di primo grado, pur riconoscendo che l’ordinanza era stata effettivamente emessa oltre il trentesimo giorno dall’avvio del procedimento, ha ritenuto che il termine previsto per la conclusione del procedimento non avesse carattere perentorio e il suo decorso non comportasse la consumazione del potere di provvedere né determinasse di per sé l’illegittimità degli atti adottati successivamente.

10.3. L’appellante contesta le conclusioni del giudice di primo grado, sostenendo che la norma regionale richiamata è posta a tutela degli interessi legittimi del cittadino, che ben dovrà sapere entro tempi certi se la sua attività è o meno considerata legittima dalla amministrazione.

Oltre a ciò, essendo la violazione contestata di tipo ambientale, il procedimento avrebbe dovuto essere definito con urgenza.

In conclusione, secondo l’appellante i termini di cui alla legge regionale Valle d’Aosta n. 19/2007 debbono essere considerati perentori, in coerenza con il principio di efficienza ed economicità e con quello di correttezza e buona fede cui deve conformarsi l’azione della p.a.

10.4. Il motivo è infondato.

10.4.1. La legge regionale della Valle d’Aosta 6 agosto 2007 n. 19, all’art. 3, rubricato “Conclusione del procedimento”, come modificato dalla legge regionale n. 7/2015, fissa in trenta giorni il termine ordinario per la conclusione dei procedimenti amministrativi.

10.4.2. In disparte la considerazione secondo la quale le disposizioni dettate dalla legge regionale n. 19/2007 disciplinano direttamente i procedimenti amministrativi della Regione Valle d’Aosta e si applicano agli Enti locali solo nel caso in cui questi non abbiano esercitato il relativo potere regolamentare, il Collegio ritiene che, in assenza di specificazione da parte del legislatore regionale, sia da condividere la qualificazione del termine fissato per la emanazione del provvedimento conclusivo del procedimento, come termine non perentorio, con la conseguenza che il suo superamento non determinava la consumazione del potere.

Secondo principi consolidati nella giurisprudenza amministrativa, in assenza di una specifica disposizione che espressamente preveda il termine come perentorio, comminando la perdita della possibilità di azione da parte dell’amministrazione al suo spirare o la specifica sanzione della decadenza, il termine stesso deve intendersi come meramente sollecitatorio o ordinatorio; il suo superamento non determina, perciò, l’illegittimità dell'atto, ma una semplice irregolarità non viziante, poiché non esaurisce il potere dell’amministrazione di provvedere (Consiglio di Stato, sez. V, 19 aprile 2024 n. 3569; sez. III, 22 dicembre 2017 n. 6044).

11. In conclusione, il ricorso in appello è infondato e va respinto.

12. La valutazione complessiva della fattispecie dedotta in giudizio giustifica nondimeno l’equa compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, previa estromissione dal giudizio dell’Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, per difetto di legittimazione passiva, lo respinge.

Compensa le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità dell’appellante.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Lopilato, Presidente FF

Michele Conforti, Consigliere

Emanuela Loria, Consigliere

Luigi Furno, Consigliere

Paolo Marotta, Consigliere, Estensore