Pres. Lupo Est. Gazzarra Ric. Ciullo
Rifiuti. Disciplina delle sanse umide
Svolgimento del processo
Francesco
Ciullo era citato a giudizio davanti al
Tribunale di Lecce - Sezione
distaccata di Tricase per rispondere: a)
del reato previsto dagli
artt. 27, 28 e 51,
comma 3, d.lgs. n. 22/1997 perché, quale legale
rappresentante della società cooperativa “Agritur
Servizi a r.l.”,
società che gestiva il frantoio
oleario ubicato in località Pagliata Rosso, realizzava, in
un
fondo agricolo adiacente all’opificio predetto, una
discarica non autorizzata di rifiuti non pericolosi costituiti da
scarti vegetali provenienti dalla lavorazione delle olive, ed in particolare
da sansa umida, provenienti dai locali del vicino frantoio,
in tal modo determinando una vasta area di lagunaggio; b) del reato previsto
dall’art. 674 c.p. per avere, nella
qualità anzidetta e mediante la condotta descritta sub a), cagionato emissioni di gas
ed odori nauseabondi nel centro abitato di
Patù, distante pochi metri
(reati commessi fino al 3 dicembre 2002).
Il menzionato Tribunale, in composizione monocratica,
con la sentenza depositata il 14 aprile 2005,
affermava la responsabilità
del Ciullo per i reati ascrittigli, previa riqualificazione del
reato di cui al capo a) in quello di
cui all’art. 59, comma
11-ter, del d. lgs.
n. 152/1999, e, concesse le circostanze attenuanti
generiche e ritenuta la continuazione,
lo condannava alla pena dì
Euro
2.500,00 di ammenda, ordinando il ripristino dello stato originario dei
luoghi, con sospensione della pena subordinata allo stesso ripristino.
In
ordine al reato di cui al sopra trascritto capo a), il giudicante riteneva che non poteva trovare
applicazione il d.lgs. n. 22/l997,
contestato
all’imputato, in quanto tale testo
normativo “non interviene nella disciplina dello smaltimento
degli scarti
dell’industria olearia”.
Avverso la detta sentenza il Ciullo ha proposto ricorso per cassazione deducendo “violazione di legge: art. 606 lett. b) c.p.p. - in relazione all’art. 59, comma 11-ter del d.lgs. 11 maggio 1999 n. 152 - art. 674 c.p., - art. 14 legge 178/2002 e art. 6, comma 1 lett. a) del d.lgs. n. 22/1997 - inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale - violazione del principio di correlazione tra fatto contestato e sentenza”, nonché “violazione di legge: art. 606, lett. c) mancanza e/o subordinata manifesta illogicità della motivazione anche per travisamento del fatto ed apodittica ritenuta sussistenza del medesimo”.
Il ricorrente ritiene che la presente fattispecie ricada nell’ambito di applicazione della legge 11 novembre 1996 n. 574 (Nuove norme in materia di utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e di scarichi di frantoi oleari), che commina soltanto sanzioni amministrative (v. l’art. 8 della legge n. 574/1996), perché si è in presenza di una “riutilizzazione agronomica delle sanse”, in quanto la cooperativa agricola “utilizzava le sanse come concime per i terreni”. La sentenza impugnata - rileva il ricorrente - è contraddittoria, perché, da un lato, ha ritenuto che vi sia stata l’utilizzazione agronomica delle sanse (e perciò ha escluso l’applicabilità del d.lgs. n. 22/l997) e, dall’altro, ha affermato che le sanse erano state “gettate” sul terreno antistante il frantoio oleario. In ogni caso - continua il ricorrente - non può trovare applicazione l’art. 59-ter del d.lgs. n. 152/l999, che si riferisce soltanto alle “acque di vegetazione” dei frantoi oleari, non prodotte dall’impianto oleario in discorso e comunque estranee alla contestazione.
Il ricorrente, inoltre, contesta la sussistenza della contravvenzione prevista dall’art. 474 c.p., osservando che “le sanse umide non provocano odori nauseabondi e, comunque, gli stessi, se sussistenti per il periodo necessario al compimento di operazioni lecite, non possono costituire reato”.
Infine, il ricorrente chiede la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, di cui non intendeva usufruire.
Motivi della decisione
1. - Il ricorso dell’imputato è fondato nei limiti di seguito precisati.
Per quanto attiene al reato contestato sub capo a), la sentenza impugnata ha ritenuto sussistente la contravvenzione prevista dall’art. 59, comma 11-ter, del d.lgs. 11 maggio 1999 n. 152 (sulla tutela delle acque dall’inquinamento), il quale punisce con ammenda o arresto “chiunque effettua l’utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari nonché delle acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all’art. 38 al di fuori dei casi e delle procedure ivi previste”. Tale fattispecie normativa, riferendosi alle “acque di vegetazione dei frantoi oleari”, appare essere diversa - come ha rilevato il ricorrente - da quella contestata all’imputato, la quale concerne i rifiuti costituiti “da scarti vegetali provenienti dalla lavorazione delle olive, ed in particolare da sansa umida”. La sansa è un residuo della spremitura dell’olio dalle olive costituito da detriti di buccia, polpa e nocciolo, il quale è diverso dalle acque di vegetazione residuate dalla lavorazione meccaniche delle olive. Ed infatti l’art. 1 della legge 11 novembre 1996 n. 574 (citata in narrativa) distingue, nei due commi di cui esso è composto, le acque di vegetazione dei frantoi oleari dalle sanse umide, mentre il comma 1l-ter del citato art. 59 si riferisce soltanto alle acque di vegetazione. Non sembra, pertanto, che la sanzione penale dettata da quest’ultima norma con riferimento alle acque di vegetazione dei frantoi oleari sia estensibile anche alle sanse umide.
Ma soprattutto - e ciò è assorbente di ogni altra questione - la disposizione normativa applicata dal Tribunale (e cioè l’art. 59, comma 11-ter, del d.lgs. n. 152/1999) contrasta radicalmente con l’accertamento di fatto che risulta dalla sentenza impugnata, perché ivi si legge che “dall’istruttoria dibattimentale è emerso in modo chiaro che la sansa vergine non veniva utilizzata per finalità agronomiche”, mentre l’applicazione del citato comma 1l-ter dell’art. 59 presuppone, al contrario, la sussistenza di una “utilizzazione agronomica” delle sostanze indicate nella norma (qualunque esse siano), anche se “al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente”.
Deve, pertanto, giudicarsi errata la sentenza impugnata che ha affermato la responsabilità dell’imputato per un reato diverso da quello contestato e soprattutto sulla base di un fatto non rientrante nella ritenuta fattispecie legale.
2.-
Il rilevato errore della sentenza
impugnata dipende dal fatto che il Tribunale è partito da
una affermazione
giuridica non corretta. Il giudicante, invero, ha escluso
l’applicabilità al
caso in esame del d.lgs. 5 febbraio
1997 n. 22, sui rifiuti, la cui violazione era stata
contestata con il decreto di citazione a giudizio (nel capo a),
perché ha
ritenuto che tale testo normativo “non interviene nella
disciplina dello
smaltimento degli scarti dell’industria olearia”,
traendo argomento dal
disposto dell’art. B del d.lgs. n.
22/1997.
Questa affermazione giuridica non è esatta.
L’art.
La sentenza impugnata ha accertato in fatto che la sansa proveniente dalla lavorazione delle olive effettuata nel frantoio dell’imputato non era utilizzata per finalità agronomiche. Il giudicante avrebbe dovuto, pertanto, fare applicazione della disciplina sui rifiuti, la cui violazione era stata contestata all’imputato nel capo a) dell’imputazione.
Consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per consentire un nuovo giudizio sulla sussistenza del reato contestato all’imputato. Tale annullamento con rinvio comporta l’assorbimento di ogni altra questione posta dal ricorrente relativamente all’interpretazione del d.lgs. n. 22/l 997.
3. - E’ assorbita anche la censura relativa alla condanna per l’art. 674 c.p., il quale punisce chiunque provoca emissioni di gas (ed odori nauseabondi) soltanto “nei casi non consentiti dalla legge”. L’accertamento sulla sussistenza del reato contestato all’imputato nel capo a), e quindi sulla conformità a legge (o meno) della condotta da lui posta in essere, condiziona, pertanto, anche il giudizio sulla esistenza della contravvenzione in esame (contestata nel capo b).
4.
- L’annullamento della
sentenza di condanna comporta la caducazione della sospensione
condizionale
della pena, onde anche su questo punto dovrà pronunziarsi
nuovamente il giudice
di rinvio, che, a norma dell’art. 623, lettera d), c.p.p. va
identificato nel
Tribunale di Lecce (nella persona di diverso giudicante).