Consiglio di Stato Sez. II n. 3087 del 4 aprile 2024
Rifiuti.Attività di allevamento intensivo

Le attività d’allevamento intensivo risultano particolarmente pericolose per i terzi e per la popolazione sotto plurimi profili sanitari ed ambientali anche riferiti, in alcuni casi, allo smaltimento dei residui di macellazione e di lavorazione determinando, secondo le generalissime previsioni del codice civile, una responsabilità particolarmente aggravata di tutti i soggetti partecipanti alla filiera produttiva o aventi su di essa poteri di controllo, che devono pertanto essere ritenuti responsabili, secondo le previsioni del codice dell’ambiente, dei possibili fenomeni di abbandono di rifiuti speciali o pericolosi e di inquinamento ambientale ai fini dei conseguenti interventi di ripristino sanitario ed ambientale.


Pubblicato il 04/04/2024

N. 03087/2024REG.PROV.COLL.

N. 02419/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2419 del 2019, proposto dall’impresa Immobiliare -OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marcello Vignolo, Massimo Massa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fabio Trinca in Roma, via Portuense n. 104;

contro

Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Federico Pinna, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Fallimento n. 95/2017 Società Gestione Sottoprodotti S.r.l., non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, sede di Cagliari, sezione seconda, n. 1068 del 28 dicembre 2018.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 10 gennaio 2024 il Cons. Raffaello Sestini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1 – Con l’appello in epigrafe la Ditta Immobiliare -OMISSIS- S.r.l. ha chiesto l’annullamento o la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, Sezione seconda, n. 1068 del 28 dicembre 2018, con la quale è stato respinto il suo ricorso volto all’annullamento dell’ordinanza del sindaco di -OMISSIS- n. 127 del 10.11.2017, prot. 5930, recante l’ordine di rimozione e smaltimento di rifiuti speciali depositati in modo incontrollato in località -OMISSIS- ai sensi dell’art. 192 del D.Lgs n°152 del 3/4/2006 (codice dell’ambiente), della successiva ordinanza di presa d’atto delle osservazioni presentate e di proroga dei termini per ottemperare, nonché di ogni altro atto comunque presupposto, connesso e conseguente.

2 – I due provvedimenti sindacali erano stati impugnati davanti al TAR per la Sardegna per i seguenti motivi: 1) violazione di legge ed eccesso di potere delle ordinanze nelle parti che si rivolgevano ai due soci non amministratori, uno dei quali addirittura deceduto nel 2016; 2) violazione di legge ed eccesso di potere perché l’art. 192 T.U.A. non introduce un caso di responsabilità oggettiva in capo alla proprietaria del bene e perché, comunque sia, nel caso concreto quest’ultima sarebbe stata esente da colpa o dolo; 3) violazione di legge ed eccesso di potere, perché il sindaco di -OMISSIS- aveva confuso tra i poteri conferiti dall’art. 50 comma 4 TUEL e quelli previsti dall’art. 192 del d. lgs. 152/2006; 4) eccesso di potere e violazione e falsa applicazione degli articoli 7 e 8 della l. 241/1990 e dell’art. 192 del d. lgs. 152/2006 che imponevano di comunicare l’avvio del procedimento e d’instaurare un contraddittorio con i privati proprietari d’aree inquinate.

3 - Il TAR ha accolto solo il primo motivo, riferito alla posizione dei soci non amministratori, e ha respinto tutti gli altri.

4 - La ditta ricorrente ha quindi proposto appello deducendo i seguenti motivi:

1)“motivazione errata, illogica e contraddittoria - falsa applicazione dell’art. 192 T.U.A”.

La censura concerne la mancanza di responsabilità dell’appellante, indebitamente ritenuta dal TAR mediante tre passaggi logico-giuridici concernenti: a) la consapevolezza dell’esistenza di un grave inquinamento ambientale già dal 2010; b) a violazione dell’obbligo di bonificare gli impianti lasciati dalla Agrival; c) il consenso prestato alla prosecuzione illecita dell’attività industriale da parte della S.G.S., la quale si sarebbe protratta senza interruzioni dal 2010 al 2017;

2) “indebita integrazione della motivazione degli atti impugnati”.

La censura fa riferimento alla asimmetria fra le descritta ricostruzione logico-giuridica del TAR e il diverso percorso motivazionale dei provvedimenti impugnati, in quanto il TAR non avrebbe sindacato la motivazione delle ordinanze sindacali e la fondatezza delle censure dedotte, ma costruito esso stesso un’ampia motivazione completamente differente da quella contenuta negli atti amministrativi, avendo il sindaco di -OMISSIS- indicato quale indizio della colpa di Immobiliare -OMISSIS-, solo l’esistenza nell’area di una recinzione in ordine, senza considerare che la stessa area era sequestrata e che, quindi, non era la proprietaria a curare la recinzione;

3) “violazione degli articoli 7 e 8 della l. 241/1990 e dell’art. 192 comma 3 primo periodo T.U.A. - Violazione dei principi in materia di partecipazione dei cittadini al procedimento amministrativo” L’ultimo motivo del ricorso introduttivo riproposto in appello deduceva la violazione degli oneri informativi e partecipativi posti dalle norme indicate in rubrica. Vero è che, dopo l’ordinanza n. 127/2017, tramite il suo avvocato la società ha inviato una nota per esporre le proprie argomentazioni, ma ciò avrebbe sopperito all’originario vizio formale soltanto se l’amministrazione, prima d’adottare l’ordinanza n. 131/2017, avesse davvero esaminato tali argomentazioni e si fosse pronunziata su di esse nella motivazione, invece di limitarsi a prorogare il presedente ordine.

5 – Il Comune parzialmente vittorioso in primo grado si è costituito in giudizio con propria articolata memoria.

6 - Con memoria del 29 novembre 2023 l’appellante evidenzia che, a seguito del rigetto della domanda cautelare, ha già eseguito l’opera di bonifica che formava oggetto dell’ordinanza sindacale impugnata. Inoltre, le stesse parti appellanti hanno espressamente rinunziato a ogni pretesa o rivalsa nei confronti dell’amministrazione comunale, nell’ambito di un’indagine penale che era stata avviata nei loro confronti e che si è conclusa con un provvedimento di messa alla prova. Chiede pertanto che sia dichiarata la sopravvenuta carenza d’ interesse alla decisione del ricorso con integrale compensazione delle spese del giudizio.

7 - Il Comune prende atto della sopravvenuta carenza di interesse a coltivare il gravame, ma per quanto riguarda le spese legali, chiede che alla luce della soccombenza virtuale la società appellante venga condannata alla loro rifusione in favore del Comune appellato.

8 – La Ditta appellante replica richiamando i numerosi vizi degli atti impugnati e, successivamente, della sentenza del TAR che ha respinto il ricorso di primo grado. Ricorda altresì che detta sentenza avrebbe ignorato l’indicazione espressa dal Consiglio di stato nella fase cautelare del primo grado, laddove il Giudice d’appello aveva invitato il TAR a valutare la rilevanza del fatto - certo e oggettivo - per cui da anni il terreno inquinato era soggetto a sequestro penale, ciò che escludeva qualsiasi facoltà di vigilanza e d’intervento in capo alla proprietaria, che avrebbe acquistato il bene quando questo era già sotto sequestro.

Chiede pertanto di dichiarare la sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione e, qualora si volesse esaminare nel merito la fondatezza dell’appello ai fini della liquidazione delle spese, di accertare e dichiarare la soccombenza virtuale del comune di -OMISSIS- e porre quindi a carico di quest’ultimo le spese di giudizio.

9 – Sul punto, considera il Collegio che La Ditta appellante è proprietaria di un complesso industriale sito nell'agglomerato industriale di Ottana, acquistato nel mese di marzo del 2010 in occasione di un'asta immobiliare promossa contro la società -OMISSIS-srl, poi fallita. Detto stabilimento industriale veniva utilizzato come impianto per la trasformazione di sottoprodotti di origine animale. Subito dopo l'acquisto la Ditta presentava una domanda di subentro nel procedimento a suo tempo avviato dalla -OMISSIS-srl, volto ad ottenere l'autorizzazione integrata ambientale (AIA) per l'impianto. La Provincia di Nuoro, con determina 1882 del 16.06.2010, negava l'autorizzazione integrata ambientale ed imponeva alla Ditta, subentrata nel procedimento e proprietaria dell'area, di cessar tutte le attività produttive e di attivare idonee procedure atte ad evitare qualsiasi rischio di inquinamento per l'ambiente, nel rispetto della normativa vigente in materia di bonifiche e di ripristino ambientale. La Ditta, invece, dava prima in locazione e poi in comodato il compendio industriale alla Società SGS affinché vi esercitasse l'attività di "lavorazione di sottoprodotti di origine animale" e procedesse alla bonifica dell'immobile.

In data 10 giugno 2015, la Polizia stradale di Nuoro metteva sotto sequestro penale l'area industriale di proprietà dell'appellante, in quanto nell'area era stata accertata "un'attività in disuso dedicata al trattamento e allo smaltimento di rifiuti di origine animale... n. 14 container contenenti rifiuti organici di origine animale... in pessimo stato di conservazione… con vistose perdite di liquidi ricadenti nel suolo”. In data 4 novembre 2017, la Legione carabinieri Compagnia di Ottana segnalava al Comune di -OMISSIS- come all'interno dello stabilimento vi fossero vasche e container colmi di rifiuti di vario genere, in particolare derivanti da scarti di macellazione, in avanzato stato di decomposizione.

A seguito di ulteriori segnalazioni di privati circa gli “odori insopportabili” provenienti dall'area, veniva infine emessa la prima Ordinanza sindacale a carico della Ditta proprietaria, volta alla rimozione e allo smaltimento dei rifiuti speciali. La Ditta avanzava istanza di annullamento in autotutela lamentando la sua estraneità rispetto all'abbandono dei rifiuti, giacché l'area in questione non sarebbe stata nella sua disponibilità. Il Comune, effettuati ulteriori accertamenti e riscontri anche in Procura, confermava il provvedimento, e con l'Ordinanza n. 131 del 15.12.2017 prorogava i termini per la rimozione dei rifiuti a carico del proprietario, respingendo la richiesta di annullamento in autotutela. Successivamente, in data 20 dicembre 2017, la Ditta presentava istanza di dissequestro penale dell'area, che nel 2018 veniva accolta ponendo quale condizione la sua previa bonifica. Infine, la Ditta proponeva ricorso al Tar avverso le due Ordinanze sindacali.

10 – Alla luce della predetta ricostruzione dei fatti, risulta evidente la responsabilità della Ditta appellante, che è volontariamente subentrata nella proprietà di un’area già interessata da evidenti presenze di rifiuti speciali determinanti gravi fenomeni di inquinamento e di rischio sanitario, e che, a fronte del divieto di proseguire l’attività inquinante e di un espresso ordine della pubblica autorità di provvedere –in proprio- allo smaltimento e alla bonifica, ha invece incaricato altra Ditta di gestire l’area, assumendo di conseguenza la responsabilità per il suo operato, ma poi non ha esercitato alcun tipo di controllo fino al sequestro penale della medesima area, che ha determinato l’abbandono di ogni cura dell’area stessa, ma evidentemente non la cessazione dell’attività di smaltimento ivi svolta –ora illegalmente- sotto il controllo suo e della Ditta comodataria, avendo le ispezioni rilevato sia la presenza di carcasse a altri rifiuti abbandonati da poco (ovvero dopo il sequestro) sia la presenza di recinzioni e chiusure (evidenziate anche dal Comune) idonee ad impedire l’accesso e quindi la responsabilità di terzi.

11 – In sintesi, le attività d’allevamento intensivo risultano particolarmente pericolose per i terzi e per la popolazione sotto plurimi profili sanitari ed ambientali anche riferiti, con riguardo alla fattispecie considerata, allo smaltimento dei residui di macellazione e di lavorazione determinando, secondo le generalissime previsioni del codice civile, una responsabilità particolarmente aggravata di tutti i soggetti partecipanti alla filiera produttiva o aventi su di essa poteri di controllo –quali l’appellante- , che devono pertanto essere ritenuti responsabili, secondo le previsioni del codice dell’ambiente, dei possibili fenomeni di abbandono di rifiuti speciali o pericolosi e di inquinamento ambientale ai fini dei conseguenti interventi di ripristino sanitario ed ambientale.

12 – Ne conseguiva la responsabilità della Ditta appellante, debitamente accertata dal Comune, sulla base della disponibilità dell’area comprovata dalla sua recinzione, e confermata dal TAR, all’esito di una più ampia ricostruzione dei doveri dell’appellante derivanti dalla fattispecie considerata. La medesima appellante poteva interloquire nel procedimento adottato dal Comune, che valutate le sue deduzioni a seguito dell’adozione del primo atto rimasto inefficace (che la ricorrente non aveva quindi più interesse ad impugnare), adottava, nel sostanziale rispetto delle previste garanzie procedimentali, un successivo atto avente, peraltro, carattere obbligato e contenuto vincolato nelel circostanze indicate.

13 – Ne consegue la soccombenza virtuale della Ditta appellante ai fini della sua condanna alle spese del presente grado di giudizio nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, dichiara la sopravvenuta carenza d’interesse dell’appellante.

Condanna il medesimo appellante, previa dichiarazione della sua soccombenza virtuale, a rifondere al Comune intimato le spese del presente grado di giudizio, liquidate in Euro 5.000,00 oltre ad accessori.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2024, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati:

Oreste Mario Caputo, Presidente FF

Raffaello Sestini, Consigliere, Estensore

Giorgio Manca, Consigliere

Ugo De Carlo, Consigliere

Roberta Ravasio, Consigliere