Cass. Sez. IIIn. 3918 del 28 gennaio 2010 (Cc 3 dic. 2009)  
Pres. Grassi Est. Petti Ric. D'Apice
Urbanistica. Ordine di demolizione e causa di estinzione della pena prevista dall'art. 172 cod. pen.

La causa di estinzione della pena prevista dall'art. 172 cod. pen. non può essere applicata analogicamente all'ordine di demolizione del manufatto abusivo, in quanto la demolizione non ha natura di sanzione penale ma di sanzione amministrativa accessoria attribuita, in via eccezionale, alla concorrente competenza dell'A.G.. (In motivazione la Corte ha precisato che, in ogni caso, mancherebbe il presupposto della "eadem ratio", posto che il decorso del tempo potrebbe far venir meno l'interesse dello Stato alla punizione, ma non quello di eliminare dal territorio un manufatto abusivo).

IN FATTO E DIRITTO

Il tribunale di Torre Annunziata, quale giudice dell'esecuzione, con provvedimento del 24 marzo del 2009, respingeva la richiesta avanzata nell'interesse di D.C., diretta ad ottenere la revoca,a norma dell'art. 172 c.p., dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo disposto con la sentenza di condanna divenuta irrevocabile il 19 settembre del 1998.

Ricorre per cassazione il D. per mezzo del proprio difensore deducendo violazione di legge per avere il tribunale omesso di applicare il disposto dell'art. 172 c.p..

Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza del motivo.

L'ordine di demolizione emesso dal giudice penale L. n. 47 del 1985, ex art. 7, u.c., (ora D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 9) costituisce un provvedimento formalmente giurisdizionale e sostanzialmente amministrativo, giacchè la demolizione delle opere edilizie abusive non configura una sanzione penale ma deve qualificarsi come sanzione amministrativa, eccezionalmente attribuita alla competenza concorrente dell'autorità giudiziaria penale. Ne consegue che ad esso non sono applicabili neppure in via analogica le norme relative all'estinzione della pena e segnatamente quella invocata dal ricorrente. Inoltre, anche a volere ritenere applicabile l'analogia in relazione alle cause estintive del reato, mancherebbe,come rilevato dal procuratore generale, lo stesso presupposto dell'analogia ossia l'eadem ratio, posto che il decorso del tempo potrebbe fare venire meno l'interesse dello Stato alla punizione, ma non quello di eliminare dal territorio un manufatto abusivo.

Dall'inammissibilità del ricorso discende l'obbligo di pagare le spese processuali e di versare una somma, che stimasi equo determinare in Euro 1.000,00, in favore della Cassa delle Ammende, non sussistendo alcuna ipotesi di carenza di colpa del ricorrente nella determinazione della causa d'inammissibilità secondo l'orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 186 del 2000.

P.Q.M.

LA CORTE Letto l'art. 616 c.p.p. DICHIARA Inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2009.