Consiglio di Stato Sez. IV n. 3870 del 17 maggio 2022
Rifiuti.Competenza statale
La tutela dell’ambiente è materia di esclusiva competenza statale, ex art. 117, comma secondo, lett. S), Costituzione. La disciplina dei rifiuti, quanto alle caratteristiche proprie che lo compongono e lo definiscono, rientra nella citata materia poiché la definizione delle caratteristiche proprie dei rifiuti impinge, in modo prevalente, sulla capacità di incidenza e di impatto che i rifiuti hanno sull’habitat naturale e civile. Per esse, quindi, necessita una normazione generale, valevole sull’intero territorio nazionale, non potendo l’ordinamento tollerare che le caratteristiche intrinseche di un rifiuto, ai fini del suo trattamento, possano essere diversificate a seconda della diversa convenienza, opportunità o percezione avvertita dai singoli enti territoriali.
Pubblicato il 17/05/2022
N. 03870/2022REG.PROV.COLL.
N. 01658/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1658 del 2016, proposto dalla Regione Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luisa Londei, Andrea Manzi, Francesco Zanlucchi, Ezio Zanon, con domicilio eletto presso lo studio Andrea Manzi in Roma, via Federico Confalonieri 5;
contro
la Biocalos S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Lorenzo Anelli, Mauro Ferruzzi, Mario Barioli, con domicilio eletto presso lo studio Lorenzo Anelli in Roma, piazza dell'Orologio, 7;
nei confronti
della Provincia di Rovigo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Nicola Massafra, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, largo Ecuador 6, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Eliana Varvara, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Nicola Massafra in , ;
della Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) – Veneto, non costituita in giudizio;
del Comune di Canda, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (sezione terza) n. 00782/2015, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della società Biocalos S.r.l. e della Provincia di Rovigo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 aprile 2022 il consigliere Giuseppe Rotondo; viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.Con ricorso allibrato al nrg 976 del 2009 (composto da ricorso principale e due ricorsi per motivi aggiunti), la Società Biocalos Srl - titolare e gestore di un impianto di compostaggio sito in Comune di Canda (RO), presso il quale viene svolta l’attività di trattamento di rifiuti organici non pericolosi in regime semplificato - adiva il Tar per il Veneto per ottenere l’annullamento dei seguenti atti:
1.a. deliberazione della Giunta provinciale di Rovigo n. 20, prot. 4938 del 4 febbraio 2009, recante diniego di approvazione del progetto di adeguamento e di compatibilità ambientale dell'impianto di compostaggio;
1.b. deliberazione della Giunta Provinciale di Rovigo n. 154, prot. n. 26796 del 27 maggio 2009, recante nuovo diniego di approvazione del progetto di adeguamento e di compatibilità ambientale dell'impianto di compostaggio;
1.c. provvedimento prot. GE/2010/38430 del 7 luglio 2010, nella parte in cui il dirigente dell’Area Ambiente della Provincia di Rovigo, diffidava la ricorrente a 4) “…completare la produzione dei lotti utilizzando quantità di sovvalli tali da riportare la percentuale dei medesimi rispetto alla frazione verde entro il limite massimo del 50%, come previsto dalla DGRV n. 568/2005; per quanto riguarda i lotti già prodotti ed in fase di maturazione alla data di ricevimento della presente, a subordinarne l’utilizzo alla preventiva verifica del rispetto dei limiti previsti dalla normativa in materia di fertilizzanti (D.lgs. n. 75 del 29.4.2010)”, nonché del punto 7 lett. c) dell’allegato 1 alla DGRV n. 568/2005.
2. Il giudizio di primo grado s’incentrava, in particolare, sullo scrutinio di legittimità dell’accertamento eseguito da ARPAV che, a seguito di un sopralluogo, rilevava nella gestione del materiale trattato per la realizzazione del compost di qualità la inosservanza dei rapporti ponderali della miscela, così come prescritto al punto 7 lettera c) dell’allegato 1 della DGRV n. 568/2005, in particolare per quanto riguarda le percentuali di sovvalli derivanti dalla vagliatura finale, i quali non possono superare il 50% della frazione verde (e non del totale dei rifiuti conferiti).
2.1. L’ARPAV diffidava, pertanto, la ricorrente (punto 4) a “…completare la produzione dei lotti utilizzando quantità di sovvalli tali da riportare la percentuale dei medesimi rispetto alla frazione verde entro il limite massimo del 50%, come previsto dalla DGRV n. 568/2005; per quanto riguarda i lotti già prodotti ed in fase di maturazione alla data di ricevimento della presente, a subordinarne l’utilizzo alla preventiva verifica del rispetto dei limiti previsti dalla normativa in materia di fertilizzanti (D.lgs. n. 75 del 29.4.2010)”.
2.2. Con la delibera n. 568/2005, la Giunta regionale Veneto aveva, infatti, approvato la direttiva tecnica recante le norme e gli indirizzi operativi per la realizzazione e la conduzione degli impianti di recupero e trattamento delle frazioni organiche dei rifiuti urbani e altre matrici organiche mediante compostaggio, biostabilizzazione e digestione anaerobica.
2.3. Il punto 7 della delibera regionale impugnata riguardava l’ipotesi in cui, nell’ambito del procedimento per la produzione di ACQ (Ammendante Compostato di Qualità), vengano riutilizzati i sovvalli, ossia gli scarti lignocellulosici ottenuti dopo la vagliatura finale del prodotto: in tale caso la presenza di tali sostanze (disponeva la direttiva tecnica regionale) non avrebbe potuto superare il 50% della frazione verde ed avrebbe dovuto essere preventivamente pulita dai residui plastici mediante idoneo trattamento.
2.4. Tale delibera (relativamente al punto 7, lettera c, dell’allegato 1) e la pedissequa diffida (nella parte in cui imponeva la richiamata prescrizione) venivano impugnate con un secondo ordine di motivi aggiunti (sopra, par. 1.c.) per: i) violazione ed omessa applicazione dell’art. 19, D.lgs. 22/97, oggi sostituito dall’art. 195 del D.lgs. 152/2006; dell’art. 1 del DM 5 febbraio 1998 e relativo allegato; ii) violazione ed omessa applicazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione; iii) violazione e falsa applicazione dell’art.4, L.r. Veneto 3/2000; iv) eccesso di potere.
2.5. La ricorrente contestava la prescrizione contenuta al punto 7 della delibera regionale sul presupposto che la stessa avrebbe esorbitato dalle finalità cui la direttiva medesima era rivolta. Tale direttiva, infatti, avrebbe avuto unicamente lo scopo di disciplinare la realizzazione degli impianti di recupero e trattamento delle frazioni organiche dei rifiuti, la conduzione operativa degli impianti e le caratteristiche dei prodotti ottenuti, senza tuttavia poter entrare nell’ambito della definizione delle caratteristiche sostanziali che deve assumere la miscela per la produzione dell’ACQ o, comunque, in generale per la produzione del compost.
2.6. La deliberazione regionale, nonostante emanata in applicazione della legge regionale n. 3 del 2000, recherebbe, pertanto, prescrizioni in violazione del sistema di ripartizione delle competenze, fra Stato e Regioni, in materia di trattamento dei rifiuti e più in generale di tutela ambientale, essendo intervenuta su profili, quali sono le caratteristiche tecniche dei rifiuti da sottoporre a trattamento, che, proprio al fine di rendere omogeneo il livello di tutela ambientale su tutto il territorio nazionale, risulterebbero riservate all’amministrazione statale.
3. Si costituivano la regione Veneto e la Provincia di Rovigo per resistere al ricorso.
4. Il Tar, con sentenza n. 785/2015:
- dichiarava improcedibile il ricorso introduttivo e il ricorso recante i primi motivi aggiunti (sopra par. 1.a-1.b), “a seguito dell’avvenuto riconoscimento da parte della Provincia delle pretese avanzate dalla ricorrente”;
- superava i dubbi di ammissibilità relativi alla proposizione dei secondi motivi aggiunti (sopra, par. 1.c);
- richiamati i principi affermati nella sentenza Corte Costituzionale n. 58 del 10 aprile 2015, accoglieva il ricorso recante i secondi motivi aggiunti dedotti avverso la delibera regionale e la diffida provinciale che ne aveva dato applicazione, sul presupposto che la Regione, intervenendo a disciplinare la gestione dei rifiuti all’interno degli impianti di trattamento, con le prescrizioni contestate, sarebbe andata “oltre le proprie competenze, incidendo, per finalità di tutela ambientale, sulle caratteristiche stesse del rifiuto da trattare, così incorrendo nei vizi denunciati”.
5. Appella la Regione Veneto, che censura la sentenza per violazione, erronea interpretazione e applicazione dell’art. 19, D.Lgs n. 22 del 1997 nonché degli artt. 195 e 196 del D.Lgs n. 152 del 2006.
5.1. L’Ente regionale sostiene che, nel disciplinare la realizzazione di impianti di trattamento e recupero di rifiuti organici tramite processo di compostaggio, non avrebbe mai esorbitato dalle proprie, specifiche competenze, “non avendo inciso in alcun modo sulle caratteristiche proprie del rifiuto oggetto di trattamento”.
In particolare, l’Ente regionale sostiene quanto segue.
5.2. La divisata deliberazione avrebbe fornito soltanto indicazioni tecniche per la realizzazione e conduzione di impianti di recupero e trattamento delle frazioni organiche dei rifiuti urbani mediante compostaggio, biostabilizzazione e digestione anaerobica, in attuazione di competenze specifiche ed esclusive delle regioni, secondo quanto stabilito dall’art. 196, comma1, lett. d)-e) del D.Lgs n. 152 del 2006.
5.3. Tali prescrizioni sarebbero inerenti al “buon andamento del processo di ACQ (acronimo di Ammendante Compostato di Qualità)”.
5.4. Lo scopo della direttiva tecnica regionale di cui all’allegato 1 della deliberazione regionale n. 586 del 2005 sarebbe, infatti, quello di disciplinare la conduzione operativa degli impianti di recupero e di trattamento (aerobico e anaerobico) delle frazioni organiche dei rifiuti, fornendo le prescrizioni operative necessarie ad attenuare l’impatto ambientale degli impianti, senza prevaricare in alcun modo le competenze statali in materia.
5.5. La Regione, pertanto, avrebbe esercitato i poteri di regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, secondo quanto stabilito nell’art. 19, comma 1, D.Lgs n. 22 del 1997 (ratione temporis vigente).
5.6. Segnatamente, l’art. 18, comma 2, lett. a), del D.lgs n. 22 del 1997 devolveva allo Stato la competenza circa l’adozione delle norme tecniche per la gestione dei rifiuti; l’art. 19, riservava, invece, alle Regioni la regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresa l’autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti. Tale riparto di competenze è stato, poi, mantenuto anche dal successivo D.Lgs n. 152 del 2006 (artt. 195, comma 2, lett. a) e 196, comma 1).
5.7. La normativa nazionale nulla direbbe riguardo ai controlli di processo necessari per prevenire impatti ambientali, in questo caso soprattutto di tipo odorigeno.
5.8. La valutazione delle migliori tecniche disponibili sarebbe argomento fondante la fase istruttoria per il rilascio del titolo autorizzativo, questo contenente le prescrizioni gestionali ritenute necessarie per garantire un corretto andamento del processo di trattamento dei rifiuti; le modalità di costituzione della miscela rappresenterebbero, quindi, una parte fondamentale per consentire il corretto svolgimento del processo di compostaggio, le cui prescrizioni avrebbero la finalità di garantire il rispetto dei criteri stabiliti dallo Stato, fornendo modalità omogenee sul territorio regionale per l’autorizzazione e il controllo degli impianti di trattamento dei rifiuti organici.
6. Si sono costituiti la Società Biocalos s.r.l. e la Provincia di Rovigo, quest’ultima per censurare la statuizione di condanna alle spese disposta dal Tar nei suoi confronti, ritenuta ingiusta perché “non poteva, né spettava ad essa, sindacare sulla competenza o meno della Regione Veneto nell'emanazione della Delibera oggetto d'impugnazione, ma doveva solamente applicarla”, a fronte di attività vincolata; il proprio atto, infatti, “è stato parzialmente annullato per illegittimità derivata dall'avvenuta dichiarazione di illegittimità per incompetenza della DGRV”.
7. Con ordinanza presidenziale n. 108/2021, sono stati disposti incombenti istruttori per acquisire la manifestazione di interesse alla definizione del giudizio.
8. Regione Veneto e Biocalos srl hanno confermato la persistenza dell’interesse.
9. Le parti hanno depositato memorie in date 18 marzo 2022 (Provincia Rovigo e Biocalos srl) e 21 marzo 2022 (Regione Veneto).
10. All’udienza del 21 aprile 2022, la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
11. La questione controversa concerne l’inquadramento del riparto di competenze tra Stato e Regione in materia di gestione dei rifiuti e non può prescindere dall’esatta qualificazione delle prescrizioni tecniche impartite con la direttiva regionale oggetto di impugnativa.
11.1. La Società appellata sostiene che la direttiva n. 568/2005 avrebbe preteso di dettare le caratteristiche sostanziali del rifiuto da trattare, in tal modo invadendo la competenza esclusiva dello Stato.
11.2. La Regione appellante, viceversa, deduce che la suddetta direttiva sarebbe stata emanata in attuazione delle proprie competenze relative alla gestione degli impianti di rifiuti, senza incidere in alcun modo sulle caratteristiche proprie dei rifiuti oggetto di trattamento e, quindi, sulla materia ambientale.
12. L’appello è infondato.
12.1. Come correttamente evidenziato dal Tar, secondo la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale (da ultimo, sentenza 11 marzo 2015, n. 58), la disciplina dei rifiuti è riconducibile alla «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema», di competenza esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., anche se interferisce con altri interessi e competenze, di modo che deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale, ferma restando la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali.
12.2. La Corte, al fine di trovare una composizione a tale interferenza, ha richiamato costantemente il principio di prevalenza utilizzato quando appaia evidente l’appartenenza del nucleo essenziale di un complesso normativo ad una materia piuttosto che ad altre, ovvero quando l’azione unitaria dello Stato risulti giustificata dalla necessità di garantire livelli adeguati e non riducibili di tutela ambientale su tutto il territorio nazionale.
12.3. Il richiamo al principio di prevalenza vuole, appunto, risolvere l’inevitabile interferenza che può generarsi tra titoli di competenza formalmente attribuiti allo Stato (tutela dell'ambiente) e titoli assegnati in via concorrente alle Regioni (tutela della salute, governo del territorio).
12.4. La tutela dell’ambiente è materia di esclusiva competenza statale, ex art. 117, comma secondo, lett. S), Costituzione.
12.5. La disciplina dei rifiuti, quanto alle caratteristiche proprie che lo compongono e lo definiscono, rientra nella citata materia poiché la definizione delle caratteristiche proprie dei rifiuti impinge, in modo prevalente, sulla capacità di incidenza e di impatto che i rifiuti hanno sull’habitat naturale e civile.
12.6. Per esse, quindi, necessita una normazione generale, valevole sull’intero territorio nazionale, non potendo l’ordinamento tollerare che le caratteristiche intrinseche di un rifiuto, ai fini del suo trattamento, possano essere diversificate a seconda della diversa convenienza, opportunità o percezione avvertita dai singoli enti territoriali.
13. La Regione Veneto ritiene, invero, che le divisate prescrizioni (punto 7, lett. C, allegato 1) si sarebbero limitate a dettare criteri omogenei di autorizzazione e controllo degli impianti valevoli sull’intero territorio regionale.
14. L’assunto non è condiviso dal Collegio.
14.1. La Regione ha operato nel dichiarato scopo di prevenire impatti ambientali (id est, di tipo odorigeno).
A tal fine, essa ha introdotto specifici limiti per l’ulteriore lavorazione dei sovvalli, ribadendo di farlo al fine di non creare un prodotto pregiudizievole per l’ambiente.
L’Ente regionale è, in questo modo, intervenuto non già sull’autorizzazione ovvero sulle modalità di rilascio del titolo e sull’esercizio dell’impianto, bensì sulla conformazione delle caratteristiche del prodotto, modificandone, nell’ambito del perimetro territoriale di riferimento, la composizione rilevante ai fini del trattamento e dello scarto.
Così facendo, tuttavia, la Regione ha finito per incidere su profili che spettano all’autorità statale, essendo a questa devoluto il compito di fissare le caratteristiche dei rifiuti da trattare e lavorare all’interno degli impianti.
14.2. Tanto si evince per tabulas laddove la direttiva tecnica ha reso “necessario che la miscela a inizio processo presenti le seguenti caratteristiche: a) umidità iniziale indicativamente compresa tra 50% e 65%; b) C/N indicativamente compreso tra 20 e 30; c) frazione verde o residui lignocellulosici, come definiti al punto 3.10, non inferiori al 30% (…); nel caso di utilizzo sovvalli, cioè degli scarti lignocellulosi ottenuti dopo la vagliatura finale del prodotto, questi non possono superare il 50% della frazione verde e devono essere preventivamente puliti dai residui plastici mediante idoneo trattamento”.
14.3. La circostanza trova conferma nella parte motiva della deliberazione n. 568/2005, laddove si precisa che la direttiva ha inteso dettare “le prescrizioni operative necessarie ad attenuare l’impatto ambientale degli impianti” (…) “al solo fine di provvedere ad una maggior cura di interessi funzionalmente collegati con quelli ambientali”.
14.4. Sennonché, la definizione, la composizione, il modo di preparazione e dei componenti essenziali, il titolo minimo in elementi o sostanze utili, e ancora i criteri concernenti la valutazione, i requisiti richiesti, il carico di umidità del rifiuto formano oggetto di regolamentazione statale, in quanto afferente materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato ex art. 117, comma secondo, lett. s), Costituzione; funzione, questa, esercitata dallo Stato ratione temporis con il D.M. 5 febbraio 1998 e, da ultimo, con il D.Lgs n. 75 del 2010 (recante il riordino e la revisione della disciplina in materia di fertilizzanti , a norma dell’art. 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88), a mezzo dei quali lo Stato ha disciplinato gli “Ammendanti” quanto alle caratteristiche sopra indicate.
15. La direttiva regionale viola, dunque, il regime delle competenze fissato a livello costituzionale, laddove introduce a livello territoriale, nel pur dichiarato intento di disciplinare l’esercizio dell’impianto, prescrizioni che, in realtà, caratterizzano il rifiuto in distonia con l’esigenza di una superiore e omogenea regolamentazione di livello nazionale, spettante allo Stato ex art. 117 Cost., in quanto afferente ad una materia di propria, esclusiva competenza; prescrizioni che attengono, invero, non già al “come” gestire l’impianto (di competenza regionale), bensì a “cosa” utilizzare nell’impianto medesimo (prerogativa statale); con ciò, violando l’art. 18 del D.Lgs n. 22 del 1997 (ratione temporis vigente) nonché il D.M. 5 febbraio 1998.
16. In conclusione, per quanto sin qui argomentato, l’appello proposto dalla Regione Veneto è infondato e deve essere, pertanto, respinto.
17. Va respinta, infine, la domanda formulata dalla Provincia di Rovigo di riforma della sentenza appellata nella parte relativa alla statuizione di condanna alle spese del giudizio dell’Ente provinciale. Tale domanda, infatti, è stata presentata con memoria di costituzione non notificata a controparti.
18. Le spese di giudizio si liquidano così come in dispositivo, in misura corrispondente al minimo previsto dai parametri del D.M. 8 marzo 2018, n. 37, per una causa di valore indeterminabile e di media difficoltà.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la Regione Veneto al pagamento delle spese processuali che si liquidano, in favore della Società Biocalos s.r.l., in complessivi euro 10,000,00 (diecimila/00) oltre accessori di legge, spese generali e C.U. se dovuto.
Spese compensate nei confronti della Provincia di Rovigo.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2022 con l'intervento dei magistrati:
Luca Lamberti, Presidente FF
Francesco Gambato Spisani, Consigliere
Alessandro Verrico, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore
Michele Conforti, Consigliere