Cass. Sez. III n. 40532 del 1 ottobre 2014 (Ud 11 giu 2014)
Pres. Fiale Est. Scarcella Ric. Avesani ed altro
Rifiuti. Pollina

Le materie fecali (tra cui rientra la pollina) sono escluse dalla disciplina dei rifiuti di cui al D.Lgs. n.152 del 2006 a condizione che provengano da attività agricola e che siano effettivamente riutilizzate nella stessa attività (nel caso di specie, la pollina proveniva da attività agricola ed era effettivamente riutilizzata nella medesima attività. Secondo la Corte il fatto rientra nella nuova previsione del comma 2 dell'art. 29- quattuordecies, d. Igs. n. 152/2006, con conseguente intervenuta depenalizzazione)

RITENUTO IN FATTO

1. A.G. e C.G. hanno proposto separati ricorsi, a mezzo del difensore fiduciario cassazionista, avverso la sentenza del tribunale di MANTOVA, emessa in data 22/01/2013, depositata in data 29/01/2013, con cui gli stessi sono stati condannati alla pena di 5.000,00 Euro di ammenda ciascuno, per non aver osservato le prescrizioni dell'A.I.A. n. 012092 del 18/10/2007 della Reg.

Lombardia e, segnatamente, per aver effettuato, in periodi di divieto, lo scarico di pollina fresca non ancora stata in concimaia per i previsti 90 gg. sui campi ubicati in loc. (OMISSIS), di proprietà di An.Li. (fatto contestato come commesso il (OMISSIS)).

2. Con i ricorsi, proposti a mezzo del difensore fiduciario cassazionista dell'imputata, viene dedotto un unico, articolato, motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p..

2.1. Deducono, con tale motivo, il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., lett. e), sub specie di vizio di motivazione.

La censura investe l'impugnata sentenza per aver il giudice pronunciato condanna per il reato ascritto ad entrambi gli imputati con motivazione contraddittoria ed incompleta, non avendo attribuito il giudice nessuna rilevanza alla testimonianza del teste della difesa ed alla documentazione prodotta, omettendo un approfondito esame; quanto, infatti, allo spandimento di pollina fresca non depositata per i previsto gg. 90, il giudice avrebbe avallato quanto sostenuto dal ct. della difesa che ha riferito che è fatto obbligo all'azienda di disporre di stoccaggi per un'autonomia minima (90 gg.), non esistendo però un divieto di spargere la pollina non stoccata per 90 gg.; quanto, invece, all'altra contestazione di aver violato il divieto di spargimento della pollina nel mese di agosto, il giudice non avrebbe minimamente esaminato la testimonianza difensiva e la documentazione prodotta; in particolare, quanto al teste (dott. B.) questi ha precisato di aver presentato il 4/03/2009 per conto dell'azienda la modifica non sostanziale dell'a.i.a. in seguito alla presentazione del piano di spandimento dei reflui zootecnici, come documentato dalla difesa con deposito della relativa istanza registrata presso il Comune di (OMISSIS) ed agli altri Enti competenti (Provincia di Mantova e ARPA di Mantova); nel 2009 il gestore dell'impianto, ossia il C., avrebbe poi depositato un nuovo piano di spandimento dei reflui, in sostituzione di quello del 2007; orbene, muovendo dall'assunto per il quale gli obblighi nascono in capo al gestore dell'impianto con la presentazione del piano di spandimento (riguardante solo la gestione del refluo zootecnico, mentre l'A.I.A. riguarda tutta la gestione ambientale dello stabilimento), il piano di spandimento del 2009 non prevedeva un calendario per la distribuzione della pollina, in quanto la regione Lombardia prevede un calendario di distribuzione solo per i reflui liquidi perchè ritenuti più pericolosi per la contaminazione delle falde o delle acque superficiali (e la pollina è materiale solido e non liquido); nella Regione Lombardia l'unico elemento normativo in materia di spandimento dei reflui zootecnici è sancito da un D.M. aprile 2006 unito alla Delib. G.R. 21 novembre 2007, n. 8/5868 che vieta lo spandimento dei reflui zootecnici nel periodo invernale dal 1 dicembre al 28 febbraio; la sentenza impugnata, contraddittoriamente, avrebbe valutato quanto sopra solo per l'accertamento di una condotta contestata ai ricorrenti senza considerarlo per l'altra condotta; nè, si osserva, il mero riferimento alla pag. 13 dell'allegato tecnico all'A.I.A. del 2007 sarebbe sufficiente per ritenere motivata la sentenza, atteso che dovrebbe essere letta anche la pag. 12 del medesimo allegato, in cui nel paragrafo "prescrizioni" manca qualsiasi obbligo di seguire un calendario di distribuzione o divieto temporale come, ancora, sarebbe erroneo considerare come prova decisiva per la condanna il calendario di distribuzione dei reflui riportato alla pag. 13 dell'allegato tecnico 2009 dell'a.i.a., ritenendo che si riferisca esplicitamente sia ai materiali solidi che a quelli liquidi; la lettura del predetto calendario non sarebbe facile e semplice, ma andrebbe effettuata unitariamente alla pag. 11 del medesimo allegato tecnico per comprendere se la distribuzione mensile dei reflui riguarda quelli liquidi o quelli solidi (secondo i ricorrenti sarebbe chiaro che riguardi i reflui liquidi calcolati in 332,17 mc, mentre quelli solidi, tra cui l'apollina, risulterebbero calcolati in 145 mc.). In secondo luogo, con riferimento alla posizione del ricorrente A., si contesta l'affermazione di responsabilità del medesimo, atteso che il reato è proprio del "gestore dell'impianto" e tale qualifica spetta al C. e non all' A.;

Infine, per entrambi i ricorrenti, viene censurata la motivazione della sentenza quanto alla determinazione della pena irrogata, non venendo specificati i motivi della mancata concessione dell'art. 62 bis c.p., nè sarebbe idoneo il richiamo alla irrilevanza dell'incensuratezza per la concessione delle stesse come, del resto, nemmeno il riferimento generico all'art. 133 bis c.p. sarebbe idoneo allo scopo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso dev'essere accolto, anche se per ragioni diverse da quelle oggetto dei motivi proposti.

4. Ed invero, il fatto oggetto di contestazione rientra nel D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 29-quattuordecies, nuovo comma 2 oggi sanzionato solo amministrativamente per effetto delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 46 del 2014, in vigore dall'11 aprile 2014.

A tal proposito, occorre precisare che il D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 (recante Attuazione della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali: G.U. Serie Generale n. 72 del 27 marzo 2014 - Suppl. Ordinario n. 27), entrato in vigore l'11/04/2014, all'art. 7, comma 13 riscrive l'art. 29-quattuordecies al fine di rendere le sanzioni previste per gli impianti soggetti ad AIA più proporzionali e più coordinate con le sanzioni previste da discipline specifiche.

In particolare, per quanto qui di interesse, l'art. 29- quattuordecies, novellati commi 2, 3 e 4 sono volti a graduare le sanzioni per il mancato rispetto delle prescrizioni dell'AIA. Rispetto al testo previgente viene ridotta la sanzione genericamente prevista (il comma 2 prevede, in proposito, una depenalizzazione, sostituendo l'ammenda di 5.000-26.000 Euro, con una sanzione amministrativa pecuniaria di 1.500-15.000 Euro), mentre viene aumentata la sanzione nei casi di maggior pericolo (la sanzione massima viene prevista dal comma 4 per una serie di casi tra i quali ricadono quelli previsti dal comma 1, vale a dire gestione di rifiuti pericolosi o scarichi di sostanze pericolose, e in misura analoga a quella prevista dal medesimo comma 1).

La nuova disciplina è, pertanto, così articolata: il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 29-quattuordecies, comma 2 come modificato dal D.Lgs. n. 46 del 2014, prevede la sola sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 Euro a 15.000 Euro "Salvo che il fatto costituisca reato", nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall'autorità competente.

Il successivo comma 3, invece, prevede "Salvo che il fatto costituisca più grave reato" l'applicazione della sola pena dell'ammenda da 5.000 Euro a 26.000 Euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall'autorità competente nel caso in cui l'inosservanza: a) sia costituita da violazione dei valori limite di emissione, rilevata durante i controlli previsti nell'autorizzazione o nel corso di ispezioni di cui all'art. 29- decies, commi 4 e 7, a meno che tale violazione non sia contenuta in margini di tolleranza, in termini di frequenza ed entità, fissati nell'autorizzazione stessa; b) sia relativa alla gestione di rifiuti;

c) sia relativa a scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all'articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa.

Infine, il successivo comma 4 prevede un trattamento sanzionatorio più elevato (ammenda da 5.000 Euro a 26.000 Euro ed arresto fino a due anni) nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell'autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall'autorità competente nel caso in cui l'inosservanza sia relativa: a) alla gestione di rifiuti pericolosi non autorizzati; b) allo scarico di sostanze pericolose di cui alle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla Parte Terza; c) a casi in cui il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa; d) all'utilizzo di combustibili non autorizzati.

La fattispecie oggetto di esame da parte di questa Corte, peraltro, non rientra in alcuna delle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 29-quattuordecies, commi 3 e 4 in quanto riguarda l'inosservanza della prescrizione autorizzativa contenuta nell'A.I.A. per aver effettuato, in periodi di divieto, lo scarico di pollina fresca non ancora stata in concimaia per i previsti 90 gg. sui campi di proprietà della An.. Non può, peraltro, nemmeno ritenersi che la fattispecie rientri nella previsione di cui al comma 3, lett. b), atteso che, pacificamente, la giurisprudenza amministrativa (Cons. St., 28 febbraio 2013, n. 1230) e quella di legittimità, ritengono che le materie fecali (tra cui rientra la pollina) sono escluse dalla disciplina dei rifiuti di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006 a condizione che provengano da attività agricola e che siano effettivamente riutilizzate nella stessa attività (Sez. 3, n. 37548 del 27/06/2013 - dep. 13/09/2013, Rattenuti, Rv. 257686). E, nel caso di specie, la pollina proveniva da attività agricola ed era effettivamente riutilizzata nella medesima attività.

5. Il fatto rientra, pertanto, nella nuova previsione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 29-quattuordecies, comma 2 con conseguente intervenuta depenalizzazione e necessità di disporre l'annullamento senza rinvio dell'impugnata sentenza per non essere il fatto (costituito dalla mera inosservanza delle prescrizioni AIA o di quelle imposte dall'autorità competente, non rientrante in alcuna delle ipotesi di cui all'art. 29-quattuordecies, commi 3 e 4) più previsto dalla legge come reato.

Non contenendo, tuttavia, il D.Lgs. n. 46 del 2014 una disciplina transitoria con riferimento alla necessità di disporre la trasmissione degli atti all'autorità amministrativa competente per l'irrogazione delle nuove sanzioni amministrative introdotte dall'11 aprile 2014, trova applicazione il principio di diritto autorevolmente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui, in caso di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per non essere il fatto previsto dalla legge come reato, ma solo come illecito amministrativo, il giudice non ha l'obbligo di trasmettere gli atti all'autorità amministrativa competente a sanzionare l'illecito amministrativo qualora la legge di depenalizzazione non preveda norme transitorie analoghe a quelle di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, artt. 40 e 41 la cui operatività è limitata agli illeciti da essa depenalizzati e non riguarda gli altri casi di depenalizzazione (Sez. U, n. 25457 del 29/03/2012 - dep. 28/06/2012, Campagne Rudie, Rv. 252694).

6. L'impugnata sentenza dev'essere, conclusivamente, annullata senza rinvio per non essere più il fatto (con le specificazioni di cui sopra) previsto dalla legge come reato, formula che, nel caso in esame, si ritiene essere quella più favorevole per entrambi i ricorrenti. Ed infatti, in tema di declaratorie di cause di non punibilità, il giudice non è tenuto - qualora il fatto per cui sia stata esercitata l'azione penale non sia più previsto dalla legge come reato e la situazione probatoria, come nel caso in esame, non sia cristallizzata con i caratteri dell'evidenza - al preventivo accertamento per verificare l'insussistenza del fatto o la non attribuibilità dello stesso all'imputato prima di pronunciare la sentenza assolutoria, atteso che sarebbe ultronea e defaticante, qualsiasi indagine in relazione ad un fatto al quale la legge non attribuisce più un significato penalmente rilevante (Sez. 5, n. 4349 del 28/10/2008 - dep. 30/01/2009, Carloni e altri, Rv. 242955).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l'impugnata sentenza perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Così deciso in Roma, il 11 giugno 2014.
Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2014