BREVI CONSIDERAZIONI IN MERITO ALLO SCHEMA DEL NUOVO D.LGS. SULLE BONIFICHE
del Dott. Marco SANNA La bonifica dei siti inquinati è senza ombra di dubbio uno degli argomenti di discussione più importanti di tutto il diritto ambientale.
La fattispecie, introdotta per la prima volta in Italia nel 1997, è regolata dall’art. 17 del d.lgs. 22/97 (il c.d. decreto Ronchi). Il Parlamento, lo scorso dicembre, ha approvato la legge delega n. 308/04, autorizzando il Governo ad emanare (entro 18 mesi) i testi unici che riformeranno tutta la materia. Per far ciò, il Governo si è avvalso della consulenza di una commissione ad hoc composta da 24 “saggi”.
Gli schemi di decreto elaborati dalla commissione sono diventati di pubblico dominio lo scorso 12 settembre, essendo stati resi disponibili dal WWF nel proprio sito internet.
Tralasciando le considerazioni sul metodo e sulla tempistica adottati per giungere agli schemi di decreto, è oggi possibile esaminare i testi rilasciati dalla soprascritta commissione, cercando di evidenziare i principali cambiamenti che investiranno la disciplina ed elaborando le prime, pur necessariamente parziali, impressioni.
Innanzi tutto la terminologia adottata: non si parla più di “siti inquinati” ma di “siti contaminati”. La nuova denominazione si rifà, correttamente, all’aggettivo anglosassone “contaminated” e non “polluted” usato, invece, più comunemente per l’inquinamento delle acque.
Restano dubbi, invece, sulla collocazione della disciplina delle bonifiche all’interno di quella più generale dei rifiuti. A parere di chi scrive è un’occasione persa per separare definitivamente le due discipline troppo spesso erroneamente sovrapposte (l’inquinamento da rifiuti è solo UNO dei possibili casi che possono portare all’obbligo di bonifica). A parziale mitigazione di ciò, si può notare che le bonifiche occupano un intero titolo del decreto (il quinto) e che sono disciplinate (con l’esclusione delle sanzioni) interamente all’interno di esso.
Passiamo ad esaminare gli aspetti fondamentali del nuovo decreto.

L’analisi di rischio
Quello più importante è senz’altro l’introduzione dell’analisi di rischio e l’individuazione delle “concentrazioni soglia di contaminazione” (CSC) e delle “concentrazioni soglia di rischio” (CSR). Con il metodo dell’analisi di rischio, la qualifica di inquinato attribuita ad un sito non sarà più legata solamente a meri valori tabellari, bensì potrà essere modulata tenendo presenti numerosi parametri rilevanti dal punto di vista della salute umana e dell’ambiente.
Con questa impostazione, anche l’Italia si avvicina a quanto stabilito dalla recente direttiva sul danno ambientale 2004/35/CE.
Il superamento delle soglie di contaminazione non produrrà immediatamente l’obbligo di bonifica; bisognerà attendere le successive indagini ed analisi che determineranno l’esistenza o meno del danno ambientale.
Sparisce quindi l’equazione “superamento dei limiti = danno”, presunzione portante di tutta la disciplina istituita dal combinato disposto dell’art. 17 d.lgs. 22/97 e del D.M. 471/99.

Siti dismessi o in esercizio
Seconda novità. Per la prima volta si fa la distinzione fra sito dismesso e sito con attività in esercizio, rimediando ad una delle sviste più importanti della disciplina vigente. Per i siti con attività in esercizio (e quindi le aree economicamente ancora attive) il decreto propone un’alternativa alla bonifica: la messa in sicurezza operativa. Con questo intervento, la bonifica potrà avvenire alla cessazione dell’attività produttiva, rimandando a tale momento l’invasività caratteristica delle opere di bonifica e non costringendo alla chiusura totale di impianti capaci ancora di produrre reddito. L’unico requisito richiesto è che la messa in sicurezza operativa garantisca un elevato livello di sicurezza per le persone e per l’ambiente.

L’autocertificazione
In un sistema ad elevata ingerenza dei poteri pubblici, attuata sotto forma di autorizzazioni e controlli, qual è quello delle bonifiche, l’introduzione della possibilità di autocertificare che il sito non è inquinato (rectius: che nel sito non sono state superate le CSC) produrrà sicuramente reazioni contrastanti.
Coloro i quali non ritengono sufficienti le dichiarazioni del responsabile dell’inquinamento ed il periodo di 15 giorni entro il quale svolgere i controlli sulla veridicità o meno di tali dichiarazioni, per escludere del tutto la situazione di pericolo per l’ambiente o la salute umana, non saranno sicuramente favorevoli a questa novità. Altri soggetti, da parte loro, accoglieranno di buon grado questa semplificazione.

La conferenza di servizi
Non ci sarà più la conferenza di servizi cd. “istruttoria”. Nel nuovo sistema, il documento di analisi di rischio dovrà essere approvato da una conferenza di servizi “decisoria”, convocata dalla Regione, che utilizzerà il metodo del contraddittorio per giudicare sulla bontà o meno del documento presentato dal soggetto responsabile. Ricordo che è su tale documento che si baserà la valutazione dell’esistenza della contaminazione e del correlato obbligo di bonifica.

Da quanto scritto sopra si può concludere che il legislatore ha inteso svolgere un’attività di semplificazione amministrativa accompagnata da una più attenta valutazione del caso concreto. La disciplina delle bonifiche deve riguardare, necessariamente, molteplici situazioni, spesso diverse fra loro, innescando possibili generalizzazioni che non tornano utili a nessun soggetto coinvolto (imprenditori, cittadini, enti locali, associazioni ambientaliste, ecc.). Solamente una attenta valutazione di tutti gli interessi coinvolti, esaminati caso per caso, potrà portare all’effettiva bonifica del nostro territorio. Non resta che attendere la prova dell’applicazione pratica della nuova disciplina.

Se da un lato il legislatore ha azzardato le novità importanti di cui sopra, ci si accorge facilmente che su altri temi (pur importanti) ha evitato di fornire chiarimenti.
Prima fra tutte è la questione dell'onere reale e dei privilegi, nel caso in cui la bonifica venga eseguita d'ufficio.
Nel nuovo sistema tutto è rimasto uguale: il proprietario incolpevole dovrà continuare a sopportare lo spossessamento del bene, a meno che il colpevole non si faccia avanti e rifonda il Comune delle spese sostenute. Così facendo si è persa l’occasione di distinguere fra inquinatore volontariamente inadempiente e inquinatore inadempiente perché non individuato. Dal lato del proprietario incolpevole le due situazioni si equivalgono ma, com’è intuibile, non sono identiche: nella prima un colpevole c’è, esiste, e come tale va perseguito facendo ricadere su di esso tutti i costi del disinquinamento; nella seconda il colpevole resta anonimo, pertanto la P.A. sarà (al limite) autorizzata a recuperare le spese anche dal proprietario, in considerazione del fatto che sarà proprio tale soggetto che beneficerà in primis della bonifica. E’ vero che la bonifica è attività di pubblico interesse, ed è anche vero che le esternalità negative dell’inquinamento debbano essere minimizzate, ma è altrettanto vero che il proprietario incolpevole non può pagare per chi gli ha contaminato il terreno e volontariamente non adempie. Se la sanzione penale non funziona da deterrente, molti soggetti la preferiranno alla bonifica, sapendo che il Comune è costretto a bonificare e che, alla fine, potrà rivalersi su soggetti estranei all’inquinamento. E i costi notevoli delle bonifiche rendono questo calcolo di convenienza tutt’altro che infondato.

Altra questione non affrontata correttamente è quella degli interventi ad iniziativa degli interessati. A parere di chi scrive bisognava incentivare di più tali interventi, poiché sono i soggetti interessati e non gli inquinatori a voler effettivamente le bonifiche.
Il limite di sei mesi dall’entrata in vigore del futuro decreto per poter usufruire di una possibile decorrenza più favorevole dell’obbligo di bonifica, mi sembra ben poca cosa.
La norma sulle bonifiche deve puntare, innanzi tutto, all’effettivo risanamento del territorio e all’eliminazione delle situazioni di pericolo o di danno per la salute umana e per l’ambiente, estendendo e facilitando il più possibile l’attività di bonifica, da chiunque attuata. Poi, chissà: i proprietari incolpevoli potrebbero essere maggiormente invogliati a bonificare con altri incentivi (ad esempio fornendogli strumenti idonei per recuperare il credito nei confronti dell’inquinatore) piuttosto che essere minacciati dalla spada di Damocle dell’onere reale. E’, in sostanza, il vecchio dilemma del bastone e della carota...

Dott. Marco Sanna