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Cass. Civ. Sez. 1, Sentenza n. 6616 del 29/03/2005 (Rv. 580474)
Presidente: Losavio G. Estensore: Plenteda D. Relatore: Plenteda D. P.M. Russo RG. (Diff.)
Stefanelli (Zaza D'Aulisio ed altro) contro Com. Gaeta ed altro (Non Cost.)
(Cassa e decide nel merito, Trib. Latina 30 giugno 2000)
INDUSTRIA - INDUSTRIA ALIMENTARE - IN GENERE - Obbligo di etichettatura - Disciplina ex D.Lgs. n. 109 del 1992 - Inerenza alla materia del commercio - Conseguenze - Competenza, anche sanzionatoria dello Stato e non delle Regioni o dei Comuni.

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Il D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 109, concernente il confezionamento, l'etichettatura e la pubblicità dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, reca una disciplina riferibile alla materia del commercio e della connessa protezione del consumatore (v. sent. n. 401 del 1992 della Corte costituzionale); ne consegue che la competenza, anche sanzionatoria, in materia spetta allo Stato e non anche alle Regioni o ai Comuni.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOSAVIO Giovanni - Presidente -
Dott. PLENTEDA Donato - rel. Consigliere -
Dott. ADAMO Mario - Consigliere -
Dott. CELENTANO Walter - Consigliere -
Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
STEFANELLI SALVINO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA COLA DI RIENZO 163, presso l'avvocato GIUSEPPE FRATACCIA, rappresentato e difeso dall'avvocato ZAZA D'AULISIO ALFREDO, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
COMUNE DI GAETA, DIRIGENTE POLIZIA MUNICIPALE DEL COMUNE DI GAETA;
- intimati -
avverso la sentenza n. 73/00 del Tribunale di Latina, emessa il 30/06/00;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 13/01/2005 dal Consigliere Dott. Donato PLENTEDA;
udito per il ricorrente, l'Avvocato BALDI, con delega, che ha chiesto l'accoglimento dal ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Latina, Sezione distaccata di Gaeta, in persona del giudice onorario, con sentenza 14.7.2000 ha respinto la opposizione proposta da Stefanelli Salvino alla ordinanza 7.5.1998 con cui era stata irrogata la sanzione amministrava di L. 1.500.000, emessa sul verbale del Comando Carabinieri per la Sanità - Nas di Latina, che aveva accertato a suo carico, in quanto titolare di uno stabilimento balneare in Gaeta, con annesso servizio bar, la violazione degli artt. 16, 18 1 comma D. L.gvo 27.1.1992 n. 109, per omessa esposizione del cartello riportante la indicazione degli ingredienti degli alimenti posti in vendita.
Ha disatteso la tesi che la materia fosse devoluta all'Ufficio Provinciale Industria, Commercio e Artigianato ai sensi dell'art. 29 n. 109/1992, abrogatrice del D.P.R. 322/1982, osservando che la norma invocata non aveva affatto sottratto il potere sanzionatorio agli organi comunali ai sensi delle legge 142/1990 ed ha aggiunto "nè risulta motivo di ricorso l'eventuale potere di delega sindacale da parte del dirigente della polizia municipale".
Propone ricorso per Cassazione con due motivi Stefanelli Salvino; non hanno svolto difese gli intimati Comune di Gaeta e Ufficio di Polizia urbana dello stesso Comune.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia il vizio di illogicità della motivazione della sentenza impugnata e la violazione del D. Legvo 27.1.1992 n. 109, affermando che il potere sanzionatorio attribuito agli organi comunali dalla legge 142/1990 è diverso da quello attribuito agli organi dello Stato in materia di etichettatura, presentazione e pubblicità degli alimenti; tant'è che è allo Stato che sono rimasti assegnati dall'art. 18 3^ comma D.Lgvo 109/1992 tanto l'importo delle sanzioni quanto la competenza a ricevere il rapporto in merito alle violazione, donde la inconferenza del richiamo della legge 142/1990, attesa la specialità della normativa della n. 109/1992.
Con il secondo lamenta il vizio di motivazione sotto il profilo che nessuna indagine era stata svolta sul rispetto dei limiti minimo a massimo dalla sanzione - sulla conformità a legge della sua quantificazione, che, ai sensi dell'art. 11 L. 689/1981, deve ragguagliarsi alla rilevanza obiettiva dell'illecito, alla personalità del trasgressore e alle sue condizioni economiche. Il primo motivo di ricorso è fondato.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 401/1992, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dalla Regione Toscana, dell'art. 18 3^ comma D. Lgvo 27.1.1992 n. 109, in materia di etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari, in quanto avrebbe violato gli artt. 117, 118, 121 e 97 della Costituzione, perché, attenendo le sanzioni a materia di competenza regionale (in quanto volta alla tutela igienico sanitaria di alimenti e bevande), sarebbe spettato alle regioni, ai sensi della l. 689/1981, di ricevere il rapporto da parte dell'organo o ufficio accertatore dell'infrazione, di applicare la sanzione amministrativa e di incamerare i proventi.
Ha rilevato che il decreto legislativo, nell'attuare le direttive comunitarie nn. 395 e 396 del 1989, riordinando la intera materia già disciplinata dal d.p.r. 322/1982, reca una disciplina organica relativa alla etichettatura, presentazione e pubblicità di tali prodotti "riguardata con riferimento alla materia del commercio e della connessa protezione del consumatore, tendendo ad assicurare il massimo della trasparenza nella vendita dei prodotti". Conseguentemente ha ritenuto che la materia regolata da tale normativa sia di spettanza dello Stato, tanto che l'art. 18 "attribuisce agli uffici statali implicitamente la competenza a ricevere il rapporto per le relative infrazioni ed esplicitamente quella di ricavare il versamento degli importi".
Tale principio è stato ribadito da questa Corte (Cass. 6918/1997). Contrasta, dunque, con tale orientamento, dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, la decisione impugnata, che afferma, per sino al di fuori della prospettabile alternativa tra competenza statuale e competenza regionale, un potere sanzionatorio "conferito al competenti organi comunali dalla legge 143/1990", con un assunto di tale genericità che merita, di per sè, di essere disatteso. Il secondo motivo è assorbito.
Il ricorso va, dunque, accolto e poiché non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, con l'accoglimento della opposizione alla ordinanza ingiunzione emessa dal dirigente della Polizia municipale del Comune di Gaeta il 7.5.1998 e notificata l'8 successivo.
Le spese processuali del grado di merito e del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano, quanto alle prime, in Euro 650 di cui E. 250 per diritti ed E. 350 per onorari;
e, quanto a quelle di Cassazione, in E. 600, di cui 500 per onorari e 100 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge. P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, pronunziando nel merito, accoglie la opposizione proposta da Stefanelli Salvino alla ordinanza ingiunzione 7.5.1998 del dirigente della Polizia municipale del Comune di Gaeta; condanna il Comune di Gaeta alle spese processuali del giudizio di merito, in euro 650 di cui 250 per diritti e 350 per onorari, nonché a quelle del giudizio di Cassazione in euro 600, di cui 100 per esborsi e 500 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2005.
Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2005