I rifiuti da fosse settiche sono speciali ed il produttore non è lo spurghista

di Bernardino ALBERTAZZI

LA CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI

I rifiuti sono classificati, dall’art.184 del Dlgs 152/2006 e s.m., secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi. Ai sensi del comma 2 dell’art.184 “Sono rifiuti urbani i rifiuti di cui all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter).”, e cioè:

1. i rifiuti domestici indifferenziati e da raccolta differenziata, ivi compresi: carta e cartone, vetro, metalli, plastica, rifiuti organici, legno, tessili, imballaggi, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori e rifiuti ingombranti, ivi compresi materassi e mobili;

2. i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell'allegato L-quater prodotti dalle attivita' riportate nell'allegato L-quinquies;

3. i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade e dallo svuotamento dei cestini portarifiuti;

4. i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua;

5. i rifiuti della manutenzione del verde pubblico, come foglie, sfalci d'erba e potature di alberi, nonche' i rifiuti risultanti dalla pulizia dei mercati;

6. i rifiuti provenienti da aree cimiteriali, esumazioni ed estumulazioni, nonche' gli altri rifiuti provenienti da attivita' cimiteriale diversi da quelli di cui ai punti 3, 4 e 5.

Inoltre, ai sensi del comma b-sexies) “ i rifiuti urbani non includono i rifiuti della produzione, dell'agricoltura, della silvicoltura, della pesca, delle fosse settiche, delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue, ivi compresi i fanghi di depurazione, i veicoli fuori uso o i rifiuti da costruzione e demolizione”.

La norma evidenzia che, come regola generale, le tipologie di rifiuti elencati nel comma b-sexies, non possono essere classificati come “urbani”.

Ai sensi del comma 3 sono rifiuti speciali:

a) i rifiuti prodotti nell'ambito delle attivita' agricole, agro-industriali e della silvicoltura, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2135 del codice civile, e della pesca;

b) i rifiuti prodotti dalle attivita' di costruzione e demolizione, nonche' i rifiuti che derivano dalle attivita' di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 184-bis (che disciplina il sottoprodotto);

c) i rifiuti prodotti nell'ambito delle lavorazioni industriali se diversi da quelli di cui al comma 2 1; d) i rifiuti prodotti nell'ambito delle lavorazioni artigianali se diversi da quelli di cui al comma 2;

e) i rifiuti prodotti nell'ambito delle attivita' commerciali se diversi da quelli di cui al comma 2;

f) i rifiuti prodotti nell'ambito delle attivita' di servizio se diversi da quelli di cui al comma 2;

g) i rifiuti derivanti dall'attivita' di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue, nonche' i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse settiche e dalle reti fognarie 2 ;

h) i rifiuti derivanti da attivita' sanitarie se diversi da quelli all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter); i) i veicoli fuori uso.

Il terzo comma definisce dunque molte tipologie di rifiuti speciali, per sottrazione, cioè affermando che sono speciali “se diversi dagli urbani”, e dunque consentendo al produttore la possibilità di dimostrare che sono “urbani”.

Tale modalità definitoria è utilizzata per le tipologie di cui alle lettere: c), d), e), f), mentre per i rifiuti derivanti da attivita' sanitarie, di cui alla lettera h), viene utilizzata la locuzione “se diversi da quelli all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter)”.

Sono invece rifiuti speciali “in ogni caso”, senza possibilità di dimostrare il contrario, le tipologie di cui alle lettere : a), b), g), i).

Il nuovo testo del Dlgs 152/2006, a differenza del previgente, afferma chiaramente che i rifiuti derivantidalle fosse settiche e dalle reti fognarie sono rifiuti speciali. La normativa vigente dopo l’entrata in vigore del Dlgs 116/2020, è chiarissima nell’evidenziare che i rifiuti derivanti dalle fosse settiche e dalle reti fognarie sono rifiuti speciali, mentre tale disposto non era presente nel testo previgente. Ad ulteriore conferma di ciò il cit. art. 183, comma 1, lettera b-sexies), afferma che : “ i rifiuti urbani non includono i rifiuti ..delle fosse settiche, delle reti fognarie…”.

iL PRODUTTORE DEI rifiuti da fosse settiche

Una volta assodato che i rifiuti delle fosse settiche e delle reti fognarie sono “speciali”, risulta ora opportuno evidenziare chi sia il soggetto produttore di tali tipologie di rifiuti, ed in particolare comprendere se si tratti del medesimo produttore o di tipologie di produttori diversi fra loro.

A tale proposito si deve ricordare che il comma 5 dell’articolo 230 del d.lgs. 152 del 2006 (non novellato dal Dlgs 116/2020) dispone che:

i rifiuti provenienti dalle attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie di qualsiasi tipologia, sia pubbliche che asservite ad edifici privati, si considerano prodotti dal soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva.

Tali rifiuti potranno essere conferiti direttamente ad impianti di smaltimento o recupero o, in alternativa, raggruppati temporaneamente presso la sede o unità locale del soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva.

Il soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva e' comunque tenuto all'iscrizione all'Albo dei gestori ambientali, prevista dall'articolo 212, comma 5, per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti”.

Risulta ora opportuno delineare meglio le categorie dei rifiuti derivanti dalle fosse settiche e dalle reti fognarie.

Sotto tale profilo è utile qui ricordare la recentesentenza della Corte di Cassazione Sez. III n. 52133 del 20 novembre 2018.

La Corte ha esaminato il ricorso di uno spurghista, che aveva impugnato la sentenza del tribunale di Firenze che lo aveva a condannato alla pena di 15.000 euro di ammenda per il reato di cui dall’articolo 256 primo comma, lettera a)3, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 in relazione all’articolo 81, cpv., del codice penale, per avere, nella sua qualità di legale rappresentante della ditta ….effettuato in 42 occasioni, nel periodo compreso fra settembre e dicembre 2010, su autocarri della propria ditta, uno stoccaggio non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi costituiti da “fanghi delle fosse settiche” CER 20.03.04, in assenza della prescritta autorizzazione, in quanto gli stessi venivano stoccati per un lasso di tempo superiore alle quarantotto ore previste e consentite dall'art. 193, comma 11° 4, del d.lgs. n. 152 del 2006.

Il ricorrente obiettava “che il Tribunale avrebbe disatteso la disposizione di cui al quinto comma dell’articolo 230 T.U.A. in forza del quale “i rifiuti provenienti dalle attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie di qualsiasi tipologia, sia pubbliche che asservite ad edifici privati, si considerano prodotti dal soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva.”

Sulla base di tale disposizione, il ricorrente sosteneva che, siccome avrebbe svolto attività di pulizia manutentiva, era autorizzato, rientrando nella deroga di cui all’articolo 230, comma 5, T.U.A., persino allo stoccaggio.
Secondo la Corte tale assunto è errato in diritto.

“La disposizione reclamata non è applicabile all’attività di spurgo svolta dal ricorrente il quale non ha effettuato la pulizia manutentiva di fognature (in tal caso l’autospurghista può qualificarsi “produttore” ed i rifiuti devono essere identificati col codice C.E.R. 20.03.06 quali rifiuti della pulizia delle fognature), ma ha effettuato lo spurgo di pozzi neri, fosse imofh o di bagni mobili e, dunque, deve qualificarsi “trasportatore di rifiuti prodotti da terzi” ed i rifiuti devono essere identificati col codice C.E.R. 20.03.04 (fanghi delle fosse settiche) , così come qualificati nell’imputazione.
Le specificazioni contenute nella sentenza impugnata non sono allora affatto superflue e, contrariamente all’assunto del ricorrente, vanno lette in tale senso, avendo la giurisprudenza di legittimità affermato che integra il reato previsto dall'art. 256, comma secondo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, l'abbandono incontrollato (nel caso in esame, stoccaggio) di liquami trasportati su autospurgo, in quanto sono da considerarsi rifiuti allo stato liquido i reflui stoccati in attesa di un successivo smaltimento, fuori del caso delle acque di scarico, ossia quelle oggetto di diretta immissione nel suolo, nel sottosuolo o nella rete fognaria mediante una condotta o un sistema stabile di collettamento (Sez. 3, n. 22036 del 13/04/2010, Chianura, Rv. 247627). ”.

Continua inoltre la Sentenza affermando che:

“L’articolo 230, comma 5°, d.lgs. n. 152 del 2006, come novellato ex lege n. 205 del 2010, ha stabilito, al fine di risolvere dubbi interpretativi precedenti e soprattutto esentare i gestori delle reti fognarie da adempimenti burocratici, che “i rifiuti provenienti dalle attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie di qualsiasi tipologia ... si considerano prodotti dal soggetto che svolge l'attività manutentiva”.
Dunque, come sarà più chiaro in seguito, la novella legislativa ha confermato il discrimen tra scarico e rifiuto liquido e di conseguenza resta valido l’indirizzo che configura il reato di cui all’art. 256 comma secondo del d.lgs. n. 152 del 2006 in caso di abbandono incontrollato di liquami trasportati su autospurgo "in quanto i liquami sono da considerarsi rifiuti allo stato liquido stoccati in attesa di un successivo smaltimento" (Sez. 3, n. 22036 del 13/04/2010, Chianura, cit.; Sez. 3, n. 34608 del 25/05/2011, Cannizzo, non mass.).

Infatti, come ha correttamente sostenuto il Tribunale, l’equiparazione (“Si considera…”) concettuale tra produttore del rifiuto [ex articolo 183 lett. f) per il quale è produttore del rifiuto “il soggetto la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, miscelazione o altre operazioni che modificano la natura o la composizione del rifiuto (nuovo produttore)”] e colui che svolge la pulizia manutentiva dei “rifiuti provenienti dall’attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie di qualsiasi tipologia pubblica o privata”, più che una fictio iuris altro non sarebbe che una precisazione normativa pienamente aderente alla realtà: colui che provvede alla pulizia della rete fognaria produce liquami e fanghi estratti dall’interno della rete fognaria, nel senso che rende mobile, palabile ed asportabile per il successivo trasporto un materiale che è sedimentato nella rete fognaria.
Si tratta perciò di una definizione pienamente aderente a quella dell’articolo 183 lett. f), perché il rifiuto liquido è creato dal manutentore, non già dal gestore della rete fognaria.

Ne consegue che, a seguito dell’equiparazione citata, inerente soltanto i reflui e fanghi prelevati dalle fogne, si può costituire presso il manutentore - ritenuto produttore - un deposito temporaneo, quale definito dall’articolo 183 lett. bb) d.lgs. n. 152 del 2006 come “raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti”, onde il manutentore è esonerato dell’obbligo di munirsi di autorizzazione per lo stoccaggio provvisorio.
Resta comunque a carico del manutentore l’obbligo di tracciare la movimentazione del rifiuto dal punto di prelevamento alla sua sede e l’obbligo che deriva dall’articolo 110, comma 3 5, dal momento che, altrimenti, la autospurghista potrebbe raccogliere liquami e fanghi di reti fognarie in ogni parte d’Italia e recapitarli in un solo impianto, condotta vietata anche dall’articolo 182, comma 3, decreto legislativo n. 152 del 2006.

Occorre, infatti, ribadire che la modifica dell’articolo 230, comma 5°, riguarda la pulizia delle reti fognarie, pubbliche o private, cioè quelle infrastrutture definite nell’articolo 74 della parte terza T.U.A. come “un sistema di condotte per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane” , cioè convogliamenti fissi che collegano direttamente il luogo di produzione con la rete fognaria urbana e che ricevono gli scarichi in essa recapitanti.

L'ambito della novella è allora ben specificato: nell’articolo 74 il riferimento è alle acque di scarico e non ai rifiuti liquidi, ed è l'attività di pulizia manutentiva che produce i liquami che sono rifiuti liquidi, con la conseguenza che è l'attività manutentiva la quale mobilizza sedimenti e incrostazioni, i quali devono essere gestiti quali rifiuti speciali.

Non c'è invece alcuna equiparazione con i liquami provenienti da pozzi neri, vasche imhoff, bagni mobili ecc. con le citate reti fognarie: tali contenitori non hanno alcuno scarico a dispersione diretto nel sottosuolo, né alcun collegamento diretto alla rete fognaria comunale, per cui i liquami sono, come già detto, rifiuti liquidi che l’autospurghista si limita ad aspirare e trasportare nell’autobotte; egli non effettua alcuna attività di pulizia di vasche/contenitori, bensì provvede allo svuotamento e trasporto all’impianto di depurazione/smaltimento.
Dunque, produttore del rifiuto liquido rimane colui il quale ha prodotto il rifiuto liquido (l’insieme dei condomini; il titolare del ristorante ecc. per rimanere ai soggetti indicati — giustamente — come produttori nei FIRR), e l'autospurghista è il raccoglitore/trasportatore del rifiuto liquido.

La distinzione tra l'attività di pulizia di reti fognarie che genera il rifiuto liquido e l'attività dell’autospurghista trova, quindi, conferma nel diverso identificativo CER:

20.03.06 (rifiuti della pulizia delle fognature) quanto alla prima attività;

20.03.04 (fanghi delle fosse settiche) quanto alla svuotatura di pozzi neri, fosse biologiche imhoff e bagni mobili.”
Precisa poi ulteriormente la Corte che:

“A questo riguardo anche la dottrina ha sottolineato che, alla luce, del combinato disposto degli artt. 183, comma 1 lett. f) e 266, comma 4 del TUA, per qualificare l’impresa cui è contrattualmente affidata la manutenzione di un dato impianto come “produttore” di rifiuti (provenienti dallo svolgimento delle attività manutentive) - occorre che gli interventi di manutenzione svolti siano in grado di determinare la “generazione fisica del rifiuto” e che l’impresa sia dotata della professionalità necessaria per lo svolgimento dei servizi di manutenzione affidatigli in piena autonomia gestionale, e non già come mero esecutore delle volontà/indicazioni del committente, con la conseguenza che l’attività del “manutentore” si risolve in una attività di aspirazione dei rifiuti, consistendo, fin dal primo momento, in un intervento di vera e propria gestione (raccolta) di un rifiuto preesistente .
Né, ai fini della qualifica delle imprese di manutenzione come “produttori” dei rifiuti può venire in “soccorso” la norma di cui all’articolo 230, comma 5, del TUA che disciplina esclusivamente una singola (e specifica) categoria di rifiuti da manutenzione e cioè quelli “provenienti” dalla “pulizia manutentiva delle reti fognarie di qualsiasi tipologia, sia pubbliche che asservite ad edifici privati”, prevedendo che detti rifiuti “si considerano” prodotti dal soggetto manutentore.
Anche la dottrina ha infatti segnalato che tale norma (articolo 230) si inserisce nel “solco” tracciato dall’articolo 266, comma 4, del TUA, con riferimento ad attività di manutenzione generiche, poiché, in linea con essa - che aveva già formalmente e con presunzione ex lege equiparato il soggetto che svolge attività di manutenzione al produttore del rifiuto - attribuisce al manutentore delle reti fognarie (questa volta in modo esplicito, rispetto all’articolo 266 cit.) la qualifica di “produttore” dei rifiuti provenienti (originati) dalla attività manutentiva.
Trattasi però di una norma che non può trovare applicazione con riferimento ai rifiuti aspirati dalle fosse settiche o da pozzi neri, poiché, in primo luogo, l’attività di svuotamento (mediante aspirazione) degli stessi non “genera” fisicamente alcun rifiuto (piuttosto essendo un’attività di gestione di un rifiuto esistente) cioè di raccolta e trasferimento del rifiuto e, in secondo luogo, non individua un’ipotesi di pulizia manutentiva di una rete fognaria (pubblica o privata), trattandosi di un contenitore (vasca o serbatoio) di raccolta del rifiuto che viene svuotato, dovendosi ricordare che la norma è riferita ai (soli) rifiuti da manutenzione di “reti fognarie” le quali sono definite dall’articolo 74, comma 1, lettera dd), del TUA come “un sistema di condotte per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane”.
Pertanto, tutti i rifiuti liquidi (prelevati) da fosse settiche e/o pozzi neri o comunque serbatoi non connessi mediante apposite condotte alla rete fognaria (o meglio, che non integrano una rete fognaria) non rientrano nella “speciale” disciplina introdotta nel 2010, per una fattispecie singola e ben individuata.

Ed infatti, a conferma dell’inapplicabilità del comma 5 dell’articolo 230 TUA., è sufficiente considerare che i rifiuti originati dalla “pulizia manutentiva di reti fognarie” hanno un proprio codice CER (20.03.06) distinto rispetto a quello attribuito ai rifiuti da pozzi neri (fanghi da fosse settiche, con CER 20.03.04).
Ne consegue che, alla luce delle modalità di formazione dei rifiuti accumulati nei pozzi neri e nelle fosse settiche, nonché delle modalità operative di manutenzione di detti impianti, i rifiuti raccolti nelle vasche suddette non risultano qualificabili come rifiuti da manutenzione ex artt. 183, lett. f) e 266, comma 4 del TUA, poiché non vengono fisicamente prodotti dalle attività manutentive svolte dalle imprese.
Né possono essere, per le ragioni in precedenza espresse, considerati ex art. 230, comma 5, del TUA, come rifiuti originati dalla pulizia manutentiva di reti fognarie pubbliche o private.”

CONCLUSIONI

Alla luce delle pienamente condivisibili conclusioni cui è giunta la Suprema Corte nella Sentenza sopra evidenziata, della si deve concludere che:

  • i rifiuti originati dalla “pulizia manutentiva di reti fognarie” sono rifiuti “speciali”, per chiara disposizione di legge, descritti dal codice EER 20.03.06, il produttore dei quali è il soggetto che effettua la “pulizia manutentiva delle reti fognarie”;

  • i rifiuti derivanti dall’attività di spurgo di fosse settiche sono rifiuti “speciali”, per chiara disposizione di legge, descritti dal codice EER 20.03.04, ed in tali casi produttore del rifiuto liquido rimane colui il quale ha prodotto il rifiuto liquido (l’insieme dei condomini; il titolare del ristorante ecc.), e l'autospurghista è solamente il raccoglitore/trasportatore del rifiuto liquido.

1 “2. Sono rifiuti urbani i rifiuti di cui all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter).”.

2 Lo si confronti con il previgente disposto : “g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;”.

3 “1. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito:

a) con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;”.

4 Che disponeva, al momento delle sentenza: “gli stazionamenti dei veicoli in configurazione di trasporto, nonché le soste tecniche per le operazioni di trasbordo, ivi compreso quelle effettuate con cassoni e dispositivi scarrabili non rientrano nelle attività di stoccaggio di cui all'articolo 183, collima 1, lettera aa) purché le stesse siano dettate da esigenze di trasporto e non superino le quarantotto ore, escludendo dal computo i giorni interdetti alla circolazione”.

5 “3. Il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all'autorità competente ai sensi dell'articolo 124, è comunque autorizzato ad accettare in impianti con caratteristiche e capacità depurative adeguate, che rispettino i valori limite di cui all'articolo 101, commi 1 e 2, i seguenti rifiuti e materiali, purché provenienti dal proprio Ambito territoriale ottimale oppure da altro Ambito territoriale ottimale sprovvisto di impianti adeguati:

a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura;
b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi dell'articolo 100, comma 3;
c) materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonché quelli derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l'ulteriore trattamento dei medesimi non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente.”