Consiglio di Stato Sez. IV n. 7701 del 4 dicembre 2020
Urbanistica.Decadenza del permesso di costruire ed inizio lavori                   

In materia di decadenza dalla concessione edilizia, l'effettivo inizio dei lavori deve essere valutato non in via generale e astratta, ma con specifico riferimento all’entità e alle dimensioni dell’intervento edilizio programmato e autorizzato, al fine di evitare che il termine per l'avvio dell'edificazione possa essere eluso mediante lavori fittizi e simbolici, e quindi non significativi di un effettivo intendimento del titolare del permesso di procedere alla costruzione

Pubblicato il 04/12/2020

N. 07701/2020REG.PROV.COLL.

N. 01741/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1741 del 2014, proposto dal Comune di La Spezia, in persona del Sindaco in carica pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Carrabba, Marcello Puliga, Ettore Furia e Maria Teresa Barbantini, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato Maria Teresa Barbantini in Roma, via C. Mario, n. 7,

contro

il signor Luigi Grillo e la Società A.M. Case S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Giovanni Gerbi e Giovan Candido Di Gioia, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avvocato Giovan Candido Di Gioia in Roma, piazza Mazzini, n. 27,

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Liguria, Sezione I, n.1055 del 12 luglio 2013, resa inter partes, concernente una dichiarazione di decadenza del permesso di costruire.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della società A.M. Case S.r.l. e del signor Luigi Grillo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 ottobre 2020 il consigliere Giovanni Sabbato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso n. 106 del 2013, proposto innanzi al T.a.r. per la Liguria (Sezione I), il signor Luigi Grillo e la Società A.M. Case S.r.l. avevano chiesto l’annullamento dei provvedimenti del Comune di La Spezia n. 121 del 19 novembre 2012 e n. 129 del 22 novembre 2012, recanti la dichiarazione di decadenza - per mancato inizio dei lavori entro l’anno e adozione di variante di P.u.c., recante una disciplina urbanistica incompatibile - dei permessi di costruire nn. 1147 e 1148 del 2011, rilasciati per la realizzazione di due costruzioni su terreni limitrofi e con opere di urbanizzazione condivise.

2. A sostegno dell’impugnativa, i ricorrenti avevano dedotto, nel quadro di un unico motivo di gravame, che la decadenza sarebbe stata disposta sulla base di un presupposto inesistente, riveniente nell’entrata in vigore di una disciplina urbanistica contrastante solo adottata, ed in assenza di adeguata istruttoria circa l’effettivo inizio dei lavori.

3. Costituitasi l’Amministrazione comunale resistendo, il T.a.r. adìto (Sezione I) ha così deciso il gravame al suo esame:

- ha accolto il ricorso, ritenendolo “fondato sotto l’assorbente profilo del palese difetto di istruttoria e del travisamento dei fatti acquisiti”;

- ha pertanto disposto l’annullamento degli atti impugnati;

- ha condannato l’Amministrazione comunale al rimborso delle spese di lite (€ 3.000,00).

4. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che i provvedimenti impugnati non fossero suffragati da adeguata istruttoria per: il mancato “necessario accesso diretto e completo ai luoghi di causa”; la mancata considerazione della dichiarazione di inizio lavori del 1° ottobre 201, della “demolizione di un manufatto così come previsto dallo stesso progetto approvato”, nonché del tempo necessario per conseguire l’“ottenimento dei titoli autorizzatori a fini vincolistici”.

5. Avverso tale pronuncia il Comune di La Spezia ha interposto appello, notificato il 3 febbraio 2014 e depositato il 28 febbraio 2014, lamentando, attraverso tre motivi di gravame (pagine 7-18), quanto di seguito sintetizzato:

I) il T.a.r. non avrebbe considerato che, di fronte alla contestazione del mancato tempestivo inizio dei lavori, spettava al ricorrente dimostrare l’impossibilità di avviare i lavori per il ritardo nel rilascio dell’autorizzazione idrogeologica, tanto più che lo stesso ricorrente aveva richiesto, alla competente Amministrazione provinciale, di interrompere l’iter del relativo procedimento;

II) il T.a.r. avrebbe ingiustificatamente non aderito alla richiesta istruttoria avanzata dal Comune nell’impossibilità di acquisire documentazione in possesso della Provincia e non avrebbe considerato la mancata presentazione di istanza di proroga del termine d’inizio dei lavori;

III) il T.a.r. avrebbe erroneamente valorizzato la circostanza della demolizione di un manufatto insistente sull’area, sia perché di dimensioni molto modeste e di natura precaria, sia perché nemmeno contemplato dagli atti progettuali;

IV) il T.a.r. non avrebbe, infine, considerato che ai fini dell’intervento della nuova disciplina urbanistica di carattere ostativo è sufficiente la sola adozione delle relative previsioni se, come nel caso di specie, accompagnata dalle misure di salvaguardia; poiché per giunta a queste ha fatto séguito l’approvazione della nuova disciplina urbanistica senza che le opere siano mai state iniziate, il ricorso di primo grado sarebbe da dichiarare inammissibile per difetto d’interesse.

6. L’appellante ha concluso chiedendo, in riforma dell’impugnata sentenza, la declaratoria di inammissibilità ovvero il rigetto del ricorso di primo grado.

7. In data 21 marzo 2014 si sono costituiti il signor Luigi Grillo e la Società A.M. Case S.r.l. chiedendo il rigetto dell’opposto gravame.

8. Con l’ordinanza cautelare n. 2487 del 5 giugno 2015, il Collegio ha accolto la domanda di sospensione degli effetti dell’impugnata pronuncia, con la seguente motivazione: “Ritenuto che l’appello dell’amministrazione presenti elementi di fumus meritevoli di adeguato approfondimento nell’opportuna sede di merito; Che, nelle more, è opportuno evitare modificazioni del territorio in contrasto con la strumentazione urbanistica vigente”.

9. In vista della trattazione nel merito del ricorso le parti hanno svolto difese scritte, anche in replica, insistendo per le rispettive conclusioni.

10. La causa, chiamata per la discussione alla pubblica udienza del 30 ottobre 2020, è stata ivi trattenuta in decisione.

11. Ritiene il Collegio che l’appello sia fondato e sia pertanto da accogliere.

12. Con i primi due motivi di gravame, suscettibili per il loro tenore di trattazione congiunta, l’Amministrazione appellante deduce che, a causa del mancato inizio dei lavori nel termine di legge (un anno dal ritiro dei titoli avvenuto il 29 settembre 2011), contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, i permessi di costruire nn. 1147 e 1148 sarebbero decaduti.

12.1 Giova premettere, per quanto riguarda il momento di decorrenza del termine annuale di avvio dei lavori, che esso coincide nel “rilascio del titolo” “e, ad oggi, è pacifico che tale momento corrisponde alla materiale “consegna” del titolo edilizio, in esito ad una notifica, comunicazione o qualsiasi altra modalità che quantomeno metta a conoscenza l’istante dell’emissione dello stesso titolo” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 3 aprile 2018, n. 2082). Tale momento coincide, nella vicenda di causa, con la data del 29 settembre 2011, in cui entrambi i titoli furono ritirati presso gli uffici comunali, mentre i verbali di sopralluogo sono sì del 19 e 20 settembre 2012, quindi ad anno non ancora consumato, ma senza che alcuna modifica dello stato dei luoghi fosse intervenuta nei giorni successivi, come evidenziato negli stessi provvedimenti impugnati del 20 e 22 novembre 2011.

12.2 Orbene, i rilievi sollevati dal Comune appellante risultano adeguatamente documentati in considerazione della richiesta, della AM CASE S.r.l., indirizzata alla Provincia in data 11 giugno 2010, di sospensione dell’istruttoria relativa alla sua istanza di autorizzazione idrogeologica ai sensi della l.r. n. 4/99. A ciò deve aggiungersi, come pure dedotto, la mancata tempestiva presentazione di istanza di proroga del termine per l’inizio dei lavori ai sensi dell’art. 34, comma 5 della l.r. n. 16/2008. Questo Consiglio ha infatti rilevato, in materia di decadenza dei permessi di costruire, che “i fatti sopravvenuti che vanno a legittimare la proroga del termine di inizio o completamento dei lavori ai sensi dell'art. 15, comma 2 D.P.R. n. 380 del 2001, non hanno un rilievo automatico, ma possono costituire oggetto di valutazione in sede amministrativa qualora l'interessato proponga un'apposita domanda di proroga, il cui accoglimento è indefettibile affinché non sia pronunciata la decadenza del titolo edilizio” (cfr. Cons. Stato, sez. II, 1° aprile 2020, n. 2206).

13. Fondato è anche il terzo motivo, come sopra sintetizzato, stante la estraneità del piccolo manufatto precario rispetto alle opere in progetto. Al riguardo la parte appellata sostiene che tale manufatto era descritto nella planimetria dello stato di fatto, mentre non compare più nello stato di progetto e pertanto la sua demolizione deve essere considerata segno tangibile dell’avvenuto inizio dei lavori.

Tale affermazione non può essere condivisa, perché dall’esame dei documenti di causa risulta che:

a. il manufatto esistente è di soli mq 11 e destinato a ricovero attrezzi agricoli a fronte della costruzione di due importanti edifici a destinazione abitativa;

b. esso è riportato al mappale 169 e dello stesso nulla si dice nella relazione accompagnatoria, ove pure si parla di manufatti da demolire, bensì su diverse particelle;

c. in tale documento è infatti riportata la seguente dicitura: “nel lotto di terreno i manufatti esistenti, corrispondenti alle particelle n. 1483 e 1484 saranno demoliti, il mappale 169 sarà mantenuto”;

d. il mappale 169 è ben distante dall’area di sedime dei due fabbricati in progetto;

e. in sede di accertamento (prot. n. 86416 del 20 settembre 2012), il Comune ha rilevato l’assenza di ogni “opera edilizia, né di scavo o di sbancamento, né di impianto di cantiere”, allegando al relativo verbale eloquente documentazione fotografica.

Conclusivamente non si configura alcuna relazione tra la demolizione del manufatto e l’inizio delle opere in progetto, senonché, in base alle informazioni rese con i verbali di sopralluogo eseguiti dai tecnici comunali in data 19 e 22 settembre 2012, si evince che, a tali date, non risultava realizzata alcuna opera finalizzata all'effettivo inizio dei lavori riguardante la realizzazione delle costruzioni rispettivamente assentite.

Del resto, “in materia di decadenza dalla concessione edilizia, l'effettivo inizio dei lavori deve essere valutato non in via generale e astratta, ma con specifico riferimento all’entità e alle dimensioni dell’intervento edilizio programmato e autorizzato, al fine di evitare che il termine per l'avvio dell'edificazione possa essere eluso mediante lavori fittizi e simbolici, e quindi non significativi di un effettivo intendimento del titolare del permesso di procedere alla costruzione” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 4 gennaio 2019, n. 102).

Questo sta a significare che nella specie risultava inutilmente decorso il termine annuale previsto dall’art. 15, secondo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001 entro cui occorre dare inizio ai lavori, il che imponeva al Comune di procedere, come poi avvenuto, all’adozione del provvedimento di decadenza delle citate autorizzazioni ad aedificandum.

Va al riguardo ribadito che la declaratoria di decadenza del permesso di costruire costituisce un provvedimento avente carattere strettamente vincolato all’accertamento del mancato inizio o completamento dei lavori entro i termini stabiliti dal richiamato art. 15, comma 2 (rispettivamente un anno e tre anni dal rilascio del titolo abilitativo, salvo proroga) ed ha natura ricognitiva del venir meno degli effetti del permesso di costruire (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28 settembre 2016, n. 4007), sicché nella specie, a seguito dell’intervenuto accertamento sopra menzionato, non restava al Comune, in doverosa applicazione della regula iuris suindicata, che dichiarare la decadenza dei permessi di costruire n. 1147 e n. 1148 del 2011, appunto per mancato inizio dei lavori nel termine di legge.

14. Deve ritenersi assorbito il quarto motivo di gravame, col quale si avversa il capo della sentenza relativo alla divisata applicazione dell’art. 15, quarto comma, d.P.R. n. 380 del 2001, circa la rilevanza ostativa della normativa urbanistica sopravvenuta, introdotta con la variante del PUC adottata con la deliberazione di Consiglio comunale n. 35/2011. Ha ritenuto, al riguardo, il T.a.r. che l’Amministrazione non aveva provveduto a verificare l’applicabilità di questa ulteriore fattispecie decadenziale per non avere adeguatamente accertato l’effettivo inizio o meno dei lavori nel termine annuale, presupposto che va a coincidere con la prima ipotesi decadenziale connessa alla stessa inerzia nel dare inizio ai lavori.

La disposizione in questione infatti testualmente prevede che “Il permesso decade con l’entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche, salvo che i lavori siano già iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio”.

L’accertato mancato inizio dei lavori nel termine annuale è in grado comunque di produrre, ai sensi del richiamato comma 2 dell’art. 15, l’effetto decadenziale dei permessi di costruire, di tal che le deduzioni sollevate con riguardo a tale secondo passaggio motivazionale dei provvedimenti impugnati possono ritenersi assorbite.

15. In conclusione, l’appello è fondato e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, va respinto il ricorso di primo grado.

16. L’assoluta particolarità della vicenda di causa giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (n.r.g. 1741/2014), lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado n. 106 del 2013.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 ottobre 2020 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore

Davide Ponte, Consigliere