I rifiuti da trattamento rifiuti non saranno più rifiuti? L’incredibile effetto del futuro DLvo “Circular Economy”
di Stefano MAGLIA
Entro il 5 luglio scorso sarebbero dovuti essere emanati i Dlvi di recepimento del “Pacchetto Circular Economy”, ovvero di quelle quattro Direttive europee che hanno modificato ben sei precedenti direttive in materia di rifiuti.
Orbene, alla luce della legge di delegazione europea n. 117 del 4 ottobre 2019 (in vigore dal 2 novembre u.s.) il cinque marzo scorso sono stati approvati dal Consiglio dei Ministri gli Schemi dei futuri decreti legislativi, in particolare quello relativo all’”Attuazione della direttiva (UE) 2018/851, che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti, e della direttiva (UE) 2018/852, che modifica la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio”.
La lettura comparata del combinato disposto dei “nuovi” testi degli artt. 183 lett. b)ter lett. b del D.lvo 152/06 come riportati in tale Schema di Dlvo (“Sono urbani... i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell’allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell’allegato L-quinquies”) e g (“I rifiuti urbani non includono i rifiuti della produzione, dell’agricoltura, della silvicoltura, della pesca, delle fosse settiche, delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue, ivi compresi i fanghi di depurazione, i veicoli fuori uso o i rifiuti da costruzione e demolizione”) e 184 c. 3 lett g) (“3. Sono rifiuti speciali: a) i rifiuti prodotti nell’ambito delle attività agricole, agro-industriali e della silvicoltura, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2135 c.c., e della pesca;” b) i rifiuti prodotti dalle attività di costruzione e demolizione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 184-bis; c) i rifiuti prodotti nell’ambito delle lavorazioni industriali se diversi da quelli di cui al comma 2, lettera b; d) i rifiuti prodotti nell’ambito delle lavorazioni artigianali se diversi da quelli di cui al comma 2, lettera b; e) i rifiuti prodotti nell’ambito delle attività commerciali se diversi da quelli di cui al comma 2, lettera b; f) i rifiuti prodotti nell’ambito delle attività di servizio se diversi da quelli di cui al comma 2, lettera b; g)i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue, nonché i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse settiche e dalle reti fognarie;”), produce risultati talmente contradditori che la stessa Conferenza Stato Regioni con Parere del 26 giugno non solo ha esplicitamente non accolta la definizione di rifiuti urbani proposta all’art. 183 in quanto “non soddisfa la nuova direttiva” (!) ma ha addirittura richiesto il ripristino dell’attuale definizione di rifiuti speciali di cui all’art. 184, in particolare reintroducendo nella lett G) “i rifiuti derivanti dall’attività di trattamento di rifiuti”.
Parrebbe dunque che il Governo a tal proposito abbia risposto che “tale richiesta non sarebbe accoglibile in quanto tale definizione non è aderente alla nuova Direttiva UE sui rifiuti”.
Tale risposta non è assolutamente accettabile.
Tutto ciò è del resto confermato dalla corretta analisi testuale della stessa Dir. 851/18 alla luce del seguente percorso interpretativo, che chiarisce perfettamente la ratio della norma europea:
1. La Direttiva 2018/851/CE non ha abrogato, ma solamente modificato la Dir. 2008/98/CE;
2. La ratio “centrale” della disciplina che qui interessa è quindi contenuta ancora nella Dir. 98 che al punto 33 dei Considerando afferma con chiarezza, per la proprietà transitiva, che i rifiuti urbani non differenziati rimangono urbani anche dopo un’operazione di trattamento sui medesimi soltanto se non siano sostanzialmente alterate le proprietà, altrimenti sono speciali (interpretazione del resto confermata da ben due sentenze del Consiglio di Stato);
3. Il Considerando n. 10 della Dir 2018/851/CE, tra l’altro, afferma che “i rifiuti…degli impianti di trattamento (comprendendo ovviamente sia quelli dei rifiuti che delle acque reflue!)…sono esclusi dell’ambito di applicazione della nozione di rifiuti urbani.
4. Se anche si volesse sostenere che si tratti solo degli impianti di trattamento in qualche modo collegati solo ai rifiuti delle fosse settiche e delle reti fognarie (sempre - per un gioco di punteggiatura - nel Considerando 10 e come del resto effettivamente così riprodotto nella traduzione della Dir. 851 – art. 1, punto 3, c. 2 ter – in cui si parla solo di “impianti di trattamento di acque reflue”) tale interpretazione sarebbe comunque contraria alla ratio che sottende tutto il sistema (v. punto 33 della Dir. 98);
5. A proposito di ratio è del resto lo stesso Considerando 10 che si chiude affermando che la nuova definizione di rifiuti urbani è introdotta solo al fine “statistico” di “definire l’ambito di applicazione degli obiettivi” di riciclaggio ed è “neutra rispetto allo stato giuridico, pubblico o privato del gestore dei rifiuti”;
6. I rifiuti possono essere o urbani o speciali: non esiste un tertium genus. Ed è noto che è da ritenersi tassativo solo l’elenco dei rifiuti urbani: il resto sono da classificarsi come speciali. A proposito di “speciali” c’è altresì da rilevare che la Dir. 851 nulla innova in tal senso, e pertanto sia il nuovo testo dell’art. 184 così come i due allegati L quater e quinquies sono il frutto di una mera scelta tutta italiana;
7. In conclusione: il nostro legislatore vorrebbe giungere ad affermare, assumendosene tutte le responsabilità, che i rifiuti generati da impianti di trattamento rifiuti sono esclusi dalla gestione dei rifiuti, non essendo ne’ urbani, ne’ speciali? Non sono da considerarsi rifiuti, dunque? La Conferenza Stato Regioni ha giustamente affermato che “Si tratta di un ingente quantitativo di rifiuti che non avrebbe classificazione nella norma. Si insiste per il reinserimento di tali categorie di rifiuti tra i rifiuti speciali”. Come darle torto?
Pertanto, essendo non aderente alla ratio di una normativa sovraordinata proprio il non ricomprendere gli impianti trattamento rifiuti nella lett.G. dell’art. 184 del TUA., si auspica che il testo definitivo del DLvo di recepimento della Dir. 851 tenga conto dell’autorevole Parere della Conferenza Stato-Regioni, prima che sia troppo tardi.