Il decreto legge n. 116/25 sulla Terra dei fuochi
di Gianfranco AMENDOLA
pubblicato su unaltroambiente.it. Si ringraziano Autore ed Editore
È proprio vero che occorre leggere la Gazzetta Ufficiale tutti i giorni ma specialmente nel mese di agosto in pieno periodo feriale. La conferma viene quest’anno dal decreto legge 8 agosto 2025 n. 116 che, secondo il titolo, dovrebbe occuparsi di dettare “disposizioni urgenti per il contrasto alle attività illecite in materia di rifiuti, per la bonifica dell’area denominata Terra dei fuochi nonché in materia di assistenza alla popolazione colpita da eventi calamitosi” ma che poi, in realtà, va ben oltre modificando in modo rilevante norme generali relative alla tutela dai rifiuti.
Leggendo le premesse, appare evidente che l’urgenza alla base del decreto legge consiste nella necessità di dare sollecita attuazione alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) del 30 gennaio 2025 la quale ha ritenuto all’unanimità la responsabilità dell’Italia per l’inerzia nel contrasto al grave inquinamento verificatosi nella cd. Terra dei fuochi (Campania) a causa di roghi tossici e discariche abusive, ordinando al nostro paese di introdurre “senza indugio e, sotto il controllo del Comitato dei Ministri, entro due anni dalla data in cui la presente sentenza diventerà definitiva, misure generali in grado di fronteggiare, in modo adeguato, il fenomeno dell’inquinamento in questione, in conformità alle raccomandazioni” della Corte e condannando l’Italia a rilevanti risarcimenti nei confronti dei cittadini danneggiati da questo inquinamento.
A tal fine, come già anticipato, con il decreto in esame non solo si stabiliscono misure urgenti per il finanziamento della attività di ripristino ambientale e bonifica nella Terra dei fuochi ma si apportano anche rilevanti modifiche sia alla normativa TUA (D. Lgs 152 del 2006) sui rifiuti sia alle sanzioni penali ed amministrative stabilite per delitti ambientali contenute in varie leggi.
Trattasi di modifiche divenute, nel silenzio generale dell’estate, immediatamente operative anche se ovviamente, essendo contenute in un decreto legge, resteranno valide solo se saranno convertite in legge dal Parlamento entro l’8 ottobre 2025. E, pertanto, una analisi completa potrà essere fatta solo dopo questa data. Tuttavia, appare opportuno, in attesa della conversione, accennare subito qualcosa almeno alle conseguenze sul quadro attualmente vigente, relativo alla piaga dell’abbandono di rifiuti ed ai cd. “roghi tossici”.
Trattasi di modifiche che, in sostanza, inaspriscono tutte le sanzioni precedenti (specie da contravvenzioni a delitti), introducendo peraltro, con ampi rinvii ad altre leggi e, spesso, con espressioni molto generiche (quali, ad esempio, siti contaminati, deterioramento della biodiversità o dell’ecosistema) nuovi illeciti minuziosamente elencati con relative sanzioni.
In estrema sintesi:
– chi getta o abbandona rifiuti non pericolosi in terra o in acqua rischia (con le nuove pene) l’ammenda da 1500 a 18.000 euro; ma se ciò avviene nell’ambito di attività economica esercitata anche di fatto, è previsto l’arresto da 6 mesi a 2 anni o l’ammenda da 3000 a 27.000 euro.
– Se lo fa con un veicolo a motore, ora c’è anche la sospensione della patente da 1 a 4 mesi. – Tuttavia, se si tratta di rifiuti di piccolissime dimensioni o di prodotti da fumo, solo sanzione pecuniaria da 80 a 320 euro ma, si aggiunge, queste violazioni ora possono essere accertate senza contestazione immediata, attraverso le immagini riprese dagli impianti di videosorveglianza posti fuori o all’interno dei centri abitati.
– Se, invece, si tratta di rifiuti pericolosi, la pena base è la reclusione da 1 a 5 anni
– Si aggiunge: se si tratta di rifiuti non pericolosi e l’abbandono avviene su siti contaminati o se dall’abbandono deriva pericolo per la salute o di deterioramento dell’ambiente, della biodiversità o di un ecosistema, la pena è la reclusione da 6 mesi a 5 anni e, se questo avviene nell’ambito di attività economica esercitata anche di fatto, si applica la reclusione da 9 mesi a 5 anni e 6 mesi; ma, se i rifiuti sono pericolosi, in questi casi scatta la reclusione da 1 a 5 anni e 6 mesi ovvero la reclusione da 2 a 6 anni e 6 mesi.
Molto cambia anche per le discariche abusive che diventano delitti (reclusione da 1 a 5 anni) e con aumenti di pena se vi sono anche rifiuti pericolosi ovvero quando, come al solito, ne derivi pericolo per la salute, per l’ambiente, per l’ecosistema o se viene realizzata su siti contaminati.
Tenendo conto che, comunque, il decreto in esame, oltre alle norme già riportate sui rifiuti, legifera, tra l’altro, anche in relazione alle sanzioni previste per la inosservanza della disciplina relativa alla iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali (con possibile cancellazione dall’Albo), appare evidente che il quadro complessivo delle sanzioni in tema di rifiuti diviene così più complicato anche perché spesso è molto minuzioso; con il rischio che la poca comprensibilità possa portare, in realtà, al risultato opposto a quello dichiarato e cioè ad un depotenziamento della necessaria lotta all’abbandono dei rifiuti. Anche se, sotto il profilo opposto, in dottrina si è correttamente osservato che “questo “slittamento” da contravvenzioni a delitti fa sì che in tutti questi casi non si possa più applicare ne’ il “giochino dell’oblazione” (artt.162 e 162-bis del Codice Penale) ne’ la procedura della parte VI bis TUA, che avrebbero prodotto – fino ad oggi- l’estinzione del reato. Non solo: divenendo “reati” gravi è decisamente più agevole utilizzare strumenti di indagine ben più “invasivi” ed efficaci, per esempio le “intercettazioni telefoniche” (andate a dare un’occhiata agli artt. 266 e 267 Cod proc pen!”1.
È quindi ancor più necessario potenziare consistenza e professionalità degli organi di controllo da cui dipende l’applicazione della normativa (sul territorio nazionale e non solo nella Terra dei fuochi). Raccomandazione che riguarda, ovviamente, anche le modifiche sui cd. “roghi tossici” con cui, in particolare si aggiunge (all’art. 256 bis TUA sulla combustione illecita di rifiuti) che la combustione di rifiuti non pericolosi è punita con la reclusione da tre a sei anni quando dal fatto deriva pericolo per la vita o per la incolumità delle persone ovvero pericolo di compromissione o deterioramento delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna; o quando il fatto è commesso in siti contaminati o potenzialmente contaminati, aggiungendo che, in questi casi, la combustione di rifiuti pericolosi, è punita con la reclusione da tre anni e sei mesi a sette anni, con aumento sino alla metà se segue l’incendio.
È opportuno, infine, almeno segnalare che il decreto in esame modifica anche l’art. 382 bis c.p.p. (Arresto in flagranza differita), che diviene applicabile anche a molti reati sulla gestione illecita rifiuti; e che, con l’art. 4, si estende la possibilità di “operazioni sotto copertura” a molti dei reati di cui sopra.
- MAGLIA, Rifiuti. Prime osservazioni al DL 116/25 sui reati in materia di rifiuti in www.lexambiente.it, 14 agosto 2025↩︎