Il nuovo delitto di "omessa bonifica": primi appunti

di Gianfranco AMENDOLA

 

La legge n. 68/2015 sui cd. "ecoreati" ha introdotto, tra l'altro, nel codice penale l'art. 452-terdecies ("Omessa bonifica") secondo cui <<salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, essendovi obbligato per legge, per ordine del giudice ovvero di un’autorità pubblica, non provvede alla bonifica, al ripristino o al recupero dello stato dei luoghi è punito con la pena della reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 20.000 a euro 80.000.>> (comma 1).

Chiariamo subito che per "bonifica" si intende "l’insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR)" (art. 240, lett. p, D. Lgs 152/06) mentre il "ripristino e ripristino ambientale" comprende "gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d'uso conforme agli strumenti urbanistici". (art. 240, lett. q, D. Lgs 152/06).

Ciò premesso, appare evidente che il nuovo delitto si propone di fornire una sanzione penale alla inottemperanza verso un obbligo di bonifica, ripristino o recupero dello stato dei luoghi sancito da tre fonti diverse: la legge, un ordine del giudice o un ordine di una autorità pubblica.

Manca, tuttavia, qualsiasi altra precisazione e, pertanto, si deve ritenere che la nuova fattispecie delittuosa abbia un ruolo di "chiusura" del sistema sanzionatorio al fine di "rafforzare il complesso afflittivo del sistema e garantire effettività agli ordini di reintegro, bonifica, riparazione del danno, sparsi nella legislazione vigente, qualunque ne sia al matrice (giudiziaria, legislativa o amministrativa); e, dunque, anche se disposti per le contravvenzioni di cui al TUAMB (fatti salvi i limiti di coordinamento con l'omologa fattispecie di cui all'art. 257 TUAMB)"1.

Essa, quindi, riguarda non solo le ipotesi di "omessa bonifica" previste dalla nuova legge ma anche quelle già esistenti nel D. Lgs 152/06, alcune delle quali, tuttavia, - in particolare, l'art. 257- erano già provviste di autonoma sanzione penale di tipo contravvenzionale. L'unico limite è quello " salvo che il fatto costituisca più grave reato", che, tuttavia, non è, ovviamente, configurabile verso reati contravvenzionali.

Scendendo nel particolare, nessun dubbio esiste, pertanto, circa l'applicazione del nuovo delitto qualora, a seguito di sentenza di condanna o di patteggiamento per taluno dei nuovi delitti, vi sia inottemperanza all'ordine del giudice di recupero e di ripristino dello stato dei luoghi ai sensi del (nuovo) art. 452-duodecies.

La conclusione, tuttavia, non è così agevole quando entriamo nell'ambito del D. Lgs 152/06.

Iniziamo, ovviamente, dalla ipotesi più evidente e cioè, come già rilevato, dalla normativa sulle bonifiche, ed in particolare dall'art. 257, comma 1, il quale prescrive che "chiunque cagiona l’inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio è punito con la pena dell’arresto da sei mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro, se non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato dall’autorità competente nell’ambito del procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti....." .

E' anche, proprio per la sua evidenza, l'unica ipotesi considerata dal legislatore del 2015 il quale, al fine di evitare problemi di sovrapposizioni, ha inserito, come premessa alla disposizione appena citata, l'inciso "salvo che il fatto costituisca più grave reato" (art. 452-terdecies, comma 2, lett.a). In tal modo, appare chiaro che la ipotesi contravvenzionale dell'art. 257 si applica solo se non ricorre quella, più grave, del delitto di omessa bonifica e, cioè, solo quando vi sia una "omessa bonifica secondo progetto, mentre le diverse condotte omissive andranno ricondotte alla fattispecie delittuosa di nuova introduzione"2.

Si rimedia così, almeno in parte, alla totale inefficacia dell'art. 257 ove la sanzione penale, come confermato dalla Cassazione3, è collegata ad una approvazione definitiva del progetto di bonifica, subordinata nell'art. 242 ad un iter amministrativo così complicato da risultare sostanzialmente impraticabile4.

Di conseguenza, adesso il responsabile dell'inquinamento risponderà della contravvenzione se provvede alla bonifica ma in difformità del progetto, mentre risponderà del delitto in esame sia quando ometterà del tutto di dare esecuzione al progetto di bonifica approvato, ma, ad esempio, anche qualora, dopo aver accertato il non superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC), non provveda, come prescritto dall'art. 242, comma 2, al ripristino della zona contaminata.

Ed è appena il caso di ricordare che, comunque, come già accennato, se ricorre uno dei nuovi delitti, l'obbligo di bonifica, penalmente presidiato dalla norma in esame, deriverà, ai sensi del citato art. 452-duodecies, in caso di condanna o patteggiamento, da un ordine del giudice5.

A questo punto, possiamo dire di avere finito di esaminare il testo dell'art. 452-terdecies che introduce il nuovo delitto di "omessa bonifica". Ed è a questo punto, infatti, che si fermano i primi commentatori della legge n. 68/2015.

Ma, in realtà, riteniamo che ci sia ben altro da dire.

Come già abbiamo rilevato, infatti, il carattere di "chiusura" della nuova fattispecie fa sì che essa riguardi tutte le ipotesi in cui vi sia una inottemperanza ad un obbligo di bonifica, ripristino o recupero dello stato dei luoghi derivante dalla legge, da un ordine del giudice o da un ordine di un'autorità pubblica.

E basta rileggere il D. Lgs 152/06 per verificare che obblighi di questo genere sono frequenti e non si limitano affatto alla materia delle "bonifiche" ed all'art. 257, come sembra ritenere il legislatore.

Ad esempio: l'art. 192, comma 3, D. Lgs 152/06, stabilisce che chiunque abbandona, immette o deposita rifiuti in modo incontrollato "è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.". Non c'è dubbio, quindi, che, in caso di inottemperanza, in tal caso il nuovo delitto di omessa bonifica appare astrattamente applicabile con riferimento sia all'obbligo di legge sia all'obbligo da ordine dell'autorità.

Tuttavia, a questo punto sorge un problema di coordinamento di norme penali (non preso in esame dal legislatore del 2015). Perchè la inottemperanza a questo obbligo è già fornita di sanzione penale: l'art. 255, comma 3, sancisce, infatti, che "chiunque non ottempera all’ordinanza del Sindaco, di cui all’articolo 192, comma 3, ...... è punito con la pena dell’arresto fino ad un anno......". E allora, adesso, in caso di inottemperanza all'obbligo di ripristino emesso dal sindaco ai sensi dell'art. 192, comma 3, scatta la (vecchia) contravvenzione di cui all'art. 255, comma 3, ovvero il nuovo delitto previsto dall'art. 452-terdecies?

Si noti, in proposito, che il nuovo delitto, per previsione espressa, non si applica solo se il fatto costituisce "più grave reato" e non se, invece, costituisce reato meno grave quale è quello contravvenzionale appena ricordato.

A nostro sommesso avviso, in mancanza di altri criteri espressi forniti dal legislatore, la soluzione non può che essere, ai sensi dell'art. 15 c.p., quella della prevalenza della norma speciale su quella generale, da verificarsi caso per caso.

Ma continuiamo negli esempi. Un altro caso si rinviene nell'art. 256, comma 3, il quale prevede che alla sentenza di condanna o di patteggiamento per discarica abusiva, consegue la confisca dell'area "fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi".

Analogamente, l'art. 256-bis, comma 1, D. Lgs 152/06 prevede che, in caso di combustione illecita di rifiuti, "il responsabile è tenuto al ripristino dello stato dei luoghi...." e il comma 5 ribadisce che, alla sentenza di condanna o di patteggiamento consegue la confisca dell'area "fatti salvi gli obblighi di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi".

E anche l'art. 260, comma 4, sul traffico illecito di rifiuti sancisce che il giudice con la sentenza di condanna o patteggiamento "ordina il ripristino dello stato dell'ambiente".

Potremmo continuare ma appare già chiaro, a questo punto, che nel D. Lgs 152/06, oltre all'art. 257, esistono numerose disposizioni che prescrivono, in modo diretto o indiretto, un obbligo di bonifica, ripristino o recupero dello stato dei luoghi.

Oggi, in tutte queste ipotesi, qualora vi sia inottemperanza a questi obblighi, riteniamo sia applicabile il nuovo delitto di omessa bonifica che, quindi, a questo punto, assume un'ampiezza ben maggiore di quanto appare a prima vista dalla semplice lettura della disposizione.

Certo, a questo punto, il sistema complessivo sanzionatorio delle violazioni ambientali risulta piuttosto squilibrato e irrazionale (non sempre il fatto più grave è punito con la sanzione più grave), ma non è certo questo il difetto peggiore di una legge, quale la n. 68 del 2015, il cui contenuto è stato efficacemente e motivatamente definito dalla migliore dottrina "sconclusionato, oscuro e, in taluni tratti, decisamente orripilante"6.

1 SIRACUSA, La legge 22 maggio 2015, n. 68 sugli "ecodelitti": una svolta "quasi" epocale per il diritto penale dell'ambiente, in Diritto penale contemporaneo.it 2015, pag. 25

2 RAMACCI, Prime osservazioni sull'introduzione dei delitti contro l'ambiente nel codice penale e le altre disposizioni della legge 22 maggio 2015 n. 68, in Lexambiente.it, 8 giugno 2015.

3 Cass. pen., sez. 3, 13 aprile 2010, n. 22006, WWF, secondo cui "in assenza di un progetto definitivamente approvato, non può configurarsi il reato di cui all’art. 257 TUA. Non sembra possibile, alla luce del principio di legalità, stante il chiaro disposto normativo, estendere l’ambito interpretativo della nuova disposizione ricomprendendo nella fattispecie anche l’elusione di ulteriori adempimenti previsti dall’art. 242 TUA ed estendere quindi il presidio penale alla mancata ottemperanza di obblighi diversi da quelli scaturenti dal progetto di bonifica se non espressamente indicati...."

4 Si noti che l'art. 452-terdecies, comma 2, lett. b) modifica anche l'ultimo comma dell'art. 257 limitando la (vergognosa) causa di non punibilità ivi prevista alle " contravvenzioni ambientali contemplate da altre leggi per il medesimo evento e per la stessa condotta di inquinamento di cui al comma 1" e non più ai "reati", in modo da escluderne almeno tutti i nuovi delitti.

5 Riteniamo che a questa ipotesi si riferisca l’Ufficio del Massimario della Cassazione, il quale, nella relazione del 29 maggio 2015, afferma che “la nuova fattispecie non pare correre rischi di sovrapposizione con quella di cui all’art. 257 del D. Lgs. 152/2006 … la modifica di tale seconda disposizione, mediante l’introduzione della clausola di riserva “Salvo che il fatto costituisca più grave reato”, fa in modo infatti che essa possa operare solo nelle ipotesi di un superamento delle soglie di rischio che non abbia raggiunto (quanto meno) gli estremi dell’inquinamento, ossia che non abbia cagionato una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili dei beni (acque, aria, etc.) elencati indicati dall’art. 452-bis”.

 

6 PADOVANI, Legge sugli ecoreati, un impianto inefficace che non aiuta l'ambiente, in Guida dir., 1 agosto 2015, n. 32, pag. 10 e segg.