Il TAR Lazio con sentenza n. 121 del 9 gennaio 2013, annulla il Piano rifiuti della Regione Lazio.
di Fulvio ALBANESE
Il TAR Lazio con sentenza n. 121 del 9 gennaio 2013, annulla il Piano rifiuti della Regione Lazio.
Di Fulvio Albanese
Il Piano rifiuti della Regione Lazio approvato con Deliberazione del Consiglio regionale del Lazio del 18 gennaio 2012 n. 14 è stato annullato dal TAR Lazio Sez. I-Ter con sentenza n. 121 del 9 gennaio 2013.
I Giudici del TAR Lazio hanno smontato completamente il Piano rifiuti approvato, affermando che la Regione Lazio ha violato l'art.1 della Direttiva Discariche, gli articoli 4 e 13 della Direttiva Rifiuti, l’articolo 7, comma 1 del D.Lgs, 36/2003, nonchè il Principio di Precauzione ex articolo 174 del Trattato Europeo che dovrebbe orientare le scelte anche pianificatorie della Pubblica Amministrazione per tutelare la salute e migliorare la qualità dell'ambiente.
In particolare il TAR Lazio ha contestato alla Regione il ricorso alla pratica della Tritovagliatura come modalità di trattamento del rifiuto prima del conferimento in discarica, ricordando che la semplice separazione meccanica della frazione secca dalla frazione umida di un rifiuto non può comportare il mutamento della natura del rifiuto da urbano a speciale, con conseguente sottrazione del ‘rifiuto speciale’ alla disciplina del ‘rifiuto urbano’. Altrimenti si giungerebbe alla conclusione irrazionale che ciò che non può essere smaltito e trasportato fuori Regione “intero” (il rifiuto urbano), possa poi essere smaltito e trasportato una volta “frazionato” ovvero tritovagliato. Le operazioni di tritovagliatura si pongono come preliminari rispetto a quella che sarà l’operazione compiuta di recupero o smaltimento cui il rifiuto deve essere sottoposto e non sono, quindi, utili, da sole, a cambiare la classificazione del rifiuto secondo l’origine. Affermare il contrario – statuiscono i Giudici del TAR- significherebbe consentire, mediante la semplice operazione meccanica e di riduzione del volume, di disattendere la normativa che disciplina la gestione dei rifiuti urbani, il principio di autosufficienza ed il divieto di smaltimento in regioni diverse da quella di produzione.
In sostanza, un trattamento che consista nella mera compressione e/o triturazione di rifiuti indifferenziati da destinare a discarica, senza una adeguata selezione delle diverse azioni dei rifiuti ed una qualche forma di stabilizzazione della frazione organica dei rifiuti stessi, non è tale da evitare o ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente ed i rischi per la salute umana.
Oltretutto, il Piano è composto da uno “scenario di piano”, che prevede il raggiungimento, entro il 31 dicembre 2012, degli obiettivi di raccolta differenziata al 65%, come stabilito dall'art.1 comma 1108, della legge 27 dicembre 2006 n.296, nonché dall'art.205 del D.lgs. 3 aprile 2006 n.132, e da uno “scenario di controllo” basato sul raggiungimento degli obiettivi minimi di raccolta differenziata stabilito dall'art. 205 del codice dell’ambiente, da raggiungere per ciascun Ambito Territoriale Ottimale. Orbene, il TAR ha ritenuto quest’ultimo (lo scenario di controllo) l’ipotesi di piano più realistica (rispetto allo scenario di piano), ma anche quella più pericolosa per l’ambiente, posto che la gestione dei rifiuti urbani prevista da tale scenario non risulta in linea con gli obiettivi di raccolta differenziata fissati a livello normativo. Infatti, esaminando, in particolare, i due scenari emerge che nello scenario di piano, non risulta necessaria una capacità aggiuntiva in discarica, mentre nella più realistica ipotesi dello scenario di controllo, il deficit delle volumetrie disponibili passa da 828.423 mc nel 2013 a 6.859.956 mc. nel 2017. Le stesse considerazioni valgono per quanto concerne le capacità di trattamento meccanico biologico dei rifiuti indifferenziati, visto che nello scenario di piano i fabbisogni di trattamento risultano soddisfatti dagli attuali impianti, mentre, nello scenario di controllo la capacità deg1i impianti esistenti risulta insufficiente, passando da un mln. t/a del 2011 a circa 313.000 t/a nel 2017, e, quindi, i rifiuti indifferenziati prodotti continueranno ad essere avviati in discarica in misura apprezzabile senza trattamenti preventivi, con conseguente necessità di realizzare impianti di TMB per una adeguata capacita totale. La Regione Lazio, afferma che lo scenario di piano ha assunto la piena realizzazione di tutte le azioni di riduzione della produzione dei rifiuti, ed il raggiungimento del 65% di raccolta differenziata entro il 2012, ma i dati ufficiali ISPRA, risalenti al Rapporto Rifiuti del 2008 (indicati nel Piano), mostrano una tendenza diversa da quella presa in considerazione dall’Amministrazione regionale, denotando una produzione annua di rifiuti regionali in costante aumento e, quindi, in assenza di previsioni basate su dati concreti e misure di riduzione dei rifiuti indifferenziati attendibili (non previste nello scenario di controllo), il raggiungimento della percentuale del 65% non sembra verosimile. Ciò induce a ritenere più attendibile lo scenario di controllo che quello di piano, da cui risulta, tra l’altro, il mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata previsti dal Piano e l'insufficienza della capacità impiantistica di TMB a livello regionale inferiore ai quantitativi di trattamento meccanico biologico prodotto. L’inaffidabilità dello scenario di Piano e la concreta attendibilità dello scenario di controllo, hanno indotto la Regione Lazio a prevedere che, nel caso di mancata realizzazione dello scenario di piano, si dovrà, comunque, garantire l'autosufficienza regionale per quanto concerne lo smaltimento in discarica (secondo quanto stabilito dall'art.182 bis, comma 1, lett. a, d.lgs. n. 152/2006), eventualmente mediante l'adeguamento delle volumetrie delle discariche. In sostanza, secondo i Magistrati Amministrativi, lo scenario di controllo (come detto, più attendibile dello scenario di piano), il Piano, in contrasto con la disciplina comunitaria e nazionale di recepimento, risulta, in concreto, basato più sul conferimento in discarica che sull'incremento della raccolta differenziata, sul pretrattamento e sul recupero dei rifiuti. Per di più, era necessario sottoporre preventivamente il Piano Rifiuti al Comitato Tecnico Scientifico per l'Ambiente (CTSA) regionale ed ottenere il parere obbligatorio come previsto dall'art.7 comma 1 L.R. 27/98, dunque la sua mancata acquisizione è una chiara violazione di legge.
Infine, a parere del TAR Lazio non è stata correttamente espletata la procedura di Valutazione Ambientale Strategica in relazione alla chiusura della discarica di Malagrotta e l’individuazione di siti come soluzioni alternative. Infatti, l'articolo 7, paragrafo 1, lettera d), della Direttiva 2006/12/CE, stabilisce che "per realizzare gli obiettivi previsti negli articoli 3, 4 e 5, la o le autorità competenti di cui all' articolo 6 devono elaborare quanto prima uno o più piani di gestione dei rifiuti, che contemplino fra l’altro …. d) i luoghi o gli impianti adatti per lo smaltimento". L'art.28, paragrafo 3, lett. c), della Direttiva 2008/98/CE, attribuisce agli Stati membri il compito di predisporre, a norma degli articoli 1, 4, 13 e 16, uno o più piani di gestione dei rifiuti, che contengano .... "una valutazione della necessità di nuovi sistemi di raccolta, della chiusura degli impianti per i rifiuti esistenti, di ulteriori infrastrutture per gli impianti per i rifiuti ai sensi dell'articolo 16 e, se necessario, degli investimenti correlati". La normativa comunitaria indicata è stata recepita dall'art. 199, comma 3, lett. c), del d.lgs. n. 152/2006, il quale stabilisce che i piani di gestione dei rifiuti devono contenere "una valutazione della necessità di nuovi sistemi di raccolta, della chiusura degli impianti esistenti per i rifiuti, di ulteriori infrastrutture per gli impianti per i rifiuti in conformità del principio di autosufficienza e prossimità di cui agli articoli 181, 182 e 182-bis e se necessario degli investimenti correlati " .
A fronte di tale previsione, dal Piano di gestione dei Rifiuti per il periodo 2011-2017, emerge, da una parte, l’insufficienza della capacità degli impianti regionali dedicati al TMB, rispetto ai quantitativi di rifiuti indifferenziati prodotti e, dall’altra, l’omessa considerazione di tutti gli impianti esistenti dei quali è prevista la chiusura e, in particolare, della discarica di Malagrotta.
Tale ultimo profilo assume particolare rilievo in quanto presso la discarica di Malagrotta risulta destinato oltre il 50% di tutti i rifiuti solidi urbani dei Comuni di Roma, Fiumicino, Ciampino e dello Stato della Città del Vaticano. Ciò ha comportato la violazione del citato articolo 199 del codice dell’ambiente, oltre a mettere in dubbio gli esiti della procedura di Valutazione Ambientale Strategica (VAS), deputata a valutare, ai sensi della Direttiva comunitaria 2001/42/CE (Direttiva VAS), gli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente naturale, considerato che dall’omessa considerazione della chiusura di Malagrotta è derivata l’omessa valutazione delle conseguenti soluzioni alternative e, quindi, sorgono dubbi sull’attendibilità delle verifiche e delle analisi (oggetto della VAS e del Rapporto ambientale) concernenti la sostenibilità degli obiettivi di piano, gli impatti ambientali significativi delle misure di piano, la costruzione e la valutazione delle ragionevoli alternative, la partecipazione al processo del soggetti interessati ed il monitoraggio delle performances ambientali del piano.
La sentenza è pubblicata qui