Cass. Sez. III n. 25530 del 18 giugno 2009 (Ud. 30 apr. 2009)
Pres. Lupo Est. Franco Ric. De Santi
Urbanistica. Tettoia (esclusione della natura di pertinenza)
In tema di reati edilizi, deve ritenersi che la tettoia di un edificio non rientra nella nozione tecnico-giuridica dì pertinenza, ma costituisce piuttosto parte dell’edificio cui aderisce: ciò in quanto in urbanistica il concetto di pertinenza ha caratteristiche sue proprie, diverse da quelle definite dal cod. civ., riferendosi ad un ‘opera autonoma dotata di una propria individualità, in rapporto funzionale con l’edificio principale, laddove la parte dell’edificio appartiene senza autonomia alla sua struttura
SENTENZA N. 957
REG. GENERALE n.28604/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Ernesto Lupo Presidente
Dott. Aldo Fiale Consigliere
Dott. Amedeo Franco Consigliere
Dott. Silvio Amoresano Consigliere
Dott. Maria Silvia Sensini Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
sul ricorso proposto da De Santi Giuseppe, nato a Dignano il 17 febbraio 1938;
avverso la sentenza emessa il 6 febbraio 2008 dalla corte d\'appello di Roma;
udita nella pubblica udienza del 30 aprile 2009 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Gioacchino Izzo, che ha concluso per la declaratoria di prescrizione;
Svolgimento del processo
Con la sentenza in epigrafe la corte d\'appello di Roma ridusse la pena e confermò nel resto la sentenza 6 marzo 2007 del giudice del tribunale di Roma, che aveva dichiarato De Santi Giuseppe colpevole dei reati di cui agli artt. 44, lett. b), d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, e 349 cod. pen..
L\'imputato propone ricorso per cassazione deducendo:
1) violazione di legge perché il manufatto in questione aveva natura pertinenziale, con propria autonomia ed individualità, trattandosi di tettoia;
2) mancanza o manifesta illogicità della motivazione. In primo luogo lamenta che non sono stati esaurientemente spiegate le ragioni per le quali non è stata riconosciuta la natura pertinenziale del manufatto, ed anzi la corte d\'appello si è fondata sull\'erroneo presupposto di fatto che lo stesso fosse una trasformazione di una parte del preesistente edificio che ne costituiva un ampliamento.
In secondo luogo osserva che, trattandosi di una pertinenza che non richiedeva il permesso di costruire, era stato illegittimo il sequestro penale, con la conseguenza che non era configurabile il reato di violazione dei sigilli.
Motivi della decisione
Il ricorso si risolve in realtà in una censura in punto di fatto della decisione impugnata, con la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali riservata al giudice del merito e non consentita in questa sede di legittimità, ed è comunque manifestamente infondato perché il giudice del merito ha fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sulle ragioni per le quali ha ritenuto che il manufatto in questione non potesse essere qualificato come pertinenza e che pertanto per la sua realizzazione occorreva il permesso di costruire. Ha invero accertato in proposito il giudice del merito che si trattava di un\'opera suscettibile di autonoma utilizzazione e che di fatto costituiva un ampliamento del fabbricato, in quanto aveva comportato un significativo aumento della volumetria dell\'immobile cui era affiancata ed era diretta a soddisfare esigenze di natura abitativa.
Sono stati quindi correttamente applicati i principi costantemente affermati da questa Corte secondo cui «In tema di reati edilizi, deve ritenersi che la tettoia di un edificio non rientra nella nozione tecnico-giuridica di pertinenza, ma costituisce piuttosto parte dell\'edificio cui aderisce: ciò in quanto in urbanistica il concetto di pertinenza ha caratteristiche sue proprie, diverse da quelle definite dal cod. civ., riferendosi ad un\'opera autonoma dotata di una propria individualità, in rapporto funzionale con l\'edificio principale, laddove la parte dell\'edificio appartiene senza autonomia alla sua struttura» (Sez. III, 7.4.2006, Miranda, m. 234193; Sez. III, 11.10.2005, Daniele, m. 232363).
Legittimamente pertanto l\'opera è stata sottoposta a sequestro e sono stati apposti i sigilli, la cui eventuale illegittimità, peraltro, non inciderebbe sulla configurabilità del reato di cui all\'art. 349 cod. pen.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
In applicazione dell\'art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in € 1.000,00.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 30 aprile 2009.
Deposito in Cancelleria il 18 giugno 2009.