Cass. Sez. III n. 22755 del 15 giugno 2010 (Ud.29 apr. 2010)
Pres. Onorato Est. Gazzara Ric. Bianchi
Rifiuti. Medicinali e responsabilità
In materia di rifiuti costituiti da medicinali, dell’ abbandono o del deposito incontrollato deve essere chiamato a rispondere il soggetto che nella struttura sanitaria ricopre la qualifica di amministratore o direttore generale o di presidente.
UDIENZA del 29.04.2010
SENTENZA N. 850
REG. GENERALE N. 42520/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli ill. mi Signori
- dott. Pierluigi Onorato Presidente
- dott. Alfredo Teresi Consigliere
- dott. Alfredo M. Lombardi Consigliere
- dott. Luigi Marini Consigliere
- dott. Santi Gazzara Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
- Sul ricorso proposto da Bianchi Angelo, nato a Bresso il --/--/----, e Bianchi Erminio, nato a Bresso il --/--/---- ;
- Avverso la sentenza resa dal Tribunale di Milano, sezione distaccata di Rho, in data 1/4/08
- Visti gli atti la sentenza ed il ricorso
- Udita la relazione svolta in udienza dal consigliere Santi Gazzara
- Udito il pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore Generale della Repubblica, dott. Giuseppe Volpe, il quale ha concluso per la inammissibilità
- udito il difensore dei ricorrenti, avv. Tommaso La Porta, in sostituzione dell'avv. Giorgio Cassamagnaghi, il quale ha concluso riportandosi ai motivi di impugnazione
osserva
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Milano, sezione distaccata di Rho, con sentenza dell' 1 /4/08, ha dichiarato Bianchi Angelo e Bianchi Erminio responsabili del reato di cui agli artt. 110 c.p. e 51, co. 1 e 2, in relazione all'art. 45, d.Lvo 22/97, perché in concorso tra loro, il primo nella qualità di presidente, il secondo quale vicepresidente della "Casa dell'anziano, ente morale Pio XI", abbandonavano o comunque depositavano in modo incontrollato n. 924 confezioni di specialità medicinali, da considerare rifiuti sanitari ai sensi dell'art. 45 del citato decreto legislativo.
Ha condannato i prevenuti alla pena di euro 2.000,00 di ammenda ciascuno; riservando al giudice dell'esecuzione l'eventuale applicazione dell'indulto.
Propone appello la difesa dei prevenuti, qualificato ricorso per cassazione ex art. 568 c.p.p., con i seguenti motivi:
- non sussiste prova della responsabilità degli imputati in ordine al reato ad essi contestato; peraltro dalla documentazione acquisita in atti emerge che l'ente, in cui i prevenuti rivestono le qualifiche di presidente e vice presidente, da sempre gode di tutte le autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti sanitari ed aveva approntato la struttura organizzata per tale smaltimento.
Con memoria, ritualmente inoltrata in atti, i ricorrenti hanno rilevato la omessa motivazione laddove la decisione del Tribunale fa esclusivo riferimento al solo capo di imputazione, ma non adduce fatti decisivi dai quali emergano le condotte degli imputati, esplicanti quanto ad essi addebitato; la motivazione è, peraltro, contraddittoria, visto che i prevenuti vengono ritenuti colpevoli per non avere approntato una struttura organizzativa idonea a smaltire i rifiuti, dopo che la fattispecie dello smaltimento risulta esclusa dallo stesso decidente, a prescindere dalla esistenza in atti della prova certa di come gli imputati avessero approntato la struttura de qua.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.
La difesa censura la affermata responsabilità dei propri assistiti, rilevando che non è possibile ricondurre ad essi la addebitabilità della condotta illecita contestata, non solo per il ruolo che i Bianchi rivestono nell'ambito dell'ente morale, presidente e vice presidente, ma anche perché alla stessa "casa dell'anziano" risultano rilasciate tutte le autorizzazioni inerenti all'esercizio dell'attività oggetto della ragione sociale, ed in particolare quelle attinenti allo smaltimento dei rifiuti sanitari, con adeguata struttura organizzata, costituita per lo smaltimento di questi.
Dal vaglio a cui è stata sottoposta la sentenza impugnata è emerso che il giudice di merito, facendo espresso richiamo alle emergenze istruttorie, rileva:
- gli agenti operanti, Mineo Giuseppe e Schisano Giovanni, in forza presso i NAS dei Carabinieri, esaminati in corso di dibattimento, hanno riferito di essere stati chiamati, in data 23/6/05, dalla Polizia Locale di Nervino, in quanto a seguito di segnalazioni di diversi cittadini, il 18/6/05 erano stati rinvenuti, nei pressi di una roggia quattro sacchi contenenti diversi medicinali.
I predetti testi hanno riferito come sul 90% delle confezioni, ivi trovate, fosse riportato il timbro tondo della "Casa dell'anziano, Ente Morale Pio XII" di Bresso;
- di seguito gli agenti effettuavano un sopralluogo presso la Casa di riposo e, qui, veniva ad essi riferito che, a seguito dell'ampliamento della struttura e di un repentino cambiamento di gran parte del personale infermieristico, il controllo in ordine alla gestione dei medicinali era sfuggito. Sulla scorta di tali elementi il giudice di merito, eliminato ogni dubbio sulla provenienza del materiale rinvenuto e sulla natura di esso, è pervenuto nella convinzione della penale responsabilità degli imputati per il reato ad essi contestato, con l'evidenziare che nella specie non si verte in una ipotesi di smaltimento autorizzato o non di rifiuti sanitari, e che la eventuale responsabilità di terze persone non esclude la pari responsabilità dei titolari o rappresentanti delle strutture, enti o persone giuridiche, cui il detto materiale abbandonato fa capo, in quanto non risulta approntata, anzi, adeguatamente organizzata, una struttura idonea a consentire che lo smaltimento dei rifiuti avvenga secondo le prescrizioni normative in materia. Ciò è provato dal rinvenimento del notevolissimo numero di confezioni medicinali abbandonate nella roggia.
La argomentazione motivazionale, sviluppata dal decidente, dà agio di osservare che:
- il giudice nella valutazione della prova ha preso in considerazione ogni singolo fatto ed il loro insieme, non in modo parcellizzato ed avulso dal generale contesto probatorio, ed ha verificato che essi, ricostruiti in sé e posti vicendevolmente in rapporto, potevano essere ordinati in una costruzione logica, armonica e consonante, tale da consentirgli, attraverso la valutazione unitaria del contesto, di attingere la verità processuale e pervenire, quindi, alla affermazione di responsabilità dei prevenuti;
- non può trovare ingresso la censura mossa dalla difesa dei ricorrenti, fondata sul richiamo all'art. 45, n. 2, divo 22/97, quanto alla esclusiva responsabilità del direttore sanitario in materia di sorveglianza del materiale farmacologico, visto che la stessa disposizione normativa richiamata dispone che "al direttore o responsabile sanitario della struttura pubblica o privata compete la sorveglianza ed il rispetto della disposizione di cui al co. 1, fino al conferimento dei rifiuti all'operatore autorizzato al trasporto verso l'impianto di smaltimento", con esclusione di attribuzione di ogni responsabilità a carico dei soggetti indicati da tal momento in poi.
Di tal chè, dell'abbandono o del deposito incontrollato del materiale de quo, come ritenuto dal Tribunale, deve essere chiamato a rispondere il soggetto che nella struttura sanitaria ricopre la qualifica di amministratore o direttore generale o di presidente, come nella specie.
Quanto alla sussistenza della prova della organizzazione allo smaltimento (e delle relative autorizzazioni, rilasciate alla Casa di cura ), è evidente che il giudice non ha ritenuto che la struttura sanitaria de qua ne fosse sfornita, ma ha, chiaramente affermato che pur in presenza di essa, è stata
rilevata una condotta illecita, concretizzante il reato contravvenzionale contestato.
Del pari prive di fondamento si rivelano le doglianze mosse con la memoria aggiunta, in quanto con esse viene ribadito il contenuto dei motivi di appello, così riproposti nella veste rituale del ricorso per cassazione.
La inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza dei motivi non permette il valido instaurarsi del rapporto di impugnazione e preclude di rilevare e dichiarare la sussistenza di cause di non punibilità, ex art. 129 c.p.p. (Cass. S.U. 22/11/2000, De Luca ).
Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il Bianchi abbiano proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, gli stessi, singolarmente, devono, altresì, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., essere condannati al pagamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 29/4/2010.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 15 Giu. 2010