TAR Lazio (LT) Sez. I n. 633 del 20 dicembre 2017
Rifiuti.Legittimazione del comune ad impugnare atti che autorizzano l’impianto di gestione

Per regola generale il comune, quale ente esponenziale della collettività stanziata sul proprio territorio e portatore in via continuativa degli interessi diffusi radicati sul medesimo, abbia legittimazione a impugnare atti che ivi autorizzano lo svolgimento di attività; tale legittimazione postula la titolarità di una situazione giuridica qualificata, attuale (al momento della proposizione del ricorso e della decisione) e differenziata (fattispecie relativa ad autorizzazione integrata ambientale alla gestione di un impianto di trattamento di rifiuti non pericolosi)


Pubblicato il 20/12/2017

N. 00633/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00747/2016 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

sezione staccata di Latina (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 747 del 2016 R.G., proposto dal comune di Roccasecca, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo Risi e Massimo Di Sotto, elettivamente domiciliato in Latina, in via G.B. Vico n. 45, presso lo studio dell’avvocato Mignano;

contro

la regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Teresa Chieppa, da intendersi domiciliata agli effetti del presente giudizio presso la segreteria della sezione;
la provincia di Frosinone, non costituita in giudizio;
l’A.R.P.A. Lazio, non costituita in giudizio;

nei confronti di

M.A.D. s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Marco Pizzutelli, elettivamente domiciliata in Latina, Largo Celli n. 3, presso lo studio dell’avvocato Aurilio;

per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione

delle determinazioni della direzione regionale Governo del ciclo dei rifiuti n. G08166 del 15 luglio 2016 e n. G06458 del 7 giugno 2016, dei verbali della conferenza di servizi e di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente e, in particolare, del provvedimento con il quale la provincia di Frosinone ha disposto la sospensione del procedimento avviato con la nota prot. n. 141523 del 25 novembre 2015.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lazio e di M.A.D. S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 dicembre 2017 il dott. Davide Soricelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso all’esame il comune di Roccasecca impugna: a) il provvedimento n. G08196 del 15 luglio 2016 con cui è stata rilasciata alla controinteressata l’autorizzazione integrata ambientale alla gestione di un impianto di trattamento di rifiuti non pericolosi a seguito di riesame ex articolo 29-octies d.lg. 3 aprile 2006, n. 52; b) il provvedimento n. G06458 del 7 giugno 2016 con cui è stata dichiarata la chiusura con esito favorevole con prescrizioni della relativa conferenza di servizi; c) i verbali della conferenza; d) il provvedimento – che il comune asserisce di non conoscere – con cui la provincia di Frosinone avrebbe deciso di sospendere un procedimento attivato al fine di promuovere, essendosi verificato un fenomeno di contaminazione delle acque sotterranee, le necessarie misure di bonifica.

In estrema sintesi la tesi del comune, articolata in vari motivi, è che la regione Lazio, illegittimamente, avrebbe rinnovato l’A.I.A. alla controinteressata sulla base di riesame ex articolo 29-octies d.lg. n. 52 del 2006 nonostante non sussistessero i relativi presupposti e nonostante da un’indagine dell’A.R.P.A. Lazio fosse risultato che la M.A.D. avesse ripetutamente e sistematicamente violato le condizioni dei titoli illo tempore rilasciatile determinando il superamento delle concentrazioni di inquinanti (ferro, manganese e nitrati). In pratica la tesi del comune di Roccasecca è che la regione avrebbe dovuto revocare i titoli a suo tempo rilasciati alla controinteressata e che, in considerazione di fenomeni di inquinamento in atto, si sarebbe dovuto dare impulso alla necessaria bonifica.

La regione Lazio e la M.A.D. s.r.l. resistono al ricorso; essi in via preliminare chiedono che il ricorso sia dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione o interesse non avendo il comune – che ha partecipato a tutte le sedute della conferenza di servizi indetta per il riesame – mai manifestato, come sarebbe stato doveroso in base alla disciplina degli articoli 14 e segg. della legge 7 agosto 1990, n. 241, alcun dissenso e dovendosi quindi qualificare tale comportamento come implicito assenso alle conclusioni della conferenza (poi recepite dall’A.I.A. impugnata); al riguardo viene invocato anche l’abuso del diritto (o meglio del processo) e il divieto di agire contra factum proprium. Nel merito i resistenti – sia pure con diversità di accenti – contestano le allegazioni del comune di Roccasecca in particolare evidenziando che le conclusioni dell’A.R.P.A. in ordine all’esistenza di fenomeni di inquinamento sono state smentite da indagini commissionate a IRSA CNR (con il consenso dei partecipanti alla conferenza e quindi anche dello stesso comune ricorrente) sfociate in un rapporto datato 10 maggio 2016, che è stato esaminato nella seduta della conferenza del 18 maggio 2016 senza che su di esso il comune di Roccasecca avanzasse contestazioni (come conferma la circostanza che il rappresentante comunale non ha fatto verbalizzare riserve o osservazioni critiche e ha poi sottoscritto il verbale che ha dichiarato la chiusura con “esito favorevole” della conferenza).

DIRITTO

Preliminarmente occorre esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dai resistenti.

Va premesso che il comune nemmeno contesta di aver partecipato attraverso propri rappresentanti alla conferenza di servizi e di non aver mai formulato alcuna opposizione a quanto si andava decidendo e a quanto è stato poi deciso in tale sede (del resto ciò trova puntuale conferma nei verbali).

Ciò premesso l’articolo 29-octies d.lg. n. 152 citato, nel disciplinare la procedura di rinnovo-aggiornamento dell’autorizzazione integrata ambientale prevede al comma 9 che “il procedimento di riesame è condotto con le modalità di cui agli articoli 29-ter, comma 4, e 29-quater”.

Le disposizioni richiamate – in particolare l’articolo 29-quater - prevedono (o meglio prevedevano nel testo all’epoca vigente) che sulla domanda di rinnovo-aggiornamento si svolgesse una conferenza di servizi (alla quale tra l’altro era ed è prevista la obbligatoria partecipazione del Sindaco al fine di acquisire “le prescrizioni … di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265”) “ai sensi degli articoli 14, 14-ter, commi da 1 a 3 e da 6 a 9, e 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni”.

Tra le disposizioni richiamate vengono in particolare in rilievo: a) l’articolo 14-ter, comma 9, secondo cui “si considera acquisito l'assenso dell'amministrazione, ivi comprese quelle preposte alla tutela della salute e della pubblica incolumità, alla tutela paesaggistico-territoriale e alla tutela ambientale, esclusi i provvedimenti in materia di VIA, VAS e AIA, il cui rappresentante, all'esito dei lavori della conferenza, non abbia espresso definitivamente la volontà dell'amministrazione rappresentata”; b) l’articolo 14-quater, comma 1, secondo cui “il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale, fermo restando quanto previsto dall'articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso”.

Le due disposizioni implicano che l’amministrazione dissenziente abbia un vero e proprio onere di far valere la propria opposizione al progetto nell’ambito della conferenza, formulando oltretutto un’opposizione specificamente motivata con riferimento alle questioni oggetto della conferenza; la mancata opposizione implica quindi l’assenso.

Poiché il rappresentante del comune era presente alla seduta conclusiva della conferenza tenutasi il 18 maggio 2016 e incontestamente non ha formulato alcuna opposizione alla favorevole chiusura della conferenza (oltretutto sottoscrivendo il relativo verbale senza riserve o condizioni) si intende che il comune abbia prestato assenso alle determinazioni della conferenza.

Ciò ad avviso dei resistenti implicherebbe il difetto di legittimazione o di interesse del comune di Roccasecca alla contestazione degli esiti della conferenza, e ai consequenziali provvedimenti con cui la regione ha dato atto della chiusura favorevole con prescrizioni della stessa e rilasciato il rinnovo-aggiornamento dell’A.I.A. alla controinteressata.

L’eccezione è infondata.

Benchè debba riconoscersi che il comportamento del comune sia scarsamente in linea con il principio di leale cooperazione tra enti e quasi configuri una sorta di abuso del processo, dato che è evidente che, se il comune avesse formulato i propri rilievi all’interno della conferenza, le sue “perplessità” avrebbero potuto trovare in tal sede risposta in un senso o nell’altro così influendo sulle decisioni definitive e magari anche prevenendo la formazione di contenzioso (oltre che evitando lo svilimento della funzione dell’istituto della conferenza di servizi, che è in parte vanificata se i soggetti pubblici che vi partecipino non formulino alcuna opposizione per poi dopo, avendo evidentemente mutato posizione, contestarne gli esiti in sede giurisdizionale) non può negarsi che per regola generale il comune, quale ente esponenziale della collettività stanziata sul proprio territorio e portatore in via continuativa degli interessi diffusi radicati sul medesimo, abbia legittimazione a impugnare atti che ivi autorizzano lo svolgimento di attività; tale legittimazione postula la titolarità di una situazione giuridica qualificata, attuale (al momento della proposizione del ricorso e della decisione) e differenziata; questi requisiti chiaramente sussistono, salvo che si voglia sostenere che, essendo stata l’autorizzazione preceduta da una conferenza di servizi cui ha preso parte il comune, la situazione legittimante qualificata e differenziata sia venuta meno a causa della mancata opposizione dello stesso alla determinazioni della conferenza.

Nessuna disposizione però prevede una così incisiva deroga ai principi generali e le norme degli articoli 14-ter e 14-quater, comma 1, citate, nell’imporre che il dissenso sia manifestato a pena di inammissibilità nella conferenza e che il mancato motivato dissenso equivalga ad implicito assenso, escludono la legittimità di pareri postumi ma non privano l’ente che non abbia manifestato il dissenso della legittimazione al ricorso.

Va aggiunto che nemmeno potrebbe ipotizzarsi una acquiescenza (anche se va ammesso che si è al limite della ricorrenza di tale fattispecie) dato che l’acquiescenza – cioè l’accettazione espressa o tacita del provvedimento che ne rende inammissibile l’impugnazione – richiede che il comportamento che vi dà luogo sia contestuale o successivo al provvedimento che definisce il procedimento; nella fattispecie, considerato il carattere “dicotomico” della conferenza di servizi che viene in rilievo, l’accettazione (o meglio l’assenso implicito alle determinazioni della conferenza) è anteriore al provvedimento che sulla base della conferenza ha chiuso il procedimento di riesame in senso favorevole alla controinteressata.

Nel merito il ricorso è infondato e va pertanto respinto.

Con il primo motivo il comune di Roccasecca sostiene la violazione dell’articolo 29-octies del d.lg. n. 152 denunciando l’insussistenza dei presupposti per procedere al “riesame” dell’A.I.A.; la tesi del comune è che non sussistessero i presupposti del riesame ex articolo 29-octies citato e che – risultando verificate (sulla base degli accertamenti compiuti da A.R.P.A. Lazio) varie e gravi violazioni da parte della M.A.D. con potenziale inquinamento dell’ambiente e, in particolare, delle acque sotterranee – non soltanto non si sarebbe potuto procedere al riesame dell’A.I.A. ma piuttosto si sarebbe dovuto procedere a sanzionare le inadempienze con la revoca dell’autorizzazione rilasciata illo tempore.

Il motivo è infondato. Deve anzitutto rilevarsi che l’istruttoria compiuta ha dimostrato che non esiste alcun fenomeno di contaminazione, in particolare delle acque sotterranee.

Ciò premesso, come risulta dalla nota di avvio del procedimento di riesame (nota prot. n. 253256del 8 maggio 2015), dalla nota recante pari data prot. n. 253522, dagli atti precedenti (si veda in particolare la nota prot. n. 230396 del 27 aprile 2015) e infine dal documento che sintetizza l’istruttoria eseguita, il riesame è stato disposto nel presupposto che, a causa della non definizione del contesto geologico e idrogeologico in cui è inserito l’impianto, dei dubbi sull’idoneità della rete piezometrica a monitorare lo stato delle acque di falda potenzialmente interagenti con l’impianto, delle divergenze tra i dati rilevati dall’A.R.P.A. e quelli rilevati dalla M.A.D. e della non omogeneità delle modalità di campionamento fosse necessario procedere a un approfondimento scientifico che permettesse di stabilire quale fosse l’assetto geologico e idrogeologico in cui è inserito l’impianto, di definire i “valori di fondo”, lo stato delle acque e le corrette modalità di campionamento dei corpi idrici verificando l’idoneità dell’attuale rete di controllo dello stato delle acque potenzialmente interagenti con l’impianto.

Ad avviso del Collegio le esigenze sula cui base il procedimento di riesame è stato avviato sono sostanzialmente riconducibili alle previsioni del quarto comma 4 lett. a) dell’articolo 29-octies; è lo stesso comune del resto che evidenzia come i rilievi compiuti dall’A.R.P.A. rappresentassero una situazione di possibile contaminazione ambientale; a fronte di questi rilievi la regione si è attivata al fine di compiere una verifica della situazione (che ha poi escluso la presenza effettiva di un fenomeno di contaminazione non essendo stati confermati i rilievi dell’A.R.P.A. Lazio); non è quindi illegittimo che la regione abbia attivato il procedimento di riesame che ha poi altresì permesso il riordino delle autorizzazioni della controinteressata.

In ordine poi alle allegazioni in fatto, condivisibili, dato che trovano pieno riscontro negli atti di causa, sono le argomentazioni dei resistenti che evidenziano – oltre al fatto che il comune ha sempre condiviso il modus operandi concordato e, in particolare, la decisione di affidare a IRSA-CNR il compito di valutare la situazione – che lo studio presentato da quest’ultima ha smentito i rilievi dell’A.R.P.A. Lazio in ordine all’esistenza di fenomeni di inquinamento delle acque sotterranee; né sono stati forniti elementi a supporto dell’affermazione secondo cui la M.A.D. avrebbe compiuto violazioni dell’autorizzazione rilasciatale di tale gravità da giustificarne la revoca. In questa situazione il comune non ha a ben vedere neppure interesse a dolersi del riesame dato che, non esistendo un fenomeno di inquinamento che giustificasse l’attivazione (o meglio la prosecuzione visto che esso era stato attivato e poi è stato sospeso) del procedimento di bonifica, in assenza del riesame l’impianto delle controinteressata avrebbe continuato a operare sulla base dei titoli di cui essa era già in possesso e quindi in una situazione di incertezza in ordine alla condizione geologica e idrogeologica dei luoghi e con un sistema di monitoraggio meno efficiente e affidabile di quello che l’istruttoria compiuta in sede di riesame ha permesso di mettere a punto.

Con il secondo e terzo motivo il comune di Roccasecca denuncia la violazione degli articoli 29-decies e 242 d.lg. n. 152, sostanzialmente sostenendo che la regione Lazio illegittimamente non avrebbe dato seguito adottando le misure previste dalle disposizioni citate ai rilievi dell’A.R.P.A. Lazio in ordine alle violazioni compiute dalla M.A.D.

Anche questi motivi sono infondati.

Come correttamente sostenuto dai resistenti, alla fattispecie non è applicabile l’articolo 242 d.lg. n. 152 dato che il presupposto di applicazione della norma è che vi sia un fenomeno di inquinamento ambientale conseguente al superamento delle C.S.C.; senonchè lo studio di IRSA-CNR (le cui conclusioni oltretutto non sono state contestate dal comune in sede di conferenza di servizi) ha escluso l’esistenza di un fenomeno di contaminazione delle acque derivante da fattori antropici – contestando anche l’attendibilità dei rilievi prima eseguiti da A.R.P.A. Lazio - e quindi ciò esclude l’applicabilità dell’articolo 242 (a parte il rilievo che il compito di promuovere la bonifica spetterebbe alla provincia di Frosinone e non alla regione). In pratica lo studio IRSA-CNR è sostanzialmente giunto alla conclusione che la qualità delle acque è complessivamente buona, salvo che per la presenza di nitrati (peraltro derivanti da attività agricole); in ordine alla presenza di ferro e manganese in misura superiore alle CSC essa non è stata attribuita a fattori antropici ma alla naturale conformazione del sottosuolo dato che tali valori sono stati rilevati anche a monte dell’impianto della controinteressata e non è stata rilevata la presenza di inquinanti organici.

Quanto alla violazione dell’articolo 29-decies, il motivo è infondato in fatto dato che in realtà la regione ha contestato alla M.A.D. mediante diffide – tutte riscontrate dalla società – presunte violazioni delle clausole dei titoli autorizzatori rilasciatile; non è inutile sottolineare che l’articolo 29-decies, comma 9, prevede la revoca dell'autorizzazione e la chiusura dell'installazione solo “in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo o di danno per l'ambiente”; non risulta che nella fattispecie si siano verificati i presupposti in questione.

Quanto precede implica la reiezione anche del quarto e quinto motivo con cui si ribadisce la denuncia della violazione delle disposizioni degli articoli 29-octies, 29-sexies e 242-244 d.lg. n. 152.

Il Collegio ritiene che sussistessero infatti i presupposti per procedere al riesame e che non esistendo un fenomeno di contaminazione in atto, come accertato nel corso dell’istruttoria, non vi fosse il presupposto per attivare un procedimento di bonifica.

Con l’ultimo motivo il comune ricorrente denuncia il difetto di istruttoria sotto vari profili in particolare sostenendo che la regione: a) si sarebbe del tutto acriticamente adeguata al parere di IRSA-CNR; b) avrebbe chiuso la conferenza di servizi il 18 maggio 2016, senza dare ai partecipanti un tempo adeguato al fine di esaminare lo studio IRSA-CNR (che era stato depositato solo pochi giorni prima, cioè in data 11 maggio, e oltretutto in data successiva a quella di convocazione della seduta della conferenza in cui esso è stato esaminato); c) avrebbe adottato la determinazione di chiusura della conferenza sebbene l’istruttoria in realtà non fosse stata ancora definita come dimostra la previsione che faceva obbligo alla controinteressata di produrre un a serie di ulteriori documenti; d) avrebbe quindi adottato il definitivo provvedimento di riesame dell’A.I.A. sulla base della documentazione prodotta in osservanza alle prescrizioni della determinazione di chiusura da parte di M.A.D. senza che tale documentazione fosse oggetto di puntuale valutazione da parte degli altri soggetti che avevano partecipato alla conferenza e senza una altrettanto puntuale valutazione in ordine alla sua rispondenza alle prescrizioni stesse.

Le censure del comune sono infondate e, in parte, persino pretestuose. Il comune ha infatti condiviso la metodologia dell’istruttoria e, in particolare, la commissione a IRSA-CNR di uno studio sulle acque sotterranee; la decisione di adeguarsi alle risultanze di questo studio è non solo ragionevole ma del tutto logica (per certi aspetti quasi necessitata) se si considera che IRSA è un organismo di indiscussa autorità in materia di gestione e protezione di risorse idriche e che nessun partecipante alla conferenza ha contestato metodologia o risultati dello studio stesso; in ordine ai “tempi”, va osservato che nessun partecipante alla seduta della conferenza del 18 maggio 2016 – e in particolare il comune – ha contestato di non aver avuto la possibilità di esaminare lo studio né tantomeno sono stati chiesti differimenti della seduta a tale scopo. In ordine alle allegazioni circa la mancata verifica dell’adempimento delle prescrizioni impartite da parte di M.A.D. esse sono del tutto generiche e sono comunque smentite dal provvedimento che reca un’espressa approvazione della documentazione trasmessa che lascia presumere che essa sia stata esaminata, valutata e ritenuta conforme a quanto richiesto.

Conclusivamente il ricorso va respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, definitivamente pronunciandosi sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna il comune di Roccasecca al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro quattromila, oltre accessori di legge, a favore di ciascun resistente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Latina nella camera di consiglio del giorno 7 dicembre 2017 con l'intervento dei magistrati:

Antonio Vinciguerra, Presidente

Davide Soricelli, Consigliere, Estensore

Antonio Massimo Marra, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Davide Soricelli        Antonio Vinciguerra