Inquinamento e bonifica
di Mauro SANNA
pubblicato su unaltroambiente.it. Si ringraziano Autore ed Editore
Il superamento delle CSC relative alle matrici ambientali, in relazione a quanto previsto dall’art. 242 del D.Lgs,152/06, evidenzia certamente, uno stato di compromissione o di deterioramento significativo e misurabile delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo, che rientra nelle situazioni previste dall’art. 452-bis Legge 22 maggio 2015, n. 68.
Non è altrettanto vero il contrario, che qualora non sia dimostrato il superamento delle CSC in un sito specifico, in esso non sussistano stati di compromissione o di deterioramento significativi e misurabili delle matrici ambientali interessate.
Infatti, quanto stabilito dal Titolo V della Parte quarta del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, lungi dal costituire, in termini assoluti, la condizione esclusiva sulla base della quale si possa affermare la presenza o meno di uno stato di inquinamento ambientale, rappresenta soltanto la procedura operativa ed amministrativa da adottare per stabilire la necessità di procedere alla bonifica di un sito contaminato.
Proprio per definire questi obiettivi, e solo questi, a partire dal 16/12/1999, prima con il DM 25 ottobre 1999 n. 471, emanato in applicazione dell’art. 17 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, e successivamente al 29/04/2006, con il Titolo V della Parte IV del D.Lgs. 152/06 modificato ed integrato, sono stati previsti i limiti, le procedure, i criteri e le modalità per lo svolgimento delle operazioni necessarie per la messa in sicurezza e la bonifica dei siti contaminati ai sensi di questa normativa, che ne ha disciplinato anche i diversi aspetti.1
Quindi è ai limiti stabiliti da tale normativa specifica, espressamente dedicati a tale situazione, che si dovrà fare riferimento nel giudicare i risultati degli accertamenti svolti nel corso di una indagine per stabilire, ad esempio, se le acque sotterranee di un sito siano da considerare inquinate.
Solo in una indagine di questo tipo avente tali finalità, dovranno perciò essere seguite le procedure stabilite dalla medesima normativa per il prelievo e l’analisi dei campioni. In caso diverso un tale approccio sarà invece del tutto limitativo ed improprio.
Infatti, per definire lo stato di inquinamento di un sito, e stabilire se il sito possa considerarsi o meno potenzialmente inquinato, non si dovrà fare riferimento ai limiti utili per definire la contaminazione dei suoli e delle acque previsti dalla normativa sulle bonifiche sopra citata, prendendo perciò come riferimento a tal fine il solo superamento delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione stabiliti dal Titolo V della Parte IV del D.Lgs. 152/06.
Di converso, nel caso di una indagine finalizzata a stabilire la contaminazione del sito ai sensi Titolo V della Parte IV del D.Lgs. 152/06, le conclusioni a cui si perviene risulterebbero del tutto errate, se l’indagine fosse svolta con metodologie estranee a quelle previste dalla normativa specifica e dedicata alle bonifiche.
D’altra parte, nel medesimo testo normativo, l’art. 5, lett. i-ter) contiene una più completa definizione di cosa si debba intendere per inquinamento: l’introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore o più in generale di agenti fisici o chimici, nell’aria, nell’acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità dell’ambiente, causare il deterioramento dei beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell’ambiente o ad altri suoi legittimi usi.
In questa definizione, quindi, non viene previsto alcun valore soglia, superato il quale si determina uno stato di inquinamento, ma ci si limita ad elencare i possibili fattori inquinanti che possono produrre uno stato di inquinamento delle matrici ambientali: sostanze, vibrazioni, calore o rumore o più in generale agenti fisici o chimici che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità dell’ambiente. Ad integrazione, vengono poi definiti gli effetti che possono prodursi su tali matrici: il deterioramento dei beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell’ambiente o ad altri suoi legittimi usi.
Inoltre, in sintonia con tale norma, è anche quanto previsto dalla definizione di inquinamento ambientale, data dall’art. 452-bis del Titolo VI-bis della Legge n. 68 del 22 maggio 2015, relativa ai delitti contro l’ambiente. Essa, infatti, definisce l’inquinamento come una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:
- delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;
- di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.
L’inquinamento, sulla base di tale definizione costituisce perciò in quanto tale una compromissione o un deterioramento di una delle matrici ambientali: acqua, aria e suolo ovvero di un ecosistema, della biodiversità, della flora o della fauna, che quindi di fatto determina un danno ambientale a carico delle stesse.
Compromissione o deterioramento, che per configurarsi nella fattispecie prevista da tale norma, devono però risultare significativi e misurabili.
La nozione di inquinamento viene poi ad essere amplificata e dettagliata, anche negli effetti che possono prodursi, nella definizione di “Disastro Ambientale”, fattispecie criminosa disciplinata nel medesimo testo normativo dall’art 452-quater. In esso si esplicita, con termini ed attributi differenti rispetto a quelli utilizzati nella definizione di inquinamento ambientale, che: Costituiscono disastro ambientale alternativamente:
- l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema;
- l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;
- l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo.
Quando il disastro è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata.
In questa definizione, riferita però in modo specifico al disastro ambientale, viene ripresa la terminologia utilizzata nella definizione di danno ambientale ex art. 18 L.349/86, che prevede: Qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge che comprometta l’ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte.
Terminologia per altro impiegata anche nell’art. 300, primo comma del D. Lgs. 152/06, nel quale non ci si riferisce all’inquinamento, ma al possibile effetto da esso prodotto, costituito dal danno ambientale definito: È danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima.
Nel medesimo senso anche la direttiva 2004/35/CE del Parlamento Europeo definisce danno ambientale il deterioramento, in confronto alle condizioni originarie, provocato:
- alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e comunitaria (omissis),
- alle acque interne, alle acque costiere ed al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell’introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l’ambiente.
D’altra parte, relativamente alle acque, ai sensi dell’articolo 302, si devono perciò intendere tutte le acque cui si applica la Parte terza del D.Lgs. 152/06, conseguentemente, le sostanze inquinanti da prendere in considerazione al fine di stabilire se un’acqua è inquinata, nè potrebbe essere altrimenti, non sono limitate a quelle previste dalla normativa delle bonifiche ed ai valori limite in essa stabiliti, ma sono tutte quelle che potenzialmente possono impedire il loro legittimo uso.
Pertanto, per stabilire se in un determinato sito è presente uno stato di inquinamento e quindi una contaminazione delle diverse matrici ambientali o, nel complesso, una alterazione dell’equilibrio del suo ecosistema, l’accertamento non riguarderà semplicemente la verifica se sussista il superamento delle CSC previste per le diverse matrici ambientali, ma dovranno essere considerate tutte le condizioni stabilite dall’art. 452-bis citato.
Come già detto, si dovrà invece tenere conto di quanto stabilito nel Titolo V della Parte quarta del D. Lgs. 152/06, solo nel caso si proceda agli interventi di bonifica o messa in sicurezza del sito.
Le condizioni stabilite dall’art. 452-bis, necessarie per verificare la sussistenza di uno stato di inquinamento, da riscontrare in una o più matrici ambientali, sono state poste in rilievo ed esplicitate anche nelle sentenze della Suprema Corte succedutesi nel tempo, in particolare, nella sentenza n. 46170/2016 della Sezione III, riguardante i delitti introdotti dalla Legge n. 68 del 2015.
Compromissione e deterioramento delle matrici ambientali
Secondo quanto esplicitato nella sentenza, i due termini non indicano un diverso pregiudizio per l’ambiente né sono da considerare sinonimi, bensì sono complementari tra loro, riferendosi, uno all’assetto funzionale della matrice ambientale inquinata e l’altro a quello strutturale della stessa. La “compromissione”, è riferibile infatti ad una condizione che determina uno “squilibrio funzionale”, nei processi naturali propri della specifica matrice ambientale o dell’ecosistema mentre il “deterioramento” si riferisce alla modifica dell’originaria consistenza della matrice ambientale o dell’ecosistema, determinata dal suo decadimento, che per l’alterazione parziale o totale degli elementi costitutivi l’ha privata dell’efficienza o dell’utilizzabilità originaria.
Tali alterazioni delle matrici ambientali potranno riguardare sia quelle che originariamente sono integre che quelle che siano già danneggiate da altre cause preesistenti o concomitanti e quindi, in tal caso l’inquinamento prodotto sarà da riferire ad una concausa.
Significatività e misurabilità degli effetti prodotti
La compromissione ed il deterioramento delle matrici ambientali debbono essere significativi e misurabili perché, già qualitativamente, le modifiche apportate debbono far assumere un aspetto negativo rispetto a quello proprio naturale della matrice stessa non oggetto di offesa, ma il pregiudizio arrecato alla matrice interessata deve essere anche quantitativamente apprezzabile o, comunque, oggettivamente rilevabile mediante parametri rappresentativi e con unità di misura adeguate ed affidabili.
Nell’art 452-bis, per i parametri caratteristici delle singole matrici, non vi sono tuttavia espliciti riferimenti a limiti o soglie imposti per essi da specifiche disposizioni, potendosi presentare casi in cui, anche in assenza di limiti normativi, la situazione sia concretamente accertabile.
Tuttavia tali parametri ed eventuali limiti, possono comunque costituire un utile riferimento per valutare lo scostamento tra gli standard prefissati e quelli rilevati nel sito ai fini di stabilire la effettiva significatività della compromissione o del deterioramento osservati.
La sentenza citata evidenzia anche che, mentre per l’acqua e l’aria l’art. 452-bis cod. pen., non prevede alcun riferimento quantitativo o dimensionale, considerando la più accentuata diffusività degli inquinanti in tali matrici, rispetto a ciò che avviene per il suolo ed il sottosuolo, per questi ultimi prescrive invece specificatamente che il degrado deve interessarne porzioni estese o significative.
Altre condizioni che possono essere prese in considerazione per valutare lo stato di inquinamento, non tanto sotto l’aspetto tecnico ma piuttosto per definirne la fattispecie giuridica che gli compete, possono essere le seguenti:
La reversibilità dello stato di inquinamento
Tale condizione non risulta rilevante per qualificare lo stato di inquinamento, indipendentemente che la funzionalità della matrice ambientale offesa venga riacquistata nel tempo per opera dell’uomo o per la capacità intrinseca della stessa (Cass. pen., sez. 4, 21 ottobre 2010, n.9343). L’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema risulta invece una delle condizioni necessaria perché esso costituisca uno stato di disastro ambientale.
L’abusività della condotta che produce l’inquinamento
La condotta che ha determinato lo stato di inquinamento è abusiva perché attuata in mancanza di autorizzazione, al di fuori della portata della stessa, in violazione delle prescrizioni, con autorizzazione scaduta, revocata o illegittima o con il superamento di valori limite prescritti dalle norme di settore o in generale non conforme perché posta in essere in violazione di leggi statali o regionali, ancorché non strettamente finalizzate alla tutela dell’ambiente, o di prescrizioni amministrative.
L’accidentalità dello stato di inquinamento
Il determinarsi di uno stato di inquinamento può essere involontario o meno, esso infatti può essere determinato anche da una condotta omissiva delle cautele atte ad evitare un evento prevedibile. Questo ad esempio può accadere con l’impiego di un manufatto contenente sostanze pericolose lisciviabili dalle acque, tale così da produrre il trasferimento in falda di tali sostanze, o la contaminazione del suolo in cui tale manufatto insiste.
- i limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli, delle acque superficiali e sotterranee in relazione alla loro specifica destinazione d’uso; -le procedure di riferimento per il prelievo e l’analisi dei campioni; -i criteri generali per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati e la redazione dei relativi progetti; -i criteri per le operazioni di bonifica di suoli e falde acquifere che facciano ricorso a batteri, a ceppi batterici mutanti, a stimolanti di batteri naturalmente presenti nel suolo; -il censimento dei siti potenzialmente inquinati, l’anagrafe dei siti da bonificare e gli interventi di bonifica e ripristino ambientale effettuati da parte della pubblica amministrazione; -i criteri per l’individuazione dei siti inquinati di interesse nazionale.↩︎