TAR Campania (NA), Sez. V, n. 4729, del 5 settembre 2014
Rifiuti.Illegittimità sospensione attività trattamento rifiuti per mancanza presupposti
Nella fattispecie, difettano i presupposti alla sussistenza dei quali la legge subordina l’esercizio del potere di sospensione, non risultando indicate le specifiche violazioni delle prescrizioni dell’autorizzazione, né risultando provata la sussistenza del presupposto alternativo rappresentato dalla situazione di pericolo per la salute pubblica o per l’ambiente. Pertanto fondatamente parte ricorrente deduce che l’Amministrazione esercita un potere al di là dei casi previsti dalla legge in modo tale da non mettere la società in condizioni di conoscere le ragioni poste a base degli atti che inibiscono lo svolgimento della sua attività, regolarmente autorizzata, risultando indicate quali fossero le violazioni e le situazioni di pericolo per la salute pubblica o per l’ambiente, con conseguente difetto di motivazione e carenza dei presupposti. A più riprese la giurisprudenza ha rilevato che la sanzione della diffida e contestuale sospensione può essere irrogata se ricorrono contemporaneamente i presupposti dell’inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione e della situazione di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 04729/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00664/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 664 del 2014, proposto da:
SERVIZI ECOLOGICI ED AMBIENTALI S.R.L., con sede legale in Scafati, Via Monte Grappa, n. 23, in persona del legale rappresentante, Scarlato Mauro, rappresentata e difesa dagli Avv. ti Marino Perongini e Brunella Merola ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Chiara Marrama in Napoli, alla Via Andrea D’Isernia, n. 2;
contro
REGIONE CAMPANIA, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Angelo Marzocchella ed elettivamente domiciliata in Napoli, alla Via S. Lucia, n.81;
nei confronti di
- COMUNE DI ANGRI, in persona del legale rappresentante p.t., non costituito in giudizio;
- A.R.P.A.C. - AGENZIA REGIONALE PROTEZIONE AMBIENTALE CAMPANIA, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;
per l’annullamento, previo sospensione
a) del provvedimento prot. n. 2013.0770772 dell’11.11.2013, emesso dalla Giunta Regionale della Campania - Area Generale di Coordinamento, Ecologia - Tutela dell’Ambiente, Disinquinamento - Protezione Civile - Settore Provinciale Salerno, avente ad oggetto: “Diffida ai sensi dell’art. 278, lett. b) D.L. vo n. 152/2006. Sospensione dell’attività autorizzata con decreto dirigenziale n. 210 del 21.11.2011”, con il quale il Dirigente del Settore ha diffidato la ricorrente dallo svolgere l’attività autorizzata, disponendo contestualmente la sospensione della medesima attività per dodici mesi e stabilendo altresì che riattivazione dell’attività potrà avvenire solo dopo che la ditta avrà ottemperato alle prescrizione del NOE;
b) del provvedimento prot. n. 2013.0824259 del 2.12.2013, reso dal Dirigente del Dipartimento della Salute e delle Risorse Umane - Direzione Generale per l’Ambiente e l’Ecosistema UOD Autorizzazioni Ambientali e Rifiuti - Salerno della Regione Campania;
c) di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, per quanto di ragione, ivi compresa, per quanto di ragione, la nota prot. n. 2/102-17-2012 del 4.11.2011 del Comando Carabinieri NOE di Salerno.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’intimata Regione;
Visti gli atti tutti della causa;
Vista l’ordinanza n. 485 del 21 marzo 2014 di questa Sezione;
Uditi - Relatore alla pubblica udienza del 10 luglio 2014 il dr. Vincenzo Cernese - i difensori delle parti come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato il 10.1.2014 e depositato il 7.2.2014, la società Servizi Ecologici ed Ambientali s.r.l. (S.E.A. S.r.l.),. con sede legale in Scafati, Via Monte Grappa, n. 23, in persona del legale rappresentante Scarlato Mauro - autorizzata, ai sensi dell’art. 208 del D.L. vo n. 152/2006, alla realizzazione di un impianto di messa in riserva (R 13) con e senza trattamento di rifiuti urbani e speciali, non pericolosi e di raccolta RAEE, e successivamente, con decreto dirigenziale n. 210 del 21.10.2011, autorizzata anche all’esercizio ed alla messa in funzione del predetto impianto - ha impugnato, innanzi a questo Tribunale, il provvedimento prot. n. 2013.0770772 dell’11.11.2013 in epigrafe, con cui il Dirigente del Settore Provinciale di Salerno della Giunta Regionale della Campania - Area Generale di Coordinamento, Ecologia - Tutela dell’Ambiente, Disinquinamento - Protezione Civile - Settore Provinciale Salerno, con cui, premesso che in data 9.2.2011 prot. 0102560 la Ditta ha trasmesso comunicazione di attività scarsamente rilevante in quanto rientrante alla lettera a) dell’elenco di cui al D.L. vo 152/06, impianti ed attività in deroga parte V, allegato IV, parte I, e richiamata la nota n. 2/102-17-20212 di prot. del 4.11.2013 - con cui il Comando Carabinieri N.O.E. di Salerno ha comunicato al Settore Ecologia di Salerno che in data 15.5.2013 in esecuzione del provvedimento emesso dal Tribunale di Nocera Inferiore è stato sottoposta a sequestro l’intera area di piazzale di pertinenza dell’impianto di trattamento rifiuti ubicato in Angri zona P.I.P. condotta dalla ditta S.E.A. S.r.l., nonché i due impianti di selezione e riduzione volumetrica installati all’interno del capannone in uso alla medesima azienda - ai sensi dell’art. 278, lett. d) D.L. vo 152/2006, diffidava la S.E.A. S.r.l., in persona dell’Amministratore Unico, “a svolgere l’attività di cui al D.D. n. 210/2011 per mesi 12 (dodici) dal ricevimento della presente per la messa in riserva (R 13) con e senza trattamento di rifiuti urbani e speciali non pericolosi e centro di raccolta RAEE, priva dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera ed allo scarico di acque reflue industriali”.
All’uopo, in fatto la società ricorrente premetteva:
- che l’impianto de quo era destinato allo stoccaggio provvisorio di rifiuti non pericolosi, provenienti dalla raccolta differenziata, da insediamenti civili, industriali, commerciali ed artigianali (messa in riserva R 13 con o senza trattamento) e a centro di raccolta di RAEE, così come definiti dall’art. 3, comma primo, lett. b) D.L. vo n. 151/2005;
- che, in data 16.12.2008, la società inoltrava alla Regione una comunicazione di attività a inquinamento atmosferico scarsamente rilevante ex art. 272, comma primo, del D.L. vo n. 152/2006, in quanto ricompresa nella lett. a) dell’elenco di cui al D.L. vo n. 152/2006 - impianti ed attività in deroga, parte V, allegato IV, parte I, ovvero “impianti adibiti esclusivamente a lavorazioni meccaniche con esclusione di attività di verniciatura, trattamento superficiale dei metalli e smerigliature, con consumo di olio inferiore a 500 Kg/anno;
- che, in data 7.5.2012, presentava apposita istanza ex art. 269 D.L. vo n. 152/2006 per le emissioni in atmosfera, con relativo progetto descrittivo dell’impianto e si dotava di un apposito impianto di abbattimento delle polveri, la cui installazione è in fase di ultimazione, e, pertanto, non in funzione;
- che, con provvedimento prot. n. 2013.0770772 dell’11.11.2013, la Regione Campania, richiamando unicamente una nota del Comando Carabinieri NOE di Salerno del 4.11.2013 con cui era stato comunicato alla Regione “il sequestro dell’intera area di piazzale di pertinenza dell’impianto d trattamento rifiuti nonché i due impianti di trattamento rifiuti di selezione e riduzione volumetrica installati all’interno del capannone in uso alla medesima azienda, in quanto sprovvista dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera e dell’autorizzazione allo scarico di acque reflue”, disponeva, ai sensi dell’art. 278, lett. d) D.L. vo n. 152/2006, la diffida a svolgere l’attività autorizzata con d.d. n. 210/2011 per dodici mesi e contestualmente ordinato la immediata sospensione dell’attività svolta dall’esponente;
- che, con istanza datata 25.11.2013 chiedeva l’annullamento - in via di autotutela - del suddetto provvedimento regionale rappresentando (tra l’altro) di essere dotata di autorizzazione (d.d. n. 210/2011) ex art. 208, D.L. vo n. 152/2006, di apposito impianto di abbattimento delle polveri (anche se non ancora in funzione), di scaricare le acque reflue del processo produttivo in vasche a tenuta, periodicamente svuotate da impresa autorizzata, di convogliare le acque piovane (anche quelle interessanti il piazzale in apposito impianto di depurazione) ed, infine, che il sequestro penale effettuato non impediva all’impianto di funzionare, atteso che il G.i.p. del Tribunale di Nocera Inferiore aveva disposto il sequestro degli impianti di selezione e riduzione dei rifiuti e delle aree di piazzale della S.E.A. S.r.l., senza interessare l’intero stabilimento industriale.
Tanto premesso preso atto che la Regione Campania, con il provvedimento prot. n. 2013.0824259 del 2.12.2013, invece di annullare in autotutela, il provvedimento di sospensione in precedenza emesso, si limitava unicamente a modificarlo, disponendo “la ripresa dell’attività di cui al d.d. n. 210 del 21.10.2011, con esclusione dell’intera area di piazzale di pertinenza dell’impianto e dei due impianti di selezione e riduzione volumetrica installati all’interno del capannone, all’attualità sottoposti a sequestro da parte dell’Autorità Giudiziaria, trattandosi di attività di messa in riserva (operazione R 13) relativamente ai codici CER autorizzati, con esclusione di ogni altra operazione di recupero”, la società Servizi Ecologici ed Ambientali s.r.l., in persona del legale rappresentante Scarlato Mauro, con ricorso notificato il 10.1.2014 e depositato il 7.2.2014, ha impugnato, innanzi a questo Tribunale, i provvedimenti in epigrafe, deducendo, attraverso quattro censure profili di violazione di legge (artt. 1, 3, 7 ed 8, L. n. 241/1990; art. 97 Cost.; artt. 208 e 278 lett. b, D.L. vo n. 152/2006) - Eccesso di potere (per violazione del giusto procedimento, travisamento dei fatti, carenza di istruttoria, mancanza dei presupposti, difetto di motivazione, manifesta illogicità, irragionevolezza, erronea ed incongrua motivazione, contraddittorietà, perplessità, violazione del principio di proporzionalità. Sviamento di potere).
Si è costituita in giudizio l’intimata Regione, preliminarmente eccependo l’inammissibilità del ricorso e, nel merito, sostenendone l’infondatezza.
Con l’ordinanza in epigrafe questa Sezione ha accolto l’istanza cautelare.
Alla pubblica udienza del 10 luglio 2014 il ricorso è stato ritenuto in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla resistente Regione.
1.1. In punto di fatto, la ditta S.E.A. con nota acquisita il 26.11.2013, con prot. 809389, ha richiesto all’U.O.D. Ambiente Rifiuti Salerno, la revoca del provvedimento di diffida in autotutela, sul presupposto che il provvedimento adottato dalla Regione risultava essere ancora più gravoso del sequestro disposto dall’Autorità Giudiziaria relativamente all’inibizione del piazzale e dell’impianto di triturazione e riduzione volumetrica.
La U.O.D. Ambiente Rifiuti Salerno, con provvedimento n. 0824259 del 2.12.2013, provvedeva alla riattivazione dell’impianto con la limitazione allo svolgimento dell’attività relativa alla raccolta differenziata e per la sola operazione di stoccaggio R 13, atteso che l’azienda era munita della sola autorizzazione alle emissioni in atmosfera per lo svolgimento di attività scarsamente rilevanti, conformemente alle decisioni adottate dall’Autorità Giudiziaria e, comunque l’impianto è d oggi, funzionante.
1.2. L’eccezione va disattesa in quanto con il provvedimento prot. n. 2013.0824259 del 2.12.2013, non è stato annullato in autotutela il provvedimento di sospensione prot. n. 2013.0770772 dell’11.11.2013 in precedenza emesso, ma ci si è limitati unicamente a modificarlo, disponendo “la ripresa dell’attività di cui al d.d. n. 210 del 21.10.2011, con esclusione dell’intera area di piazzale di pertinenza dell’impianto e dei due impianti di selezione e riduzione volumetrica installati all’interno del capannone, all’attualità sottoposti a sequestro da parte dell’Autorità Giudiziaria, trattandosi di attività di messa in riserva (operazione R 13) relativamente ai codici CER autorizzati, con esclusione di ogni altra operazione di recupero”.
Ne deriva che parte ricorrente conserva pienamente interesse alla impugnativa del provvedimento di sospensione prot. n. 2013.0770772 dell’11.11.2013.
3. Ciò premesso, nel merito, il ricorso, nei limiti di quanto si andrà esponendo, è fondato.
4. Al riguardo rilievo preminente assumono le prime due censure.
5. In particolare con la prima censura si deduce la violazione di legge e l’eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, per contrasto con gli artt. 1, 3 della L. n. 241/1990, con l’art. 97 Cost., con gli artt. 208 e 278, lett. b) del D.L. vo n. 152/2006 .
6. L’impugnato provvedimento, emanato ai sensi dell’art. 278, lett. b), del D.L. vo 152/2006, trova il suo presupposto unicamente nella nota n. 2/102-17-20212 di prot. del 4.11.2013 con cui il Comando Carabinieri N.O.E. di Salerno comunicava al Settore Ecologia di Salerno che in data 15.5.2013 in esecuzione del provvedimento emesso dal Tribunale di Nocera Inferiore è stato sottoposta a sequestro l’intera area di piazzale di pertinenza dell’impianto di trattamento rifiuti ubicato in Angri zona P.I.P. - condotta dalla ditta S.E.A. S.r.l., nonché i due impianti di selezione e riduzione volumetrica installati all’interno del capannone in uso alla medesima azienda, in quanto risultava sprovvista dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera e dell’autorizzazione allo scarico di acque reflue industriali, ai sensi dell’art. 278, lett. d) D.L. vo 152/2006”.
6.1. L’art. 278 (“Poteri di ordinanza”) del D.L. vo n. 152/2006, alla lett. b), prevede che: << 1. In caso di inosservanza delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione, ferme restando l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 279 e delle misure cautelari disposte dall’autorità giudiziaria, l’autorità competente procede, secondo la gravità dell’infrazione:
a) alla diffida, con l’assegnazione di un termine entro il quale le irregolarità devono essere eliminate;
b) alla diffida ed alla contestuale temporanea sospensione dell’autorizzazione con riferimento agli impianti ed alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, ove si manifestano situazioni di pericolo per la salute pubblica o per l’ambiente;
c) alla revoca dell’autorizzazione con riferimento agli impianti ed alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida o qualora la reiterata inosservanza delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione determini situazioni di pericolo o di danno per la salute o per l’ambiente >>.
7. Questa Sezione, già in sede cautelare, apparendo il ricorso, prima facie, assistito da sufficienti elementi di fondatezza, << sotto il profilo della mancata indicazione negli impugnati provvedimenti delle prescrizioni dell’autorizzazione violate, alla stregua di quanto previsto dall’art. 278 del D.L. vo n. 152/2006 >>, accoglieva l’istanza cautelare sospendendo l’efficacia dei provvedimenti impugnati.
La suddetta considerazione ad una più attenta valutazione propria della sede merituale, non può che riuscirne avvalorata.
8. In proposito, a sostegno dei suoi provvedimenti, la Regione Campania si è limitata a richiamare la nota n. 2/102-17-20212 di prot. del 4.11.2013 con cui il Comando Carabinieri N.O.E. di Salerno ha comunicato al Settore Ecologia di Salerno che “in data 15.5.2013 in esecuzione del provvedimento emesso dal Tribunale di Nocera Inferiore è stato sottoposta a sequestro l’intera area di piazzale di pertinenza dell’impianto di trattamento rifiuti ubicato in Angri zona P.I.P. - condotta dalla ditta S.E.A. S.r.l., nonché i due impianti di selezione e riduzione volumetrica installati all’interno del capannone in uso alla medesima azienda, in quanto risultava sprovvista dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera e dell’autorizzazione allo scarico di acque reflue industriali”,
9. Nella fattispecie, difettano i presupposti alla sussistenza dei quali la legge subordina l’esercizio del potere di sospensione, non risultando indicate le specifiche violazioni delle prescrizioni dell’autorizzazione, né risultando provata la sussistenza del presupposto alternativo rappresentato dalla situazione di pericolo per la salute pubblica o per l’ambiente.
Pertanto fondatamente parte ricorrente deduce che l’Amministrazione esercita un potere al di là dei casi previsti dalla legge in modo tale da non mettere la società in condizioni di conoscere le ragioni poste a base degli atti che inibiscono lo svolgimento della sua attività, regolarmente autorizzata, risultando indicate quali fossero le violazioni e le situazioni di pericolo per la salute pubblica o per l’ambiente, con conseguente difetto di motivazione e carenza dei presupposti.
9.1. A più riprese la giurisprudenza ha rilevato che: << La sanzione della diffida e contestuale sospensione può essere irrogata se ricorrono contemporaneamente i presupposti dell’inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione e della situazione di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente >> (T.A.R. Basilicata, Sez. I, 18.11.2011, n. 560).
A tale riguardo va evidenziato che lo specifico rilievo delle prescrizioni autorizzative costituisce una vera e propria condicio sine qua non della conformità alla legge del provvedimento di diffida e contestuale sospensione, in quanto: << L’autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l’attuazione dei principi di cui all’art. 178 e contiene, tra l’altro, l’indicazione del tipo e dei quantitativi di rifiuti da smaltire o da recuperare; i requisiti tecnici con particolare riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti ed alla conformità dell’impianto al progetto approvato; le precauzioni da prendere in materia di sicurezza e igiene ambientale; il metodo di trattamento e di recupero >> (T.A.R. Toscana, Sez. II, 5 febbraio 2010, n. 187).
9.2. In tale situazione l’autorizzazione rappresenta il parametro di legittimità della condotta del soggetto che svolge l’attività di recupero smaltimento dei rifiuti, con la conseguenza che l’omessa e la mancata indicazione delle prescrizioni dell’autorizzazione violate rende illegittimi i provvedimenti impugnati.
9.3. Analogamente con riguardo al presupposto del pericolo per l’ambiente o per la salute corre l’obbligo di sottolineare che la necessità del manifestarsi del periculum si evince da quanto disposto dal Codice dell’Ambiente che prevede la possibilità di un’adozione contestuale ella diffida e della sospensione nonostante nel caso in cui vi sia l’urgenza di inibire la prosecuzione di un’attività gravemente lesiva dell’ambiente e della salute pubblica.
In buona sostanza la legge sacrifica l’interesse del privato alla prosecuzione dell’attività autorizzata solo nel caso in cui si manifesti una situazione di pericolo, che naturalmente deve essere indicata nel provvedimento sanzionatorio, mentre, laddove siffatta situazione di pericolo non sussista, la legge ritiene sufficiente la mera diffida, compatibile che consente a soggetto autorizzato, senza interrompere l’attività, di rimuovere le irregolarità e conformare il suo operato al dettato della legge e dell’atto autorizzativo.
10. In definitiva l’omessa o la mancata indicazione dei presupposti costituiti dalle violazioni delle prescrizioni dell’autorizzazione da parte dell’Amministrazione procedente rende illegittimi i provvedimenti impugnati per violazione dell’art. 278, comma b) del D.L. vo n. 152/2006, per difetto dei presupposti e per omessa motivazione in ordine alla sussistenza dei medesimi, la cui prova grava sulla predetta Amministrazione.
11. Ma fondata è anche la seconda censura con la quale si deduce la violazione di legge e l’eccesso di potere per violazione del principio del giusto procedimento, per contrasto con gli artt. 1, 3, 7 ed 8 della L. n. 241/1990, con l’art. 97 Cost. e con gli artt. 208 e 278, lett. b) del D.L. vo n. 152/2006.
12. Al riguardo parte ricorrente, rileva che l’art. 208, comma 13, del D.L. vo n. 152/2006 prevede (a differenza di quanto disposto in precedenza dall’art. 28, comma 4, D.L. vo n. 27/1997) che la sospensione dell’attività possa essere adottata contestualmente alla diffida alla prosecuzione della medesima nel caso in cui la violazione delle prescrizioni autorizzative comporti un pericolo per la salute o per l’ambiente con la conseguenza che, se alla stregua della normativa previgente la diffida (in quanto antecedente alla eventuale sospensione dell’attività, in funzione dell’assegnazione di un termine all’autorizzatario, onde consentire a quest’ultimo di conformare la propria attività alle prescrizioni violate) poteva assolvere anche alla funzione di comunicazione di avvio del procedimento, non altrettanto può dirsi in relazione alla sopravvenuta normativa di cui all’art. 208, comma 13, del D.L. vo n. 152/2006 che prevede la possibilità di una sospensione dell’attività autorizzata contestualmente all’atto di diffida.
13. L’ordine di idee di parte ricorrente è senz’altro condivisibile.
14. Invero con la previsione normativa di cui all’art. 208, comma 13, il Legislatore ha inteso instaurare un regime sanzionatorio che, partendo dalla diffida stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze (lett. “a“), alla diffida e contestuale sospensione dell’autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente (lett. “b”), fino alla revoca dell’autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida (lett. “c”), si intensifica in misura proporzionale alla gravità della trasgressione contestata.
14.1. In relazione al provvedimento ex art. 208, comma 13, lett. b) del D.L. vo n. 152/2006 la giurisprudenza ha rilevato che: << Non può essere assegnata valenza ex art. 7 L. n. 241/1990 alla diffida, visto che si tratta di due distinti provvedimenti ciascuno con i propri effetti in quanto scaturenti da autonomi procedimenti, pur se attinenti al medesimo oggetto. Né può ritenersi il carattere meramente formale dell’omissione, e pertanto irrilevante ai fini della legittimità dell’atto ex art. 21 octies L. n. 241/1990, visto che, ai sensi dell’art. 208, comma 13, D.L. vo 152/2006, la sanzione della sospensione è collegata all’inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione ed appare evidente che l’impresa aveva interesse ad evidenziare l’insussistenza delle suddette condizioni con proprie osservazioni >> (T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, Sez. I, 29.7.2011, n. 416).
Pertanto, allorquando l’Amministrazione opta per la seconda alternativa (lett. “b”) prevista dal citato art. 208, comma 13, considerata altresì la natura di atto di secondo grado rivestita dal provvedimento di sospensione a termine, è obbligata a comunicare l’avvio del procedimento ai destinatari dell’atto finale, prevista dall’art.7 della legge n.241/1990 con prescrizione generale, che non riguarda soltanto i procedimenti complessi che si articolano in più fasi ma anche per i procedimenti semplici che si esauriscono direttamente con l’adozione dell’atto finale, i quali comunque comportano una fase istruttoria da parte della Autorità procedente.
Siffatta comunicazione è funzionale alla partecipazione degli interessati al procedimento amministrativo, avendo il Legislatore modificato la prassi della definizione unilaterale del pubblico interesse con il sistema della democraticità delle decisioni e dell’accessibilità dei documenti - nel rispetto dei principi di uguaglianza e solidarietà tratteggiati dagli artt. 2 e 3 della Costituzione - in cui l’adeguatezza dell’istruttoria si valuta anzitutto nella misura in cui i destinatari sono messi in condizioni di contraddire; al tempo stesso essa è lo strumento per l’effettivo conseguimento dei principi di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa fissati dall’art. 97 della Costituzione, consentendo all’Amministrazione di valutare, attraverso la proposizione di osservazioni e controdeduzioni, complessivamente tutti gli interessi in gioco e di giungere quindi alla determinazione di un giusto procedimento, satisfattivo dell’interesse pubblico e tendenzialmente anche di quello dei privati, sia pure nella forma minima del minore sacrificio possibile.
15. Tale adempimento, finalizzato a consentire al destinatario del provvedimento di partecipare al relativo procedimento, prendendo visione degli atti e presentando memorie e documenti, non integra un obbligo di natura formale, essendo preordinato non solo ad un ruolo difensivo ma anche alla formazione di una più completa, meditata e razionale volontà dell’Amministrazione (cfr. ex plurimis Consiglio di Stato, sezione V, 21.1.2002 n. 3439) e salvo che non venga accertata in giudizio la sua superfluità in quanto il provvedimento adottato non avrebbe potuto essere diverso anche se fosse stata osservata la relativa formalità (Consiglio di Stato, sez. V, n. 178 del 20.1.2003).
15.1. Sul punto, nella fattispecie in esame, la difesa regionale si limita apoditticamente ad asserire che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, per la circostanza di avere la Giunta Ragione dovuto prestare mera adesione alla motivata proposta del dirigente competente per materia.
15.2. Inoltre, onde derogare all’obbligo di comunicazione in parola, necessita che l’Amministrazioni indichi le specifiche e concrete ragioni di urgenza che consentono di derogare al predetto obbligo, con la compressione delle prerogative procedimentali che ne conseguono.
Non può pertanto revocarsi in dubbio che anche il procedimento di specie, richiedesse il coinvolgimento in fase istruttoria dell’interessata - non risultando, d’altra parte, che siano state rappresentate quelle condizioni che esimono dall’osservanza dell’obbligo, mentre, sul punto la ricorrente asserisce che l’Amministrazione non può porre a fondamento del provvedimento di sospensione gravi ragioni di urgenza perché la vicenda le è ben nota, attese le istanze di autorizzazione presentate e non evase, unicamente per ragioni a lei non imputabili - alla quale andava pertanto inviata la relativa comunicazione di avvio, che avrebbe potuto consentire per quanto sopra alla ricorrente di interloquire con l’Amministrazione e di incidere eventualmente sulla sua determinazione finale, fornendo elementi utili e decisivi, atti ad evitare che l’Amministrazione incorresse in errori nei presupposti dell’atto e nelle valutazioni, emanando, quindi, un provvedimento viziato.
16. Nella fattispecie, come rilevato dalla società ricorrente, la sua interlocuzione in sede istruttoria sarebbe servita a far emergere e rappresentare una serie circostanze di assoluto rilievo, tra cui, la insussistenza delle esigenze cautelari atteso che i fatti oggetto di contestazione sono stati rilevati nel corso di due sopralluoghi eseguiti, più di un anno addietro, dal NOE di Salerno in data 8.11.2012 ed in data 19.3.2013 e che l’impianto di abbattimento delle polveri, anche se non in funzione, risulta installato.
17. In definitiva, nei limiti di quanto si è andato esponendo e con assorbimento di ogni altra censura, il ricorso è fondato e deve essere accolto con il conseguente annullamento degli impugnati provvedimenti, e con salvezza per le ulteriori legittime determinazione.
18. Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare tra le parti le spese giudiziali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Quinta Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 664/2014 R.G.) proposto da “Servizi Ecologici ed Ambientali s.r.l.”, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e per quanto di ragione; per l’effetto, annulla il provvedimento prot. n. 2013.0770772 dell’11.11.2013 e, per quanto di ragione, il provvedimento prot. n. 2013.0824259 del 2.12.2013, fatte salve ulteriori legittime determinazioni.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 10 luglio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Domenico Nappi, Presidente
Vincenzo Cernese, Consigliere, Estensore
Gabriella Caprini, Primo Referendario
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/09/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)