TAR Lombardia (BS) Sez. I n. 769 del 1 agosto 2022
Rifiuti.Obblighi di rimozione

In linea generale, prima di ordinare la rimozione dei rifiuti abbandonati ed il ripristino dello stato dei luoghi, il Comune è tenuto ad accertare che il proprietario “non responsabile” dell’abbandono abbia tenuto una condotta quanto meno colposa, con la precisazione che, ai fini dell’accertamento de quo, l’omessa recinzione del fondo inquinato non costituisce ex se un indice di negligenza, posto che «nel nostro sistema (art. 841 c.c.) la recinzione è una facoltà (ossia un agere licere) del dominus: come tale, la scelta di non fruirne non può tradursi in un fatto colposo (art. 1127, comma primo, c.c.) ovvero in un onere di ordinaria diligenza (art. 1227, comma secondo, c.c.), che circoscrive (recte, elide) il diritto al risarcimento
del danno


Pubblicato il 01/08/2022

N. 00769/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01010/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1010 del 2021, proposto da
-OMISSIS 1- s.r.l. in Liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Italo Luigi Ferrari, Francesco Fontana e Paolo Bassi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’avvocato Francesco Fontana, con studio in Brescia, via Armando Diaz, 28;

contro

Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Leonardo Salvemini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

-OMISSIS 2- s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore e sig. -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati Andrea Martelli e Mara Chilosi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
-OMISSIS 3- Soc. Coop. in liquidazione e -OMISSIS 4- s.r.l. in liquidazione, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- dell’ordinanza del Sindaco del Comune di -OMISSIS-, n. -OMISSIS- del 12 ottobre 2021 (n. Prot. 7791), nella parte in cui è stato ordinato alla ricorrente, ai sensi dell’articolo 192, comma 3 del d.lgs. n. 152/2006, in solido quale proprietaria dell’area, l’avvio del recupero o smaltimento dei rifiuti depositati all’interno del sito denominato “ex -OMISSIS 2-”;

- di ogni atto presupposto, preordinato, connesso e/o consequenziale, ivi inclusa, per quanto occorrer possa, la determinazione comunale, n. -OMISSIS- del 23 settembre 2021, avente a oggetto «conclusione negativa con prescrizioni di approvazione della relazione tecnica recante “considerazioni finali sulle acque circolanti nel sito”», nonché la nota n. prot. -OMISSIS- del 23 settembre 2021, avente ad oggetto la comunicazione di «avvio del procedimento per l’adozione di provvedimento finalizzato alla rimozione, l’avvio a recupero e/o allo smaltimento dei rifiuti abbandonati, ai sensi art. 192, comma 3, d. lgs. 152/2006».


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS-, della società -OMISSIS 2- s.p.a. e del sig. -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 13 luglio 2022 il dott. Luca Pavia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La società -OMISSIS 2- s.p.a. svolse, dal 1966 fino a tutto il 1999, all'interno di un sito produttivo ubicato nel comune di -OMISSIS-, attività di fusione della ghisa per la produzione di componenti per radiatori.

2. Il 27 agosto 2001 venne redatta una prima relazione sullo stato dei luoghi dalla quale emerse sia che l’area era stata oggetto di deposito di terre e scorie di fonderia sia la non conformità dei terreni per un utilizzo produttivo e o residenziale.

3. Il 20 dicembre 2001 il sito venne ceduto alla società cooperativa “-OMISSIS 3-” che avviò le opere di smantellamento degli impianti industriali.

4. Il 26 ottobre 2006 l’odierna ricorrente, proprietaria del sito dal 23 dicembre 2003, comunicò al Comune la propria intenzione di presentare l’indagine preliminare, ex art. 265 D.Lgs. 152/06.

5. Il 21 novembre 2006 la locale ARPA sollecitò il Comune ad intervenire affinché la nuova proprietaria proseguisse la bonifica del sito, nel frattempo interrotta a seguito del passaggio di proprietà e, il successivo 7 agosto 2007, si riunì un tavolo tecnico per valutare gli interventi di messa in sicurezza dell’area.

6. Il 5 giugno 2012 la ricorrente inviò il proprio piano di caratterizzazione dell’area, che integrava quello della propria dante causa, in cui, tra l’altro, venne dato atto della presenza di diversi materiali fuori terra suddivisi in cumuli all’aperto (rottami metallici, travi in cemento) e al coperto, costituiti prevalentemente da residui della demolizione della pavimentazione.

7. Il piano venne approvato, con prescrizioni, nella conferenza di servizi del 22 giugno 2012.

8. Il 24 febbraio 2014 e il successivo 6 giugno 2014 la locale ARPA confermò la presenza nelle acque di manganese e di cloruro di vinile e chiese che venissero attivate le misure di messa in sicurezza del sito.

9. Il 1° ottobre 2014 il Comune convocò una conferenza di servizi decisoria, durante la quale la Provincia di Brescia chiese la consegna di tutta la documentazione necessaria per individuare il responsabile dell’inquinamento.

10. Il 9 dicembre 2016 la Provincia ritenne che la società -OMISSIS 2- s.p.a. fosse responsabile dell’inquinamento del sito ed emise, pertanto, l’atto dirigenziale n. 6397, avente ad oggetto «Diffida con ordinanza motivata all’attuazione delle procedure previste per la bonifica dei siti contaminati ex art. 244, comma 3, D.lgs. 152/2006 a carico della società -OMISSIS 2- s.p.a.».

Il provvedimento venne impugnato dalla -OMISSIS 2- s.p.a. con il ricorso, oggetto di seperato giudizio, n. 262/17, notificato il 16 febbraio 2017 e depositato il successivo 10 marzo.

11. Il 23 luglio 2021 il Comune ha avviato nei confronti dell’odierna ricorrente un procedimento finalizzato all’emissione di un ordine di rimozione e smaltimento di rifiuti abbandonati, ai sensi dell’articolo 192, comma 3, del d.lgs. 152/2006.

12. Il 27 luglio 2021 l’intimata ha presentato le proprie controdeduzioni nelle quali ha ribadito di essere estranea ai fatti, anche perché all’epoca della loro commissione non era proprietaria del sito.

13. Il 23 settembre 2021 il Comune ha esteso il procedimento anche alla -OMISSIS 4- s.r.l. (che avrebbe curato le demolizioni per conto della società -OMISSIS 3-), alla -OMISSIS 3- s.c.r.l. e alla -OMISSIS 2- s.p.a., disponendo, al contempo, un sopralluogo per la quantificazione e la qualificazione dei rifiuti abbandonati, che si è svolto il successivo 30 settembre.

14. Il 12 ottobre 2021, con l’ordinanza -OMISSIS-, il Sindaco di -OMISSIS- ha intimato all’odierna ricorrente, alla -OMISSIS 4- s.r.l. e alla cooperativa -OMISSIS 3-, di rimuovere i rifiuti speciali ammassati e di ripristinare lo stato dei luoghi; il procedimento è stato, invece, archiviato nei confronti della -OMISSIS 2- s.p.a., perché i rifiuti rinvenuti non erano riconducibili all’attività industriale della stessa.

15. Con ricorso, notificato il 26 novembre 2021 e depositato il successivo 20 dicembre, la -OMISSIS 1- s.r.l. ha impugnato l’ordinanza de qua perché asseritamente illegittima.

16. In prossimità dell’udienza di merito le parti hanno depositato documenti, memorie conclusionali e di replica nei termini di rito.

17. All’udienza pubblica del 13 luglio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione, a seguito di discussione orale.

DIRITTO

1. Con il proprio ricorso la ricorrente censura il difetto di istruttoria del provvedimento impugnato nonché il fatto che esso non potrebbe fondarsi sulle pattuizioni contrattuali intercorse con la propria dante causa (-OMISSIS 3- soc. coop.), non solo perché l’eventuale vincolo sarebbe ormai prescritto ma anche perché l’amministrazione comunale sarebbe estranea al rapporto negoziale. Né l’obbligo di rimozione potrebbe derivare dalle risultanze del progetto di caratterizzazione dell’area, posto che con esso la ricorrente si sarebbe limitata ad una mera descrizione dello strato dei luoghi, senza assumere alcun impegno in merito.

Inoltre, sempre a dire della ricorrente, poiché i materiali rinvenuti non sarebbero riconducibili alla propria attività, il provvedimento impugnato contrasterebbe, altresì, con il principio “chi inquina paga”, anche perché l’amministrazione procedente non avrebbe accertato la sussistenza del prescritto elemento soggettivo in capo all’odierna ricorrente. Né le si potrebbe rimproverare di aver custodito negligentemente il sito perché dal sopralluogo sarebbe emerso che solo una limitata porzione della recinzione sovrastante al muro di confine sarebbe stata rimossa.

Il ricorso è infondato.

La giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che «in virtù dell'art. 192, d.lgs. n. 152/2006, l'obbligo di rimozione dei rifiuti grava in via principale sull'inquinatore e, in solido, sul proprietario del terreno e sui titolari di diritti reali o personali di godimento dell'area, qualora a costoro sia imputabile una condotta dolosa o colposa, da accertarsi previo contraddittorio, secondo il principio di matrice eurounitaria in materia ambientale per cui "chi inquina paga". La disposizione in questione è, infatti, chiara nell'imporre, in via solidale, le conseguenze ripristinatorie della condotta lesiva dell'ambiente anche al proprietario nell'eventualità in cui quest'ultimo si sia reso colpevole di inidonea vigilanza sui beni interessati dall'abbandono dei rifiuti. Ciò implica l'insufficienza della sola titolarità del diritto reale o di godimento sulle aree interessate, richiedendo, invero, il legislatore l'accertamento della sussistenza dell'elemento psicologico in ordine ai fatti contestati» (ex multis T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, Trieste, sez. I, 11 febbraio 2022, n.91). Ne consegue che, in linea generale, prima di ordinare la rimozione dei rifiuti abbandonati ed il ripristino dello stato dei luoghi, il Comune è tenuto ad accertare che il proprietario “non responsabile” dell’abbandono abbia tenuto una condotta quanto meno colposa, con la precisazione che, ai fini dell’accertamento de quo, l’omessa recinzione del fondo inquinato non costituisce ex se un indice di negligenza, posto che «nel nostro sistema (art. 841 c.c.) la recinzione è una facoltà (ossia un agere licere) del dominus: come tale, la scelta di non fruirne non può tradursi in un fatto colposo (art. 1127, comma primo, c.c.) ovvero in un onere di ordinaria diligenza (art. 1227, comma secondo, c.c.), che circoscrive (recte, elide) il diritto al risarcimento del danno» (cfr. Consiglio di Stato sez. IV, 3 dicembre 2020, n.7657).

Detti principi sono stati precisati dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato (sentenza n. 3 del 26 gennaio 2021) che, nell'affrontare la problematica riguardate gli obblighi di carattere ambientale che fanno capo al curatore fallimentare, dopo aver preso atto che quest'ultimo non è avente causa del fallito, ha sancito che egli deve essere qualificato “detentore dei rifiuti” e, come tale, è obbligato a metterli in sicurezza e a rimuoverli, avviandoli allo smaltimento o al recupero.

La Plenaria ha, infatti, evidenziato che l’art. 14, paragrafo 1, della direttiva n. 2008/98/CE, secondo cui, in base al principio chi “inquina paga”, i costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti, fra l'altro, “dai detentori del momento”, appare idoneo a sussumere sia la figura del detentore dei rifiuti sia quella del detentore del fondo sul quale i rifiuti sono stati abbandonati (cfr. Consiglio di Stato adunanza plenaria, 26 gennaio 2021, n. 3), con la conseguenza che «solo chi non è detentore dei rifiuti, come il proprietario incolpevole del terreno su cui gli stessi siano collocati, può, in definitiva, invocare la cd. “esimente interna” prevista dall'art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006» (Consiglio di Stato, adunanza plenaria 3/21 cit.).

Tale decisione è stata, poi, approfondita da successive pronunce che, con specifico riferimento alla possibilità di addossare all'acquirente di un fondo già inquinato (o già oggetto di abbandono rifiuti) l'obbligo di provvedere alla bonifica o alla rimozione di quanto in esso depositato, hanno affermato che «la normativa nazionale deve essere interpretata in chiave europea e in maniera compatibile con canoni di assoluto rigore a tutela ambiente. Nella sostanza, la sentenza della Adunanza Plenaria n. 3 del 2021 ha incentrato la tutela dell'ambiente intorno al fondamentale cardine della responsabilità del proprietario in chiave dinamica, ossia nel senso di ritenere responsabile degli oneri di bonifica e di riduzione in pristino anche il soggetto non direttamente responsabile della produzione del rifiuto, il quale sia tuttavia divenuto proprietario e detentore dell'area o del sito in cui è presente, per esservi stato in precedenza depositato, stoccato o anche semplicemente abbandonato, il rifiuto in questione. La responsabilità del proprietario del sito, in tal caso, non rinviene necessariamente la propria causa nel cd. fattore della produzione, bensì anche, eventualmente, in quello della detenzione o del possesso (corrispondenti, rispettivamente, al contenuto di un diritto personale o reale di godimento) dell'area sulla quale è oggettivamente presente il rifiuto, dal momento che grava su colui che è in relazione con la cosa l'obbligo di attivarsi per fare in modo che la cosa medesima non rappresenti più un danno o un pericolo di danno (o anche di aggravamento di un danno già prodotto)» (ex multis Consiglio di Stato, sez. IV, 8 giugno 2021, n. 4383).

2. Poiché, quindi, l’odierna ricorrente ha espressamente dichiarato, nell’atto di compravendita, di essere a conoscenza della presenza di materiali inquinanti e siccome ha accettato di subentrare alla propria dante causa nei lavori di bonifica e ha dato, altresì, atto della presenza dei rifiuti anche nel proprio piano di caratterizzazione, il Collegio ne conclude che essa debba essere considerata detentrice dei rifiuti, nel senso di cui sopra, e, come tale, legittima destinataria del provvedimento de quo.

3. Alla luce delle considerazioni esposte il ricorso è infondato e deve essere respinto.

4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge, nei termini e per gli effetti precisati in motivazione.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, che quantifica in euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge, a favore del Comune di -OMISSIS- e in altrettanti 4.000,00 (quattromila/00) in solido, oltre accessori di legge a favore della -OMISSIS 2- s.p.a. e del sig. -OMISSIS-.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare tutti i soggetti coinvolti nei fatti di causa

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del 13 luglio 2022 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Gabbricci, Presidente

Alessandra Tagliasacchi, Consigliere

Luca Pavia, Referendario, Estensore