TAR Veneto Sez. III n.146 del 10 febbraio 2017
Rifiuti.Terre e rocce da scavo CER 170504 e procedure di recupero

La mancanza di regolamenti comunitari o di decreti ministeriali relativi a tutte le procedure di recupero dei rifiuti contrassegnati dal codice CER 170504, lungi dal precludere sic et simpliciter il potere dell’Amministrazione provinciale di valutare comunque, caso per caso, l’eventuale rilascio (nel rispetto delle quattro condizioni previste dall’art. 184-ter, comma 1, D.Lgs n.152/2006) delle relative autorizzazioni, comporta al contrario il potere ed il dovere appunto di procedere ad una analisi, ad una valutazione e ad una decisione casistica, rilasciando la autorizzazione unica ai sensi dell’art. 208 D.Lgs n.152/2006 qualora la sostanza che si ottiene dal trattamento e dal recupero del rifiuto soddisfi le quattro condizioni previste dall’art. 184-ter, comma 1, D.Lgs n.152/2006, in conformità all’art. 6, par. 1, della Direttiva 2008/98/CE.




Pubblicato il 10/02/2017

N. 00146/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00770/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 770 del 2015, proposto da:
Comune di Verona, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni R. Caineri, Giovanni Michelon e Fulvia Squadroni, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Veneto in Venezia, Cannaregio 2277/2278;

contro

Provincia di Verona, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Isabella Sorio, Giancarlo Biancardi e Antonio Sartori, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Venezia, S.Polo 2988;

nei confronti di

Brunelli Placido Franco s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Franco Zambelli, Annamaria Tassetto e Matteo Zambelli, con domicilio eletto presso il loro studio in Venezia-Mestre, via Cavallotti, 22;
Superbeton s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Annamaria Tassetto, Franco Zambelli e Matteo Zambelli, con domicilio eletto presso il loro studio in Venezia-Mestre, via Cavallotti, 22;

per l'annullamento

della determinazione della Provincia di Verona n.5268/2014 del 31/12/2014 recante in oggetto: "Approvazione del progetto ed autorizzazione alla realizzazione di un impianto di recupero rifiuti inerti non pericolosi, con produzione di conglomerati bituminosi , da ubicarsi in via del Vegron, 3 - loc. Montorio- nel Comune di Verona e di proprietà della ditta Brunelli Placido Franco s.r.l. ".


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Verona, di Brunelli Placido Franco s.r.l. e di Superbeton s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2017 il dott. Michele Pizzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato in data 29 maggio 2015, a seguito di trasposizione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, il Comune di Verona ha impugnato la determinazione della Provincia di Verona meglio indicata in epigrafe, con la quale, ai sensi dell’art. 208 D.Lgs n.152/2006 e della Legge regionale n.3/2000, è stato approvato il progetto presentato dalla società Brunelli Placido Franco s.r.l. (già Cava Lessinia s.r.l.), esercente l’attività di recupero di rifiuti non pericolosi, volto ad ottenere l’autorizzazione unica per un aumento del quantitativo di rifiuti in entrata nell’impianto, nonché l’inserimento di ulteriori tipologie di rifiuti da trattare.

L’autorizzazione in parola è stata successivamente oggetto di volturazione in favore della Superbeton s.p.a. (All. 7 del fascicolo della Superbeton) a seguito di acquisto di ramo d’azienda dalla Brunelli Placido Franco s.r.l.

Il ricorso è articolato in un unico motivo con il quale è stata lamentata violazione del D.Lgs n.152/2006, violazione della Legge regionale n.3/2000 e del D.M. 05.02.1998, nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria.

Si sono costituiti in giudizio la Provincia di Verona, la società Brunelli Placido Franco s.r.l. e la Superbeton s.p.a. chiedendo tutte il rigetto del ricorso, eccependo inoltre la Superbeton s.p.a. l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse e genericità della censura.

All’udienza del 26 gennaio 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Per ragioni di economia processuale si omette l’esame dell’eccezione preliminare sollevata dalla Superbeton s.p.a. stante la manifesta infondatezza del ricorso.

Secondo la tesi sostenuta dal Comune di Verona l’autorizzazione impugnata sarebbe illegittima in quanto “Le autorizzazioni agli impianti rilasciate dalla Provincia di Verona ai sensi dell’art. 208 del D.lgs. n.152/2006 (in procedura ordinaria come nel caso della cava Lessinia), che prevedono la cessazione della qualifica di rifiuto, possono solo rispettare i criteri degli attuali regolamenti vigenti, in particolare il DM 05/02/98 e ss.mm.ii., mentre l’ente che rilascia l’autorizzazione non può più, come invece previsto dalla c.d. “Legge Campania”, decidere con ampia discrezionalità sulla scorta anche di altre valutazioni o di diversi regolamenti.

[…].

Attualmente, con particolare riferimento al codice CER 170504, tale discrezionalità non può più sussistere, con la necessità di attenersi strettamente a quanto disposto dal DM 05/02/98 e ss.mm.ii che al paragrafo 7.31-bis consente all’interno del sito produttivo e al termine del ciclo di recupero dei rifiuti di produrre soltanto MPS identificate come “prodotti ceramici nelle forme usualmente commercializzate” attraverso l’attività di recupero del codice CER 170504. Tutto quanto prodotto dalla lavorazione del codice CER 170504 (facendo riferimento al paragrafo 7.31-bis del DM 05/02/98), che non abbia le caratteristiche sopra richiamate di MPS presenterebbe, quindi, ancora le caratteristiche di rifiuto e dovrebbe uscire dall’impianto con il Formulario Identificazione Rifiuto (FIR)” (pagg. 6 e 7 del ricorso).

L’assunto non è condivisibile.

Al riguardo, come già il Collegio ha avuto modo di rilevare con la sentenza n.1224/2016, occorre valorizzare, a differenza di quanto affermato dal Comune di Verona, il disposto di cui all’art. 6, par. 4, della Direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19.11.2008, a mente del quale, in via transitoria e nelle more dell’adozione di appositi regolamenti comunitari che stabiliscano i “criteri specifici” (di cui al par. 1 del medesimo art.6) mediante i quali, nel rispetto delle quattro condizioni normativamente indicate nello stesso art. 6, si ottiene la cessazione della qualifica di rifiuto, gli Stati membri “possono decidere, caso per caso, se un determinato rifiuto abbia cessato di essere tale tenendo conto della giurisprudenza applicabile”.

Il Legislatore comunitario, pertanto, lungi dal vietare nelle more la possibilità di riconoscere nuove operazioni di recupero dei rifiuti (rivolte ad ottenere la cessazione della qualifica di rifiuto – procedura di End of Waste), ha espressamente consentito agli Stati membri, anche in assenza di regolamenti comunitari che definiscano a monte i criteri specifici di operatività di tali procedure di recupero per determinate categorie di rifiuti, di operare comunque una decisione “caso per caso”, all’evidente fine di incentivare comunque la piena attuazione della “società del riciclaggio”, obiettivo cui la Direttiva in parola chiaramente tende ai sensi del Considerando n.28.

Pertanto, con riguardo all’ambito nazionale, non è possibile accedere all’interpretazione della normativa ambientale fornita dal Comune di Verona, dato che si andrebbe a creare, in palese contrasto con la disciplina comunitaria, un “blocco” a tempo indeterminato per le autorizzazioni delle procedure di recupero dei rifiuti, qualora tali procedure non siano previamente contemplate da appositi regolamenti comunitari (ai sensi del citato art. 6 della Direttiva 2008/98/CE) o nazionali (ai sensi dell’art. 184-ter, comma 2, D.Lgs. n.152/2006) che ne disciplinino i criteri specifici di operatività.

Volendo, quindi, applicare tali coordinate ermeneutiche al caso oggetto del presente giudizio, il Collegio evidenzia come la mancanza di regolamenti comunitari o di decreti ministeriali relativi a tutte le procedure di recupero dei rifiuti contrassegnati dal codice CER 170504, lungi dal precludere sic et simpliciter il potere dell’Amministrazione provinciale di valutare comunque, caso per caso, l’eventuale rilascio (nel rispetto delle quattro condizioni previste dall’art. 184-ter, comma 1, D.Lgs n.152/2006) delle relative autorizzazioni (come erroneamente argomentato dal Comune di Verona), comporta al contrario il potere ed il dovere appunto di procedere ad una analisi, ad una valutazione e ad una decisione casistica, rilasciando la autorizzazione unica ai sensi dell’art. 208 D.Lgs n.152/2006 qualora la sostanza che si ottiene dal trattamento e dal recupero del rifiuto soddisfi le quattro condizioni previste dall’art. 184-ter, comma 1, D.Lgs n.152/2006, in conformità all’art. 6, par. 1, della Direttiva 2008/98/CE.

Infondate sono, altresì, le doglianze dedotte dal Comune ricorrente in merito ad una asserita carenza di istruttoria da parte della Provincia di Verona laddove, nell’autorizzare il progetto e con particolare riguardo al trattamento del rifiuto con codice CER 170504, non avrebbe determinato specificamente le modalità per evitare che nell’impianto vi siano conferimenti da siti potenzialmente inquinati.

Al riguardo, premesso che il sindacato del Giudice amministrativo non può estendersi fino al punto di verificare la congruità di ogni singola prescrizione contenuta nell’autorizzazione ambientale, venendo altrimenti leso il principio di separazione dei poteri, ed essendo quindi lo scrutinio del Giudice limitato ad un’analisi necessariamente estrinseca e rivolta a verificare, nel complesso, la non irragionevolezza e la non palese incongruità o insufficienza delle prescrizioni a tutela dell’ambiente e della salute pubblica contenute nel provvedimento impugnato, si rileva che, nel presente caso, come correttamente rilevato dalla Provincia di Verona, il provvedimento oggetto del presente giudizio si sottrae alle censure mosse nel ricorso, alla luce del fatto che l’Amministrazione provinciale ha imposto misure (come ad esempio le analitiche prescrizioni contenute nei punti 9, 11, 16 – specificamente dedicato ai rifiuti con codice CER 170504 – e 22 del provvedimento de quo) che evidenziano l’attenzione posta dalla Provincia di Verona, dopo prolungata istruttoria di cui si fa menzione nel provvedimento in epigrafe, per evitare rischi di contaminazione (si veda, ad esempio, per i rifiuti con codice CER 170504, l’obbligo di stoccaggio separato, l’obbligo di sottoposizione al test di cessione per la verifica della presenza nell’eluato degli inquinanti definiti nella tabella riportata nell’allegato 3 del D.M. 05.02.1008, l’obbligo di verifica del rispetto dei valori di concentrazione stabiliti per i terreni di cui alla tabella 1, colonna A/B dell’allegato 5 alla parte quarta del D.Lgs n.152/2006).

In definitiva il ricorso deve essere respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite liquidate in € 2.500,00 oltre spese generali, IVA e CPA in favore di ciascuna parte resistente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2017 con l'intervento dei magistrati:

Oria Settesoldi, Presidente

Marco Rinaldi, Referendario

Michele Pizzi, Referendario, Estensore

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Michele Pizzi        Oria Settesoldi