Cass. Sez. III n. 22010 del 9 giugno 2010 (Ud. 13 apr. 2010)
Pres. Onorato Est. Teresi Ric. Frioli
Rifiuti. Titoli abilitativi
L'iscrizione all’albo di cui all’art. 212 del D.lv. 152\06 non può essere sopperita dall’autorizzazione di cui all’art. 208 che abilita solo allo smaltimento o al recupero di rifiuti, anche pericolosi e non al loro trasporto.
UDIENZA del 13.04.2010
SENTENZA N. 703
REG. GENERALE N. 26477/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori:
dott. Pierluigi Onorato Presidente
1. dott. Alfredo Teresi Consigliere rel.
2. dott. Claudia Squassoni Consigliere
3. dott. Guida I. Mulliri Consigliere
4. dott. Giulio Sarno Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da Frioli Daniela, nata a Trento il 00.00.0000, avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Rovereto 24.03.2009 che, con la concessione delle circostanze attenuanti generiche e la diminuente del rito abbreviato, l'ha condannata alla pena di €. 6.000 di ammenda per il reato di cui agli art. 81 cpv.; 256, comma 1 lettera a), d. lgs. n. 152/2006;
- Visti gli atti, la sentenza denunciata e il ricorso;
- Sentita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;
- Sentito il PM nella persona del PG dott. Alfredo Montagna, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
osserva
Con sentenza in data 24.03.2009 il Tribunale di Rovereto condannava Frioli Daniela, con la concessione delle attenuanti generiche, alla pena di €. 6.000 di ammenda quale colpevole, essendo amministratore unico della Bonetti Giorgio s.r.l., di avere effettuato attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi [kg. 15.061,8 di rifiuti non specificati altrimenti prodotti dalla MEMC Electronic Materiale s.p.a. di Merano], in assenza di iscrizione all'albo nazionale Gestori ambientali di cui all'art. 212, comma 5, d. lgs. n. 152/2006 per il trasporto di rifiuti prodotti da terzi.
In particolare, il NOE di Trento aveva accertato che, nel periodo 10.09.2007/16.01.2008, la società rappresentata dall'imputata, in assenza d'iscrizione all'albo nazionale dei gestori ambientali, aveva svolto attività di raccolta e di trasporto di oltre 15 tonnellate di rifiuti prodotti dalla società MEMC compiendo attività di selezione, cernita e separazione del silicio puro dai cristalli di quarzo, con rispedizione del silicio alla MEMC come materia prima secondaria e con stivaggio dei cristalli di quarzo all'interno di un capannone in appositi big-bag, come rifiuti perché destinati allo smaltimento e non al riutilizzo con conseguente insussistenza delle condizioni fissate dall'art. 181 bis d. lgs. n. 152/2006 per l'esclusione della nozione di rifiuto.
Proponeva ricorso per cassazione l'imputata denunciando violazione di legge; contraddittorietà, e manifesta illogicità della motivazione.
Esponeva che entrambi i minerali trattati dalla sua ditta rientrano nella nozione di materie prime o di sottoprodotto, come definite dall'art. 181 bis del d. lgs. n. 4/2008 [il silicio riconsegnato, dopo la separazione, alla ditta MECM e il quarzo, raccolto in big-bag per il successivo recupero, da trasferire ad altre ditte], sicché non era sanzionabile la loro raccolta e il trasporto.
Inoltre, la società era munita dell'autorizzazione per lo smaltimento e il recupero dei rifiuti di cui all'art. 208 del d. lgs n. 152/2006, sicché il relativo trasporto era consentito, anche a tenore dell'art.188 stesso decreto, senza che occorresse altra autorizzazione.
Aggiungeva che la sentenza "pare" prescindere dalla contestazione dell'accusa (trasporto non autorizzato) essendo, invece, intervenuta condanna per lo smaltimento del quarzo, depositato nei big-bag, in quanto non destinato al riutilizzo, donde l'erroneità della decisione per avere disconosciuto che il quarzo è una materia prima pregiata commerciabile temporaneamente stivata in attesa di essere posta in commercio.
Chiedeva l'annullamento della sentenza.
Il motivo sulla configurabilità del reato non è puntuale perché censura con argomentazioni articolate in fatto la decisione che è esente da vizi logico-giuridici, essendo stati indicati gli elementi probatori emersi a carico dell'imputata e confutata ogni obiezione difensiva.
La sentenza, infatti, ha correttamente ritenuto ricorrenti le condizioni che integrano il concetto normativo di trasporto non autorizzato di rifiuti non pericolosi, limitatamente al quarzo, così correttamente qualificando parte dei materiali pervenuti alla società rappresentata dall'imputata in quanto non iscritta all'Albo nazionale Gestori ambientali di cui all'art. 212, comma 5, d. lgs. n.152/2006 per il trasporto di rifiuti prodotti da terzi.
E' stato accertato, in fatto, che l'ingente quantitativo di materiali residuati dal ciclo produttivo della società MEMC, non impiegata direttamente nel ciclo produttivo aziendale, è stato sottoposto a selezione, cernita e separazione, sì da isolare due qualità di minerali: il silicio per successivo invio alla ditta di provenienza aziendale che lo destinava al reimpiego nel ciclo produttivo; il quarzo che, dopo la separazione, era stivato in grossi sacchi nel capannone della società rappresentata dall'imputata.
E' stato puntualizzato da questa Corte [nella sentenza n. 20499/2005 RV. 231528] che l'art. 14, comma 2, del decreto legge 8 luglio 2002 n. 138, com. in legge 8 agosto 2002 n. 178, nel porre l'interpretazione autentica della definizione di "rifiuto" stabiliva che non ricorre la decisione di disfarsi, di cui alla lett. b) del primo comma della medesima disposizione, per beni o sostanze e materiali residuali di produzione o di consumo ove sussista una delle seguenti condizioni: a) se gli stessi potevano essere effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, senza subire alcun intervento preventivo di trattamento e senza recare pregiudizio all'ambiente; b) se gli stessi potevano essere effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, dopo aver subito un trattamento preventivo senza che si rendesse necessaria alcuna operazione di recupero tra quelle individuate nell'allegato C del cit. d.lgs. n. 22 del 1997.
L'art. 14 cit., al primo comma precisava in positivo la nozione di rifiuto e delineava poi al secondo comma una fattispecie derogatoria che escludeva l'illecito penale.
La pronuncia della Corte di giustizia (sez. II, 11 novembre 2004, C-457/02) ha esaminato la questione di compatibilità del cit. art. 14 con la normativa comunitaria di riferimento e ha chiarito che la specificazione della nozione di rifiuto, della quale è pur sempre necessaria comunque un'interpretazione estensiva in ragione dei principi di precauzione e prevenzione espressi dalla normativa comunitaria in materia, è possibile solo nei limiti in cui sia sottratta alla relativa disciplina ciò che risulti essere un mero "sottoprodotto", del quale l'impresa non abbia intenzione di disfarsi.
Quindi, occorre essenzialmente distinguere tra residuo di produzione, che è un rifiuto, pur suscettibile di eventuale utilizzazione previa trasformazione, e sottoprodotto, che invece non lo è, fermo restando che la nozione di rifiuto, ai sensi degli art. 1 della direttiva 75/442, nella sua versione originale, e della direttiva 78/319, non deve intendersi nel senso che essa esclude le sostanze e gli oggetti suscettibili di riutilizzazione economica.
E a tal fine - afferma la Corte di giustizia nella citata decisione - in tanto è ravvisabile un sottoprodotto in quanto il riutilizzo di un bene, di un materiale o di una materia prima sia non solo eventuale, ma "certo, senza previa trasformazione, e avvenga nel corso del processo di produzione".
Ciò che non nuoce all'ambiente e può essere inequivocabilmente e immediatamente utilizzato come materia prima secondaria in un processo produttivo si sottrae alla disciplina dei rifiuti, che non avrebbe ragion d'essere; la quale invece trova piena applicazione in tutti i casi di materiale di risulta che possa essere sì utilizzabile, ma solo eventualmente ovvero "previa trasformazione"; ciò che, proprio in ragione del principio di precauzione e prevenzione richiamato dalla Corte di giustizia, comporta l'applicazione della disciplina di controllo dei rifiuti.
Tuttavia - ha precisato la Corte - occorre interpretare in maniera estensiva la nozione di rifiuto, per limitare gli inconvenienti o i danni dovuti alla loro natura, e quindi occorre circoscrivere la fattispecie esclusa, relativa ai sottoprodotti, alle situazioni in cui il riutilizzo di un bene, di un materiale o di una materia prima non sia "solo eventuale, ma certo, senza trasformazione preliminare, e nel corso del processo di produzione".
Anche alla luce della nuova normativa di cui al d. lgs. n. 152/2006, che ha introdotto la nozione di sottoprodotto, il suddetto orientamento è stato mantenuto quanto al reimpiego certo e sicuro del residuo di lavorazione.
Nella specie, corretta è la decisione del Tribunale sull'insussistenza dei presupposti sopraindicati con riferimento alla riutilizzazione effettiva e oggettiva del quarzo in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo.
L'impiego certo in un processo di produzione è risultato in concreto escluso sia per l'incertezza sulla destinazione finale del minerale (non essendo stata neppure menzionata l'azienda del reimpiego) poiché è emerso solo che il materiale era stivato in un locale aziendale e non era stato ceduto a un soggetto abilitato all'utilizzo in proprio del materiale stesso.
Pertanto, trattandosi di rifiuto, il trasporto del quarzo dalla ditta di produzione a quella incaricata della separazione del silicio integra la fattispecie criminosa de qua non essendo quella rappresentata dall'imputata iscritta all'albo di cui all'art. 212 del citato decreto, iscrizione che non può essere sopperita dall'autorizzazione di cui all'art. 208 del d. lgs n. 152/2006 che abilita solo allo smaltimento o al recupero di rifiuti, anche pericolosi e non al loro trasporto.
Correttamente, quindi, è stato ritenuto che tali decisivi elementi, minimizzati nei motivi di ricorso, depongano inequivocabilmente per la configurabilità del reato.
Grava sulla ricorrente l'onere delle spese del procedimento.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Cosi deciso in Roma nella pubblica udienza del 13.04.2010.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 9 GIU. 2010