TAR Lombardia (MI), Sez. IV, n. 1131, del 2 maggio 2014
Rifiuti.Legittimità Ordinanza rimozione, smaltimento e ripristino dello stato dei luoghi, previa presentazione di un Piano di rimozione dei materiali da scavo

L’onere probatorio della verifica della sussistenza di tutte le condizioni per l’applicazione del regime di favore e differenziato dei sottoprodotti rispetto a quello dei rifiuti è a carico di colui che lo invoca. I provvedimenti impugnati risultano sostanzialmente immuni dalle censure dedotte in ragione della piena legittimità dell’ordine di rimozione e avvio a recupero e/o smaltimento del materiale depositato sull’area, ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006, che compete senza alcun dubbio al Sindaco nell’ipotesi di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti. Né avrebbe potuto in alcun modo ricevere applicazione la disciplina del recupero di rifiuti in sito a mezzo di impianto mobile di cui agli artt. 214 e 216 del codice dell’ambiente, nonchè la correlata disciplina nazionale (d.M. 5 febbraio 1998) e regionale (DGR Lombardia 10098/2009), che è rigorosamente subordinata alla circostanza che i rifiuti siano recuperati nel luogo di produzione e all’esito di severe valutazioni correlate alla qualità e provenienza del rifiuto. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01131/2014 REG.PROV.COLL.

N. 02855/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2855 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Suardi S.p.a., rappresentata e difesa dagli avv. Mario Zanchetti, Arianna Longhitano e Fabio Giuseppe Angelini, con domicilio eletto presso lo studio di questi ultimi in Milano, via Santa Maria Segreta, 6;

contro

Comune di Rozzano, rappresentato e difeso dagli avv. Francesco Adavastro, Paolo Re e Serena Filippi Filippi, con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, via Cerva, 20;

nei confronti di

Provincia di Milano, Fiordaliso S.p.a.;

per l'annullamento

quanto al ricorso introduttivo:

- dell’Ordinanza sindacale n. 6670 del Comune di Rozzano, Direzione Sicurezza del Territorio e dei Cittadini – Polizia Locale, Settore Ecologia ed Ambiente, del 30 giugno 2011, notificata in data 6 luglio 2011, con la quale è stato ordinato di procedere alla rimozione, allo smaltimento e al ripristino dello stato dei luoghi, previa presentazione di un Piano di rimozione;

- della nota del Comune di Rozzano, Direzione Logistica, Ecologia, Trasporti, Tributi e Catasto, Settore Ecologia ed Ambiente, in data 30 maggio 2011, notificata in data 8 giugno, recante l’avviso di avvio del procedimento finalizzato alla rimozione dei rifiuti abbandonati e al ripristino delle aree;

quanto al ricorso per motivi aggiunti:

- dell’Ordinanza sindacale n. 6710 emessa dal Comune di Rozzano, Direzione Sicurezza del Territorio e dei Cittadini – Polizia Locale, Settore Ecologia ed Ambiente, il 18 novembre 2011, notificata alla ricorrente in data 28 novembre 2011, con cui è stato approvato il piano di rimozione dei rifiuti nell’opzione B e, di conseguenza, è stato ordinato alla ricorrente di procedere alla rimozione, allo smaltimento e al ripristino dello stato dei luoghi conformemente alle previsioni contenute nell’opzione B del suddetto piano di rimozione;

- ove in questa sede occorrer possa, della nota A.R.P.A. Lombardia, prot. 138682 del 24 ottobre 2011, recante parere non favorevole alla proposta indicata come opzione A e della D.G.R. 7 agosto 2009, n. 8/10098, richiamata nel suddetto parere rilasciato dall’A.R.P.A., nella parte in cui viene interpretata nel senso di non consentire, con riferimento al caso di specie, lo svolgimento della campagna di attività presso l’area in questione;

- e per la condanna al risarcimento del danno patito dalla ricorrente.



Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Rozzano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 marzo 2014 la dott.ssa Elena Quadri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

Con il presente ricorso e con il successivo ricorso per motivi aggiunti la società istante ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, con i quali l’amministrazione resistente ha ordinato alla stessa di procedere alla rimozione, allo smaltimento e al ripristino dello stato dei luoghi, previa presentazione di un piano di rimozione dei rifiuti da scavo abbandonati sull’area adiacente al cantiere – sottoposta a sequestro preventivo a seguito di parallelo procedimento penale – nonché, anche sulla base del parere dell’Arpa, ha approvato il piano di rimozione dei rifiuti nell’opzione B (totale rimozione e smaltimento) invece che nell’opzione A (recupero a finalità di tutela ambientale) a causa del mancato inserimento dell’area suddetta nel piano scavi del cantiere, dal quale non potrebbe che discendere la natura di rifiuto del materiale e, di conseguenza, ha ordinato nuovamente alla ricorrente di procedere alla rimozione, allo smaltimento e al ripristino dello stato dei luoghi conformemente alle previsioni contenute nell’opzione B del suddetto piano di rimozione.

A sostegno del proprio gravame l’istante ha dedotto molteplici censure concernenti l’assunta violazione del principio di tipicità dell’azione amministrativa, degli artt. 178, 189 e 192 del d.lgs. n. 152/2006, dell’art. 50 del d.lgs. n. 267/2000, l’eccesso di potere per sviamento, perplessità, violazione del principio di proporzionalità, illogicità manifesta, contraddittorietà, travisamento, difetto di istruttoria e carenza assoluta dei presupposti e della motivazione, nonché, con il ricorso per motivi aggiunti, oltre che dedurre per illegittimità derivata le stesse censure dedotte con il ricorso principale, ha censurato, altresì, la violazione degli artt. 179, 183, 186, 214 e 216 del d.lgs. n. 152/2006 e degli artt. 1, 21 quinquies e 21 nonies della legge n. 241/1990, l’incompetenza e l’eccesso di potere per sviamento.

La società ricorrente ha, altresì, proposto istanza di risarcimento del danno derivante dall’asserita azione illegittima dell’amministrazione.

Si è costituito il comune intimato, che ha in via preliminare eccepito l’inammissibilità del ricorso per eccessiva genericità delle censure dedotte e ne ha chiesto, comunque, la reiezione, unitamente al ricorso per motivi aggiunti, per infondatezza nel merito.

La sezione, dopo avere accolto, con ordinanza n. 534/2012 del 12 aprile 2012, l’istanza cautelare proposta dalla società ricorrente per la sussistenza del periculum in mora ed in considerazione della particolare complessità della materia, connessa anche a recenti interventi normativi, con ordinanza collegiale n. 1903/2013 del 18 luglio 2013, resa all’esito dell’udienza pubblica del 4 luglio 2013, ha disposto una verificazione, in contraddittorio fra le parti - incaricando dell’incombente istruttorio il Direttore della Direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare o di un suo qualificato funzionario dallo stesso delegato - al fine di accertare se, alla luce delle disposizioni normative del d.M. 10 agosto 2012, n. 161, Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo, e dell’art. 184-bis del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, i materiali da scavo oggetto dei provvedimenti impugnati, previa identificazione di quantità, qualità e provenienza, rivestissero la natura di “sottoprodotto” riutilizzabile o di “rifiuto”.

In data 11 febbraio 2014 il Dirigente della Divisione VIII “Contenzioso e Danno Ambientale” del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, incaricato dell’effettuazione della verificazione per delega del Direttore della Direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del medesimo Dicastero, ha depositato la relazione finale.

Successivamente le parti costituite hanno presentato memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 19 marzo 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il collegio ritiene di esporre una trattazione unitaria delle censure dedotte dalla ricorrente, atteso che, nella sostanza, le medesime vertono su di un’unica questione essenziale.

Ed invero, secondo l’assunto della società istante, nonostante l’area sulla quale sono stati depositati i rifiuti non fosse stata inserita nel piano scavi del cantiere, si sarebbe trattato di un mero errore, atteso che il materiale succitato rivestirebbe la natura di materiale da scavo, essendo stato ricavato dal sito del cantiere adiacente, di cui costituirebbe la continuazione.

In ogni caso, tale materiale non potrebbe in alcun modo essere classificato come rifiuto, bensì come sottoprodotto da utilizzare per innalzare il terreno dell’area di circa un metro, come, peraltro, già assentito dall’amministrazione comunale mediante la presentazione di regolare DIA.

Tale assunto risulterebbe, oltretutto, avvalorato dall’entrata in vigore del Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo, d.M. 10 agosto 2012, n. 161, che conterrebbe disposizioni finalizzate a favorire la qualificazione di sottoprodotto del materiale da scavo che non possiede le caratteristiche del rifiuto.

Anche accedendo a ragioni di tutela ambientale, inoltre, il recupero del materiale depositato sull’area andrebbe privilegiato, poiché sarebbe assurdo prima rimuovere tutto il materiale dal sito e poi procedere al riempimento con altro materiale equivalente.

Del resto, prima di emettere le ordinanze impugnate, l’amministrazione intimata avrebbe omesso qualsiasi istruttoria dalla quale potesse emergere la natura di rifiuto del materiale depositato sull’area, mentre dalla documentazione versata in atti dall’istante si ricaverebbe inequivocabilmente la natura di materiale da scavo del prodotto, non pericoloso e inidoneo a causare alcun danno ambientale.

Secondo la tesi del Comune intimato, invece, lo scavo rivestirebbe natura abusiva, non essendo stato inserito nel piano scavi del vicino cantiere.

Mancando, quindi, le analisi preliminari del materiale da parte della società interessata, lo stesso non potrebbe che essere qualificato come rifiuto, atteso che proprio aderendo alle previsioni normative sia del d.lgs. n. 152 del 2006 che del più recente d.M. 10 agosto 2012, n. 161, recante il Regolamento della disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo, ragioni di tutela ambientale impedirebbero a materiali non certificati di essere qualificati come sottoprodotto immediatamente riutilizzabile, che potrebbe, poi, rivelarsi pericoloso.

Il collegio ritiene, in via preliminare, di assorbire l’eccezione di inammissibilità del gravame sollevata dal Comune in ragione dell’infondatezza nel merito del ricorso.

Ed invero, dalla relazione depositata dal verificatore, che risponde pienamente al quesito contenuto nell’ordinanza n. 1903/2013 di questa sezione e alle cui risultanze, dunque, il collegio ritiene di aderire integralmente, è emerso quanto segue:

Dall’esame del fascicolo penale al quale il verificatore è stato autorizzato dal P.M. titolare, previo consenso espresso da questa sezione con ordinanza n. 2414/2013, è risultato che il sito oggetto della verificazione è stato sottoposto a sequestro, in quanto interessato da un’attività di gestione di rifiuti speciali non autorizzata, essendovi stati trasportati e depositati in modo incontrollato 20.000 mc di rifiuti speciali senza alcuna documentazione sulla provenienza degli stessi. Si è concluso, pertanto, che i materiali provenivano da demolizioni e terre e rocce da scavo su un’area di proprietà di terzi e che tutti i trasporti erano avvenuti con mezzi non autorizzati in assenza del prescritto formulario di identificazione, determinando la realizzazione di una discarica abusiva. Si è contestato, altresì, l’aver effettuato un’attività di recupero rifiuti (R5) e adeguamento volumetrico preliminare (D15) con un impianto di frantumazione mobile, senza la prescritta autorizzazione, ricevendo rifiuti inerti provenienti da demolizione senza alcuna autorizzazione e documentazione, conferendo gli stessi a siti esterni non tutti identificati.

Dal provvedimento di sequestro si legge, inoltre, che il materiale è qualificabile quale rifiuto speciale ai sensi dell’art. 184, comma 3, lett. b), d.lgs. n. 152/2006, in quanto proveniente da scavi o demolizioni di cantieri non compresi nel piano scavi.

Inoltre, la Polizia Giudiziaria ha accertato che tutta la superficie dell’area era omogeneamente composta da terre mischiate a rifiuti riconducibili a macerie da demolizione e costruzione con presenza di materiale di riporto e la conseguente mancanza di terreno naturale, i terreni riportati corrispondevano a circa 18.000 mc di terre di cui la ditta non ha mai fornito alcun documento di provenienza che ne attestasse la legittimità, e non era stato presentato il piano scavi.

Constatata la quantità e la provenienza del materiale, l’Autorità procedente ne ha, poi, verificato la natura utilizzando sia il Piano d’indagine preliminare presentato dalla Suardi S.p.a. che le analisi compiute dall’Arpa di Milano, che, con la nota prot. n. 11882 del 26 gennaio 2011 aveva riferito che, in considerazione degli esiti analitici riguardanti i prelievi effettuati presso l’area, dall’esame degli stessi aveva ritenuto che i rifiuti fossero da considerarsi non pericolosi.

Nel piano d’indagine preliminare la Suardi aveva, invece, proposto di ripristinare interamente l’area sulla quale risultavano sparse terre e rocce da scavo classificate con codice CER 170504 miste a blocchi di cemento ed altri materiali edili, programmando che tutta l’area fosse sottoposta a recupero ambientale (R10) ai sensi del d.M. 5 febbraio 1998 e s.m.i.

La Provincia ha, però, escluso tale possibilità, non essendosi completato l’iter amministrativo mediante la presentazione del piano scavi, ritenendo necessario l’invio del materiale a centri autorizzati allo smaltimento di rifiuti con codice CER 170904 (rifiuti misti da costruzione e demolizione).

Ne sono scaturiti i provvedimenti impugnati.

Dopo avere accuratamente descritto il quadro normativo applicabile alla fattispecie in questione, il verificatore ha concluso nel modo seguente: “1. la quantità del materiale abbandonato ammonta complessivamente a 18.000 mc;

2. gli esiti analitici riguardanti i prelievi effettuati dimostrano che sono rifiuti non pericolosi;

3. circa la provenienza la Suardi S.p.A. non ha prodotto alcun atto in grado di documentare l’origine del materiale rinvenuto che, pertanto, si ritiene provenga da diverse aree di cantiere non identificate;

4. in merito alla qualificazione giuridica del materiale in esame … il D.M. 161 del 2012 non può trovare applicazione per i motivi che qui si possono riassumere:

- all’epoca in cui sono stati accertati i fatti vigeva l’art. 186 del D.Lgs. n. 152 del 2006;

- l’art. 15 del D.M. 161 del 2012, “Disposizioni finali e transitorie” ha stabilito che i progetti per i quali era in corso una procedura ai sensi e per gli effetti dell’art.186 del D.Lgs. n. 152 del 2006 potevano essere assoggettati al presente regolamento con la presentazione, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore, del piano di utilizzo ai sensi e per gli effetti dell’art. 5. La Suardi S.p.A. non ha presentato il piano preferendo continuare le attività in esecuzione delle disposizioni di cui all’art. 186 menzionato.

Assunta la normativa di riferimento, il materiale depositato presso l’area gestita dalla Suardi S.p.A. avrebbe potuto essere considerato sottoprodotto solo ed esclusivamente alle condizioni e nel rispetto della procedura dettata dalla normativa di settore.

Tuttavia, anche in questo caso, la Suardi S.p.A. non ha presentato il progetto di utilizzo delle terre e rocce da scavo contestualmente alla presentazione della DIA, e, pertanto, non può usufruire della possibilità di riutilizzare il materiale depositato dichiarandolo quale sottoprodotto solo perché lo stesso non è pericoloso, viceversa i materiali abbancati sono da considerarsi quali rifiuti e come tali andranno smaltiti”.

Deve, in proposito, riportarsi la normativa applicabile alla fattispecie in questione, ed in particolare l’art. 186 del d.lgs. n. 152/2006, secondo il cui disposto: “1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 185, le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ottenute quali sottoprodotti, possono essere utilizzate per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati purché:

a) siano impiegate direttamente nell'ambito di opere o interventi preventivamente individuati e definiti;

b) sin dalla fase della produzione vi sia certezza dell'integrale utilizzo;

c) l'utilizzo integrale della parte destinata a riutilizzo sia tecnicamente possibile senza necessità di preventivo trattamento o di trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e, più in generale, ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli ordinariamente consentiti ed autorizzati per il sito dove sono destinate ad essere utilizzate;

d) sia garantito un elevato livello di tutela ambientale;

e) sia accertato che non provengono da siti contaminati o sottoposti ad interventi di bonifica ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto;

f) le loro caratteristiche chimiche e chimico-fisiche siano tali che il loro impiego nel sito prescelto non determini rischi per la salute e per la qualità delle matrici ambientali interessate ed avvenga nel rispetto delle norme di tutela delle acque superficiali e sotterranee, della flora, della fauna, degli habitat e delle aree naturali protette. In particolare deve essere dimostrato che il materiale da utilizzare non è contaminato con riferimento alla destinazione d'uso del medesimo, nonché la compatibilità di detto materiale con il sito di destinazione;

g) la certezza del loro integrale utilizzo sia dimostrata. L'impiego di terre da scavo nei processi industriali come sottoprodotti, in sostituzione dei materiali di cava, è consentito nel rispetto delle condizioni fissate all'articolo 183, comma 1, lettera p).

2. Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell'ambito della realizzazione di opere o attività sottoposte a valutazione di impatto ambientale o ad autorizzazione ambientale integrata, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare di norma un anno, devono risultare da un apposito progetto che è approvato dall'autorità titolare del relativo procedimento. Nel caso in cui i progetti prevedano il riutilizzo delle terre e rocce da scavo nel medesimo progetto, i tempi dell'eventuale deposito possono essere quelli della realizzazione del progetto purché in ogni caso non superino i tre anni.

3. Ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nell'ambito della realizzazione di opere o attività diverse da quelle di cui al comma 2 e soggette a permesso di costruire o a denuncia di inizio attività, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare un anno, devono essere dimostrati e verificati nell'ambito della procedura per il permesso di costruire, se dovuto, o secondo le modalità della dichiarazione di inizio di attività (DIA).

4. Fatti salvi i casi di cui all'ultimo periodo del comma 2, ove la produzione di terre e rocce da scavo avvenga nel corso di lavori pubblici non soggetti né a VIA né a permesso di costruire o denuncia di inizio di attività, la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché i tempi dell'eventuale deposito in attesa di utilizzo, che non possono superare un anno, devono risultare da idoneo allegato al progetto dell'opera, sottoscritto dal progettista.

5. Le terre e rocce da scavo, qualora non utilizzate nel rispetto delle condizioni di cui al presente articolo, sono sottoposte alle disposizioni in materia di rifiuti di cui alla parte quarta del presente decreto.

6. La caratterizzazione dei siti contaminati e di quelli sottoposti ad interventi di bonifica viene effettuata secondo le modalità previste dal Titolo V, Parte quarta del presente decreto. L'accertamento che le terre e rocce da scavo di cui al presente decreto non provengano da tali siti è svolto a cura e spese del produttore e accertato dalle autorità competenti nell'ambito delle procedure previste dai commi 2, 3 e 4.

7. Fatti salvi i casi di cui all'ultimo periodo del comma 2, per i progetti di utilizzo già autorizzati e in corso di realizzazione prima dell'entrata in vigore della presente disposizione, gli interessati possono procedere al loro completamento, comunicando, entro novanta giorni, alle autorità competenti, il rispetto dei requisiti prescritti, nonché le necessarie informazioni sul sito di destinazione, sulle condizioni e sulle modalità di utilizzo, nonché sugli eventuali tempi del deposito in attesa di utilizzo che non possono essere superiori ad un anno. L'autorità competente può disporre indicazioni o prescrizioni entro i successivi sessanta giorni senza che ciò comporti necessità di ripetere procedure di VIA, o di AIA o di permesso di costruire o di DIA.

7-bis. Le terre e le rocce da scavo, qualora ne siano accertate le caratteristiche ambientali, possono essere utilizzate per interventi di miglioramento ambientale e di siti anche non degradati. Tali interventi devono garantire, nella loro realizzazione finale, una delle seguenti condizioni:

a) un miglioramento della qualità della copertura arborea o della funzionalità per attività agro-silvo-pastorali;

b) un miglioramento delle condizioni idrologiche rispetto alla tenuta dei versanti e alla raccolta e regimentazione delle acque piovane;

c) un miglioramento della percezione paesaggistica.

7-ter. Ai fini dell'applicazione del presente articolo, i residui provenienti dall'estrazione di marmi e pietre sono equiparati alla disciplina dettata per le terre e rocce da scavo. Sono altresì equiparati i residui delle attività di lavorazione di pietre e marmi che presentano le caratteristiche di cui all’articolo 184-bis. Tali residui, quando siano sottoposti a un'operazione di recupero ambientale, devono soddisfare i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispettare i valori limite, per eventuali sostanze inquinanti presenti, previsti nell'Allegato 5 alla parte IV del presente decreto, tenendo conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente derivanti dall'utilizzo della sostanza o dell'oggetto”.

Ai sensi del successivo art. 39, comma 4, del d.lgs. n. 205/2010, invece, non applicabile ratione temporis alla fattispecie i questione: “Dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui all'articolo 49 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, è abrogato l'articolo 186”.

Per il Regolamento di cui al d.M. n. 161/2012, attuativo della disposizione succitata, invece, ed in particolare per gli artt. 2, 3, 4, 5 e 15 dello stesso d.M.: “Art. 2. Finalità 1. Al fine di migliorare l'uso delle risorse naturali e prevenire, nel rispetto dell'articolo 179, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, la produzione di rifiuti, il presente Regolamento stabilisce, sulla base delle condizioni previste al comma 1, dell'articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, i criteri qualitativi da soddisfare affinché i materiali di scavo, come definiti all'articolo 1, comma 1, lettera b) del presente regolamento, siano considerati sottoprodotti e non rifiuti ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera qq) del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni.

2. Il presente regolamento stabilisce inoltre, le procedure e le modalità affinché la gestione e l'utilizzo dei materiali da scavo avvenga senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente”.

“Art. 3 Ambiti di applicazione ed esclusione. 1. Il presente regolamento si applica alla gestione dei materiali da scavo.

2. Sono esclusi dall'ambito di applicazione del presente regolamento i rifiuti provenienti direttamente dall'esecuzione di interventi di demolizione di edifici o altri manufatti preesistenti, la cui gestione è disciplinata ai sensi della parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006”.

“Art. 4. Disposizioni generali. 1. In applicazione dell'articolo 184-bis, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, è un sottoprodotto di cui all'articolo 183, comma 1, lettera qq), del medesimo decreto legislativo, il materiale da scavo che risponde ai seguenti requisiti:

a) il materiale da scavo è generato durante la realizzazione di un'opera, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale materiale;

b) il materiale da scavo è utilizzato, in conformità al Piano di Utilizzo:

1) nel corso dell'esecuzione della stessa opera, nel quale è stato generato, o di un'opera diversa, per la realizzazione di reinterri, riempimenti, rimodellazioni, rilevati, ripascimenti, interventi a mare, miglioramenti fondiari o viari oppure altre forme di ripristini e miglioramenti ambientali;

2) in processi produttivi, in sostituzione di materiali di cava;

c) il materiale da scavo è idoneo ad essere utilizzato direttamente, ossia senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale secondo i criteri di cui all'Allegato 3;

d) il materiale da scavo, per le modalità di utilizzo specifico di cui alla precedente lettera b), soddisfa i requisiti di qualità ambientale di cui all'Allegato 4.

2. La sussistenza delle condizioni di cui al comma 1 del presente articolo è comprovata dal proponente tramite il Piano di Utilizzo.

3. L'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), entro tre mesi dalla pubblicazione del presente regolamento, predispone un tariffario nazionale da applicare al proponente per la copertura dei costi sopportati dall'Agenzia regionale di protezione ambientale (ARPA) o dall'Agenzia provinciale di protezione ambientale (APPA) territorialmente competente per l'organizzazione e lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 5 del presente regolamento, individuando il costo minimo e un costo proporzionale ai volumi di materiale da scavo. Nei successivi tre mesi il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta, con proprio decreto, il tariffario nazionale, e definisce le modalità di stipula di idonee garanzie finanziarie qualora l'opera di progettazione ed il relativo Piano di Utilizzo non vada a buon fine. Nelle more di approvazione e adozione del tariffario nazionale, i costi sono definiti dai tariffari delle ARPA o APPA territorialmente competenti”.

“Art. 5. Piano di Utilizzo. 1. Il Piano di Utilizzo del materiale da scavo è presentato dal proponente all'Autorità competente almeno novanta giorni prima dell'inizio dei lavori per la realizzazione dell'opera. Il proponente ha facoltà di presentare il Piano di Utilizzo all'Autorità competente in fase di approvazione del progetto definitivo dell'opera. Nel caso in cui l'opera sia oggetto di una procedura di valutazione ambientale, ai sensi della normativa vigente, l'espletamento di quanto previsto dal presente Regolamento deve avvenire prima dell'espressione del parere di valutazione ambientale.

2. Il proponente trasmette il Piano di Utilizzo all'Autorità competente redatto in conformità all'Allegato 5. La trasmissione può avvenire, a scelta del proponente, anche solo per via telematica. La sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 4, comma 1, del presente regolamento, è attestata dal Legale rappresentante della persona giuridica o dalla persona fisica proponente l'opera mediante una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà di cui all'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. L'Autorità competente può chiedere, in un'unica soluzione entro trenta giorni dalla presentazione del Piano di Utilizzo, integrazioni alla documentazione presentata.

3. Nel caso in cui per il materiale da scavo il Piano di Utilizzo dimostri che le concentrazioni di elementi e composti di cui alla tabella 4.1 dell'allegato 4 del presente regolamento non superino le Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC) di cui alle colonne A e B della tabella 1 dell'allegato 5 alla parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, con riferimento alla specifica destinazione d'uso urbanistica del sito di produzione e del sito di destinazione secondo il Piano di Utilizzo, l'Autorità competente, entro novanta giorni dalla presentazione del Piano di Utilizzo o delle eventuali integrazioni, in conformità a quanto previsto dal comma 2, approva il Piano di Utilizzo o lo rigetta. In caso di diniego è fatta salva la facoltà per il proponente di presentare un nuovo Piano di Utilizzo. L'Autorità competente ha la facoltà di chiedere all'Agenzia regionale di protezione ambientale (ARPA) o all'Agenzia provinciale di protezione ambientale (APPA), con provvedimento motivato secondo i criteri di cui al seguente comma 10, entro trenta giorni dalla presentazione della documentazione di cui al comma 2 o dell'eventuale integrazione, di verificare, sulla base del Piano di Utilizzo ed a spese del proponente secondo il tariffario di cui all'articolo 4, comma 3, la sussistenza dei requisiti dell'articolo 4, comma 1, lettera d), del presente regolamento. In tal caso l'ARPA o APPA, può chiedere al proponente un approfondimento d'indagine in contraddittorio, accerta entro quarantacinque giorni la sussistenza dei requisiti di cui sopra, comunicando gli esiti all'Autorità competente. Decorso il sopra menzionato termine di novanta giorni dalla presentazione del Piano di Utilizzo all'Autorità competente o delle eventuali integrazioni, il proponente gestisce il materiale da scavo nel rispetto del Piano di Utilizzo, fermi restando gli obblighi previsti dalla normativa vigente per la realizzazione dell'opera.

4. Nel caso in cui la realizzazione dell'opera interessi un sito in cui, per fenomeni naturali, nel materiale da scavo le concentrazioni degli elementi e composti di cui alla Tabella 4.1 dell'allegato 4, superino le Concentrazioni Soglia di Contaminazione di cui alle colonne A e B della Tabella 1 dell'allegato 5 alla parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, è fatta salva la possibilità che le concentrazioni di tali elementi e composti vengano assunte pari al valore di fondo naturale esistente per tutti i parametri superati. A tal fine, in fase di predisposizione del Piano di Utilizzo, il proponente segnala il superamento di cui sopra all'Autorità competente, presentando un piano di accertamento per definire i valori di fondo da assumere. Tale piano è eseguito in contraddittorio con l'Agenzia regionale di protezione ambientale (ARPA) o con l'Agenzia provinciale di protezione ambientale (APPA) competente per territorio. Sulla base dei valori di fondo definiti dal piano di accertamento, il proponente presenta il Piano di Utilizzo secondo quanto indicato al comma 3. In tal caso l'utilizzo del materiale da scavo sarà consentito nell'ambito dello stesso sito di produzione. Nell'ipotesi di utilizzo in sito diverso rispetto a quello di produzione ciò dovrà accadere in un ambito territoriale con fondo naturale con caratteristiche analoghe e confrontabili per tutti i parametri oggetto di superamento nella caratterizzazione del sito di produzione.

5. Nel caso in cui il sito di produzione interessi un sito oggetto di interventi di bonifica rientranti nel campo di applicazione del Titolo V, Parte quarta, del decreto legislativo n. 152 del 2006, ovvero di ripristino ambientale rientranti nel campo di applicazione del Titolo II, Parte sesta, del decreto legislativo medesimo previa richiesta del proponente, i requisiti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d) sono individuati dall'Agenzia regionale di protezione ambientale (ARPA) o dall'Agenzia provinciale di protezione ambientale (APPA) competente per territorio secondo il tariffario di cui all'articolo 4, comma 3. L'ARPA o APPA, entro sessanta giorni dalla data della richiesta, comunica al proponente se per i materiali da scavo, ivi compresi i materiali da riporto, i valori riscontrati per tutti gli elementi e i composti di cui alla Tabella 1 dell'allegato 5, alla parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006, non superano le Concentrazioni Soglia di Contaminazione di cui alle colonne A e B della medesima Tabella 1 sopra indicata, con riferimento alla specifica destinazione d'uso urbanistica del sito di destinazione indicata dal Piano di Utilizzo. In caso di esito positivo, il proponente può presentare il Piano di Utilizzo secondo quanto indicato al comma 3.

6. Il Piano di Utilizzo definisce la durata di validità del piano stesso. Decorso tale termine temporale il Piano di Utilizzo cessa di produrre effetti ai sensi del presente regolamento. Salvo deroghe espressamente motivate dall'Autorità competente in ragione delle opere da realizzare, l'inizio dei lavori deve avvenire entro due anni dalla presentazione del Piano di Utilizzo.

7. Allo scadere dei termini di cui al comma 6, viene meno la qualifica di sottoprodotto del materiale da scavo con conseguente obbligo di gestire il predetto materiale come rifiuto ai sensi e per gli effetti dell'articolo 183, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 152 del 2006. Resta impregiudicata la facoltà di presentare, entro i due mesi antecedenti la scadenza dei predetti termini, un nuovo Piano di Utilizzo che ha la durata massima di un anno.

8. In caso di violazione degli obblighi assunti nel Piano di Utilizzo viene meno la qualifica di sottoprodotto del materiale da scavo con conseguente obbligo di gestire il predetto materiale come rifiuto ai sensi e per gli effetti dell'articolo 183, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni.

9. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 8, il venir meno di una delle condizioni di cui all'articolo 4, comma 1, fa cessare gli effetti del Piano di Utilizzo e comporta l'obbligo di gestire il relativo materiale da scavo come rifiuto.

10. L'Autorità competente nel richiedere all'Agenzia regionale di protezione ambientale (ARPA) o all'Agenzia provinciale di protezione ambientale (APPA) le verifiche di cui al precedente comma 3, tenendo conto dei criteri di caratterizzazione adottati nel Piano di Utilizzo, dovrà motivare la sua richiesta con riferimento alla tipologia di area in cui viene realizzata l'opera e alla sua eventuale conoscenza di pregressi interventi antropici non sufficientemente indagati nell'area di intervento”.

“Art. 15. Disposizioni finali e transitorie. 1. Fatti salvi gli interventi realizzati e conclusi alla data di entrata in vigore del presente regolamento, al fine di garantire che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa prevista dall'articolo 186 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni a quella prevista dal presente regolamento, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, i progetti per i quali è in corso una procedura ai sensi e per gli effetti dell'articolo 186, del decreto legislativo n. 152 del 2006, possono essere assoggettati alla disciplina prevista dal presente regolamento con la presentazione di un Piano di Utilizzo ai sensi e per gli effetti dell'articolo 5. Decorso il predetto termine senza che sia stato presentato un Piano di Utilizzo ai sensi dell'articolo 5, i progetti sono portati a termine secondo la procedura prevista dall'articolo 186 del decreto legislativo n. 152 del 2006. In ogni caso, dall'applicazione del presente comma non possono derivare oneri aggiuntivi per la spesa pubblica.

2. Gli introiti derivanti dalle attività di cui all'articolo 5 da parte dell'Agenzia regionale di protezione ambientale (ARPA) o delle Agenzie provinciali di protezione ambientale (APPA) sono accantonati su apposito capitolo di entrata. Detti fondi sono utilizzati per acquisire risorse umane e strumentali finalizzate all'esercizio di dette attività e a quelle di controllo di cui all'articolo 14.

3. In caso di inottemperanza alla corretta gestione dei materiali di scavo secondo quanto disposto dal presente regolamento il materiale scavato verrà considerato rifiuto ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni”.

Assunta la suddetta normativa di riferimento, il cui rispetto è essenziale ai fini dell’applicazione della disciplina dei sottoprodotti proprio per garantire che il materiale risponda ai requisiti dalla stessa prescritti, quello depositato presso l’area gestita dalla Suardi S.p.a. avrebbe potuto essere considerato sottoprodotto e non rifiuto solo ed esclusivamente alle condizioni e nel rispetto della procedura dettata dalla normativa di settore, ed in particolare mediante la presentazione del piano di utilizzo del materiale entro il perentorio termine previsto dalle disposizioni dell’art. 15 del d.M. 161 del 2012 (180 giorni dall’entrata in vigore del Regolamento) e secondo le modalità di cui all’art. 5 dello stesso d.M. 161/2012.

L’onere probatorio della verifica della sussistenza di tutte le condizioni per l’applicazione del regime di favore e differenziato dei sottoprodotti rispetto a quello dei rifiuti è, infatti, a carico di colui che lo invoca, come confermato anche dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, per la quale: “In tema di gestione dei rifiuti, l'esclusione dall'applicazione della disciplina sui rifiuti per le terre e rocce da scavo (art. 186, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) è subordinata alla prova positiva, gravante sull'imputato, della loro riutilizzazione secondo un progetto ambientalmente compatibile” (Cass. pen., sez. III, 12 giugno 2008, n. 37280); “Secondo l'attuale definizione contenuta nell'art. 183 comma 1 lett. p) d.lg. n. 152 del 2006 (come modificata dal d.lg. n. 4 del 2008), per la qualificazione di un residuo come sottoprodotto (nella specie, materiale proveniente dalla demolizione di un muro) si devono rispettare le seguenti condizioni: le sostanze ed i materiali - aventi un valore economico di mercato – devono essere originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione; il loro riutilizzo deve essere preventivamente programmato, certo, integrale ed avvenire direttamente nel corso del processo di produzione o utilizzazione; il materiale - senza necessità di trattamenti o di trasformazioni preliminari - deve soddisfare determinati requisiti merceologici e di qualità ambientale; in mancanza di una sola di dette condizioni, il residuo deve considerarsi un rifiuto” (Cass. pen., sez. III, 4 novembre 2008, n. 47085); “Quella dei sottoprodotti è una disciplina che prevede l'applicazione di un diverso regime gestionale in condizioni di favore, con la conseguenza che l'onere di dimostrare l'effettiva sussistenza di tutte le condizioni di legge incombe comunque su colui che l'invoca. … Deve affermarsi il principio secondo il quale i materiali provenienti da demolizioni rientrano nel novero dei rifiuti in quanto oggettivamente destinati all'abbandono; l'eventuale recupero è condizionato a precisi adempimenti, in mancanza dei quali detti materiali vanno considerati, comunque, cose di cui il detentore ha l'obbligo di disfarsi; l'eventuale assoggettamento di detti materiali a disposizioni più favorevoli che derogano alla disciplina ordinaria implica la dimostrazione, da parte di chi la invoca, della sussistenza di tutti i presupposti previsti dalla legge” (Cass. pen., sez. III, 29 aprile 2011, n. 16727).

Né la normativa della quale l’amministrazione ha invocato l’applicazione pare porsi in contrasto con l’ordinamento europeo, risultando, al contrario, il frutto di modifiche intervenute proprio in attuazione del medesimo, ed in particolare delle direttive 75/442/CEE, 91/156/CE, 2006/12/CE e 2008/98/CE per ragioni di tutela ambientale.

I provvedimenti impugnati risultano, dunque, sostanzialmente immuni dalle censure dedotte in ragione della piena legittimità dell’ordine di rimozione e avvio a recupero e/o smaltimento del materiale depositato sull’area, ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006, che compete senza alcun dubbio al Sindaco nell’ipotesi di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti.

Né avrebbe potuto in alcun modo ricevere applicazione la disciplina del recupero di rifiuti in sito a mezzo di impianto mobile di cui agli artt. 214 e 216 del codice dell’ambiente, nonchè la correlata disciplina nazionale (d.M. 5 febbraio 1998) e regionale (DGR Lombardia 10098/2009), che è rigorosamente subordinata alla circostanza che i rifiuti siano recuperati nel luogo di produzione e all’esito di severe valutazioni correlate alla qualità e provenienza del rifiuto, indagini che, nella specie, non sono state effettuate, come detto, per omissioni imputabili alla società ricorrente.

Quanto, infine, alla censura di incompetenza dedotta avverso il parere dell’Arpa, pur non essendo il medesimo produttivo di autonoma lesività e potendone derivare, pertanto, la carenza di interesse all’impugnazione dello stesso, il collegio la ritiene pure infondata, in relazione alla funzione di supporto tecnico-scientifico alla Regione ed agli enti locali che l’Arpa persegue, ai sensi della LR n. 16/1999, istitutiva dell’Ente medesimo.

Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va respinto, unitamente al ricorso per motivi aggiunti.

Ne consegue pure il rigetto dell’istanza di risarcimento del danno, non configurandosi le dedotte illegittimità nell’operato dell’amministrazione intimata.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, così come quelle per la verificazione.

Sussistono, invece, giusti motivi, in considerazione delle peculiarità della controversia, per disporne la compensazione fra la società ricorrente e le altre parti del giudizio, non costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge, unitamente al ricorso per motivi aggiunti e all’istanza risarcitoria.

Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio nei confronti del Comune intimato, che si liquidano in una somma pari ad euro 5000, oltre ad oneri di legge, nonchè al compenso per il verificatore, che si liquida in una somma pari ad ulteriori euro 2000.

Spese compensate tra la società ricorrente e le altre parti del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:

Domenico Giordano, Presidente

Elena Quadri, Consigliere, Estensore

Fabrizio Fornataro, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 02/05/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)