SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione) 9 settembre 2004
«Inadempimento di uno Stato – Ambiente – Gestione dei rifiuti – Discariche di Rodano – Direttiva 75/442/CEE modificata dalla direttiva 91/156/CEE – Artt. 4 e 8»
Nella causa C-383/02,
avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell'art. 226 CE,
proposto alla Corte il 24 ottobre 2002,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. M. Konstantinidis e R. Amorosi, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. M. Fiorilli, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta,
LA CORTE (Quinta Sezione),
composta dal sig. C. Gulmann, presidente di sezione, dal sig. S. von Bahr e dalla sig.ra Silva de Lapuerta (relatore), giudici,
avvocato generale: sig. L.A. Geelhoed
cancelliere: sig. R. Grass
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l'avvocato generale, di trattare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1
Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 24 ottobre 2002, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell’art. 226 CE, un ricorso diretto a far constatare che, non avendo adottato le misure necessarie ad assicurare che i rifiuti depositati nelle discariche di Rodano (Milano) fossero recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e non avendo adottato le misure necessarie affinché il detentore dei rifiuti depositati in tali discariche li consegnasse ad un raccoglitore privato o pubblico, o ad un’impresa che effettua le operazioni previste nell’allegato II A o II B della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, sui rifiuti (GU L 194, pag. 39), come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE (GU L 78, pag. 32; in prosieguo: la «direttiva»), oppure provvedesse egli stesso al loro recupero o smaltimento, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù degli artt. 4 e 8 di tale direttiva.
Contesto normativo
La normativa comunitaria
2
L’art. 4 della direttiva prevede quanto segue:
«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano ricuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e in particolare:
–
senza creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo e per la fauna e la flora;
–
senza causare inconvenienti da rumori od odori;
–
senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse.
Gli Stati membri adottano inoltre le misure necessarie per vietare l’abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti».
3
L’art. 8 della direttiva recita:
«Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché ogni detentore di rifiuti:
–
li consegni ad un raccoglitore privato o pubblico, o ad un’impresa che effettua le operazioni previste nell’allegato II A o II B,
oppure
–
provveda egli stesso al ricupero o allo smaltimento, conformandosi alle disposizioni della presente direttiva».
4
Gli allegati II A e II B della direttiva disciplinano rispettivamente le «Operazioni di smaltimento» e le «Operazioni che comportano una possibilità di ricupero».
Procedimento precontenzioso
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Con lettera 26 luglio 1999 la Commissione chiedeva alla Repubblica italiana informazioni su tre discariche (A, B e C) di nerofumo, situate su terreni di proprietà della società SISAS, ex stabilimento chimico, nel Comune di Rodano, discariche che erano state segnalate come fonte di pericolo per la salute umana e di inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo.
6
A sostegno della sua domanda, la Commissione adduceva in particolare la decisione del Pretore di Milano 9 dicembre 1986, che constatava come le discariche in questione rappresentassero un pericolo per la salute dell’uomo e per l’ambiente e condannava la SISAS a bonificare il sito entro un anno, senza distinzioni tra sezioni A, B e C.
7
Il governo italiano rispondeva con lettere 21 dicembre 1999 e 12 luglio 2000, facendo riferimento ad un atto di transazione tra la Regione Lombardia e la società SISAS in forza del quale quest’ultima si era impegnata a presentare un progetto esecutivo per la bonifica della discarica C e a realizzare le opere relative, nonché a prevedere interventi miranti a verificare la qualità delle acque sotterranee sottostanti alle discariche A e B. Il governo italiano trasmetteva inoltre una nota del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali in data 16 giugno 2000 che comunicava alla Commissione che recentemente erano iniziati i lavori per la realizzazione delle opere necessarie per la messa in sicurezza delle tre discariche, costituite da pozzi per la limitazione della dispersione degli inquinanti in falda.
8
Alla luce di tali precisazioni e considerando che le autorità italiane non avevano fornito alcuna informazione in ordine alle scadenze previste per l’esecuzione del progetto di bonifica e di messa in sicurezza del sito industriale di Rodano, nonostante la sentenza di condanna della società SISAS pronunciata dal Pretore di Milano nel 1986, l’11 aprile 2001 la Commissione inviava alla Repubblica italiana una lettera di diffida.
9
Non avendo ricevuto risposta, il 23 ottobre 2001 la Commissione emetteva un parere motivato invitando tale Stato membro ad adottare le misure necessarie per conformarvisi nel termine di due mesi a decorrere dalla sua notifica. A questo proposito essa concludeva che, per quanto riguarda le discariche di Rodano, la Repubblica italiana era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in virtù degli artt. 4 e 8 della direttiva.
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La risposta del governo italiano a tale parere motivato perveniva alla Commissione con lettera 6 novembre 2001, alla quale veniva allegata una nota del Ministero dell’Ambiente in data 17 settembre 2001. In tale nota veniva precisato che, in applicazione della legge nazionale, la zona industriale del Comune di Rodano era stata inclusa nel Programma nazionale di bonifica e di ripristino dei siti inquinati. Il governo italiano precisava peraltro che, poiché la società SISAS era stata dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Milano 18 aprile 2001, tale società non aveva potuto iniziare i lavori di messa in sicurezza della discarica C.
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La Commissione, ritenendo che nonostante le informazioni comunicate dalle autorità italiane la situazione restasse insoddisfacente, ha deciso di proporre il presente ricorso.
Sul ricorso
Osservazioni preliminari
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Il governo italiano sostiene che il ricorso proposto dalla Commissione, che costituisce apparentemente un’azione di accertamento, è, nella sostanza, un’azione di responsabilità per violazione degli artt. 10 CE e 249 CE. Secondo tale governo, la Commissione pone a fondamento della sua azione un’ipotesi, estranea al diritto comunitario, di responsabilità oggettiva che determina un obbligo a carico degli Stati membri di raggiungere il risultato previsto dalla direttiva. Tale potere di controllo da parte della Commissione non troverebbe fondamento né nel Trattato né nel diritto derivato.
13
La Commissione replica che tale analisi è in palese contrasto con la costante giurisprudenza della Corte, in base alla quale gli Stati membri sono tenuti a conseguire il risultato contemplato dalle direttive comunitarie adottando tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l’adempimento di tale obbligo.
14
Inoltre la Commissione rileva che, per quanto riguarda in particolare la direttiva, la Corte ha ricordato che, se è vero che il suo art. 4 lascia agli Stati membri un potere discrezionale nella valutazione della necessità delle misure che devono essere adottate per garantire che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero arrecare pregiudizio all’ambiente, esso vincola tuttavia gli Stati membri circa l’obiettivo da raggiungere.
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Occorre ricordare che, sulla base degli artt. 211, primo trattino, CE e 226 CE, la Commissione ha come compito, nell’interesse generale della Comunità, di vigilare d’ufficio sull’applicazione da parte degli Stati membri del Trattato e delle norme adottate dalle istituzioni in forza del Trattato stesso e di far accertare, al fine della loro soppressione, la sussistenza di eventuali violazioni degli obblighi che ne derivano (v. sentenza 9 novembre 1999, causa C-365/97, Commissione/Italia, Racc. pag. I-7773, punti 58 e 59).
16
La Commissione, tenuto conto del suo ruolo di custode del Trattato, è la sola competente a decidere se sia opportuno iniziare un procedimento per la dichiarazione di un inadempimento e per quale comportamento od omissione imputabile allo Stato membro in questione tale procedimento debba essere intrapreso. Essa può quindi chiedere alla Corte di dichiarare un inadempimento consistente nel non aver raggiunto, in un caso determinato, il risultato previsto da una direttiva (sentenza Commissione/Italia, cit., punto 60).
17
Nella fattispecie la Commissione ritiene che la Repubblica italiana abbia violato l’obbligo imposto dall’art. 4 della direttiva in quanto non ha adottato alcuna misura idonea ad assicurare che i rifiuti depositati nelle discariche di Rodano fossero recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente, in particolare senza creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo né per la fauna e la flora, senza causare inconvenienti da rumori od odori e senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse.
18
A questo proposito va sottolineato che, sebbene tale disposizione non precisi il contenuto concreto delle misure che devono essere adottate per assicurare che i rifiuti siano smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente, essa vincola comunque gli Stati membri circa l’obiettivo da raggiungere, pur lasciando agli stessi un potere discrezionale nella valutazione della necessità di tali misure (sentenze Commissione/Italia, cit., punto 67, e 4 luglio 2000, causa C-387/97, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-5047, punto 55).
19
La Corte ha dichiarato che, in via di principio, non è possibile dedurre direttamente dalla mancata conformità di una situazione di fatto agli obiettivi fissati all’art. 4, primo comma, della direttiva che lo Stato membro interessato sia necessariamente venuto meno agli obblighi imposti da questa disposizione, cioè adottare le misure necessarie ad assicurare che i rifiuti siano smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente. Tuttavia, la persistenza di una tale situazione di fatto, in particolare quando comporta un degrado rilevante dell’ambiente per un periodo prolungato senza intervento delle autorità competenti, può rivelare che gli Stati membri hanno oltrepassato il potere discrezionale che questa disposizione conferisce loro (citate sentenze Commissione/Italia, punto 68, e Commissione/Grecia, punto 56).
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Di conseguenza, le obiezioni preliminari formulate dal governo italiano devono essere respinte come infondate.
Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’art. 4 della direttiva 75/442
21
Con il suo primo motivo la Commissione chiede alla Corte di dichiarare che, non avendo adottato le misure necessarie ad assicurare che i rifiuti depositati nelle discariche di Rodano fossero recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute umana e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù dell’art. 4 della direttiva.
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Nel suo controricorso il governo italiano menziona l’atto di transazione concluso tra la Regione Lombardia e la società SISAS in forza del quale quest’ultima si impegnava a presentare un progetto esecutivo per la bonifica della discarica C, a interventi di controllo della qualità delle acque sotterranee sottostanti alle discariche A e B e alle operazioni di bonifica necessarie in caso di presenza di percolati inquinanti.
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A tale proposito, il governo italiano precisa che, tenuto conto del fallimento della società SISAS, nell’aprile 2001, essa non è stata in grado di predisporre e di realizzare gli interventi di bonifica e di messa in sicurezza previsti, ad eccezione dell’attuazione di un dispositivo di sbarramento idraulico per la messa in sicurezza della falda sottostante la discarica C e di una rete di controllo della falda acquifera sottostante le discariche A e B.
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D’altronde il governo italiano precisa che, nel corso dei primi mesi del 2002, la società «American International Underwriters» (in prosieguo: la «AIU») si è dichiarata disposta a condurre uno studio di impatto ambientale sul sito della società SISAS al fine di valutare la fattibilità di un progetto industriale in tale zona. L’8 luglio 2002 è stato quindi concluso un accordo sulla caratterizzazione ambientale del sito. Il 5 novembre 2002 la società AIU ha abbandonato il progetto di acquisto del terreno, ma ha comunicato i risultati della sua indagine alle autorità locali.
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Infine, il governo italiano sostiene che la cessazione delle attività produttive della società SISAS esclude qualsiasi possibilità di aggravamento della situazione esistente.
26
La Commissione rileva che, nonostante la condanna in primo grado della società SISAS, detentrice dei rifiuti, a bonificare l’intera area entro il termine di un anno, senza distinzione tra le sezioni della discarica, le autorità italiane in quindici anni si sono limitate a prevedere la bonifica e la messa in sicurezza della sola sezione C, ritenendo sufficiente il monitoraggio delle acque per quanto riguarda le sezioni A e B.
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Secondo la Commissione, la situazione non è cambiata da allora. I rifiuti depositati nelle discariche di Rodano non sono stati oggetto di alcun trattamento. Per le sezioni A e B non è stato previsto alcun intervento di bonifica e, nonostante le autorità italiane abbiano dichiarato, con lettera 21 dicembre 1999, che tali rifiuti non presentavano alcun rischio immediato per la falda acquifera, non si può pensare che tale situazione rassicurante possa durare in eterno. Per quanto riguarda gli interventi di bonifica e di messa in sicurezza della sezione C, essi, pur essendo previsti, non sono ancora iniziati.
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In merito allo studio della società AIU, la Commissione ritiene che esso non abbia nulla a che vedere con l’obbligo di adottare le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni degli artt. 4 e 8 della direttiva e che quindi tale obbligo risulti ancora inadempiuto.
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Infine, la Commissione è del parere che la pericolosità ambientale del sito inquinato non sia collegata alla chiusura dell’impianto, bensì alla presenza di rifiuti pericolosi nel sito. D’altronde, le autorità italiane, sottoponendo a continui controlli l’area in questione, dimostrerebbero di essere ben consapevoli del fatto che essa rappresenta una fonte di pericolo per la salute umana, di inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo.
30
In via preliminare occorre rilevare che da una giurisprudenza costante risulta che, nell’ambito di un ricorso per inadempimento in forza dell’art. 226 CE del Trattato, spetta alla Commissione dimostrare l’esistenza dell’asserito inadempimento (sentenza Commissione/Italia, cit., punto 78).
31
Occorre quindi esaminare se la Commissione abbia sufficientemente dimostrato, sul piano giuridico, che la Repubblica italiana ha omesso di adottare le misure necessarie ad assicurare che i rifiuti depositati nelle discariche di Rodano fossero recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente.
32
A tale proposito è importante constatare che la presenza nelle discariche di Rodano di rifiuti che costituiscono un pericolo per la salute umana e che possono danneggiare l’ambiente non è contestata dal governo italiano.
33
D’altronde risulta dal fascicolo che già dal 9 dicembre 1986 la società SISAS, proprietaria del sito e responsabile dell’inquinamento, è stata condannata a bonificare il sito entro il termine di un anno, dopo che il Pretore di Milano aveva constatato che i rifiuti di cui si tratta rappresentavano un pericolo per la salute umana e per l’ambiente.
34
D’altra parte, dalle informazioni comunicate dalle autorità italiane risulta che l’attività svolta dalla società SISAS sul sito di Rodano è stata classificata come «industria a rischio di incidente rilevante». Un atto di transazione è del resto intervenuto, nel 1998, tra la Regione Lombardia e la società SISAS per tener conto dei rischi rappresentati dai rifiuti che si trovavano nelle discariche di cui si tratta.
35
Le autorità italiane ammettono anche che, tenuto conto del fallimento della società SISAS nell’aprile 2001, gli interventi di bonifica e di controllo richiesti dalla decisione del Pretore di Milano e previsti dall’accordo tra la Regione Lombardia e la società SISAS non sono stati realizzati.
36
In merito alla cessazione delle attività produttive della società SISAS e dello studio effettuato dalla società AIU sul sito industriale di Rodano, occorre constatare che essi non costituiscono le misure necessarie ad assicurare che i rifiuti depositati nelle discariche di Rodano siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo o senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente ai sensi dell’art. 4 della direttiva.
37
Pertanto occorre constatare che la Commissione ha sufficientemente dimostrato che le autorità italiane hanno omesso di adottare, per un lungo periodo, le misure necessarie a garantire che tali rifiuti fossero recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute umana e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente.
38
Ne consegue che il primo motivo, vertente su una violazione dell’art. 4 della direttiva, è fondato.
Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’art. 8 della direttiva
39
Con il suo secondo motivo la Commissione chiede alla Corte di dichiarare che, non avendo adottato le disposizioni necessarie affinché il detentore dei rifiuti depositati nelle discariche di Rodano li consegnasse ad un raccoglitore privato o pubblico o ad un’impresa che effettua le operazioni previste nell’allegato II A o II B della direttiva, oppure provvedesse egli stesso al loro recupero o smaltimento, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù dell’art. 8 di tale direttiva.
40
A tale proposito, come ha precisato la Commissione, i proprietari o gestori di discariche devono essere considerati come detentori ai sensi dell’art. 8 della direttiva.
41
L’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato (v., in particolare, sentenze 11 settembre 2001, causa C-71/99, Commissione/Germania, Racc. pag. I-5811, punto 29, e 11 ottobre 2001, causa C-110/00, Commissione/Austria, Racc. pag. I-7545, punto 13).
42
È pacifico che la Repubblica italiana ha omesso di adottare, alla scadenza del termine ad essa impartito, le disposizioni necessarie affinché la società SISAS, detentrice dei rifiuti ai sensi dell’art. 8 della direttiva, li consegnasse a un raccoglitore privato o pubblico o ad un’impresa che effettua le operazioni previste nell’allegato II A o II B della direttiva oppure provvedesse essa stessa al loro recupero o smaltimento.
43
Per questa ragione, e in mancanza di elementi contrari presentati dal governo italiano, occorre considerare che il secondo motivo della Commissione, vertente sulla violazione dell’art. 8 della direttiva, è fondato.
44
Alla luce di quanto precede occorre constatare che, non avendo adottato le misure necessarie ad assicurare che i rifiuti depositati nelle discariche di Rodano fossero recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e non avendo adottato le misure necessarie affinché il detentore dei rifiuti depositati in tale discarica li consegnasse ad un raccoglitore privato o pubblico o ad un’impresa che effettua le operazioni previste nell’allegato II A o II B della direttiva, oppure provvedesse egli stesso a loro recupero o smaltimento, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza degli artt. 4 e 8 di tale direttiva.
Sulle spese
45
Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, va condannata alle spese.
Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara e statuisce:
1)
Non avendo adottato le misure necessarie ad assicurare che i rifiuti depositati nelle discariche di Rodano (Milano) fossero recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e non avendo adottato le misure necessarie affinché il detentore dei rifiuti depositati in tali discariche li consegnasse ad un raccoglitore privato o pubblico o ad un’impresa che effettua le operazioni previste nell’allegato II A o II B della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, sui rifiuti, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE, oppure provvedesse egli stesso a loro recupero o smaltimento, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza degli artt. 4 e 8 di tale direttiva.
2)
La Repubblica italiana è condannata alle spese.
Firme