Rumore. Ordinanza sindacale per l'abbattmento delle soglie di rumore relativo a parcheggio di stazione di servizio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO 
SEZIONE SECONDA TER
composto dai signori Magistrati:
Consigliere Michele PERRELLI - Presidente 
Consigliere Antonio AMICUZZI - Componente, relatore
Consigliere Maria Cristina QUILIGOTTI - Componente 
ha pronunciato la seguente 
SENTENZA
sul ricorso n. 8025 del 2002 proposto da PASQUARELLI MORENO & C s.n.c., in 
persona del socio amministratore Moreno Pasquarelli, rappresentato e difeso 
dall’avv. Alessandro Graziani, unitamente al quale è elettivamente domiciliato 
in Roma, alla Piazza della Balduina n. 59, presso lo studio dell’avv. Antonietta 
Giannuzzi;
CONTRO
il COMUNE di TUSCANIA, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Roberta Leonardi, unitamente al quale è elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Cassiodoro n. 9, presso lo studio dell'avv. Andrea Duranti;
per l’annullamento
della ordinanza del Sindaco del Comune di Tuscania n. 35 del 13.4.2002;
degli atti presupposti, conseguenti, correlati e connessi;
nonché per il risarcimento del danno, nella misura che risulterà provata in 
corso di giudizio, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria;
inoltre, a seguito di primi motivi aggiunti,
della ordinanza del Sindaco del Comune di Tuscania n. 2 del 16.1.2003;
degli atti presupposti, conseguenti, correlati e connessi;
nonché per il risarcimento del danno, nella misura che risulterà provata in 
corso di giudizio, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti i motivi aggiunti al ricorso;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Tuscania;
Vista la memoria prodotta dalla parte ricorrente a sostegno delle proprie 
difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi, alla pubblica udienza del 22.1.2007, con designazione del Consigliere 
Antonio Amicuzzi relatore della causa, i procuratori delle parti comparsi come 
da verbale d'udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato il 12.6.2002, depositato il 12.7.2002, la società in 
epigrafe indicata, che esercita attività di autolavaggio nell’abitato del Comune 
di Tuscania, ha evidenziato che, con ordinanza sindacale n. 35 del 13.4.2002, è 
stato disposto l’adeguamento dell'impianto mediante arretramento, posizionamento 
di copertura atta ad evitare la fuoriuscita di acqua ed altro materiale, nonché 
lo spostamento in un sito diverso di macchine accessorie e l’abbattimento della 
soglia del rumore fino ad un limite tollerabile (mediante in sonorizzazione 
almeno parziale della struttura); inoltre ha esposto che con detta ordinanza 
sono stati disposti il rispetto di un fissato orario di servizio e 
l’apposizione, nei periodi di chiusura dell’impianto di distribuzione 
carburanti, di idonea chiusura del piazzale, al fine di evitare la indebita 
utilizzazione dello stesso quale parcheggio o zona di stazionamento di macchine 
e persone che avrebbero potuto arrecare disturbo alla quiete pubblica. 
Con l’atto introduttivo del giudizio è stato chiesto l’annullamento di detto 
provvedimento ed il risarcimento del danno, nella misura che risulterà provata 
in corso di giudizio, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria.
A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:
1.- Violazione degli artt. 50, 54 e 107 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. 
Incompetenza. Non sussisteva nel caso di specie alcuna compromissione attuale o 
potenziale dei beni tutelabili in via di urgenza.
2.- Eccesso di potere per sviamento. Non sussisteva riconducibilità del provvedimento a profili di pubblico interesse.
3.- Violazione dell'art. 3, commi I 
e III della L. 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per difetto e 
contraddittorietà di motivazione.
4.- Violazione degli artt. 42, II c., della Costituzione e dell’art. 832 del c.c.. 
Eccesso di potere per illogicità manifesta. E stato apposto un limite al diritto 
dominicale in assenza di riconducibilità ad alcune delle tassative previsioni di 
legge al riguardo.
5.- Eccesso di potere per travisamento e illogicità manifesta.
Con motivi aggiunti notificati l’11.3.2003, depositati il 10.4.2003 e poi, 
nuovamente, il 17.7.2006, parte ricorrente ha impugnato la ordinanza del Sindaco 
del Comune di Tuscania n. 2 del 16.1.2003 con cui, ad integrazione e conferma 
della precedente ordinanza, è stato ordinato il rispetto di un fissato orario di 
funzionamento dell’autolavaggio; inoltre ha chiesto il risarcimento del danno, 
nella misura che risulterà provata in corso di giudizio, oltre ad interessi e 
rivalutazione monetaria.
A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:
1.- Violazione degli artt. 50, 54 e 107 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. 
Incompetenza.
2.- Violazione dell'art. 3, commi I e III, della L. 7 agosto 1990, n. 241. 
Eccesso di potere per difetto di motivazione.
Con atto depositato l’11.1.2007 si è costituito in giudizio il Comune di 
Tuscania, che ha eccepito la improcedibilità del ricorso e dei motivi aggiunti 
per sopravvenuta carenza di interesse a seguito della adozione della O.S. n. 76 
del 6.7.2006, con cui è stata consentita l’apertura dell’impianto in questione 
per tutto l’anno ed ininterrottamente nell’orario diurno, con il solo rispetto 
della differenza legata alla distinzione tra periodo invernale ed estivo; ha 
inoltre dedotto la infondatezza del ricorso, concludendo per la declaratoria di 
improcedibilità del gravame o per la reiezione.
Con memoria depositata l’11.1.2007 parte ricorrente ha ribadito tesi e 
richieste, chiedendo la liquidazione del danno in via equitativa, quantificato 
in “poco meno” di € 30.000,00.
Alla pubblica udienza del 22.1.2007 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.- Con il ricorso in esame una società che conduce in locazione una area nel 
Comune di Tuscania esercitandovi attività di autolavaggio self service, 
assuntamente predisposto per il funzionamento ininterrotto senza ausilio di 
operatore, ha impugnato la ordinanza sindacale n. 35 del 13.4.2002, di 
adeguamento dell'impianto mediante arretramento, posizionamento di copertura 
atta ad evitare la fuoriuscita di acqua ed altro materiale, di spostamento in un 
sito diverso di macchine accessorie e di abbattimento della soglia del rumore 
fino ad un limite tollerabile (mediante in sonorizzazione almeno parziale della 
struttura); inoltre di fissazione del rispetto di un fissato orario di servizio 
e di apposizione, nei periodi di chiusura dell’impianto di distribuzione 
carburanti, di idonea chiusura del piazzale, al fine di evitare la indebita 
utilizzazione dello stesso quale parcheggio o zona di stazionamento di macchine 
e persone che avrebbero potuto arrecare disturbo alla quiete pubblica.
Con motivi aggiunti la società suddetta ha impugnato la ordinanza del Sindaco 
del Comune di Tuscania n. 2 del 16.1.2003, con cui, ad integrazione e conferma 
della precedente ordinanza, è stato ordinato il rispetto di un diverso orario di 
funzionamento dell’autolavaggio ed ha chiesto il risarcimento del danno, 
quantificato in “poco meno” di € 30.000,00, oltre ad interessi e rivalutazione 
monetaria.
2.- Innanzi tutto il Collegio deve verificare la procedibilità del ricorso e dei 
motivi aggiunti.
E’ stata infatti depositata in giudizio dalla difesa del Comune di Tuscania 
copia della ordinanza sindacale n. 76 del 6.7.2006, con cui - viste le 
precedenti ordinanze n. 35 del 2002, n. 2 del 2003 e n. 33 del 2006 (con le 
quali si stabiliva, tra l’altro, l’orario di servizio dell’autolavaggio de quo), 
la deliberazione della G.C. n. 190 del 2006 e la istanza della interessata tesa 
ad ottenere l’ampliamento dell’orario di servizio (in considerazione dei lavori 
effettuati per l’abbattimento del livello di inquinamento acustico) dalle ore 
06,00 alle ore 22,00, nonché tenuto conto che (in base a nota della A.S.L. VT2) 
è stato ritenuto possibile il funzionamento dell’impianto con esclusione 
dell'orario notturno - è stata consentita l’apertura dell’autolavaggio per tutto 
l’anno ed ininterrottamente nell’orario diurno, con il solo rispetto della 
distinzione tra periodo invernale (dalle ore 8 alle ore 20) ed estivo (dalle ore 
7 alle ore 21).
Ritiene il Collegio che detta ordinanza sindacale n. 76 del 2006 abbia in parte 
superato e innovato le disposizioni contenute nelle precedenti ordinanze 
impugnate.
Il tenore del suddetto provvedimento deve quindi ritenersi idoneo a qualificare 
una situazione soggettiva di sopravvenuta carenza di interesse al ricorso (nella 
parte relativa alla prescrizione di orari di servizio ritenuti inidonei ad alla 
adozione di misure di contenimento della rumorosità), con conseguente pronuncia 
della dichiarazione d'improcedibilità del ricorso giurisdizionale e dei motivi 
aggiunti, in parte qua, per sopravvenuta carenza d'interesse.
E’ infatti certa e chiara l'inutilità della pronuncia d'annullamento degli atti 
impugnati in detta parte, a causa di eventi successivi alla proposizione del 
ricorso (Consiglio Stato, sez. V, 24 ottobre 1996, n. 1261), anche se l’atto 
autorizzativo sopravvenuto non può essere considerato pienamente satisfattivo 
(Consiglio Stato, sez. IV, 13 novembre 1979, n. 989; T.A.R. Lazio, sez. III, 25 
luglio 1985, n. 1167), dal momento che le conseguenze pregresse degli atti in 
precedenza adottati possono essere valutate in termini di risarcimento del 
danno.
3.- Rimane non superata dalla adozione di detta ordinanza n. 76 del 2006 la 
impugnata ordinanza n. 35 del 2002 nella parte in cui dispone la apposizione, 
nei periodi di chiusura dell’impianto di distribuzione carburanti annesso 
all’area destinata ad autolavaggio, di idonea chiusura del piazzale, al fine di 
evitare la indebita utilizzazione dello stesso quale parcheggio o zona di 
stazionamento di macchine e persone che avrebbero potuto arrecare disturbo alla 
quiete pubblica, censurata in ricorso per violazione degli artt. 42, II c., 
della Costituzione e dell’art. 832 del c.c., nonché per eccesso di potere per 
illogicità manifesta, nell’assunto che sarebbe stato apposto un limite al 
diritto dominicale privo di riconducibilità ad alcune delle tassative previsioni 
di legge al riguardo.
In tale parte il ricorso è da valutare infondato, considerato che il parcheggio 
di una stazione di servizio, quale opera accessoria e complementare di una 
strada, è anch'esso assimilabile ad una area pubblica per le sue caratteristiche 
intrinseche.
Tanto è vero che, in materia di circolazione stradale, ad un'area appartenente a 
privati è stato ritenuto che fosse applicabile la disciplina del codice della 
strada, se l'uso di essa è consentito a tutti, essendo l'uso pubblico o privato 
che rende applicabile alle aree la disciplina specifica sulla circolazione 
stradale (o meno) e non già l'appartenenza delle stesse a enti pubblici o a 
privati (Cassazione penale, sez. IV, 13 maggio 1988).
Del resto l’art. 24 del D. Lgs. 30 aprile 1992 n. 285, attinente alle pertinenze 
delle strade, prevede, ai commi I, II, III e IV, che “1. Le pertinenze stradali 
sono le parti della strada destinate in modo permanente al servizio o all'arredo 
funzionale di essa. 2. Le pertinenze stradali sono regolate dalle presenti norme 
e da quelle del regolamento e si distinguono in pertinenze di esercizio e 
pertinenze di servizio. 3. Sono pertinenze di esercizio quelle che costituiscono 
parte integrante della strada o ineriscono permanentemente alla sede stradale. 
4. Sono pertinenze di servizio le aree di servizio, con i relativi manufatti per 
il rifornimento ed il ristoro degli utenti, le aree di parcheggio, le aree ed i 
fabbricati per la manutenzione delle strade o comunque destinati dall'ente 
proprietario della strada in modo permanente ed esclusivo al servizio della 
strada e dei suoi utenti. Le pertinenze di servizio sono determinate, secondo le 
modalità fissate nel regolamento, dall'ente proprietario della strada in modo 
che non intralcino la circolazione o limitino la visibilità.”
Essendo detto parcheggio pertinenza stradale deve ritenersi che ben avesse il 
Sindaco di Tuscanica il potere di regolamentare la sosta su di esso, al non 
illogico fine di impedire l’indebito suo utilizzo da automobilisti e eventuali 
disturbi alla quiete pubblica.
4.- Quanto alle richieste di risarcimento danni il Collegio, a prescindere 
dall’accertamento, sul piano soggettivo, se responsabilità possano ascriversi al 
Comune e se le stesse rivestano quel carattere di gravità che determina la 
nascita dell’obbligo di risarcimento, osserva preliminarmente che è da 
considerare inammissibile la domanda di risarcimento che venga formulata in 
maniera del tutto generica e senza alcuna concreta dimostrazione degli elementi 
probatori a fondamento della pretesa fatta valere (T.A.R. Lazio, sez. II, 25 
gennaio 2002, n. 678).
Aggiungasi che la parte che non limiti la domanda giudiziale alla richiesta 
generica di risarcimento del danno (e cioè ad una pronuncia di mero accertamento 
della potenzialità dannosa di un determinato illecito), ma chieda anche la 
condanna alla corresponsione di quanto occorra per il ristoro del danno subito, 
ha l'onere di fornire la prova di un danno effettivo e non solo potenziale, 
oltre che del nesso eziologico tra il danno patrimoniale ed i provvedimenti 
illegittimi annullati (T.A.R. Campania, sez. V, Napoli, 28 settembre 2002, n. 
5861). 
Nel caso che occupa oltre all’annullamento degli atti impugnati, la parte 
ricorrente ha chiesto, con memoria depositata l’11.1.2007, il risarcimento dei 
danni da liquidarsi equitativamente, non essendo agevole stimare l’entità della 
flessione degli introiti subita per effetto della pregressa riduzione degli 
orari, comunque non inferiore ad euro settemilacinquecento per esercizio.
La domanda, pur astrattamente ammissibile ai sensi dell’art. 35 del D. Lgs. n. 
80 del 1998, non è stata adeguatamente supportata sul piano probatorio, né con 
riferimento all’an debeatur né con riferimento al quantum debeatur.
Invero, il Giudice Amministrativo (Consiglio di Stato, sez. IV, 20 dicembre 
2002, n. 7260) ha ritenuto che, qualora l'attore abbia richiesto la condanna del 
convenuto al risarcimento del danno ed alla liquidazione di questo nello stesso 
processo (cosiddetta condanna specifica) e non abbia poi, con il consenso del 
convenuto, limitato la domanda all'an debeatur (cosiddetta domanda generica), il 
giudice del merito non può emanare una condanna generica al risarcimento del 
danno e rimetterne la liquidazione ad un separato giudizio, ma, in ossequio al 
principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, deve liquidare il 
danno in base agli elementi acquisiti al processo, oppure rigettare la domanda 
per difetto di prova, dovendosi inoltre escludere la possibilità di procedere a 
liquidazione equitativa, che è consentita solo ove si tratti di danno che non 
può essere provato nel suo esatto ammontare, e non anche allorché manchi la 
prova della sua entità.
Nel caso di specie non sarebbe stato impossibile al ricorrente documentare i 
dedotti danni mediante redazione di bilanci e prospetti comprovanti l’aumento 
degli introiti in proporzione all’aumento delle ore di apertura dell’impianto.
In conclusione, poiché la parte ricorrente ha del tutto omesso di fornire la 
prova dell’entità del danno subito, la domanda risarcitoria va respinta; né si 
ravvisano gli estremi per la condanna della controparte ex art. 96 c.p.c.. 
La domanda, di conseguenza non può essere accolta.
5.- Il ricorso deve essere, pertanto in parte dichiarato improcedibile ed in 
parte respinto, come da motivazione.
6.- Le spese del giudizio, stante la particolarità della fattispecie, possono 
essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Sezione seconda ter – in parte 
dichiara improcedibile ed in parte respinge il ricorso in epigrafe indicato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla pubblica amministrazione.
 
                    




