TAR PIEMONTE Sez. II sent.714 del 19 febbraio 2007
Rumore. Pianificazione acustica comunale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIEMONTE
- 2^ SEZIONE -
Sen. n. 714
Anno 2007
R.g.n. 1068
Anno 2004
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
1sul ricorso n. 1068/2004 proposto da DANNA GIACOMO e DANNA RENATO, 
rappresentati e difesi dall’avv. Dario Cavalli ed elettivamente domiciliati 
presso la segreteria di questo Tribunale,
contro
il Comune di Mondovì, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso 
dagli avv.ti Francesca Mastroviti e Maria Luisa Mazza, ed elettivamente 
domiciliato presso lo studio dell’avv. Francesca Mastroviti in Torino, via 
Cassini n. 48,
e nei confronti
della Fornace Vincenzo Pilone S.p.A., in persona del legale rappresentante pro 
tempore, corrente in Mondovì, via Vecchia di Pianfei n. 2/B,
per la declaratoria di annullamento
della deliberazione del Consiglio Comunale di Mondovì n. 9 del 15.3.2004, 
pubblicata nel B.U.R. della Regione Piemonte del 22.4.2004, con la quale il 
Comune di Mondovì ha approvato il piano di classificazione acustica del 
territorio comunale per la parte in cui, nella approvazione generale del piano, 
ha stabilito l’ubicazione in classe IV delle aree CR.III 29 e BR.III n. 2655.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Mondovì;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 6 dicembre 2006 il referendario Giorgio Manca 
e comparsi per i ricorrenti l’avv. Cavalli e per il Comune di Mondovì gli avv.ti 
Mazza e Mastroviti;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
1. - I ricorrenti, proprietari di alcuni immobili nel territorio del Comune di 
Mondovì, espongono che i loro terreni sulla base del piano urbanistico comunale 
ricadono nell’area CR.III.29 (area di nuovo impianto a destinazione residenziale 
soggetta a formazione di SUE). Su tale area il Comune di Mondovì, con 
deliberazione consiliare n. 66 dell’11 dicembre 2002, ha consentito la 
costruzione di n. 2 nuovi edifici. Inoltre il ricorrente Danna Renato è anche 
proprietario di un edificio di civile abitazione ricadente, sotto il profilo 
urbanistico, in area BR.III (area residenziale consolidata) adiacente all’area 
CR.III.29. Entrambe le aree confinano con l’area di proprietà della Fornace 
Vincenzo Pilone S.p.A..
Con l’approvazione del piano di zonizzazione acustica gli immobili predetti sono 
stati inseriti in classe IV, classificazione che, a loro dire, sarebbe 
fortemente penalizzante sia per le abitazioni già esistenti sia per gli edifici 
di nuova costruzione. Impugnano conseguentemente la deliberazione del Consiglio 
del Comune di Mondovì, indicata in epigrafe, relativa all’approvazione del piano 
di classificazione acustica del territorio comunale, nella parte in cui ha 
previsto “l’ubicazione in classe IV delle aree CR.III.29 e BR.III n. 2665”.
2. - Con il ricorso notificato il 21 giugno 2004 e depositato il successivo 16 
luglio, deducono i seguenti motivi di ricorso:
1° Violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alla legge quadro n. 
447/95. Eccesso di potere per sviamento.
Premesso che l’inserimento in classe IV comporta un livello di rumore elevato e 
incompatibile con la presenza di abitazioni civili, ad avviso dei ricorrenti la 
scelta pianificatoria del Comune sarebbe affetta da sviamento dei fini e degli 
obiettivi posti dalla legge quadro, poiché in tal modo avrebbe privilegiato gli 
interessi della Fornace rispetto a quelli degli abitanti.
2° Violazione di legge ed eccesso di potere nell’applicazione delle norme e dei 
principi dettati dalla legge quadro n. 447/95, dalla legge regionale del 
Piemonte n. 52 del 25 ottobre 2000 e dal D.P.C.M. 14 novembre 1997.
Premesso che sulla base del D.P.C.M. 14 novembre 1997 le aree implicate, quella 
dei ricorrenti e quella dell’industria di proprietà della Fornace, avrebbero 
dovuto essere inserite rispettivamente in classe II e in classe V, 
l’accostamento critico che ne deriverebbe non sarebbe eliminabile. Esso dovrebbe 
quindi risolversi, secondo l’art. 13 della legge regionale n. 52/2000, 
attraverso un piano di risanamento acustico a carico dell’amministrazione ovvero 
con la dislocazione dell’attività industriale fonte del rumore. Conseguentemente 
i ricorrenti ritengono illegittima la scelta dell’amministrazione di evitare 
tale accostamento critico mediante l’individuazione di fasce cuscinetto in cui 
sono comprese aree con edifici di civile abitazione già esistenti, poiché si 
esporrebbero queste aree a livelli di rumore non compatibili con la loro 
effettiva destinazione e con la destinazione prevista dal piano urbanistico 
comunale. La disposizione del piano acustico sarebbe altresì illegittima perché 
la presenza della sola Fornace Pilone non avrebbe dovuto determinare la 
classificazione in classe IV dell’intera zona circostante, ma, al contrario, la 
presenza prevalente di abitazioni civili avrebbe dovuto orientare la scelta 
della classe.
3° Violazione di legge ed eccesso di potere nell’applicazione delle norme e dei 
principi dettati dalla legge quadro n. 447/95, dalla legge regionale del 
Piemonte n. 52 del 25 ottobre 2000 e dal D.P.C.M. 14 novembre 1997, sotto il 
profilo della violazione delle linee guida regionali e della realizzazione della 
fascia di rispetto, in quanto il piano si pone in contrasto con le linee guida 
regionali che vietano l’inserimento di fasce cuscinetto in zone urbanizzate.
4° Violazione di legge ed eccesso di potere nell’applicazione delle norme e dei 
principi dettati dalla legge quadro n. 447/95, dalla legge regionale del 
Piemonte n. 52 del 25 ottobre 2000 e dal D.P.C.M. 14 novembre 1997, in relazione 
ai limiti differenziali che con l’assegnazione in classe IV assumerebbero valori 
inadeguati alla situazione reale delle aree.
3. - Con l’atto, in data 20 ottobre 2006, si è costituito in giudizio il Comune 
di Mondovì, il quale, con la memoria, in data 2 novembre 2006, con riguardo al 
primo motivo, ne rileva l’inammissibilità poiché la censura di sviamento è 
generica e coinvolge scelte di carattere discrezionale insindacabili in sede di 
giurisdizione di legittimità e ne sottolinea comunque la infondatezza in 
considerazione del fatto che le aree di proprietà dei ricorrenti si inseriscono 
in un territorio disomogeneo perché in esso sono presenti un insediamento 
industriale da oltre un secolo, vaste aree agricole e sporadiche zone 
residenziali. La classe II, invocata dai ricorrenti, deve identificare invece 
“aree destinate ad uso prevalentemente residenziale”.
Per quanto riguarda i livelli di rumore prodotti dall’attività della Fornace 
Pilone il comune ritiene che le affermazioni dei ricorrenti siano smentite dagli 
studi che l’azienda su richiesta del Comune ha prodotto, in cui si dimostra che 
“il livello di rumore ambientale risulta inferiore ai limiti della 
Classificazione acustica del territorio comunale ai sensi della L. 447/1995”.
Sul secondo motivo, premesso in fatto lo svolgimento delle varie fasi della 
pianificazione acustica, il comune conclude nel senso che non sussiste alcun 
accostamento critico posto che le aree dei ricorrenti sono inserite in classe IV 
e quella della fornace in classe V. Il terzo motivo, ad avviso del comune, è 
infondato in fatto poiché non corrisponde a verità che nelle fasce cuscinetto 
poste intorno alla fornace vi siano residenze.
Sul quarto motivo, il comune ne deduce l’infondatezza perché la fornace, 
impianto produttivo a ciclo continuo esistente prima del 1996, ai sensi del 
D.P.C.M. 11 dicembre 1996, non sarebbe soggetta al rispetto dei limiti 
differenziali.
4. - All’udienza pubblica del 6 dicembre 2006 il ricorso è stato trattenuto in 
decisione.
DIRITTO
1. - La controversia è incentrata sulla legittimità della classificazione 
acustica ricevuta dai terreni dei ricorrenti in sede di zonizzazione acustica 
del territorio comunale di Mondovì.
2. - Con il primo motivo i ricorrenti deducono che la scelta pianificatoria del 
Comune di Mondovì sarebbe affetta da sviamento dei fini e degli obiettivi posti 
dalla legge-quadro, perché avrebbe privilegiato gli interessi della Fornace 
rispetto a quelli degli abitanti.
Il motivo è inammissibile.
La legge regionale piemontese, n. 52/2000, attuando i principi della legge 
quadro statale n. 447/1995, li traduce in una serie di direttive, di cui 
all’articolo 6, comma 1, che individuano altrettanti parametri normativi che si 
inseriscono nell’ampio potere discrezionale che caratterizza l’esercizio dei 
poteri di pianificazione del territorio.
Nel caso in esame, il processo di concretizzazione di tali direttive legislative 
che si è svolto all’interno del procedimento di approvazione del Piano di 
Zonizzazione ha portato a quegli apprezzamenti amministrativi che si sono 
tradotti, con riguardo alle aree di proprietà dei ricorrenti coinvolte nella 
pianificazione acustica, nella scelta di inserirle nella classe IV (secondo le 
definizioni del D.P.C.M. 14 novembre 1997 vi rientrano le “Aree di intensa 
attività umana: rientrano in questa classe le aree urbane interessate da intenso 
traffico veicolare, con alta densità di popolazione, con elevata presenza di 
attività commerciali e uffici, con presenza di attività artigianali; le aree in 
prossimità di strade di grande comunicazione e di linee ferroviarie; le aree 
portuali, le aree con limitata presenza di piccole industrie”). La censura in 
esame, contestando tale scelta in nome dei fini tutelati dalle leggi in materia 
di pianificazione acustica, ha ad oggetto, in definitiva, il modo in cui è stato 
esercitato il potere (discrezionale) di pianificazione territoriale e le scelte 
(discrezionali) effettuate dall’amministrazione comunale. Peraltro, tali profili 
di discrezionalità possono essere sindacati, in sede di giurisdizione 
amministrativa di legittimità, solo nei limiti della manifesta irrazionalità e 
contraddittorietà (diffusamente sul punto T.A.R. Piemonte, sez. II, 13 dicembre 
2005, n. 3966), che nella fattispecie concreta non ricorrono. Ne deriva 
l’inammissibilità del motivo in esame.
3. - Con il secondo motivo i ricorrenti deducono la violazione delle norme della 
legge statale n. 447/1995 e della legge regionale n. 52/2000, che pongono il 
divieto di accostamento tra aree classificate in zone acustiche che presentano 
un differenziale, tra i livelli di rumore ammissibili per ciascuna zona, 
superiore al valore massimo di 5 decibel previsto dalla legge.
Il motivo è infondato.
L’articolo 4, comma 1, lettera a), della legge-quadro n. 447/1995, nel dettare i 
principi fondamentali che la legislazione regionale in materia deve rispettare, 
stabilisce “il divieto di contatto diretto di aree, anche appartenenti a comuni 
confinanti, quando tali valori si discostano in misura superiore a 5 dBA di 
livello sonoro equivalente misurato secondo i criteri generali stabiliti dal 
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 1991, pubblicato 
nella Gazzetta Ufficiale n. 57 dell’8 marzo 1991. Qualora nell’individuazione 
delle aree nelle zone già urbanizzate non sia possibile rispettare tale vincolo 
a causa di preesistenti destinazioni di uso, si prevede l’adozione dei piani di 
risanamento di cui all’articolo 7”. La disposizione statale di principio è 
ripresa dall’articolo 6, comma 3, della legge regionale Piemonte n. 52 del 2000, 
che la traduce in altrettanti criteri che i comuni devono rispettare nel 
procedere alla classificazione acustica del loro territorio e nella redazione 
dei piani di zonizzazione: “Ad eccezione dei casi in cui esistano evidenti 
discontinuità morfologiche che giustifichino la deroga dal punto di vista 
acustico, é vietato assegnare ad aree contigue limiti di esposizione al rumore 
che si discostino in misura superiore a cinque decibel; la norma si applica 
anche nel caso di aree contigue appartenenti a comuni limitrofi. Qualora, nelle 
zone già urbanizzate, non sia possibile rispettare tale vincolo a causa di 
preesistenti destinazioni d’uso, il comune adotta apposito piano di 
risanamento”.
Dalle norme sopra riportate emerge con sufficiente chiarezza che il divieto di 
accostamento è posto esclusivamente tra zone territoriali inserite in classi 
acustiche con valori differenziali superiori a quello previsto dalla legge. 
Tuttavia nel caso di specie tale situazione non sussiste in fatto, come 
esattamente osservato dalla difesa dell’amministrazione resistente. Infatti, 
come risulta dalla documentazione acquisita al giudizio, le aree dei ricorrenti 
sono classificate in classe IV mentre l’area della Fornace Pilone S.p.A. è 
classificata in classe V. Si tratta quindi di aree classificate in zone 
acustiche contigue. Ne deriva che non sussistono i presupposti normativi del 
divieto di accostamento critico, come disciplinato dalle norme statali e 
regionali sopra richiamate.
4. - Con il terzo motivo, i ricorrenti asseriscono la violazione delle 
linee-guida regionali, approvate con la deliberazione della Giunta Regionale 6 
agosto 2001 n. 85-3802, nel punto in cui vietano che le fasce cuscinetto, da 
inserire tra le zone acustiche non contigue al fine di evitare l’accostamento 
critico, possano essere rappresentate da aree urbanizzate.
La censura è infondata in fatto.
Come esattamente viene fatto rilevare dall’amministrazione resistente, sulla 
base della documentazione versata in atti, la fascia cuscinetto è stata prevista 
nella zona intorno all’area della Fornace Pilone, al fine di evitare il contatto 
diretto tra zone con limiti di rumore la cui differenza sia superiore a 5 
decibel, in un territorio che non può essere considerato urbanizzato secondo la 
definizione delle linee guida regionali (al punto 2.6 FASE IV: INSERIMENTO DELLE 
FASCE “CUSCINETTO” E DELLE FASCE DI PERTINENZA DELLE INFRASTRUTTURE DEI 
TRASPORTI, la lettera c): “possono essere inserite solo in aree non urbanizzate 
o non completamente urbanizzate. Un’area si considera non completamente 
urbanizzata qualora la densità urbanistica sia inferiore al 12.5% della sua 
superficie. La verifica della densità urbanistica è effettuata con riferimento 
alla superficie di larghezza minima della fascia stessa (50 m). Nell’ipotesi che 
la fascia vada ad interessare più isolati, il requisito di cui sopra dovrà 
essere applicato singolarmente ad ognuno dei settori della fascia inseriti 
all’interno dei vari isolati”). Dall’esame della cartografia non emerge infatti 
la presenza di isolati in cui siano presenti abitazioni. Inoltre, contrariamente 
a quanto sostenuto dai ricorrenti, la fascia cuscinetto non coinvolge l’area in 
cui sorgono le villette a schiera di proprietà dei ricorrenti, il cui confine è 
posto ad una distanza superiore ai 50 mt. dal confine dell’area in cui è situata 
la Fornace Pilone.
5. - E’ infine infondato anche il quarto motivo del ricorso, con il quale si 
denuncia l’inadeguatezza della classificazione in classe IV dei terreni di 
proprietà dei ricorrenti poiché tale scelta pianificatoria determinerebbe valori 
relativi ai limiti differenziali di rumore superiori a quelli consentiti.
Il limite differenziale indica la differenza tra il livello di rumore ambientale 
(cioè il livello di rumore prodotto da tutte le sorgenti di rumore esistenti in 
un dato luogo e durante un determinato tempo) e il livello di rumore residuo 
(cioè il livello di rumore che si rileva quando si esclude la specifica sorgente 
disturbante). Nella relazione dell’ARPA Piemonte del 25 luglio 2005, prot. n. 
94502, avente ad oggetto l’esito del sopralluogo effettuato a seguito 
dell’esposto presentato dal sig. Danna Giacomo per il “presunto inquinamento 
acustico causato dall’attività della Ditta Vincenzo Pilone S.p.A. - Mondovì”, si 
afferma che “in alcuni casi si potrebbe verificare il superamento di detti 
limiti soprattutto in orario notturno”.
Tuttavia, tale elemento è privo di rilevanza giuridica nel caso di specie poiché 
l’attività della Fornace Pilone, svolta attraverso impianti a ciclo continuo e 
iniziata prima del 1996 (fatti pacifici, non contestati tra le parti), rientra 
tra quelle per le quali l’art. 3 del Decreto ministeriale 11 dicembre 1996 
(“Applicazione del criterio differenziale per gli impianti a ciclo produttivo 
continuo”) prevede che “Fermo restando l’obbligo del rispetto dei limiti di zona 
fissati a seguito dell’adozione dei provvedimenti comunali di cui all’art. 6, 
comma 1, lettera a), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, gli impianti a ciclo 
produttivo continuo esistenti sono soggetti alle disposizioni di cui all’art. 2, 
comma 2, del D.P.C.M. 1° marzo 1991 (criterio differenziale) quando non siano 
rispettati i valori assoluti di immissione, come definiti dall’art. 2, comma 1, 
lettera f), della legge 26 ottobre 1995, n. 447”.
Poiché, come risulta dalla medesima relazione dell’ARPA, i limiti di immissione 
previsti per la zona acustica attribuita all’area della Fornace sono dalla 
stessa rispettati, ne consegue che i limiti differenziali non si applicano.
Da ciò l’infondatezza della censura in esame.
6. - In conclusione, il ricorso deve essere in parte dichiarato inammissibile ed 
in parte rigettato.
Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di 
giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte - 2^ Sezione -, 
pronunciandosi sul ricorso in epigrafe, in parte lo dichiara inammissibile ed in 
parte lo rigetta.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Torino, nella Camera di consiglio del 6 dicembre 2006, con 
l’intervento dei signori magistrati:
Giuseppe CALVO Presidente
Antonio PLAISANT Referendario
Giorgio MANCA Referendario - estensore
Il Presidente
L’Estensore
Il Direttore Segreteria II Sezione Depositata in Segreteria a sensi di
Legge il 19 febbraio 2007
Il Direttore Segreteria II Sezione
 
 
                    




