TAR Friuli VG Sez. I n. 47 del 29 gennaio 2019
Rumore. Valori limite e rapporto con la zonizzazione acustica comunale
Mentre per i valori limite assoluti l'art. 8, comma 1, d.P.C.M. 14 novembre 1997 prevede che, in attesa della classificazione del territorio da parte dei comuni in zone, trovino applicazione i limiti del previgente d.P.C.M. 1 marzo 1991 ("In attesa che i comuni provvedano agli adempimenti previsti dall'art. 6, comma 1, lett. a), della legge 26 ottobre 1995 n. 447, si applicano i limiti di cui all'art. 6, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 1991") per i valori limite differenziali non vi è alcun riferimento alla zonizzazione acustica comunale, ragion per cui l'art. 4 dello stesso d.P.C.M. del 1997, che li contempla, continua ad applicarsi anche a seguito dell’approvazione della zonizzazione stessa. In altre parole, il rinvio operato al solo primo comma dell'art. 6 depone per una scelta normativa che non ha voluto far cessare l’applicabilità del criterio "differenziale" all'introduzione della disciplina a regime, e cioè all'adozione del piano comunale di zonizzazione acustica
Pubblicato il 29/01/2019
N. 00047/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00156/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 156 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Commerciale Tirelli Snc di Melchior Edi & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Carlo Ferrero, con domicilio eletto presso lo studio Orio De Marchi Avv. in Trieste, via Fabio Severo 20;
contro
Comune di Tavagnacco, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ino Pupulin, domiciliato presso la Segreteria Generale del T.A.R. in Trieste, piazza Unita' D'Italia 7;
Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Friuli Venezia Giulia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Daniela Cantarutti, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale di Arpa Fvg in Trieste, via Lamarmora 13;
nei confronti
Stefano Burello, Lorella Toso non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
quanto al ricorso introduttivo:
dell'Ordinanza n. 28/16 di data 29.02.2016, emanata ai sensi dell'art. 9 della L. 447/1995 recante in oggetto: inquinamento acustico - Pubblico Esercizio "Road House Blu's";
della Relazione Tecnica dell'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente del Friuli Venezia Giulia, dipartimento provinciale di U-Servizio Sistemi Ambientali, prot. n. 0043930-P del 28.12.2015, assunta a prot. del Comune al n. 38845 di data 30.12.2015;
di ogni altro atto presupposto e consequenziale;
e, quanto ai motivi aggiunti, per la condanna del Comune di Tavagnacco e dell'ARPA, in solido tra di loro, a pagare a titolo di risarcimento del danno ingiusto, in favore della ricorrente, la somma di complessivi €. 35.005,32 oltre ad interessi dal giorno del dovuto al saldo, ovvero la diversa somma che verrà ritenuta di Giustizia.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Tavagnacco e dell’Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Friuli Venezia Giulia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2019 il dott. Lorenzo Stevanato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il provvedimento impugnato, all’esito della verifica tecnica svolta dall’Arpa regionale sulle immissioni di rumore nell’appartamento sovrastante il pubblico esercizio della ricorrente, abitato dalla famiglia dei controinteressati, è stata ordinata l’esecuzione di interventi di abbattimento di tali immissioni, entro le soglie di legge.
In particolare, la perizia fonometrica svolta dall’Arpa ha rilevato livelli di rumore compresi tra 32,7 e 34,3 dB. Tuttavia l’incremento differenziale di rumore a finestre chiuse, nel periodo notturno, è stato misurato in 14,7 dB, ben al di sopra di 3 dB che è la soglia massima accettabile di rumore differenziale di notte, all’interno degli ambienti abitativi, ex art. 4 d.P.C.M. 14.11.1997, configurandosi così una condizione di elevato inquinamento acustico.
Con il primo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione degli artt. 7, 8 e 10 della L. 241/90, per omesso avviso di avvio del procedimento.
La censura non è fondata.
Invero, l’indagine fonometrica è stata realizzata, coerentemente con lo scopo della medesima, senza avvisare la ditta in modo che non ne venissero influenzate, come sarebbe stato inevitabile, le normali attività del pubblico esercizio produttive di rumori (come musica, movimentazioni di suppellettili, rumori delle attrezzature del bar, voci e/o schiamazzi degli avventori, etc.).
La successiva ordinanza contingibile ed urgente, emanata dal Sindaco, è in re ipsa connotata dell’urgenza qualificata che, ai sensi del comma 1 dello stesso art. 7 L. 241/90, consente all’Amministrazione di derogare agli adempimenti partecipativi del procedimento.
Col secondo motivo, si sostiene che non si sarebbe dovuto applicare il criterio differenziale, e ciò in base ad una particolare interpretazione della circolare del Ministero dell’Ambiente 6.9.2004, secondo cui tale criterio va applicato “se non è verificata anche una sola delle condizioni” di cui alle lettere a) e b) del predetto decreto, e cioè "se il rumore ambientale misurato a finestre aperte è inferiore a 50 dB(A) nel periodo diurno e 40 dB(A) nel periodo notturno; se il rumore ambientale misurato a finestre chiuse è inferiore a 35 dB(A) nel periodo diurno e 25 dB(A) nel periodo notturno”.
Nella specie, a finestre aperte, il rumore nel periodo notturno è risultato inferiore a 40 dB.
Si tratta però di un’interpretazione della circolare non condivisibile, perché difforme dal dettato normativo ed in sé illogica. La circolare intende, infatti, precisare che il criterio differenziale non si applica se “non è verificata” anche solo una delle condizioni di non superamento delle quattro soglie. Infatti, al di sotto di queste soglie il livello di rumore è da considerarsi trascurabile, secondo l’art. 4, comma 2, del d.P.C.M. 14.11.1997.
Se viceversa è verificato il superamento anche di una sola delle quattro soglie, rispettivamente a finestre aperte o chiuse, ricorre allora coerentemente l’applicazione del criterio differenziale.
Nel caso di specie il rumore ambientale, a finestre chiuse, è risultato superiore a 25 dB in periodo notturno e, conseguentemente, si doveva applicare il criterio differenziale, che è risultato straordinariamente elevato (14,7 dB, come detto, laddove la soglia è di 3 dB).
Con un diverso profilo del secondo motivo e con il sesto motivo si sostiene che, essendo stati misurati valori assoluti di rumore molto bassi (tra 32 e 34 dB) e quindi, asseritamente ex se non disturbanti, sarebbe assurda l’applicazione del criterio differenziale.
Sul punto, però, il Collegio osserva che, ancorché il grado di intensità acustica, in assoluto, sia di non molto superiore al livello massimo di tollerabilità previsto dalla normativa di riferimento (nel caso: rumore di fondo superiore a 25 dB a finestre chiuse, in periodo notturno), l'amministrazione tuttavia non dispone del potere discrezionale di soprassedere all'adozione delle necessarie misure repressive, in dipendenza del minore o maggiore grado di intensità dell'inquinamento acustico rispetto alla soglia massima tollerabile, essendo vincolata al rigido dettato normativo.
Peraltro, nella fattispecie non è vero che l’inquinamento acustico prodotto sia minimo, poiché 14,7 dB di misura differenziale rappresentano un elevatissimo fattore di disturbo.
Anche tale censura va dunque disattesa.
Con il terzo mezzo di gravame si sostiene che, essendo entrato in vigore il piano comunale di classificazione acustica, non si sarebbe dovuto applicare il criterio differenziale.
Nemmeno tale censura coglie nel segno.
Mentre, infatti, per i valori limite assoluti l'art. 8, comma 1, d.P.C.M. 14 novembre 1997 prevede che, in attesa della classificazione del territorio da parte dei comuni in zone, trovino applicazione i limiti del previgente d.P.C.M. 1 marzo 1991 ("In attesa che i comuni provvedano agli adempimenti previsti dall'art. 6, comma 1, lett. a), della legge 26 ottobre 1995 n. 447, si applicano i limiti di cui all'art. 6, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° marzo 1991") per i valori limite differenziali non vi è alcun riferimento alla zonizzazione acustica comunale, ragion per cui l'art. 4 dello stesso d.P.C.M. del 1997, che li contempla, continua ad applicarsi anche a seguito dell’approvazione della zonizzazione stessa.
In altre parole, il rinvio operato al solo primo comma dell'art. 6 depone per una scelta normativa che non ha voluto far cessare l’applicabilità del criterio "differenziale" all'introduzione della disciplina a regime, e cioè all'adozione del piano comunale di zonizzazione acustica (cfr. la pronuncia di questo Tribunale, 08/04/2011, n.183, e, tra le altre, TAR Puglia, Bari, Sez. I, 14 maggio 2010 n. 1896).
Diversamente opinando, si attribuirebbe al d.P.C.M. del 1997, che ha natura regolamentare, una portata derogatoria delle previsioni contenute nella legge quadro n. 447/1995 (cfr.: Cassazione civile sez. II, 22/12/2011, n.28386).
Anche tale censura va dunque disattesa.
Con il quarto motivo è stato censurato l’impiego dello strumento giuridico dell’ordinanza contingibile ed urgente, nel rilievo che non si tratterebbe, nella fattispecie, di una situazione eccezionale.
Il Collegio, però, osserva che l’accertata presenza di un fenomeno di inquinamento acustico appare sufficiente a concretare l'eccezionale ed urgente necessità di intervenire a tutela della salute pubblica, con lo strumento previsto (soltanto) dall'art. 9, comma 1, della citata legge quadro n. 447 del 1995 (vd. Cons. St., sez. V, 10.2.2010, n. 670). Va, poi, prestata adesione a quell’orientamento interpretativo secondo cui la tutela della salute pubblica non presuppone necessariamente che la situazione di pericolo involga l'intera collettività, ben potendo richiedersi tutela, con detto strumento, anche ove sia in discussione la salute pubblica di una singola famiglia, o anche di una sola persona (cfr.: T.A.R. , Napoli , sez. III , 13/05/2016 , n. 2457).
Il quarto motivo si rivela, quindi, anch’esso infondato.
Con il quinto motivo sono state censurate le modalità temporali di rilevamento delle soglie di immissione di rumore, che precisamente è stato effettuato dalle 22,10 di sabato alle successive 1,30 di domenica, con il locale aperto e, poi, dalle 3 alle 5 di mattina del martedì successivo, per la misurazione del rumore residuo, con il locale chiuso, mentre si sarebbe dovuto operare nello stesso tempo e nelle stesse condizioni.
Sul punto, però, va osservato che altre modalità non sarebbero state possibili, o comunque avrebbero falsato la genuinità dei rilievi fonometrici.
Invero, si sarebbe dovuto, in alternativa, per ottenere identità temporale, far chiudere il locale per misurare il rumore di fondo nell’appartamento e, poi, farlo riaprire. E’ evidente però che in questo modo si sarebbe influenzata la produzione del rumore da parte del pubblico esercizio, per le stesse ragioni esposte con riferimento al primo motivo di ricorso, in punto di partecipazione al procedimento.
Invece le modalità adottate appaiono corrette e, del resto, non è plausibile che in diverse condizioni di tempo (notturno) l’elevatissimo valore differenziale misurato sarebbe potuto rientrare nella soglia di 3 dB.
Con i restanti motivi di ricorso viene prospettata, sotto diversi profili, la presenza di vizi funzionali (illogicità, irragionevolezza, sviamento di potere) e di merito, che si configurano però inammissibili, attesa la citata natura del provvedimento impugnato, rigidamente vincolata alla sussistenza dei presupposti di legge, nella specie inveratisi.
Per le ragioni che precedono il ricorso introduttivo va perciò respinto.
Conseguentemente vanno respinti i motivi aggiunti, con cui è stata avanzata l’accessoria azione di risarcimento del danno ingiusto che sarebbe stato recato alla ricorrente dall’(asseritamente) illegittima ordinanza sindacale.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna la ricorrente a rifondere alle parti resistenti le spese del giudizio, che liquida - per ciascuna - in euro 2000,00 (duemila/00), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2019 con l'intervento dei magistrati:
Oria Settesoldi, Presidente
Manuela Sinigoi, Consigliere
Lorenzo Stevanato, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Lorenzo Stevanato Oria Settesoldi