Corte di Giustizia
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE VERICA TRSTENJAK,
presentate il 7 maggio 2009
Causa C‑227/08 Eva Martín Martín contro EDP Editores, S.L.
[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Audiencia Provincial de Salamanca (Spagna)]
«Direttiva 85/577 – Tutela del consumatore nei contratti negoziati fuori dei locali commerciali – Recesso dal contratto – Mancata informazione al consumatore in merito al diritto di recesso dal contratto – Misure appropriate per la tutela dei consumatori in caso di omessa informazione – Nullità relativa e nullità assoluta del contratto – Rilevabilità ex officio»
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE VERICA TRSTENJAK,
presentate il 7 maggio 2009
Causa C‑227/08 Eva Martín Martín contro EDP Editores, S.L.
[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Audiencia Provincial de Salamanca (Spagna)]
«Direttiva 85/577 – Tutela del consumatore nei contratti negoziati fuori dei locali commerciali – Recesso dal contratto – Mancata informazione al consumatore in merito al diritto di recesso dal contratto – Misure appropriate per la tutela dei consumatori in caso di omessa informazione – Nullità relativa e nullità assoluta del contratto – Rilevabilità ex officio»
Indice
I – Introduzione
II – Contesto giuridico
A – Diritto comunitario
1. Trattato CE
2. Direttiva 85/577
B – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
C – Normativa nazionale
III – Fatti, procedimento a quo e questione pregiudiziale
IV – Procedimento dinanzi alla Corte
V – Argomenti delle parti
VI – Valutazione dell’avvocato generale
A – Introduzione
B – Analisi della questione pregiudiziale
1. Considerazioni introduttive in merito alla questione pregiudiziale
a) Disposizioni comunitarie delle quali il giudice del rinvio chiede l’interpretazione
b) Problemi scaturenti dalla questione pregiudiziale
2. Possibilità di qualificare la nullità relativa del contratto come misura appropriata nel senso di cui all’art. 4, terzo comma, della direttiva 85/577
3. Regola generale: assenza nel diritto comunitario di un obbligo generale di accertamento d’ufficio
4. Eccezione alla regola generale: la giurisprudenza relativa alle direttive 93/13 e 87/102
a) Giurisprudenza relativa alla direttiva 93/13
b) Giurisprudenza relativa alla direttiva 87/102
5. Trasposizione della giurisprudenza riguardante la direttiva 93/13 e la direttiva 87/102 alla presente controversia
6. Configurabilità del potere di intervento ex officio del giudice nazionale come facoltà oppure come obbligo
C – Conclusione
VII – Conclusione
I – Introduzione
1. La presente causa solleva la questione se il giudice nazionale possa attivarsi d’ufficio e dichiarare la nullità di un contratto concluso fuori dei locali commerciali in ragione del fatto che il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recedere da tale contratto, sebbene la normativa nazionale applicabile non consenta in una simile fattispecie al detto giudice un intervento d’ufficio, bensì addossi al consumatore che non abbia ricevuto tale informativa l’onere di domandare la declaratoria di nullità del contratto. La causa verte sull’interpretazione delle disposizioni del Trattato CE in materia di tutela dei consumatori, nonché sull’interpretazione dell’art. 4, terzo comma, della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali (2) (in prosieguo: la «direttiva 85/577»), a norma del quale gli Stati membri devono prevedere misure appropriate per la tutela dei consumatori qualora questi non vengano informati in merito al diritto di recedere dal contratto.
2. In presenza di un contratto concluso fuori dei locali commerciali, determinante per la tutela del consumatore è non soltanto il suo diritto di recedere dal contratto stesso, ma anche il fatto che egli venga debitamente informato di tale diritto e che vengano garantite misure adeguate ed efficaci per il caso in cui tale informazione non gli venga fornita. Infatti, allorché il consumatore conclude un contratto di questo tipo, spesso non è in grado di valutare obiettivamente tutte le conseguenze che esso comporterà per lui. Poiché nell’ambito di tale contratto il consumatore è la parte più debole, nel presente procedimento occorrerà accertare se sia necessario, ai fini dell’efficace tutela dei suoi diritti, che nelle controversie riguardanti i contratti di questo tipo i giudici nazionali provvedano d’ufficio ad assicurare tale tutela.
II – Contesto giuridico
A – Diritto comunitario
1. Trattato CE
3. L’art. 3 CE così dispone:
«1. Ai fini enunciati all’articolo 2, l’azione della Comunità comporta, alle condizioni e secondo il ritmo previsti dal presente trattato:
(...)
t) un contributo al rafforzamento della protezione dei consumatori;
(...)»
4. L’art. 95 CE così dispone:
«(...)
3. La Commissione, nelle sue proposte di cui al paragrafo 1 in materia di sanità, sicurezza, protezione dell’ambiente e protezione dei consumatori, si basa su un livello di protezione elevato, tenuto conto, in particolare, degli eventuali nuovi sviluppi fondati su riscontri scientifici. Anche il Parlamento europeo ed il Consiglio, nell’ambito delle rispettive competenze, cercheranno di conseguire tale obiettivo.
(...)»
5. L’art. 153 CE è così formulato:
«1. Al fine di promuovere gli interessi dei consumatori ed assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, la Comunità contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei consumatori nonché a promuovere il loro diritto all’informazione, all’educazione e all’organizzazione per la salvaguardia dei propri interessi.
2. Nella definizione e nell’attuazione di altre politiche o attività comunitarie sono prese in considerazione le esigenze inerenti alla protezione dei consumatori.
3. La Comunità contribuisce al conseguimento degli obiettivi di cui al paragrafo 1 mediante:
a) misure adottate a norma dell’articolo 95 nel quadro della realizzazione del mercato interno;
b) misure di sostegno, di integrazione e di controllo della politica svolta dagli Stati membri.
4. Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 e previa consultazione del Comitato economico e sociale, adotta le misure di cui al paragrafo 3, lettera b).
5. Le misure adottate a norma del paragrafo 4 non impediscono ai singoli Stati membri di mantenere o di introdurre misure di protezione più rigorose. Tali misure devono essere compatibili con il presente trattato. Esse sono notificate alla Commissione».
2. Direttiva 85/577
6. Il quarto, il quinto ed il sesto ‘considerando’ della direttiva 85/577 enunciano quanto segue:
«considerando che la caratteristica dei contratti conclusi fuori dai locali commerciali del commerciante è che, di regola, il commerciante prende l’iniziativa delle trattative, il consumatore è impreparato di fronte a queste trattative e si trova preso di sorpresa; che il consumatore non ha spesso la possibilità di confrontare la qualità e il prezzo che gli vengono proposti con altre offerte; che questo elemento di sorpresa è generalmente presente non soltanto nel caso di contratti conclusi a domicilio, ma anche in altre forme di contratti conclusi dal commerciante fuori dai propri locali;
considerando che è opportuno accordare al consumatore il diritto di rescissione (3) da esercitarsi entro un termine non inferiore a sette giorni, per permettergli di valutare gli obblighi che derivano dal contratto;
considerando che occorre inoltre adottare opportuni provvedimenti affinché il consumatore sia informato per iscritto del suo diritto a disporre di questo periodo di riflessione».
7. L’art. 1, n. 1, della direttiva 85/577 stabilisce quanto segue:
«La presente direttiva si applica ai contratti stipulati tra un commerciante che fornisce beni o servizi e un consumatore:
(...)
– durante una visita del commerciante
i) al domicilio del consumatore o a quello di un altro consumatore;
(...)
qualora la visita non abbia luogo su espressa richiesta del consumatore».
8. L’art. 4 della direttiva 85/577 così dispone:
«Il commerciante deve informare per iscritto il consumatore, nel caso di transazioni contemplate all’articolo 1, del suo diritto di rescindere il contratto entro i termini di cui all’articolo 5, nonché del nome e indirizzo della persona nei cui riguardi può essere esercitato tale diritto.
Detta informazione deve recare una data e menzionare gli elementi che permettono d’individuare il contratto. Essa è consegnata al consumatore:
a) al momento della stipulazione del contratto nel caso dell’articolo 1, paragrafo 1;
b) non oltre la stipulazione del contratto nel caso dell’articolo 1, paragrafo 2;
c) al momento della formulazione dell’offerta da parte del consumatore nel caso dell’articolo 1, paragrafi 3 e 4.
Gli Stati membri fanno sì che la loro legislazione nazionale preveda misure appropriate per la tutela dei consumatori qualora non venga fornita l’informazione di cui al presente articolo».
9. L’art. 5 della direttiva 85/577 così recita:
«1. Il consumatore ha il diritto di rescindere il proprio impegno indirizzando una comunicazione entro un termine di almeno (4) 7 giorni dal momento in cui ha ricevuto l’informazione di cui all’articolo 4, e secondo le modalità e condizioni prescritte dalla legislazione nazionale. Per l’osservanza del termine è sufficiente che la comunicazione sia inviata prima della scadenza del termine stesso.
2. Con l’invio della comunicazione il consumatore è liberato da tutte le obbligazioni derivanti dal contratto rescisso».
B – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
10. L’art. 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (5) (in prosieguo: la «Carta»), intitolato «Protezione dei consumatori», così dispone:
«Nelle politiche dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione dei consumatori».
C – Normativa nazionale
11. La direttiva 85/577 è stata trasposta nell’ordinamento spagnolo mediante la legge 21 novembre 1991, n. 26, in materia di contratti stipulati fuori dei locali commerciali (6) (in prosieguo: la «legge n. 26/1991»).
12. L’art. 3 della legge n. 26/1991 prevede quanto segue:
«1. Il contratto o la proposta contrattuale di cui all’art. 1 devono essere formalizzati per iscritto in doppia copia, unitamente ad un modulo di revoca del consenso (7), e vanno datati e sottoscritti dal consumatore di proprio pugno.
2. Il documento contrattuale deve presentare in caratteri evidenti, immediatamente sopra allo spazio riservato alla firma del consumatore, un riferimento chiaro e preciso al diritto di quest’ultimo di revocare il consenso accordato, nonché ai presupposti e agli effetti dell’esercizio di tale diritto.
3. Il modulo di revoca del consenso deve recare in caratteri evidenti il titolo “modulo di revoca” e indicare il nome e l’indirizzo della persona cui deve essere inviato nonché gli elementi identificativi del contratto e delle parti contraenti.
4. Una volta sottoscritto il contratto, l’imprenditore o la persona che agisce per suo conto ne trasmette una copia al consumatore insieme al modulo di revoca del consenso.
5. Spetta all’imprenditore provare l’adempimento degli obblighi di cui al presente articolo».
13. L’art. 4 della legge n. 26/1991 disciplina le conseguenze dell’inosservanza delle condizioni stabilite dall’art. 3 della medesima legge come segue:
«Il contratto stipulato o la proposta formulata in violazione delle condizioni stabilite dall’articolo precedente possono essere annullati su domanda del consumatore.
In nessun caso la causa di nullità potrà essere invocata dall’imprenditore, salvo che l’inadempimento sia interamente imputabile al consumatore».
14. L’art. 9 della legge n. 26/1991 prevede quanto segue:
«I diritti conferiti al consumatore dalla presente legge sono irrinunciabili. Ciononostante, si considereranno valide le clausole contrattuali che risultino più favorevoli per il consumatore».
III – Fatti, procedimento a quo e questione pregiudiziale
15. Il 20 maggio 2003 la sig.ra Eva Martín Martín ha concluso presso il suo domicilio un contratto con il rappresentante della società EDP Editores S.L. (in prosieguo: la «EDP»), avente ad oggetto l’acquisto di 15 volumi di un’opera, di 5 dischi DVD e di un lettore DVD (8). I prodotti le sono stati consegnati il 2 giugno 2003. L’ammontare del prezzo di compravendita era di EUR 1 909. Di tale somma la sig.ra Eva Martín Martín ha corrisposto EUR 47,48, senza pagare i restanti EUR 1 861,52.
16. Non avendo ricevuto i pagamenti per la merce fornita, la EDP ha chiesto allo Juzgado de Primera Instancia numero Uno de Salamanca di emettere un decreto ingiuntivo di pagamento nei confronti della sig.ra Eva Martín Martín, al fine di ottenerne la condanna a corrispondere l’importo residuo di EUR 1 861,52 oltre agli interessi di mora al tasso legale. Contro la sentenza del 14 giugno 2007 che l’ha condannata al pagamento della somma richiesta, la sig.ra Eva Martín Martín ha interposto appello dinanzi all’Audiencia Provincial de Salamanca (in prosieguo: il «giudice del rinvio» o il «giudice a quo»).
17. Nell’ordinanza di rinvio il giudice a quo sostiene che il contratto controverso potrebbe essere nullo, in quanto il consumatore non è stato informato in merito al suo diritto di recedere dal contratto entro 7 giorni dal ricevimento della merce ed alle condizioni e conseguenze dell’esercizio di tale diritto. Il giudice a quo sottolinea anche che il consumatore non ha domandato l’accertamento della nullità del contratto né nell’ambito del giudizio di primo grado, né in sede di appello.
18. A questo proposito il giudice del rinvio riferisce che, ai sensi del diritto spagnolo e, più precisamente, dell’art. 4 della legge n. 26/1991, qualora in sede di conclusione del contratto non sia stato soddisfatto l’obbligo di informare il consumatore del suo diritto di recesso, è al consumatore stesso che incombe l’onere di chiedere la dichiarazione di nullità del contratto. Inoltre, secondo le norme spagnole, nei procedimenti civili vige il principio dispositivo («principio de rogación»), in forza del quale il giudice non può prendere in considerazione d’ufficio fatti, prove e domande non presentati dalle parti. Pertanto il giudice a quo si chiede se, nella odierna fattispecie, esso sia tenuto a decidere unicamente sulle domande presentate dalle parti nel procedimento d’appello oppure se la direttiva 85/577 gli consenta di dichiarare d’ufficio la nullità del contratto.
19. Stanti tali premesse, il giudice a quo, con ordinanza 20 maggio 2008, ha sospeso il procedimento e sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se l’art. 153 CE, letto in combinato disposto con gli artt. 3 CE e 95 CE, con l’art. 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché con la direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, e in particolare con l’art. 4 di quest’ultima, debba essere interpretato nel senso che consente al giudice investito del ricorso d’appello avverso la sentenza di primo grado di dichiarare d’ufficio la nullità di un contratto rientrante nell’ambito di applicazione della suddetta direttiva, qualora risulti che tale nullità non è mai stata eccepita in alcun momento dal consumatore convenuto, né nell’ambito dell’opposizione al procedimento ingiuntivo, né in sede di udienza, né nel ricorso di appello».
IV – Procedimento dinanzi alla Corte
20. L’ordinanza di rinvio è pervenuta alla Corte il 26 maggio 2008. Nella fase scritta del procedimento hanno presentato osservazioni la EDP, i governi spagnolo e austriaco, nonché la Commissione. All’udienza svoltasi il 12 marzo 2009, la EDP, il governo spagnolo e quello ceco – che non ha presentato osservazioni scritte – e la Commissione hanno svolto le loro difese orali e risposto ai quesiti della Corte.
V – Argomenti delle parti
21. La EDP sostiene che l’art. 4 della direttiva 85/577 non può essere interpretato nel senso che consenta al giudice nazionale di dichiarare d’ufficio la nullità del contratto concluso con un consumatore fuori dei locali commerciali, qualora tale nullità non sia stata dedotta dal consumatore.
22. A sostegno della sua tesi la EDP sottolinea che, in forza dell’art. 4 della direttiva 85/577, gli Stati membri devono far sì che la loro legislazione nazionale preveda misure appropriate per la tutela dei consumatori, e che nessuna disposizione di tale direttiva stabilisce che il giudice nazionale possa dichiarare d’ufficio la nullità del contratto qualora questa non sia stata fatta valere dal consumatore. A suo avviso, pertanto, la normativa spagnola applicabile (9), che impone al consumatore l’onere di chiedere la dichiarazione di nullità del contratto, non è in contrasto con l’art. 4 della direttiva 85/577, bensì tutela rigorosamente i diritti dei consumatori. A parere della EDP occorre in tale contesto altresì verificare se una disposizione nazionale renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto comunitario (10).
23. Oltre a ciò, la EDP chiarisce che il diritto spagnolo opera una distinzione tra nullità relativa e nullità assoluta. Essa sottolinea che nel caso dei contratti conclusi fuori dei locali commerciali l’eventuale nullità ha carattere relativo e può essere dichiarata soltanto su domanda della parte. Ove si tratti di nullità assoluta, la relativa azione di accertamento è, ai sensi della normativa spagnola, imprescrittibile ed è proponibile anche da terzi, e il vizio può altresì essere rilevato d’ufficio dal giudice.
24. Il governo spagnolo sostiene che l’art. 4 della direttiva 85/577 non va necessariamente interpretato nel senso che consenta al giudice nazionale di accertare d’ufficio la nullità del contratto concluso fuori dei locali commerciali nel caso in cui il consumatore non abbia dedotto tale nullità in alcuna fase del procedimento.
25. Il governo spagnolo afferma che il livello di tutela dei consumatori a questi accordato dalla legge n. 26/1991 soddisfa interamente le prescrizioni del Trattato CE e della direttiva 85/577, sicché, a suo avviso, tale legge ha integralmente e correttamente trasposto le disposizioni della direttiva citata nell’ordinamento spagnolo (11). L’art. 4 della legge n. 26/1991 accorda al consumatore una tutela adeguata, stabilendo che questi può chiedere l’annullamento del contratto qualora non sia stato informato del suo diritto di recesso. Il detto governo afferma che l’obbligo imposto agli Stati membri dall’art. 4 della direttiva – ossia provvedere affinché i loro ordinamenti nazionali prevedano misure appropriate per la tutela dei consumatori – può essere soddisfatto in vari modi; uno di questi consiste nel conferire al consumatore la possibilità di domandare l’annullamento del contratto. La scelta circa il modo di garantire tale tutela dei consumatori è, ad avviso del governo spagnolo, riservata all’ordinamento interno di ciascuno Stato membro.
26. Il governo spagnolo afferma che dalla giurisprudenza della Corte relativa alla direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (12) (in prosieguo: la «direttiva 93/13»), risulta che il giudice deve avere la possibilità di accertare d’ufficio la nullità delle clausole abusive nei contratti di consumo qualora si tratti di una questione di ordine pubblico. Al riguardo, il detto governo rinvia alle sentenze Océano Grupo (13), Cofidis (14) e Mostaza Claro (15). Sebbene nella presente causa non venga in questione la direttiva 93/13, bensì la direttiva 85/577, è necessario, ad avviso del governo spagnolo, tenere conto della suddetta giurisprudenza anche nel giudicare sulle controversie vertenti su quest’ultima direttiva. Tuttavia, a suo avviso, occorre stabilire se nella presente fattispecie si configuri una questione di ordine pubblico.
27. Il governo austriaco afferma che l’art. 4 della direttiva 85/577 va interpretato nel senso che non esige dagli Stati membri che i loro tribunali siano tenuti a dichiarare d’ufficio la nullità del contratto concluso fuori dei locali commerciali qualora tale nullità non sia stata dedotta dal consumatore nel procedimento dinanzi al giudice nazionale.
28. Il governo austriaco sostiene che dall’art. 4 della direttiva 85/577 non può desumersi che il contratto sia nullo per il semplice fatto che il commerciante non ha informato il consumatore del suo diritto di recedere dal contratto. Al contrario della direttiva 85/577, l’art. 6, n. 1, della direttiva 93/13 stabilisce espressamente che «[g]li Stati membri prevedono che le clausole abusive (...) non vincolano il consumatore». Per contro, l’art. 4 della direttiva 85/577 stabilisce unicamente che «[g]li Stati membri fanno sì che la loro legislazione nazionale preveda misure appropriate per la tutela dei consumatori». Il governo austriaco afferma che, secondo una consolidata giurisprudenza, in assenza di norme comunitarie in materia spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto comunitario (16).
29. Il governo austriaco sottolinea poi che gli Stati membri possono prevedere anche altre misure appropriate per il caso in cui il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recesso, e adduce come esempio l’eventuale facoltà del consumatore di recedere dal contratto senza limiti di tempo (17); un’altra possibile misura potrebbe consistere nell’obbligo per i giudici di informare il consumatore del suo diritto di recesso. Pertanto, l’annullabilità del contratto ex officio sarebbe soltanto una delle possibilità che si offrono agli Stati membri per tutelare i consumatori nel senso previsto dall’art. 4 della direttiva 85/577.
30. Il governo austriaco ritiene pertanto che l’art. 4 della direttiva 85/577 non imponga agli Stati membri di far sì che i tribunali nazionali siano tenuti a dichiarare d’ufficio la nullità del contratto nel caso in cui il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recesso.
31. La Commissione sostiene invece che occorre interpretare la direttiva 85/577 nel senso che, qualora il contratto sia stato concluso senza osservare l’obbligo di informare il consumatore del suo diritto di recesso, il giudice nazionale deve rilevare d’ufficio tale violazione e dichiarare la nullità del contratto, quand’anche il consumatore non l’abbia dedotta. Ad avviso della Commissione, la possibilità per il consumatore di richiedere l’annullamento del contratto qualora egli non sia stato informato del suo diritto di recesso non costituisce una misura appropriata per la tutela dei consumatori nel senso di cui all’art. 4 della direttiva 85/577. Secondo la detta istituzione, vi è il rischio che il consumatore non conosca i propri diritti e dunque neppure li faccia valere.
32. La Commissione sottolinea che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, in mancanza di una specifica normativa comunitaria, la disciplina delle modalità procedurali intese a garantire la salvaguardia dei diritti di cui gli amministrati godono ai sensi dell’ordinamento comunitario è riservata, in forza del principio dell’autonomia processuale degli Stati membri, all’ordinamento giuridico interno di ciascuno di questi, a condizione tuttavia che tali modalità non siano meno favorevoli di quelle applicabili a situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) (18). La Commissione afferma altresì che i giudici nazionali possono agire d’ufficio soltanto in casi eccezionali, per il pubblico interesse (19).
33. La Commissione sostiene però che la Corte ha già avuto modo di statuire, in riferimento alla direttiva 93/13, che il giudice nazionale può valutare d’ufficio se ci si trovi in presenza di clausole abusive nei contratti conclusi da consumatori (20). Inoltre, anche in riferimento alla direttiva del Consiglio 22 dicembre 1986, 87/102/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo (21) (in prosieguo: la «direttiva 87/102»), la Corte ha statuito che il giudice nazionale ha la facoltà di vigilare d’ufficio affinché il consumatore possa far valere determinati diritti nei confronti del soggetto concedente il credito (22). La Commissione allega che tale giurisprudenza può essere trasposta in via analogica anche all’interpretazione della direttiva 85/577.
34. All’udienza la Commissione ha aggiunto che eventuali altre misure – quali, ad esempio, sanzioni amministrative, la facoltà di recedere dal contratto senza limiti di tempo, oppure l’obbligo per il giudice di informare il consumatore del suo diritto di recesso – non sono appropriate ai fini della tutela del consumatore. Infatti, le misure amministrative possono certamente avere un effetto dissuasivo, ma non sono destinate alla tutela del singolo consumatore; la facoltà di recedere dal contratto senza limiti di tempo non costituisce una misura appropriata, in quanto sussiste il rischio che il consumatore non sia a conoscenza di questo suo diritto; infine, l’obbligo per il giudice di informare il consumatore del suo diritto di recesso è subordinato all’esistenza di norme processuali nazionali che contengano una previsione in tal senso. Da ultimo, la Commissione afferma che il consumatore, poiché in alcuni casi desidererà mantenere in vita il contratto, deve avere la possibilità di opporsi all’annullamento e di ottenere che in tali ipotesi il contratto continui a produrre effetti vincolanti nei suoi confronti.
35. Il governo ceco, che non ha presentato osservazioni scritte, ha affermato all’udienza che non concorda con la tesi della Commissione e che a suo avviso la direttiva 85/577 non può essere interpretata nel senso che il giudice nazionale abbia la facoltà di dichiarare d’ufficio la nullità del contratto concluso fuori dei locali commerciali, qualora il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recesso.
36. A sostegno della sua tesi, il governo ceco adduce tre ordini di argomenti. Quale primo argomento esso asserisce che, attraverso l’annullabilità d’ufficio, si interferisce nel diritto del consumatore di decidere personalmente se mantenere in vita o no il contratto; infatti, ai sensi dell’art. 5 della direttiva 85/577, soltanto il consumatore ha il diritto di recedere dal contratto. Anche qualora il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recesso, tale diritto non si estingue, dal momento che in forza del sopra citato art. 5 della direttiva il termine per il recesso comincia a decorrere soltanto una volta che il consumatore sia stato informato del suo diritto. Quale secondo argomento il governo ceco afferma che gli Stati membri hanno una competenza esclusiva in materia processuale civile; una competenza ripartita sussiste unicamente nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile e soltanto ove si tratti di cause che presentano elementi transnazionali. Ad avviso del detto governo, sussiste un dubbio quanto alla possibilità di ricorrere all’art. 94 CE (ex art. 100 del Trattato CE) – che ha costituito la base giuridica per l’adozione della direttiva 85/577 – al fine di adottare misure che interferiscono in tale competenza esclusiva degli Stati membri. Nel valutare tale questione, occorrerebbe tener conto del principio di proporzionalità. Quale terzo argomento il governo ceco adduce che la giurisprudenza relativa ad altre direttive in materia di tutela dei consumatori, riguardo alle quali la Corte ha già riconosciuto la possibilità per i giudici nazionali di attivarsi d’ufficio, non può essere trasposta alla presente fattispecie, dal momento che si tratta qui di interpretare la direttiva 85/577, la quale è caratterizzata da disposizioni e da un’economia sistematica diverse da quelle delle direttive in relazione alle quali la Corte ha ammesso la suddetta possibilità di intervento d’ufficio del giudice nazionale.
VI – Valutazione dell’avvocato generale
A – Introduzione
37. La presente fattispecie riguarda la problematica della conclusione dei contratti fuori dei locali commerciali, nonché la questione delle conseguenze nel caso in cui il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recedere da un contratto di questo tipo. Già in varie occasioni la Corte ha affrontato nella sua giurisprudenza il tema delle conseguenze di tale mancata informazione (23), ma fino ad oggi non ha ancora statuito sulla questione se in tale contesto anche i giudici nazionali debbano svolgere un ruolo attivo, intervenendo d’ufficio in caso di mancata informazione al consumatore. Pertanto, per statuire nella presente controversia, la Corte dovrà approfondire l’analisi delle finalità della direttiva 85/577 indagando il testo delle sue singole disposizioni.
38. Con la sua questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’art. 153 CE, letto in combinato disposto con gli artt. 3 CE e 95 CE, con l’art. 38 della Carta, nonché con le disposizioni della direttiva 85/577, e segnatamente con l’art. 4 di questa, debba essere interpretato nel senso che esso consente al giudice nazionale di dichiarare d’ufficio la nullità di un contratto concluso fuori dei locali commerciali nel caso in cui il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recedere dal contratto medesimo, malgrado che il consumatore non abbia fatto valere tale nullità nell’ambito del procedimento dinanzi ai giudici nazionali.
B – Analisi della questione pregiudiziale
1. Considerazioni introduttive in merito alla questione pregiudiziale
a) Disposizioni comunitarie delle quali il giudice del rinvio chiede l’interpretazione
39. Con la sua questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede di interpretare varie disposizioni di diritto comunitario, e più precisamente l’art. 153 CE, letto in combinato disposto con gli artt. 3 CE e 95 CE, con l’art. 38 della Carta, nonché con le disposizioni della direttiva 85/577. Nell’ambito di tale complesso di norme, importanza decisiva ai fini della decisione nella presente causa rivestirà l’interpretazione delle disposizioni della direttiva 85/577, la quale, in quanto atto normativo di diritto derivato, concretizza gli sforzi della Comunità intesi alla tutela dei consumatori sancita dal diritto primario.
40. L’art. 153 CE, inserito nel titolo del Trattato dedicato alla «Protezione dei consumatori», reca, al paragrafo 1, una disposizione generale in forza della quale, al fine di promuovere gli interessi dei consumatori ed assicurare un livello elevato di protezione di questi ultimi, la Comunità contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei consumatori stessi, nonché a promuovere il loro diritto all’informazione, all’educazione e all’autoorganizzazione per la salvaguardia dei propri interessi. Il paragrafo 2 dell’articolo suddetto stabilisce che nella definizione e nell’attuazione di altre politiche o attività comunitarie sono prese in considerazione le esigenze inerenti alla protezione dei consumatori. Nei paragrafi 3 e 4 del medesimo art. 153 CE vengono stabilite le misure che la Comunità adotta per il raggiungimento dell’obiettivo della tutela dei consumatori, e si precisa la base giuridica per la loro adozione. Il paragrafo 5 di tale articolo conferisce agli Stati membri la facoltà di introdurre misure più rigorose per la tutela dei consumatori.
41. L’art. 153 CE costituisce dunque una disposizione di diritto comunitario primario a carattere generale in materia di tutela dei consumatori. Una disposizione a carattere ancor più generale riguardante tale materia è contenuta nell’art. 3, n. 1, CE, il quale individua i diversi settori di attività della Comunità, tra i quali rientra in particolare, ai sensi della lettera t) di tale disposizione, anche il contributo al rafforzamento della protezione dei consumatori. Occorrerà dunque interpretare gli articoli della direttiva 85/577 alla luce di tali disposizioni generali del Trattato CE.
42. Con la sua questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede altresì di interpretare l’art. 95 CE e l’art. 38 della Carta.
43. Sulla base dell’art. 95 CE vengono adottate le misure che hanno per oggetto l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno. Dalla decisione di rinvio non risulta per quale motivo il giudice nazionale richieda l’interpretazione di tale articolo, in quanto non questo, bensì l’art. 94 CE (già art. 100 del Trattato CE) ha costituito la base giuridica per l’adozione della direttiva 85/577. Pertanto, non è a mio avviso necessario interpretare l’art. 95 CE nell’ambito della presente causa.
44. L’art. 38 della Carta stabilisce che nelle politiche dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione dei consumatori. Per quanto riguarda le disposizioni della Carta, desidero sottolineare che esse non costituiscono parte dell’ordinamento comunitario, sicché la Corte non è competente ad interpretarle (24). Vero è però che spesso gli avvocati generali fanno riferimento a tale documento nell’argomentazione delle loro conclusioni (25) e che anche la Corte ha già menzionato la Carta nella sua giurisprudenza (26). Pertanto, nella presente causa le disposizioni della Carta possono trovare impiego quale ausilio per l’interpretazione della direttiva 85/577, ma non sarà possibile tenerne conto ai fini della risposta alla questione pregiudiziale sollevata.
45. Un’importanza decisiva per la soluzione di tale questione sarà rivestita dall’interpretazione delle disposizioni della direttiva 85/577. Invero, nella sua questione il giudice del rinvio menziona esplicitamente soltanto l’art. 4 di tale direttiva; tuttavia, in conformità ad una costante giurisprudenza, la Corte deve fornire al giudice nazionale tutti gli elementi interpretativi rilevanti nell’ambito del diritto comunitario che possano essere utili per la soluzione della causa di cui è investito, indipendentemente dal fatto che egli vi abbia fatto o meno riferimento nella formulazione delle sue questioni (27). Nell’interpretare la direttiva 85/577 occorrerà in particolare tener conto, oltre che dell’art. 4, anche dell’art. 5, anch’esso riguardante il diritto del consumatore di recedere dal contratto.
b) Problemi scaturenti dalla questione pregiudiziale
46. Prima di iniziare ad analizzare il quesito pregiudiziale, desidero attirare l’attenzione sulla complessità dei problemi giuridici che questo comporta e che vanno assunti quale filo conduttore per la sua analisi.
47. In primo luogo, dalle indicazioni fornite dal giudice nazionale nella sua ordinanza di rinvio risulta che esso parte dal presupposto che la legislazione spagnola, in forza della quale spetta al consumatore chiedere l’annullamento, non sia conforme al diritto comunitario e, in particolare, alle disposizioni della direttiva 85/577 e del Trattato CE relative alla tutela dei consumatori. Per tale motivo, nell’analisi della questione pregiudiziale sarà necessario appurare se tale premessa logica da cui muove il giudice dal rinvio sia corretta o se invece la normativa spagnola applicabile garantisca misure appropriate nel caso in cui il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recedere dal contratto.
48. In secondo luogo, dobbiamo tener presente che la questione pregiudiziale verte sulla rilevabilità d’ufficio della nullità del contratto per il fatto che il diritto spagnolo sanziona la mancata informazione al consumatore con una nullità a carattere relativo; il giudice del rinvio, ritenendo che tale nullità relativa non costituisca una misura appropriata per la tutela dei consumatori, intende garantire quest’ultima mediante l’applicazione dell’istituto della nullità assoluta. Pertanto, il detto giudice non chiede se esso possa applicare d’ufficio le disposizioni della direttiva 85/577, bensì se possa applicare d’ufficio le disposizioni del diritto spagnolo mediante le quali tale direttiva è stata trasposta nell’ordinamento interno. Infatti, nessuna disposizione della direttiva 85/577 stabilisce la nullità del contratto concluso fuori dei locali commerciali nel caso in cui il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recedere da quest’ultimo. Allo stesso modo, la direttiva in questione non prevede alcun’altra conseguenza nel caso di mancata informazione al consumatore in merito a tale diritto di recesso; piuttosto, all’art. 4, terzo comma, essa stabilisce unicamente che gli Stati membri provvedono affinché la loro legislazione nazionale preveda misure appropriate per la tutela dei consumatori in caso di mancata informazione. Gli Stati membri sono dunque liberi di scegliere quali conseguenze scaturiranno nel caso in cui il consumatore non venga informato del suo diritto di recesso, là dove la direttiva esige unicamente che le misure in questione siano appropriate per la tutela dei consumatori (28). Per tale motivo, nel decidere sulla questione pregiudiziale la Corte dovrà far attenzione a non imporre agli altri Stati membri di prevedere nei propri ordinamenti nazionali la nullità del contratto quale conseguenza della mancata informazione al consumatore in merito al suo diritto di recesso.
49. Nel prosieguo delle presenti conclusioni analizzerò anzitutto la questione se la nullità relativa del contratto prevista dal diritto spagnolo costituisca una misura appropriata nel senso di cui all’art. 4, terzo comma, della direttiva 85/577; passerò quindi ad illustrare la regola generale sancita dal diritto comunitario riguardo alla possibilità di rilevare d’ufficio determinate questioni; analizzerò poi nei suoi contenuti la giurisprudenza con la quale la Corte ha riconosciuto un’eccezione a tale regola, verificando altresì se tale giurisprudenza possa essere trasposta alla presente fattispecie; concluderò infine esaminando la questione se il giudice del rinvio abbia nel caso di specie la facoltà oppure l’obbligo di attivarsi d’ufficio.
2. Possibilità di qualificare la nullità relativa del contratto come misura appropriata nel senso di cui all’art. 4, terzo comma, della direttiva 85/577
50. La legislazione spagnola stabilisce che, qualora il contratto venga concluso senza che il consumatore sia stato informato del suo diritto di recesso, esso potrà essere annullato su domanda del consumatore; pertanto, il diritto spagnolo fa ricorso all’istituto della nullità relativa.
51. Riguardo all’impiego del termine «nullità», sotto il profilo teorico e terminologico desidero qui far presente che la Spagna rientra fra gli Stati membri che distinguono tra «nullità assoluta» e «nullità relativa» (oltre ad essa, ad esempio, il Belgio (29) e la Francia (30)), a differenza di quegli Stati membri che distinguono tra «nullità» e «annullabilità» dei contratti (come ad esempio l’Austria (31), la Germania (32), i Paesi Bassi (33) e la Slovenia (34)). Ai sensi del diritto spagnolo, sussiste nullità assoluta qualora ad esempio manchi uno dei requisiti per la conclusione del contratto oppure questo sia contrario a norme imperative o a principi morali (35), mentre la nullità relativa interviene ad esempio nel caso in cui sussistano vizi del consenso al momento della conclusione del contratto (36). La nullità assoluta è rilevabile d’ufficio dal giudice e può essere fatta valere da qualsiasi interessato, mentre la nullità relativa deve essere eccepita dalla parte nel cui interesse è riconosciuta (37). La distinzione tra nullità e annullabilità comporta certo una differenza dal punto di vista terminologico, ma presenta analogie a livello concettuale (38); in tale ambito, chiunque può far valere la nullità e i tribunali sono tenuti a rilevarla d’ufficio; invece, qualora sussistano cause di annullabilità, queste possono essere fatte valere unicamente dalla parte interessata (39). Segnalo peraltro che nullità ed annullabilità dei contratti sono disciplinate anche dal documento del gruppo di esperti Draft Common Frame of Reference (DCFR) (40) (Progetto di quadro comune di riferimento). Tale documento, all’art. II.‑7:301, stabilisce che il contratto è nullo qualora: (a) violi un principio riconosciuto come fondamentale negli ordinamenti degli Stati membri dell’Unione europea, e (b) la sanzione della nullità sia necessaria per assicurare l’effettività di tale principio (41). Per contro, il DCFR prevede l’annullabilità del contratto, ad esempio, in caso di errore (42), dolo (43) o violenza (44) inficianti la conclusione del contratto.
52. Per stabilire se la disciplina spagnola, che dispone la nullità relativa del contratto in caso di mancata informazione al consumatore sul suo diritto di recesso, costituisca una misura appropriata nel senso di cui all’art. 4, terzo comma, della direttiva 85/577, dobbiamo anzitutto prendere in esame le particolari caratteristiche dei contratti conclusi fuori dei locali commerciali e l’importanza del diritto del consumatore di recedere da tali contratti.
53. Come risulta dal quarto ‘considerando’ della direttiva 85/577, è di regola il commerciante la parte che assume l’iniziativa delle trattative di tali contratti, dinanzi alle quali il consumatore si trova in una situazione caratterizzata da un elemento di sorpresa, non essendo egli preparato alla conclusione del contratto (45). Al consumatore deve dunque essere accordata una tutela particolare, in quanto egli non ha la possibilità di confrontare la qualità e il prezzo che gli vengono proposti con altre offerte (46).
54. In considerazione delle particolari caratteristiche dei contratti conclusi fuori dei locali commerciali, il consumatore deve disporre, dopo la conclusione del contratto, di un periodo di riflessione, di uno spatium deliberandi (47) nel quale poter valutare gli obblighi che il contratto comporta, nonché della facoltà, prevista dall’art. 5, n. 1, della direttiva 85/577, di recedere dal contratto entro un termine non inferiore a sette giorni (48). Ai sensi dell’art. 5, n. 2, della direttiva, se il consumatore decide di recedere dal contratto, è liberato da tutte le obbligazioni derivanti dal contratto rescisso. Il citato diritto del consumatore è di importanza tale che egli non può rinunciarvi (49).
55. Al fine di garantire al consumatore la possibilità di esercitare tale importante diritto, è essenziale che egli ne riceva adeguata informazione in forma scritta. Infatti, è possibile che il commerciante sfrutti a proprio vantaggio il fatto di poter convincere il consumatore a concludere il contratto – eventualmente sull’onda di un momentaneo entusiasmo di questi o a motivo della sua impossibilità di confrontare tale offerta con altre – e non lo informi del suo diritto di recedere dal contratto. Può accadere che il consumatore, una volta «sbollito l’entusiasmo» (50), si penta della propria decisione, ma, ignaro della facoltà di recedere dal contratto, accetti il fatto di essere vincolato all’accordo stipulato.
56. Pertanto, ai fini della tutela del consumatore nell’ambito dei contratti conclusi fuori dei locali commerciali, non è importante soltanto che il consumatore abbia il diritto di recedere dal contratto, ma anche che egli sia consapevole dei propri diritti e ne sia informato (51). Come già sottolineato dalla Corte nella sentenza Heininger, se il consumatore non ha conoscenza dell’esistenza di un diritto di recesso, si trova nell’impossibilità di esercitarlo (52). Qualora non gli sia stata fornita l’informazione sul diritto di recesso, il consumatore non potrà conseguentemente esercitare tutti i diritti a questo collegati, come ad esempio richiedere l’accertamento della nullità del contratto concluso in assenza di tale informazione, tranne il caso in cui vi sia la garanzia che egli è stato validamente informato di tali diritti (collegati con il diritto di recesso).
57. Pertanto, a mio avviso, la normativa spagnola, la quale stabilisce che il consumatore può chiedere l’annullamento del contratto concluso al di fuori dei locali commerciali qualora non sia stato informato del suo diritto di recedere da quest’ultimo, non costituisce una misura appropriata nel senso di cui all’art. 4, terzo comma, della direttiva 85/577, tranne quando vi sia la garanzia che il consumatore è stato validamente informato dei diritti conferitigli in tali circostanze dall’ordinamento nazionale.
58. In prosieguo si dovrà quindi accertare se il giudice nazionale debba attivarsi d’ufficio nel caso in cui il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recesso dal contratto.
3. Regola generale: assenza nel diritto comunitario di un obbligo generale di accertamento d’ufficio
59. Va sottolineato come in base al diritto comunitario non sussista un obbligo generale dei giudici nazionali di tener conto d’ufficio dei diritti conferiti ai singoli dall’ordinamento comunitario. Secondo una consolidata giurisprudenza, in mancanza di una specifica disciplina comunitaria, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità procedurali per garantire la salvaguardia dei diritti di cui gli amministrati godono ai sensi dell’ordinamento comunitario, in forza del principio dell’autonomia processuale degli Stati membri, a condizione, tuttavia, che tali modalità non siano meno favorevoli di quelle applicabili a situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) (53). Ogni caso in cui si ponga la questione se una norma processuale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti ai singoli dal diritto comunitario dev’essere esaminato tenendo conto del ruolo di tale norma nell’insieme del procedimento, nonché dello svolgimento e delle peculiarità di quest’ultimo dinanzi ai diversi giudici nazionali (54).
60. Dalla giurisprudenza emerge altresì che il principio di effettività non impone ai giudici nazionali l’obbligo di sollevare d’ufficio questioni o eccezioni fondate su una disposizione comunitaria, indipendentemente dall’importanza di quest’ultima per l’ordinamento giuridico comunitario, purché sia data alle parti la possibilità effettiva di dedurre un motivo fondato sul diritto comunitario dinanzi al giudice nazionale (55). Ciò si giustifica in base al principio secondo cui l’iniziativa del processo spetta alle parti e, di conseguenza, il giudice può agire d’ufficio solo in casi eccezionali, per il pubblico interesse (56).
61. La Corte ha però elaborato nella sua giurisprudenza un’eccezione a tale principio generale in relazione ad alcune direttive in materia di tutela dei consumatori – in riferimento prima alla direttiva 93/13, e poi anche alla direttiva 87/102 – ammettendo che in vista di tale tutela e della realizzazione delle finalità di tali direttive il giudice nazionale possa rilevare d’ufficio talune questioni (57).
62. Per tale motivo esaminerò qui di seguito il contenuto della giurisprudenza riguardante le direttive 93/13 e 87/102, per poi verificare se essa sia trasponibile per analogia alla direttiva 85/577.
4. Eccezione alla regola generale: la giurisprudenza relativa alle direttive 93/13 e 87/102
a) Giurisprudenza relativa alla direttiva 93/13
63. Per quanto riguarda la direttiva 93/13 vengono in rilievo le sentenze Océano Grupo (58), Cofidis (59) e Mostaza Claro (60).
64. Nella sentenza Océano Grupo la Corte ha sottolineato che il sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13 è fondato sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere negoziale sia il grado di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte dal professionista, senza poter incidere sul contenuto delle stesse (61). La Corte ha affermato che l’obiettivo perseguito dall’art. 6 della direttiva 93/13 – il quale obbliga gli Stati membri a prevedere che le clausole abusive non vincolino i consumatori – non potrebbe essere conseguito se questi ultimi fossero tenuti a eccepire essi stessi l’abusività di tali clausole (62). Essa ha sottolineato che esiste un rischio non trascurabile che, soprattutto per ignoranza, il consumatore non faccia valere il carattere abusivo della clausola oppostagli; pertanto, secondo la Corte, una tutela effettiva del consumatore può essere ottenuta solo se al giudice nazionale viene riconosciuta la facoltà di valutare d’ufficio tale clausola (63).
65. Nella sentenza Océano Grupo la Corte ha altresì evidenziato che la facoltà per il giudice di esaminare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola costituisce un mezzo idoneo tanto a realizzare l’obiettivo fissato dall’art. 6 della direttiva – che è quello di impedire che il consumatore sia vincolato da una clausola abusiva – quanto a contribuire al raggiungimento dell’obiettivo contemplato dall’art. 7 della medesima direttiva (64), dato che tale esame può avere un effetto dissuasivo e dunque concorrere a far cessare l’inserimento di clausole abusive nei contratti conclusi tra un professionista e i consumatori (65).
66. La Corte ha dunque statuito, nella medesima sentenza Océano Grupo, che la tutela assicurata ai consumatori dalla direttiva 93/13 comporta che il giudice nazionalepossa valutare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale (66).
67. Similmente, nella sentenza Cofidis la Corte ha sottolineato che la facoltà per il giudice di esaminare d’ufficio l’abusività di una clausola contrattuale è necessaria per garantire al consumatore una tutela effettiva, tenuto conto in particolare del rischio non trascurabile che questi ignori i suoi diritti o incontri difficoltà per esercitarli (67). La Corte ha così affermato in tale pronuncia che la direttiva 93/13 osta ad una normativa interna che, in un’azione promossa da un professionista nei confronti di un consumatore e basata su un contratto stipulato tra loro, vieti al giudice nazionale, alla scadenza di un termine di decadenza, di rilevare d’ufficio o a seguito di un’eccezione sollevata dal consumatore il carattere abusivo di una clausola inserita nel suddetto contratto (68).
68. I principi sopra indicati sono stati ribaditi dalla Corte nella sentenza Mostaza Claro, dove ha statuito che la direttiva 93/13 dev’essere interpretata nel senso che essa implica che un giudice nazionale chiamato a pronunciarsi sull’impugnazione di un lodo arbitrale rilevi la nullità dell’accordo arbitrale ed annulli il lodo, nel caso in cui ritenga che tale accordo contenga una clausola abusiva, anche qualora il consumatore non abbia fatto valere tale nullità nell’ambito del procedimento arbitrale, ma solo in quello per l’impugnazione del lodo (69).
b) Giurisprudenza relativa alla direttiva 87/102
69. Come sottolineato dalla Commissione, la Corte ha già trasposto la giurisprudenza elaborata nelle sentenze Océano Grupo, Cofidis e Mostaza Claro ad un’altra direttiva in materia di tutela dei consumatori, vale a dire la direttiva 87/102. Nella sentenza Rampion (70) la Corte ha dichiarato che la direttiva 87/102 dev’essere interpretata nel senso che consente al giudice nazionale di applicare d’ufficio le disposizioni che traspongono nel diritto interno l’art. 11, n. 2, della direttiva stessa (71). Tale disposizione della direttiva 87/102 stabilisce che, in presenza di determinati presupposti (72), il consumatore può procedere contro il finanziatore, e che gli Stati membri devono stabilire entro quali limiti e a quali condizioni il diritto è esercitabile.
70. Nella motivazione della sentenza Rampion la Corte ha chiarito che la direttiva 87/102 ha un duplice scopo, e precisamente, da un lato, di assicurare la realizzazione di un mercato comune del credito al consumo e, dall’altro, di proteggere i consumatori che ottengono tali crediti (73). La finalità dell’art. 11, n. 2, di tale direttiva è di conferire al consumatore taluni diritti nei confronti del finanziatore, che si aggiungono ai suoi normali diritti contrattuali nei riguardi di questi e del fornitore di beni o servizi (74). La Corte ha giudicato che tale finalità non potrebbe essere effettivamente perseguita se il consumatore si trovasse nell’obbligo di far valere lui stesso il diritto di agire in giudizio che gli spetta nei confronti del finanziatore, in particolare in ragione del rischio che egli ignori i propri diritti o incontri difficoltà per esercitarli (75).
5. Trasposizione della giurisprudenza riguardante la direttiva 93/13 e la direttiva 87/102 alla presente controversia
71. A mio avviso, la giurisprudenza sopra richiamata è trasponibile alla presente fattispecie, ma nel richiamarne i principi occorre assicurare che vengano applicati con gli opportuni adeguamenti e in modo non contrastante con le finalità e le specifiche disposizioni della direttiva 85/577.
72. Anzitutto, alla presente fattispecie può senza dubbio essere trasposta la ratio che ha ispirato la giurisprudenza suddetta, ovvero le motivazioni che hanno mosso la Corte a pronunciarsi in quei termini nelle sentenze citate. La giurisprudenza di cui alle sentenze Océano Grupo, Cofidis, Mostaza Claro e Rampion parte dal presupposto che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al commerciante (76) e che sussista il rischio che il detto consumatore ignori i propri diritti o incontri difficoltà per esercitarli (77). Anche il sistema istituito dalla direttiva 85/577 si fonda sul fatto che, nell’ambito del contratto, il consumatore è la parte più debole e deve dunque essergli garantita una tutela particolare, ciò che risulta in particolare dall’esigenza che egli sia informato per iscritto del suo diritto di recesso – presumendosi dunque che ignori tale diritto qualora non ne sia stato informato – nonché dall’obbligo per gli Stati membri di prevedere misure appropriate per il caso di mancato rilascio di tale informazione (78). Pertanto, l’obiettivo di un elevato livello di tutela dei consumatori è identico tanto nel caso delle direttive 93/13 o 87/102, quanto in quello della direttiva 85/577 (79). Tutti tali atti muovono dunque dal presupposto dell’esistenza di un rischio che il consumatore ignori i propri diritti. Tale disparità tra il consumatore e il commerciante può essere riequilibrata solo grazie a un intervento positivo da parte di soggetti estranei al rapporto contrattuale (80).
73. Inoltre, nel trasporre la giurisprudenza di cui sopra occorre operare una chiara distinzione tra ciò che il giudice nazionale accerta d’ufficio e la conseguenza di tale accertamento. Il punto essenziale della giurisprudenza relativa alla direttiva 93/13 consiste nel prevedere che il giudice nazionale accerti d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale, e non nella possibilità per il predetto di dichiarare che tale clausola non vincola il consumatore; quest’ultima è soltanto una conseguenza della constatazione del carattere abusivo della clausola (81). Anche agli effetti della direttiva 87/102 il giudice nazionale applica d’ufficio le disposizioni mediante le quali l’art. 11, n. 2, di quest’ultima è stato trasposto nell’ordinamento interno; tuttavia le conseguenze vengono stabilite da norme nazionali e possono variare da uno Stato membro all’altro. Per analogia con la distinzione tra accertamento d’ufficio e conseguenze di tale accertamento, appare ragionevole che nel contesto della direttiva 85/577 il giudice nazionale accerti d’ufficio se il consumatore sia stato informato del suo diritto di recedere dal contratto.
74. È chiaro che, a questo punto, sorge la questione relativa alle conseguenze della constatazione di un’eventuale omessa informazione. Il giudice del rinvio ritiene che in tal caso una misura appropriata per la tutela dei consumatori sia la nullità assoluta del contratto, in quanto misura più rigorosa della nullità relativa prevista dal diritto spagnolo. Tuttavia, si pone la questione se la nullità assoluta, quale conseguenza della mancata informazione al consumatore, costituisca una misura rispondente alle finalità della direttiva 85/577; occorre dunque stabilire – similmente a quanto effettuato in relazione alla nullità relativa – se la nullità assoluta del contratto accertata d’ufficio dal giudice nazionale costituisca una misura appropriata per la tutela dei consumatori ai sensi dell’art. 4, terzo comma, della detta direttiva.
75. Riguardo al carattere appropriato della nullità assoluta, desidero anzitutto istituire un parallelo tra il diritto del consumatore di recedere dal contratto ed il suo diritto di decidere in merito alla validità del contratto concluso in assenza dell’informazione suddetta. Dobbiamo tener conto del fatto che l’esercizio del diritto di recesso dal contratto concluso fuori dei locali commerciali è subordinato alla volontà del consumatore. L’art. 5, n. 1, della direttiva 85/577 stabilisce che «[i]l consumatore ha il diritto (82) di rescindere il proprio impegno (...)». L’essenza di tale disposizione consiste dunque nel fatto che è lo stesso consumatore a decidere se recedere o no dal contratto. Dall’art. 5, n. 2, della medesima direttiva risulta poi che il consumatore è liberato da tutte le obbligazioni derivanti dal contratto rescisso soltanto qualora abbia inviato alla controparte una comunicazione di recesso. Pertanto, affinché il consumatore non sia più vincolato al contratto, è necessaria una sua decisione seguita da un comportamento consistente nell’inviare alla controparte una comunicazione di recesso.
76. Il consumatore, così come deve avere la possibilità di esercitare egli stesso il proprio diritto di recesso, deve avere altresì la possibilità di decidere personalmente se mantenere in vita o no il contratto concluso in assenza dell’informazione suddetta. È possibile infatti che egli intenda confermare la validità di tale contratto sebbene non sia stato informato del suo diritto di recesso. Nella presente fattispecie, giusta le disposizioni del diritto spagnolo, se sarà accertata la nullità del contratto, il consumatore dovrà in linea di massima, in virtù del principio quod nullum est, nullum producit effectum (83), restituire al commerciante la merce ricevuta, ma avrà a sua volta diritto al rimborso del prezzo già pagato (84). È però possibile che ciò non si traduca in un vantaggio per il consumatore; al contrario, può accadere che la nullità di un simile contratto vada interamente a suo danno (85). Pertanto, volendo tutelare eccessivamente il consumatore, è possibile che invece gli arrechiamo un danno, come ben illustra il detto latino summum ius summa iniuria.
77. Oltre a ciò, è importante tener presente che, accettando l’ipotesi della nullità assoluta, compieremmo un ulteriore passo fuori dei confini tracciati dalla giurisprudenza relativa alla direttiva 93/13. Infatti, l’art. 6, n. 1, della direttiva 93/13 consente che «il contratto resti vincolante per le parti (...), sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive». Pertanto, nel contesto della direttiva 93/13 il giudice nazionale accerta d’ufficio unicamente se specifiche clausole del contratto abbiano carattere abusivo, ma questo rimane valido qualora la sua sussistenza sia possibile anche senza le clausole dichiarate abusive. Tuttavia, nella presente fattispecie il giudice del rinvio intende dichiarare la nullità dell’intero contratto, sicché in tal caso le conseguenze per quest’ultimo sarebbero più gravi di quelle scaturenti dalla direttiva 93/13.
78. Ritengo perciò che la nullità assoluta del contratto, dichiarata d’ufficio dal giudice nazionale in caso di mancata informazione al consumatore in merito al suo diritto di recesso, non costituisca una misura appropriata per la tutela dei consumatori nel senso di cui all’art. 4, terzo comma, della direttiva 85/577.
79. Di conseguenza, nel definire le conseguenze derivanti dalla constatazione del giudice nazionale relativa alla mancata informazione al consumatore in merito al suo diritto di recesso, è necessario ricercare, attraverso un’interpretazione teleologica, un’alternativa maggiormente confacente alla finalità della direttiva 85/577.
80. A mio avviso, la finalità perseguita dalla direttiva 85/577 può essere al meglio raggiunta prevedendo che il giudice nazionale, qualora accerti d’ufficio che il consumatore non è stato informato del diritto di recesso che gli spetta, porti quest’ultimo a conoscenza dei diritti conferitigli in tali circostanze dall’ordinamento nazionale. In tal modo, da un lato, si garantisce un’adeguata tutela del consumatore e, dall’altro, si consente a questi di decidere personalmente, in ossequio al principio di autonomia nell’ambito del diritto privato (86), se mantenere la validità del contratto nel caso in cui egli non sia stato informato in merito al proprio diritto di recesso.
81. Inoltre, mediante la soluzione che prevede che il giudice nazionale informi il consumatore dei diritti ad esso conferiti dall’ordinamento nazionale viene rispettato il diritto degli Stati membri, garantito dall’art. 4, terzo comma, della direttiva 85/577, di scegliere autonomamente le misure appropriate per il caso di mancata informazione al consumatore in merito al suo diritto di recesso dal contratto. Se al giudice nazionale fosse consentito dichiarare d’ufficio la nullità del contratto concluso in assenza di tale informazione, gli Stati membri sarebbero privati del margine di discrezionalità ad essi concesso dalla direttiva quanto alle conseguenze per i contratti affetti da tale vizio. Infatti, l’analisi comparatistica mostra che gli Stati membri, in sede di trasposizione dell’art. 4, terzo comma, della direttiva 85/577, hanno di fatto optato per misure di natura assai differente tra loro per il caso di mancata informazione al consumatore in merito al suo diritto di recesso. Tali soluzioni di vario tipo si lasciano sommariamente suddividere in due gruppi; a titolo illustrativo – e lasciando impregiudicata la questione se le misure di attuazione nazionali abbiano correttamente trasposto le disposizioni della direttiva 85/577 – menzionerò qui di seguito le soluzioni adottate da alcuni Stati membri.
82. Nel primo gruppo rientrano i paesi i cui ordinamenti giuridici, quale conseguenza per la mancata informazione al consumatore, prevedono la nullità del contratto (ad esempio il Belgio (87), il Lussemburgo (88), i Paesi Bassi (89) e la Spagna (90)) oppure l’inefficacia dello stesso nei confronti del consumatore (ad esempio la Finlandia (91)), ovvero stabiliscono l’impossibilità di chiederne a questi l’adempimento (ad esempio l’Irlanda (92) e il Regno Unito (93)). Nel secondo gruppo sono compresi i paesi nei quali, per effetto della mancata informazione al consumatore, viene prolungato il termine previsto per il recesso dal contratto (94) (ad esempio l’Austria (95), la Repubblica ceca (96), l’Italia (97), la Germania (98) e la Slovenia (99)). Merita ricordare altresì che alcuni Stati, accanto alle sanzioni principali per la mancata informazione – ad esempio la nullità del contratto o il prolungamento del termine di recesso –, prevedono anche una sanzione pecuniaria (è il caso del Belgio (100) e dell’Italia (101)). Faccio poi presente che, in una prospettiva de lege ferenda, tale questione verrà forse risolta in maniera unitaria dalla Direttiva sui diritti dei consumatori, la quale si trova attualmente ancora in fase di proposta (102) e stabilisce che, in caso di mancata informazione al consumatore in merito al suo diritto di recedere dal contratto, il periodo di recesso scade tre mesi dopo che il commerciante abbia adempiuto pienamente ai suoi altri obblighi contrattuali (103).
83. Resta da verificare se le disposizioni della direttiva 85/577 costituiscano norme di ordine pubblico. Nella sentenza Mostaza Claro (104) la Corte ha implicitamente già qualificato le disposizioni della direttiva 93/13 come idonee a costituire parte dell’ordine pubblico (105), evidenziando in tale sede, segnatamente, il fatto che l’art. 6, n. 1, di tale direttiva ha natura di norma imperativa. Anche per quanto riguarda la direttiva 85/577 possiamo affermare che il suo art. 4 – il quale impone al commerciante l’obbligo di informare per iscritto il consumatore in merito al suo diritto di recedere dal contratto – costituisce una norma imperativa, la quale, in considerazione della posizione di inferiorità di una delle parti del contratto, mira a sostituire all’equilibrio formale fra i diritti e gli obblighi delle parti contraenti un effettivo equilibrio tra queste ultime. Come già sottolineato dalla Corte nella sentenza Mostaza Claro in riferimento alla direttiva 93/13, possiamo constatare anche in relazione alla direttiva 85/577 che questa, mirando a rafforzare la tutela dei consumatori ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. t), CE, costituisce uno strumento indispensabile per l’adempimento dei compiti affidati alla Comunità e, in particolare, per l’innalzamento del livello e della qualità della vita al suo interno (106).
84. Quand’anche la Corte non condividesse l’argomentazione di cui al paragrafo precedente relativa all’ordine pubblico, mi preme sottolineare che nelle sentenze Océano Grupo e Cofidis essa non ha fatto riferimento, per giustificare l’intervento d’ufficio dei giudici nazionali, all’ordine pubblico, bensì unicamente alla tutela effettiva del consumatore, la quale, in considerazione del rischio che questi ignori i propri diritti, può essere ottenuta soltanto riconoscendo ai giudici nazionali un potere di intervento d’ufficio (107). Anche nella presente fattispecie occorre senz’altro garantire una tutela effettiva dei consumatori, sicché tale esigenza può a mio avviso essere sufficiente per giustificare l’intervento d’ufficio del giudice nazionale, senza necessità di aderire agli argomenti riguardanti l’ordine pubblico.
85. A mio avviso, la soluzione che prevede che il giudice nazionale, una volta accertata d’ufficio la mancata informazione al consumatore in merito al suo diritto di recesso, porti quest’ultimo a conoscenza dei diritti conferitigli in tali circostanze dall’ordinamento nazionale, non contrasta neppure con le statuizioni della Corte nella sentenza Hamilton (108). In tale pronuncia – avente ad oggetto la questione se costituisca una misura appropriata per la tutela dei consumatori una norma in forza della quale il diritto di recesso del consumatore si estingue dopo un mese dal pieno adempimento, ad opera di entrambe le parti, degli obblighi derivanti da un contratto di mutuo a lungo termine – la Corte ha sottolineato che il termine «appropriate», impiegato all’art. 4, terzo comma, della direttiva 85/577, mostra che le misure cui esso si riferisce non mirano ad una tutela assoluta dei consumatori (109), ed ha evidenziato altresì che tanto l’economia generale quanto il tenore letterale di varie disposizioni della detta direttiva indicano che tale tutela è soggetta ad alcuni limiti (110). Va però tenuto presente che tali limiti riguardano la particolare situazione di fatto che veniva in questione nella causa suddetta, nella quale gli obblighi derivanti dal contratto erano stati interamente adempiuti da entrambe le parti (111).
86. Tuttavia, dalla descrizione dei fatti della causa principale, quale fornita nell’ordinanza di rinvio, risulta che le obbligazioni del contratto non sono ancora state interamente adempiute. La merce acquistata è stata consegnata al consumatore, e del prezzo di acquisto, ammontante complessivamente a EUR 1 909, egli ha versato EUR 47,48, cioè una minima parte. Il commerciante ha avviato un procedimento nei confronti del consumatore a motivo dell’incompleto adempimento dell’obbligazione a questi incombente in forza del contratto. Pertanto, nella presente causa non vengono in questione le limitazioni alla tutela dei consumatori introdotte dalla Corte con la sentenza Hamilton, dal momento che gli obblighi derivanti dal contratto non sono ancora stati interamente adempiuti da entrambe le parti.
6. Configurabilità del potere di intervento ex officio del giudice nazionale come facoltà oppure come obbligo
87. Sebbene la questione sollevata dal giudice del rinvio non miri a stabilire se egli, in forza dell’art. 4 della direttiva 85/577, abbia l’obbligo di attivarsi d’ufficio qualora il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recesso o se invece la norma suddetta gli consenta tale intervento, si rende necessario chiarire se nella presente fattispecie si configuri in capo al giudice nazionale una facoltà oppure un obbligo di procedere a tale intervento d’ufficio. Ciò assume particolare importanza per il fatto che nella presente causa la Commissione sostiene la tesi secondo cui i giudici nazionali hanno, in una fattispecie quale quella in esame, l’obbligo di attivarsi d’ufficio (112), mentre il governo austriaco afferma l’insussistenza di tale obbligo (113).
88. Mi preme anzitutto sottolineare che la questione sollevata dal giudice del rinvio va intesa nel contesto dell’ordinamento giuridico spagnolo. Il diritto spagnolo, infatti, non consente al giudice del rinvio, in una fattispecie quale quella presente, di attivarsi d’ufficio, motivo per cui il detto giudice chiede se tale intervento d’ufficio gli sia consentito in virtù del diritto comunitario (114). Dalla formulazione della questione pregiudiziale appare in realtà chiaramente che il giudice del rinvio tenta di trovare nel diritto comunitario un fondamento giuridico per un suo intervento d’ufficio.
89. Va inoltre sottolineato, a titolo di raffronto, che nella sentenza Océano Grupo (115) la Corte ha statuito, in riferimento alla direttiva 93/13, che il giudice nazionale può valutare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale. Analogamente, nella sentenza Cofidis la Corte ha parlato di facoltà (116) del giudice nazionale di procedere a tale valutazione d’ufficio. La Corte si è poi spinta un passo più in là nella sentenza Mostaza Claro, dove ha affermato che il giudice nazionale deve valutare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale (117).
90. Anche nella presente fattispecie sussiste a mio avviso un obbligo del giudice nazionale di intervenire d’ufficio, poiché solo così è possibile garantire l’effettiva tutela dei consumatori perseguita dalla direttiva 85/577 (118). Se tale valutazione fosse rimessa alla discrezionalità dei giudici nazionali, non sarebbe chiaro sulla base di quali criteri i giudici interverrebbero d’ufficio in alcuni casi, astenendosene in altri. L’obbligo di intervento d’ufficio dei giudici nazionali è importante anche a motivo del fatto che un simile intervento sistematicamente attuato produrrà un effetto dissuasivo, scoraggiando i commercianti dall’omettere l’informazione al consumatore relativa al suo diritto di recesso dal contratto (119).
91. A mio avviso, i giudici nazionali hanno dunque l’obbligo, e non solo la facoltà, di verificare d’ufficio se il consumatore sia stato informato del suo diritto di recedere dal contratto e, in caso negativo, di portarlo a conoscenza dei diritti a lui conferiti in tali circostanze dall’ordinamento nazionale.
C – Conclusione
92. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, ritengo che la questione pregiudiziale sollevata debba essere risolta statuendo che l’art. 153 CE, letto in combinato disposto con l’art. 3, n. 1, lett. t), CE e con l’art. 4, terzo comma, della direttiva 85/577, va interpretato nel senso che esso, in circostanze quali quelle di cui alla causa principale, non consente al giudice nazionale di dichiarare d’ufficio la nullità del contratto nel caso in cui il consumatore non l’abbia dedotta nel corso del procedimento dinanzi a tale giudice; tuttavia, il giudice nazionale deve accertare d’ufficio se il consumatore sia stato informato del suo diritto di recedere dal contratto e, in caso negativo, portarlo a conoscenza dei diritti conferitigli in tali circostanze dall’ordinamento nazionale.
VII – Conclusione
93. Tenuto conto di quanto sopra esposto, propongo alla Corte di risolvere la questione pregiudiziale sollevata dall’Audiencia Provincial de Salamanca statuendo quanto segue:
L’art. 153 CE, letto in combinato disposto con l’art. 3, n. 1, lett. t), CE e con l’art. 4, terzo comma, della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, va interpretato nel senso che esso, in circostanze quali quelle di cui alla causa principale, non consente al giudice nazionale di dichiarare d’ufficio la nullità del contratto nel caso in cui il consumatore non l’abbia dedotta nel corso del procedimento dinanzi a tale giudice; tuttavia, il giudice nazionale deve accertare d’ufficio se il consumatore sia stato informato del suo diritto di recedere dal contratto e, in caso negativo, portarlo a conoscenza dei diritti conferitigli in tali circostanze dall’ordinamento nazionale.
1 – Lingua originale: lo sloveno.
2 – GU L 372 del 31.12.1985, pag. 31.
3 – Riguardo alle nozioni di «preklic» [letteralmente: «revoca» – NdT] e «odstop» [letteralmente: «recesso» – NdT], faccio presente che la direttiva 85/577 utilizza due espressioni, e precisamente: all’art. 4, primo comma, afferma che il consumatore ha una «pravic[a] do preklica» [letteralmente: «diritto di revoca»; nella versione italiana della direttiva: «diritto di rescindere il contratto» – NdT] («droit de résiliation/résilier», «Widerrufsrecht», «right of cancellation», «derecho de rescisión/a rescindir»), mentre all’art. 5, n. 1, stabilisce che il consumatore ha una «pravic[a], da odstopi od pogodbe» [letteralmente: «diritto di recedere dal contratto»; nella versione italiana della direttiva: «diritto di rescindere il proprio impegno» – NdT] («droit de renoncer aux effets de son engagement», «das Recht, von der eingegangenen Verpflichtung zurückzutreten», «right to renounce the effects of his undertaking», «derecho de renunciar a los efectos de su compromiso»). Per quanto riguarda la versione tedesca della direttiva 85/577, segnalo che al quarto ‘considerando’ viene impiegata la stessa espressione che all’art. 5, n. 1 [«das Recht, (…) zurückzutreten»]. L’esame comparatistico degli istituti giuridici del «preklic» e dell’«odstop» eccederebbe i limiti dell’analisi svolta nelle presenti conclusioni, in quanto gli effetti giuridici di tali due istituti sono determinati dagli ordinamenti dei singoli Stati membri; mi limito a segnalare che nelle presenti conclusioni non utilizzo entrambe le espressioni, bensì solo quella di «odstop od pogodbe» [«recesso dal contratto»].
4 – Nota riguardante unicamente la versione slovena delle presenti conclusioni: [omissis].
5 – La Carta è stata solennemente proclamata il 7 dicembre 2000 a Nizza (GU C 364 del 18.12.2000, pag. 1); tale solenne proclamazione è stata ripetuta il 12 dicembre 2007 a Strasburgo (GU C 303 del 14.12.2007, pag. 1).
6 – Ley 26/1991, de 21 de noviembre, sobre contratos celebrados fuera de los establecimientos mercantiles, Boletín Oficial del Estado (BOE del 26.11.1991, pag. 283/1991.
7 – La legge n. 26/1991 utilizza il termine «revocación».
8 – Occorre precisare che nel contratto viene menzionato quale acquirente il sig. Juan Caballo Bueno, convivente more uxorio della sig.ra Eva Martín Martín, ma la sottoscrizione è stata apposta da quest’ultima. Nell’intera procedura svoltasi dinanzi ai giudici spagnoli questi hanno considerato quale unica parte contrattuale la sig.ra Eva Martín Martín.
9 – La EDP sostiene che nella presente fattispecie trova applicazione il regio decreto 16 novembre 2007 (Real Decreto Legislativo 1/2007, de 16 de noviembre), che ha abrogato la legge n. 26/1991. Tuttavia, come chiarito dal governo spagnolo (v. nota 11 delle presenti conclusioni), nella causa in esame la disciplina pertinente è quella dettata dalla legge n. 26/1991, vigente all’epoca dei fatti.
10 – In tale contesto la EDP rinvia alla sentenza della Corte 14 dicembre 1995, causa C‑312/93, Peterbroeck (Racc. pag. I‑4599, punto 14).
11 – Il governo spagnolo afferma anche che la legge n. 26/1991, sebbene sia stata sostituita dal regio decreto 16 novembre 2007, n. 1/2007 (Real Decreto Legislativo 1/2007, de 16 de noviembre), era ancora vigente nell’ordinamento spagnolo all’epoca dei fatti.
12 – GU L 95 del 21.4.1993, pag. 29.
13 – Sentenza 27 giugno 2000, cause riunite da C‑240/98 a C‑244/98, Océano Grupo e Salvat Editores (Racc. pag. I-4941).
14 – Sentenza 21 novembre 2002, causa C‑473/00, Cofidis (Racc. pag. I‑10875).
15 – Sentenza 26 ottobre 2006, causa C‑168/05, Mostaza Claro (Racc. pag. I‑10421).
16 – Sul punto il governo austriaco rinvia alle sentenze 16 dicembre 1976, causa 33/76, Rewe (Racc. pag. 1989, punto 5), e 13 marzo 2007, causa C‑432/05, Unibet (Racc. pag. I‑2271, punto 39).
17 – In proposito il governo austriaco fa riferimento alla sentenza 13 dicembre 2001, causa C‑481/99, Heininger (Racc. pag. I‑9945).
18 – In proposito la Commissione rinvia alle sentenze 14 dicembre 1995, cause riunite C‑430/93 e C‑431/93, van Schijndel e van Veen (Racc. pag. I‑4705, punto 17); 9 dicembre 2003, causa C‑129/00, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑14637, punto 25); 7 giugno 2006, cause riunite da C‑222/05 a C‑225/05, van der Weerd e a. (Racc. pag. I‑4233, punto 28), e Mostaza Claro (cit. alla nota 15, punto 24).
19 – Sul punto la Commissione rinvia alle sentenze van Schijndel (punto 21) e van der Weerd (punto 35), citate alla nota 18.
20 – Al riguardo la Commissione cita le sentenze Océano Grupo (cit. alla nota 13, punto 28), Cofidis (cit. alla nota 14, punto 32) e Mostaza Claro (cit. alla nota 15, punto 27).
21 – GU L 42 del 12.2.1987, pag. 48. Faccio presente che tale direttiva è stata abrogata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 aprile 2008, 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE (GU L 133 del 22.5.2008, pag. 66).
22 – La Commissione rinvia a tal fine alla sentenza 4 ottobre 2007, causa C‑429/05, Rampion (Racc. pag. I‑8017).
23 – V. sentenze Heininger (cit. alla nota 17); 25 ottobre 2005, causa C‑350/03, Schulte (Racc. pag. I‑9215); 25 ottobre 2005, causa C‑229/04, Crailsheimer Volksbank (Racc. pag. I‑9273), e 10 aprile 2008, causa C‑412/06, Hamilton (non ancora pubblicata nella Raccolta).
24 – V. in tal senso ordinanze 6 ottobre 2005, causa C‑328/04, Vajnai (Racc. pag. I‑8577, punto 13), e 16 gennaio 2008, causa C‑361/07, Polier (Racc. pag. I‑6, punto 11).
25 – V., ad esempio, le conclusioni presentate dall\'avvocato generale Poiares Maduro il 9 settembre 2008 nella causa C‑465/07, Elgafaji (non ancora pubblicate nella Raccolta, paragrafi 21 e 23); quelle da me presentate in data 11 settembre 2008 nella causa C‑308/07 P, Gorostiaga (non ancora pubblicate nella Raccolta, paragrafi 56, 91 e 92); le conclusioni presentate dall\'avvocato generale Mengozzi il 21 gennaio 2009 nella causa C‑12/08, Mono Car Styling (non ancora pubblicate nella Raccolta, paragrafi 49, 83, 95 e 97), nonché quelle presentate dall\'avvocato generale Kokott il 22 gennaio 2009 nella causa C‑75/08, Mellor (non ancora pubblicate nella Raccolta, paragrafi 24, 25 e 33).
26 – V. sentenza 13 marzo 2007, causa C‑432/05, Unibet (Racc. pag. I‑2271, punto 37).
27 – V. ad esempio sentenze 12 dicembre 1990, causa C‑241/99, SARPP (Racc. pag. I‑4695, punto 8); 4 marzo 1999, causa C‑87/97, Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola (Racc. pag. I-1301, punto 16); 7 settembre 2004, causa C‑456/02, Trojani (Racc. pag. I‑7573, punto 38); 12 maggio 2005, causa C‑452/03, RAL (Channel Islands) e a. (Racc. pag. I‑3947, punto 25), e 22 dicembre 2008, causa C‑336/07, Kabel Deutschland (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 47).
28 – In tal senso si esprime anche il documento della Commissione europea Discussion paper on the Review of Directive 85/577/EEC to protect the consumer in respect of contracts negotiated away from business premises (Doorstep Selling Directive), consultabile alla pagina Internet http://ec.europa.eu/consumers/cons_int/safe_shop/door_sell/doorstepselling_discussionpaper.pdf, pag. 9. In dottrina v. anche Ehricke, U., «L’extension au contrat d’acquisition du bien immobilier des effets juridiques de la révocation d’un contrat de crédit immobilier en application de la directive 85/577/CEE sur le démarchage à domicile. Réflexions sur les limites des principes d’interprétation conforme et d’effet utile des directives», in Revue Européenne de Droit Bancaire et Financier (EUREDIA), n. 1/2004, pag. 163, il quale sottolinea che la direttiva 85/577 conferisce agli Stati membri un\'ampia discrezionalità quanto alla trasposizione delle sue disposizioni nel diritto nazionale.
29 – V., ad esempio, van Gerven, W., Verbintenissenrecht, 2ª ed., Acco, Lovanio, 2006, pagg. 146 e segg., il quale precisa che il diritto belga distingue tra nullità assoluta e nullità relativa.
30 – V., ad esempio, Flour, J., Aubert, J.-L., e Savaux, É., Les obligations. 1. Acte juridique, 12ª ed., Sirey, Parigi, 2006, pag. 259, punto 324.
31 – In base al diritto austriaco l’annullabilità è prevista per il caso in cui il contratto sia stato concluso con dolo o violenza; v. Rummel, P., in Rummel, P., Kommentar zum Allgemeinen bürgerlichen Gesetzbuch, Manz, Vienna, 2000, commento all’art. 870, pag. 1321, punto 1. La nullità è invece prevista, ai sensi dell’art. 879 dell’Allgemeines bürgerliches Gesetzbuch, qualora il contratto violi un divieto sancito dalla legge o si ponga in contrasto con i buoni costumi. Si deve precisare che, ciononostante, la dottrina austriaca distingue ulteriormente, nell’ambito della nullità, tra nullità assoluta, che può essere fatta valere da chiunque e che può essere rilevata d’ufficio dai giudici, e nullità relativa, che può essere fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse è riconosciuta. Al riguardo v. Krejci, H., in Rummel, P., Kommentar zum Allgemeinen bürgerlichen Gesetzbuch, Manz, Vienna, 2000, commento all’art. 879, pag. 1447, punti 247‑249.
32 – V., ad esempio, Larenz, K., e Wolf, M., Allgemeiner Teil des Bürgerlichen Gesetzbuchs, 9ª ed., Beck, Monaco di Baviera, 2004, pag. 796, punti 4 e segg. (in merito alla nullità), e pag. 800, punti 21 e segg. (in merito all’annullabilità).
33 – V., ad esempio, Hijma, J., Bijzondere overeenkomsten, 1ª parte, 7ª ed., Kluwer, Deventer, 2007, pag. 224, punto 218; Hartkamp, A. S., Verbintenissenrecht, 2ª parte, 12ª ed., Kluwer, Deventer, 2005, pag. 484, punto 459.
34 – V., ad esempio, Polajnar Pavčnik, A., in Juhart, M., e Plavšak, N. (a cura di), Obligacijski zakonik s komentarjem, 1° vol., GV založba, Lubiana, 2003, commento all’art. 86, pagg. 506 e segg. (riguardo alla nullità), e commento all’art. 94, pagg. 524 e segg. (riguardo all’annullabilità).
35 – V. Moreno Gil, Ó., Código civil y jurisprudencia concordada, Boletín oficial del estado, Madrid, 2006, pag. 1430, commento all’art. 1.300, punti 4.399 e 4.407. Cfr., per il diritto francese, ad esempio Flour, J., e a., op. cit. alla nota 30, pag. 259, punto 325; per il diritto belga, cfr. ad esempio Cornelis, L., Algemene theorie van de verbintenis, Intersentia, Anversa/Groningen, 2000, pag. 676, punto 539.
36 – V. Moreno Gil, Ó., op. cit. alla nota 35, pag. 1430, commento all’art. 1.300, punto 4.399. Cfr., quanto al diritto francese, Flour, J., e a., op. cit. alla nota 30, pag. 260, punto 325, e pag. 262, punto 328; per il diritto belga, v. van Gerven, W., Verbintenissenrecht, 2ª ed., Acco, Lovanio, 2006, pag. 147.
37 – V. Moreno Gil, Ó., op. cit. alla nota 35, pag. 1430, commento all’art. 1.300, punti 4.399 e 4.407. Cfr., per il diritto francese, Flour, J., e a., op. cit. alla nota 30, pag. 260, punto 326; per il diritto belga v., ad esempio, van Gerven, W., Verbintenissenrecht, 2ª ed., Acco, Lovanio, 2006, pag. 147.
38 – V., quanto al diritto tedesco, ad esempio Larenz, K., e Wolf, M., op. cit. alla nota 32, pag. 796, punto 2, dove vengono menzionate, quali esempi di cause di nullità, la violazione di una forma prescritta e l’inosservanza di divieti stabiliti ex lege o dei buoni costumi, mentre vengono indicati, quali esempi di cause di annullabilità, l’errore ed il dolo. Cfr., per il diritto olandese, Hartkamp, A. S., op. cit. alla nota 33, pagg. 484 e segg., punti 459 e 460; per il diritto sloveno, v. Polajnar Pavčnik, A., op. cit. alla nota 34; quanto alla nullità, commento all’art. 86 (pagg. 506 e segg.), quanto all’annullabilità, commento agli artt. 524 e segg.
39 – Per il diritto tedesco v., ad esempio, Larenz, K., op. cit. alla nota 32, pag. 797, punto 5; per il diritto olandese v. Hartkamp, A. S., op. cit. alla nota 33, pag. 485; in merito alla rilevabilità d’ufficio della nullità, v. punto 459, mentre per l’azione di annullamento v. punto 460; per il diritto sloveno v. Polajnar Pavčnik, A., op. cit. alla nota 34; in merito alla rilevabilità d’ufficio della nullità, v. commento all’art. 92 (pagg. 50 e segg.); per l’azione di annullamento, v. commento all’art. 95 (pagg. 527 e segg.).
40 – Von Bar, C., e a. (a cura di), Principles, Definitions and Model Rules of European Private Law, Draft Common Frame of Reference (DCFR). Interim Outline Edition; prepared by the Study Group on a European Civil Code and the Research Group on EC Private Law (Acquis Group), Sellier, European Law Publishers, Monaco di Baviera, 2008.
41 – Il testo originario dell’art. II.-7:301 (Contracts infringing fundamental principles) è il seguente: «A contract is void to the extent that: (a) it infringes a principle recognised as fundamental in the laws of the Member States of the European Union; and (b) nullity is required to give effect to that principle».
42 – V. ad esempio il paragrafo 1 dell’art. II.-7:201 (Mistake), che nella versione originale recita: «A party may avoid a contract for mistake of fact or law existing when the contract was concluded if: (a) the party, but for the mistake, would not have concluded the contract or would have done so only on fundamentally different terms and the other party knew or could reasonably be expected to have known this; and (b) the other party; (i) caused the mistake; (ii) caused the contract to be concluded in mistake by leaving the mistaken party in error, contrary to good faith and fair dealing, when the other party knew or could reasonably be expected to have known of the mistake; (iii) caused the contract to be concluded in mistake by failing to comply with a pre-contractual information duty or a duty to make available a means of correcting input errors; or (iv) made the same mistake».
43 – V. ad esempio il paragrafo 1 dell’art. II.-7:205 (Fraud), che nella versione originale recita: «A party may avoid a contract when the other party has induced the conclusion of the contract by fraudulent misrepresentation, whether by words or conduct, or fraudulent non-disclosure of any information which good faith and fair dealing, or any pre-contractual information duty, required that party to disclose».
44 – V. ad esempio il paragrafo 1 dell’art. II.-7:206 (Coercion or threats), che nella versione originale recita: «A party may avoid a contract when the other party has induced the conclusion of the contract by coercion or by the threat of an imminent and serious harm which it is wrongful to inflict, or wrongful to use as a means to obtain the conclusion of the contract».
45 – La Corte ha ad esempio sottolineato, nella sentenza 25 ottobre 2005, causa C‑229/04, Crailsheimer Volksbank (Racc. pag. I‑9273, punto 43), che l’obiettivo della direttiva è quello di tutelare il consumatore contro l’elemento di sorpresa inerente alla vendita a domicilio. L’elemento della sorpresa viene evidenziato anche da Martín Briceño, M. del R., La Directiva 85/577, de 20 de diciembre, referente a la protección de los consumidores en el caso de contratos negociados fuera de los establecimientos comerciales, La armonización legislativa de la Unión Europea, Dykinson, Madrid, 1999, pag. 162.
46 – V. ad esempio Martín Briceño, op. cit. alla nota 45, pag. 162; Habersack, M., «The Doorstep Selling Directive and Mortgage Loan Contracts», in European Business Law Review, n. 6/2000, pag. 394.
47 – Tale espressione relativa al periodo di riflessione viene utilizzata da Manes, P., «Il diritto di pentimento nei contratti dei consumatori dalla legislazione francese alla normativa italiana in attuazione della direttiva 85/577», in Contratto e impresa. Europa, n. 2/1996, pag. 696.
48 – In dottrina v. ad esempio Habersack, op. cit. alla nota 46, pag. 394. Mankowski, P., «Die gemeinschaftsrechtliche Kontrolle von Erlöschenstatbeständen für verbraucherschützende Widerrufsrechte», in Juristenzeitung, n. 23/2008, pag. 1143, sottolinea che il diritto di recesso rappresenta in realtà l’unico strumento approntato dalla direttiva 85/577 per la tutela del consumatore e che qualsiasi limitazione del diritto suddetto porta necessariamente ad una menomazione di tale tutela.
49 – V. l’art. 6 della direttiva 85/577, ai sensi del quale il consumatore non può rinunciare ai diritti conferitigli a norma di tale direttiva.
50 – Il periodo di ripensamento successivo alla conclusione del contratto viene spesso denominato «cooling off period» (letteralmente: «periodo di raffreddamento»). V. ad esempio il Libro verde sulla revisione dell\'acquis relativo ai consumatori (presentato dalla Commissione europea), COM(2006) 744 def., pag. 10 della versione inglese, nonché il documento di discussione della Commissione europea Discussion paper on the Review of Directive 85/577/EEC to protect the consumer in respect of contracts negotiated away from business premises (Doorstep Selling Directive), consultabile alla pagina Internet http://ec.europa.eu/consumers/cons_int/safe_shop/door_sell/doorstepselling_discussionpaper.pdf, pag. 10.
51 – Aggiungo che in tal modo la direttiva 85/577 impone al commerciante una particolare responsabilità, in quanto l’esercizio dei diritti del consumatore dipende dall’informazione fornita dal commerciante medesimo. Al riguardo v. le conclusioni presentate dall’avvocato generale Léger il 12 luglio 2001 nella causa C‑481/99, Heininger (Racc. pag. I‑9945, paragrafo 60).
52 – V. sentenza Heininger (cit. alla nota 17, punto 45). V. anche sentenza Hamilton (cit. alla nota 23, punto 33), nonché le conclusioni presentate dall’avvocato generale Léger il 12 luglio 2001 nella causa C‑481/99, Heininger (Racc. pag. I‑9945, paragrafo 60). In dottrina v., ad esempio, Rudisch, B., «Das “Heininger”‑Urteil des EuGH vom 13.12.2001, Rs C‑481/99: Meilenstein oder Stolperstein für den Verbraucherschutz bei Realkrediten?», in Eccher, B., Nemeth, K., e Tangl, A. (a cura di), Verbraucherschutz in Europa. Festgabe für em. o. Univ.-Prof. Dr. Heinrich Mayrhofer, Verlag Österreich, Vienna, 2002, pag. 202.
53 – V. in tal senso sentenze Peterbroeck (cit. alla nota 10, punto 12) e van Schijndel (cit. alla nota 18, punto 17); 16 maggio 2000, causa C‑78/98, Presdon e a. (Racc. pag. I‑3201, punto 31); 9 dicembre 2003, causa C‑129/00, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑14637, punto 25); van der Weerd (cit. alla nota 18, punto 28) e Mostaza Claro (cit. alla nota 15, punto 24).
54 – V. sentenze Peterbroeck (cit. alla nota 10, punto 14), van Schijndel (cit. alla nota 18, punto 19) e van der Weerd (cit. alla nota 18, punto 33).
55 – V. sentenza van der Weerd (cit. alla nota 18, punto 41); v. in tal senso anche la sentenza van Schijndel (cit. alla nota 18, punto 22). In dottrina v. ad esempio Lenaerts, K., Arts, D., e Maselis, I., Procedural Law of the European Union, 2ª ed., Sweet & Maxwell, Londra, 2006, pag. 104, punto 3-035; Simon, D., «Modalités du relevé d’office», in Europe – Revue mensuelle LexisNexis JurisClasseur, agosto‑settembre 2007, pag. 12; Jans, J. H., e Marseille, A. T., «Joined Cases C‑222–225/05, Van der Weerd and others v. Minister van Landbouw, Natuur en Voedselkwaliteit, Judgment of the Court (Fourth Chamber) of 7 June 2007, [2007] ECR I-4233», in Common Market Law Review, n. 3/2008, pagg. 858 e 859.
56 – V. sentenze van Schijndel (cit. alla nota 18, punto 21) e van der Weerd (cit. alla nota 18, punto 35).
57 – Segnalo che la Corte ha ammesso un’eccezione al suddetto principio generale anche in altri casi, ad esempio nella sentenza Peterbroeck (cit. alla nota 10), nella quale ha statuito che il diritto comunitario osta all’applicazione di una norma processuale nazionale che vieti al giudice nazionale di valutare d’ufficio la compatibilità di un provvedimento di diritto nazionale con una disposizione comunitaria quando quest’ultima non sia stata invocata dal singolo entro un determinato termine. Lo stesso vale per l’applicazione di disposizioni nel settore del diritto comunitario della concorrenza; v. sentenze 1° giugno 1999, causa C‑126/97, Eco Swiss (Racc. pag. I‑3055, punto 40), e 13 luglio 2006, cause riunite da C‑295/04 a C‑298/04, Manfredi e a. (Racc. pag. I‑6619, punto 31).
58 – V. sentenza Océano Grupo (cit. alla nota 13).
59 – V. sentenza Cofidis (cit. alla nota 14).
60 – V. sentenza Mostaza Claro (cit. alla nota 15).
61 – V. sentenza Océano Grupo (cit. alla nota 13, punto 25).
62 – Ibidem (punto 26).
63 – Ibidem (punto 26). Ciò è stato successivamente ribadito dalla Corte nelle sentenze Cofidis (cit. alla nota 14, punto 33) e Mostaza Claro (cit. alla nota 15, punto 28).
64 – L’art. 7 della direttiva 93/13 stabilisce, al paragrafo 1, che gli Stati membri «provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l\'inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori», e, al paragrafo 2, che tali mezzi «comprendono disposizioni che permettano a persone o organizzazioni, che a norma del diritto nazionale abbiano un interesse legittimo a tutelare i consumatori, di adire, a seconda del diritto nazionale, le autorità giudiziarie o gli organi amministrativi competenti affinché stabiliscano se le clausole contrattuali (...) abbiano carattere abusivo (...)». La finalità dell’art. 7 è dunque quella di consentire di assicurare la tutela dei consumatori anche per il tramite di soggetti che non sono le parti del contratto.
65 – V. sentenza Océano Grupo (cit. alla nota 13, punto 28). La Corte ha successivamente ribadito tale posizione nelle sentenze Cofidis (cit. alla nota 14, punto 32) e Mostaza Claro (cit. alla nota 15, punto 27).
66 – V. sentenza Océano Grupo (cit. alla nota 13, punto 1 del dispositivo).
67 – V. sentenza Cofidis (cit. alla nota 14, punto 33).
68 – V. sentenza Cofidis (cit. alla nota 14, punto 38 e dispositivo).
69 – V. sentenza Mostaza Claro (cit. alla nota 15, punto 39 e dispositivo).
70 – V. sentenza Rampion (cit. alla nota 22).
71 – Ibidem (punto 69 e dispositivo).
72 – Nell’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102 vengono enumerate le seguenti condizioni: «Quando: a) per l’acquisto di beni o la fornitura di servizi il consumatore conclude un contratto di credito con una persona diversa dal fornitore, e b) tra il [finanziatore] e il fornitore dei beni o dei servizi esiste un precedente accordo in base al quale il credito è messo esclusivamente da quel [finanziatore] a disposizione dei clienti di quel fornitore per l’acquisto di merci o di servizi di tale fornitore, e c) il consumatore di cui alla lettera a) ottiene il credito in conformità al precedente accordo, e d) i beni o i servizi considerati dal contratto di credito non sono forniti o sono forniti soltanto in parte, o non sono conformi al relativo contratto di fornitura, e) il consumatore ha proceduto contro il fornitore, ma non ha ottenuto la soddisfazione cui aveva diritto».
73 – V. sentenza Rampion (cit. alla nota 22, punto 59).
74 – Ibidem (punto 64).
75 – Ibidem (punto 65).
76 – La posizione di inferiorità del consumatore rispetto al venditore viene evidenziata ad esempio nelle sentenze Océano Grupo (cit. alla nota 13, punto 25) e Mostaza Claro (cit. alla nota 15, punto 26).
77 – V. sentenze Océano Grupo (cit. alla nota 13, punto 26), Cofidis (cit. alla nota 14, punto 33), Mostaza Claro (cit. alla nota 15, punto 28) e Rampion (cit. alla nota 22, punto 65).
78 – La Corte ha sottolineato che la finalità principale della direttiva 85/577 è di tutelare il consumatore contro il rischio derivante dalle circostanze inerenti alla stipulazione di un contratto fuori dei locali commerciali, e che tale tutela del consumatore viene realizzata con l\'istituzione di un diritto di recesso; v. sentenze Heininger (cit. alla nota 17, punto 38) e 25 ottobre 2005, causa C‑350/03, Schulte (Racc. pag. I‑9215, punto 66). V. anche sentenza Hamilton (cit. alla nota 23, punto 32).
79 – Faccio presente che l’esigenza di un elevato livello di tutela dei consumatori trova espressione anche nell’art. 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione (riferimenti alla nota 5), la quale stabilisce che nelle politiche dell\'Unione è garantito un livello elevato di protezione dei consumatori.
80 – V., per analogia, sentenze Océano Grupo (cit. alla nota 13, punto 27) e Mostaza Claro (cit. alla nota 15, punto 26).
81 – Desidero far presente che le conseguenze che derivano, ai sensi della direttiva 93/13, dall’inserimento di una clausola abusiva nel contratto sono differenti da quelle previste dalla direttiva 85/577 in caso di mancata informazione al consumatore in merito al suo diritto di recesso dal contratto. L’art. 6, n. 1, della direttiva 93/13 impone espressamente agli Stati membri di prevedere «che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore (...)» (il corsivo è mio). Per contro, il terzo comma dell’art. 4 della direttiva 85/577 stabilisce unicamente che «[g]li Stati membri fanno sì che la loro legislazione nazionale preveda misure appropriate per la tutela dei consumatori qualora non venga fornita l’informazione di cui al presente articolo» (enfasi aggiunta). La differenza tra questi due ordini di conseguenze risiede anche nel fatto che nel caso della direttiva 93/13 la sanzione per la clausola abusiva è stabilita dal diritto comunitario, mentre in caso di mancata informazione al consumatore riguardo al suo diritto di recesso gli effetti sono disciplinati dal diritto nazionale.
82 – Il corsivo è mio. V. anche le altre versioni linguistiche di questa parte della disposizione: in lingua francese («le consommateur a le droit»), inglese («the consumer shall have the right»), tedesca («der Verbraucher besitzt das Recht»), italiana [omissis] e spagnola («el consumidor tendrá el derecho»).
83 – Tale principio implica che il contratto nullo non produce effetti giuridici; ciò viene ad esempio affermato, per quanto riguarda il diritto spagnolo, da Díez‑Picazo, L., e Gullón, A., Sistema de derecho civil, Vol. II, 7ª ed., Tecnos, Madrid, 1995, pag. 109. Sotto il profilo comparatistico segnalo che tale principio viene riconosciuto anche nell’ordinamento di altri Stati membri; v. ad esempio, in riferimento al diritto francese, Flour, J., e a., op. cit. alla nota 30, pag. 297, punto 361; per il diritto sloveno, Polajnar Pavčnik, A., op. cit. alla nota 34, commento all’art. 86, pag. 507.
84 – V. art. 1.303 del Código civil spagnolo. Nella dottrina spagnola, in merito all\'obbligo di restituzione della merce ricevuta in base ad un contratto nullo, v. Díez-Picazo, L., e Gullón, A., op. cit. alla nota 83, pag. 111. Analoga disciplina è prevista negli ordinamenti giuridici di altri Stati membri; v. ad esempio, per il diritto tedesco, Larenz, K., e Wolf, M., op. cit. alla nota 32, pag. 797, punto 8, i quali affermano che, in caso di nullità del contratto, occorre ripristinare la situazione che vi sarebbe stata se il contratto nullo non fosse mai stato adempiuto; per il diritto francese, v. Flour, J., e a., op. cit. alla nota 30, pag. 298, punto 362; quanto alla disciplina slovena, v. Polajnar Pavčnik, A., op. cit. alla nota 34, commento all’art. 87, pagg. 513 e segg.
85 – Immaginiamo il caso di una vendita a domicilio in cui il consumatore acquisti in prevendita, e al minor prezzo previsto per i primi acquirenti, un’enciclopedia. Il consumatore paga il prezzo, ma il venditore non fornisce la merce nel termine previsto, sicché viene convenuto in giudizio dal detto consumatore. Il giudice accerta che il consumatore non è stato informato del suo diritto di recesso dal contratto, dichiarando quindi la nullità di quest\'ultimo. Il venditore restituisce al consumatore il prezzo pagato, ma questi, desiderando comunque acquistare l\'enciclopedia, la ordina nuovamente, però a un prezzo più elevato, non essendo più possibile acquistarla al minor prezzo praticato in prevendita.
86 – V., ad esempio, Basedow, J., «Die Europäische Union zwischen Marktfreiheit und Überregulierung – Das Schicksal der Vertragsfreiheit», in Bitburger Gespräche Jahrbuch 2008/I, Beck, Monaco di Baviera, 2009, pag. 86, il quale sottolinea che la libertà contrattuale è l’espressione più importante dell’autonomia nel diritto privato. Riguardo all’autonomia nel diritto privato, v. a titolo comparatistico, nella dottrina tedesca, Larenz, K., e Wolf, M., Allgemeiner Teil des bürgerlichen Rechts, 9ª ed., Beck, Monaco di Baviera, 2004, pag. 2, punto 2; nella dottrina austriaca Koziol, H., e Welser, R., Grundriss des bürgerlichen Rechts. Band I: Allgemeiner Teil – Sachenrecht – Familienrecht, 11ª ed., Manzsche Verlags- u. Universitätsbuchhandlung, Vienna, 2000, pag. 84; nella dottrina spagnola Díez‑Picazo, L., e Gullón, A., Sistema de derecho civil, Vol. I, 10ª ed., Tecnos, Madrid, 2002, pagg. 369 e segg., 375; v., nella dottrina francese, Aubert, J.-L., e Savaux, É., Les obligations. 1. Acte juridique, 12ª ed., Sirey, Parigi, 2006, pag. 72, punti 99 e segg.
87 – Per il Belgio, v. l’art. 88, terzo comma, della Loi du 14/7/1991 sur les pratiques du commerce et sur l’information et la protection du consommateur, il quale stabilisce che la conseguenza della mancata informazione al consumatore è la nullità del contratto. Segnalo che la legge non precisa se si tratti di nullità relativa o assoluta ed anche tra i giudici belgi non vi è concordia di posizioni al riguardo; v. ad esempio la sentenza dell’Hof van Beroep te Antwerpen 31 ottobre 2005 (Rechtskundig Weekblad 2007-08, n. 22, 26.1.2008), nella quale tale giudice afferma che si tratta di nullità assoluta, nonché la sentenza dell’Hof van Beroep te Gent 21 febbraio 2007 (Jaarboek Handelspraktijken & Mededinging 2007, pag. 369), dove il tribunale si esprime a favore di una nullità relativa.
88 – Quanto al Lussemburgo, v. l’art. 10, quarto comma, della Loi du 16 juillet 1987 concernant le colportage, la vente ambulante, l’étalage de marchandises et la sollicitation de commandes, il quale prevede la nullità del contratto e la possibilità per il consumatore di eccepire tale nullità qualora egli non sia stato informato del suo diritto di recesso.
89 – V. l’art. 24, n. 1, del Colportagewet olandese, il quale stabilisce che la mancata informazione al consumatore comporta la nullità del contratto. Alla luce della generale suddivisione tra «nullità» e «annullabilità» nel diritto olandese, si tratta in questo caso di una nullità rilevabile d\'ufficio dal giudice; v. Hartkamp, A. S., Verbintenissenrecht, 2ª parte, 12ª ed., Kluwer, Deventer, 2005, pag. 484, punto 459.
90 – Come indicato al paragrafo 13 delle presenti conclusioni, dall\'art. 4 della Ley 26/1991, de 21 de noviembre, sobre contratos celebrados fuera de los establecimientos mercantiles, risulta che il contratto concluso o l\'offerta presentata in violazione dell\'obbligo di informare il consumatore del suo diritto di recesso possono essere annullati su domanda di quest\'ultimo.
91 – Per la Finlandia, v. il capitolo 6, art. 20, del Kuluttajansuojalaki 38/1978, il quale stabilisce che il contratto non vincola il consumatore, ma questi è tenuto a far valere tale inefficacia.
92 – Riguardo all\'Irlanda, v. l’art. 4, n. 1, lett. b), dell’European Communities (Cancellation of Contracts negotiated away from business premises) Regulations, 1989, il quale stabilisce inoltre che al consumatore non può essere chiesto l\'adempimento del contratto («the contract shall not be enforceable») qualora egli non sia stato informato del suo diritto di recesso.
93 – Nel Regno Unito trova applicazione l’art. 7, n. 6, del The Cancellation of Contracts made in a Consumer’s Home or Place of Work etc. Regulations 2008, il quale stabilisce che al consumatore non può essere chiesto l\'adempimento del contratto («the contract shall not be enforceable») nel caso in cui egli non sia stato informato del suo diritto di recesso.
94 – In questa sede non mi occuperò della questione se quelle norme nazionali che comunque fissano un limite temporale a tale termine più lungo siano conformi alle statuizioni della Corte nella sentenza Heininger (cit. alla nota 17).
95 – V. l’art. 3, n. 1, del Konsumentenschutzgesetz austriaco, a norma del quale il termine per il recesso dal contratto inizia a decorrere a partire dal momento in cui il consumatore viene informato del proprio diritto di recesso.
96 – Nel diritto ceco, v. l’art. 57, n. 3, dell’Občiansky zákonník – Zákon č. 40/1964, in base al quale il consumatore, ove non sia stato informato del suo diritto di recesso, può recedere dal contratto nel termine di un anno dalla data di conclusione dello stesso.
97 – Per l’Italia, v. l’art. 65, terzo comma, del Codice del consumo, in forza del quale, qualora il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recesso, il termine per l’esercizio di quest’ultimo è prolungato a 60 giorni e decorre, per i contratti di vendita di beni, dal giorno del loro ricevimento da parte del consumatore e, per i contratti di prestazione di servizi, dal giorno della conclusione del contratto.
98 – V. l’art. 355, n. 3, del Bürgerliches Gesetzbuch (BGB) tedesco, a norma del quale il diritto del consumatore di recedere dal contratto non si estingue nel caso in cui egli non sia stato regolarmente informato di tale diritto.
99 – V. l’art. 43č, n. 4, del Zakon o varstvu potrošnikov sloveno, in forza del quale, in caso di mancata informazione al consumatore, il termine per recedere dal contratto è di tre mesi. L’art. 43č disciplina in realtà il recesso nei contratti conclusi a distanza, ma si applica mutatis mutandis, in forza dell’art. 46c, n. 4, della medesima legge, ai contratti negoziati fuori dei locali commerciali.
100 – In Belgio, una sanzione pecuniaria in caso di assenza di tale informazione è prevista dall’art. 102, punto 7, della Loi du 14/7/1991 sur les pratiques du commerce et sur l’information et la protection du consommateur.
101 – La previsione di una sanzione amministrativa pecuniaria è contenuta nell’art. 62 del Codice del consumo italiano.
102 – Proposta di direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sui diritti dei consumatori [COM(2008) 614 def.]. Tale direttiva è destinata a sostituire le direttive 85/577 e 93/13, nonché la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 maggio 1997, 97/7/CE, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza (GU L 144 del 4.6.1997, pag. 19), e la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 25 maggio 1999, 1999/44/CE, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo (GU L 171 del 7.7.1999, pag. 47). V. l’art. 47 della succitata Proposta di direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sui diritti dei consumatori [COM(2008) 614 def.] ed il memorandum esplicativo di tale proposta (pag. 3).
103 – V. l’art. 13 della Proposta di direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sui diritti dei consumatori [COM(2008) 614 def.].
104 – V. sentenza Mostaza Claro (cit. alla nota 15, punti 35‑38).
105 – V., in tal senso, anche Jordans, R., «Anmerkung zu EuGH Rs. C‑168/05 - Elisa Maria Mostaza Claro gegen Centro Móvil Milenium SL», in Zeitschrift für Gemeinschaftsprivatrecht, n. 1/2007, pag. 50; Courbe, P., Brière, C., Dionisi‑Peyrusse, A., Jault-Seseke, F., e Legros, C., «Clause compromissoire et réglementation des clauses abusives: CJCE, 26 octobre 2006», in Petites affiches, n. 152/2007, pag. 14; Poissonnier, G., e Tricoit, J.-P., «La CJCE confirme sa volonté de voir le juge national mettre en oeuvre le droit communautaire de la consommation», in Petites affiches, n. 189/2007, pag. 15.
106 – Cfr. sentenza Mostaza Claro (cit. alla nota 15, punto 37).
107 – V. sentenze Océano Grupo (cit. alla nota 13, punto 26) e Cofidis (cit. alla nota 14, punto 33). Ciò viene sottolineato anche dall’avvocato generale Mengozzi nelle conclusioni da lui presentate il 29 marzo 2007 nella causa C‑429/05, Rampion (Racc. pag. I‑8017, paragrafo 61).
108 – Sentenza Hamilton (cit. alla nota 23).
109 – Ibidem (punto 39). Su ciò viene posto l’accento anche in dottrina; v. ad esempio Mankowski, P., «Die gemeinschaftsrechtliche Kontrolle von Erlöschenstatbeständen für verbraucherschützende Widerrufsrechte», in Juristenzeitung, n. 23/2008, pag. 1143.
110 – Ibidem (punto 40).
111 – In dottrina tale aspetto viene sottolineato, ad esempio, da Kroll, K., «Vertragserfüllung als zeitliche Grenze des verbraucherschützenden Widerrufsrechts», in Neue Juristische Wochenschrift, n. 28/2008, pag. 2000. In tal senso v. anche Edelmann, H., «EuGH: Kein grenzenloser Verbraucherschutz», in Betriebs-Berater, n. 19/2008, pag. 970; Raynouard, A., «CJCE, 10 avril 2008, C‑412/06, Annelore Hamilton c/Volksbank Filder eG», in Revue de jurisprudence commerciale, n. 4/2008, pag. 305. Mi permetto di aggiungere che la Corte, nella sentenza Hamilton, ha sottolineato che il riferimento alla nozione di «obblighi che derivano dal contratto» di cui al quinto ‘considerando’ della direttiva 85/577 mostra che il consumatore può rescindere tale contratto nel corso della sua durata (sentenza Hamilton, cit. alla nota 23, punto 41, enfasi aggiunta) – beninteso a patto che egli non sia stato informato del suo diritto di recesso. Ciò comunque non depone per l’esistenza di limiti alla tutela del consumatore fintantoché le obbligazioni scaturenti dal contratto non siano ancora state adempiute.
112 – V. paragrafo 31 delle presenti conclusioni.
113 – Più precisamente, il governo austriaco sostiene che l’art. 4 della direttiva 85/577 non esige dagli Stati membri che i loro giudici nazionali siano obbligati ad attivarsi d\'ufficio. V. paragrafo 27 delle presenti conclusioni.
114 – In questa prospettiva è possibile comprendere anche il quesito pregiudiziale sollevato dal giudice e la relativa risposta della Corte nella causa Océano Grupo (cit. alla nota 13). V., in tal senso, Van Huffel, M., «La condition procédurale des règles de protection des consommateurs: les enseignements des arrêts Océano, Heininger et Cofidis de la Cour de justice», in Revue européenne de droit de la consommation, n. 2/2003, pag. 94.
115 – Ciò è quanto risulta dalla maggior parte delle versioni linguistiche del punto 1 del dispositivo della sentenza Océano Grupo (cit. alla nota 13). V. ad esempio le versioni francese («le juge national puisse apprécier d’office»), inglese («the national court being able to determine of its own motion»), tedesca («das nationale Gericht von Amts wegen prüfen kann»), italiana («il giudice nazionale […] possa valutare d’ufficio»), spagnola («el Juez nacional pueda apreciar de oficio»), portoghese («o juiz nacional possa apreciar oficiosamente») e olandese («dat de nationale rechter […] ambtshalve kan toetsen»).
116 – V. sentenza Cofidis (cit. alla nota 14, punti 32, 33 e 35). Alcune versioni linguistiche di tali punti della pronuncia impiegano due termini distinti; è il caso delle versioni francese («faculté» e «pouvoir»), italiana («facoltà» e «potere») e portoghese («faculdade» e «poder»). Altre utilizzano invece il medesimo termine; v., ad esempio, le versioni inglese («power»), tedesca («Befugnis»), spagnola («facultad») e olandese («bevoegdheid»).
117 – In proposito, mi permetto di segnalare che nel dispositivo della sentenza Mostaza Claro (cit. alla nota 15) soltanto alcune versioni linguistiche impiegano espressamente una forma imperativa – v. ad esempio le versioni inglese («must determine whether the arbitration agreement is void») o slovena («mora […] presojati ničnost arbitražnega dogovora») –, mentre altre presentano, sempre nel dispositivo della sentenza citata, l’indicativo – qual’è il caso delle versioni francese («apprécie la nullité de la convention d’arbitrage») e tedesca («die Nichtigkeit der Schiedsvereinbarung prüft»). Tuttavia, l’obbligo di esame d’ufficio risulta chiaramente dal punto 38 di tale sentenza, in numerose versioni linguistiche: francese («soit tenu d’apprécier d’office»), inglese («being required to assess of its own motion»), tedesca («von Amts wegen […] prüfen muss»), italiana («sia tenuto a valutare d’ufficio»), spagnola («deba apreciar de oficio»), portoghese («deva apreciar oficiosamente»), slovena («dolžnost […], da po uradni dolžnosti presoja») e olandese («ambtshalve dient te beoordelen»).
118 – Nell’ambito di un raffronto con la direttiva 93/13 ciò viene sottolineato da Van Huffel, op. cit. alla nota 114, pag. 97.
119 – Ibidem (punto 77).
I – Introduzione
II – Contesto giuridico
A – Diritto comunitario
1. Trattato CE
2. Direttiva 85/577
B – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
C – Normativa nazionale
III – Fatti, procedimento a quo e questione pregiudiziale
IV – Procedimento dinanzi alla Corte
V – Argomenti delle parti
VI – Valutazione dell’avvocato generale
A – Introduzione
B – Analisi della questione pregiudiziale
1. Considerazioni introduttive in merito alla questione pregiudiziale
a) Disposizioni comunitarie delle quali il giudice del rinvio chiede l’interpretazione
b) Problemi scaturenti dalla questione pregiudiziale
2. Possibilità di qualificare la nullità relativa del contratto come misura appropriata nel senso di cui all’art. 4, terzo comma, della direttiva 85/577
3. Regola generale: assenza nel diritto comunitario di un obbligo generale di accertamento d’ufficio
4. Eccezione alla regola generale: la giurisprudenza relativa alle direttive 93/13 e 87/102
a) Giurisprudenza relativa alla direttiva 93/13
b) Giurisprudenza relativa alla direttiva 87/102
5. Trasposizione della giurisprudenza riguardante la direttiva 93/13 e la direttiva 87/102 alla presente controversia
6. Configurabilità del potere di intervento ex officio del giudice nazionale come facoltà oppure come obbligo
C – Conclusione
VII – Conclusione
I – Introduzione
1. La presente causa solleva la questione se il giudice nazionale possa attivarsi d’ufficio e dichiarare la nullità di un contratto concluso fuori dei locali commerciali in ragione del fatto che il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recedere da tale contratto, sebbene la normativa nazionale applicabile non consenta in una simile fattispecie al detto giudice un intervento d’ufficio, bensì addossi al consumatore che non abbia ricevuto tale informativa l’onere di domandare la declaratoria di nullità del contratto. La causa verte sull’interpretazione delle disposizioni del Trattato CE in materia di tutela dei consumatori, nonché sull’interpretazione dell’art. 4, terzo comma, della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali (2) (in prosieguo: la «direttiva 85/577»), a norma del quale gli Stati membri devono prevedere misure appropriate per la tutela dei consumatori qualora questi non vengano informati in merito al diritto di recedere dal contratto.
2. In presenza di un contratto concluso fuori dei locali commerciali, determinante per la tutela del consumatore è non soltanto il suo diritto di recedere dal contratto stesso, ma anche il fatto che egli venga debitamente informato di tale diritto e che vengano garantite misure adeguate ed efficaci per il caso in cui tale informazione non gli venga fornita. Infatti, allorché il consumatore conclude un contratto di questo tipo, spesso non è in grado di valutare obiettivamente tutte le conseguenze che esso comporterà per lui. Poiché nell’ambito di tale contratto il consumatore è la parte più debole, nel presente procedimento occorrerà accertare se sia necessario, ai fini dell’efficace tutela dei suoi diritti, che nelle controversie riguardanti i contratti di questo tipo i giudici nazionali provvedano d’ufficio ad assicurare tale tutela.
II – Contesto giuridico
A – Diritto comunitario
1. Trattato CE
3. L’art. 3 CE così dispone:
«1. Ai fini enunciati all’articolo 2, l’azione della Comunità comporta, alle condizioni e secondo il ritmo previsti dal presente trattato:
(...)
t) un contributo al rafforzamento della protezione dei consumatori;
(...)»
4. L’art. 95 CE così dispone:
«(...)
3. La Commissione, nelle sue proposte di cui al paragrafo 1 in materia di sanità, sicurezza, protezione dell’ambiente e protezione dei consumatori, si basa su un livello di protezione elevato, tenuto conto, in particolare, degli eventuali nuovi sviluppi fondati su riscontri scientifici. Anche il Parlamento europeo ed il Consiglio, nell’ambito delle rispettive competenze, cercheranno di conseguire tale obiettivo.
(...)»
5. L’art. 153 CE è così formulato:
«1. Al fine di promuovere gli interessi dei consumatori ed assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, la Comunità contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei consumatori nonché a promuovere il loro diritto all’informazione, all’educazione e all’organizzazione per la salvaguardia dei propri interessi.
2. Nella definizione e nell’attuazione di altre politiche o attività comunitarie sono prese in considerazione le esigenze inerenti alla protezione dei consumatori.
3. La Comunità contribuisce al conseguimento degli obiettivi di cui al paragrafo 1 mediante:
a) misure adottate a norma dell’articolo 95 nel quadro della realizzazione del mercato interno;
b) misure di sostegno, di integrazione e di controllo della politica svolta dagli Stati membri.
4. Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 e previa consultazione del Comitato economico e sociale, adotta le misure di cui al paragrafo 3, lettera b).
5. Le misure adottate a norma del paragrafo 4 non impediscono ai singoli Stati membri di mantenere o di introdurre misure di protezione più rigorose. Tali misure devono essere compatibili con il presente trattato. Esse sono notificate alla Commissione».
2. Direttiva 85/577
6. Il quarto, il quinto ed il sesto ‘considerando’ della direttiva 85/577 enunciano quanto segue:
«considerando che la caratteristica dei contratti conclusi fuori dai locali commerciali del commerciante è che, di regola, il commerciante prende l’iniziativa delle trattative, il consumatore è impreparato di fronte a queste trattative e si trova preso di sorpresa; che il consumatore non ha spesso la possibilità di confrontare la qualità e il prezzo che gli vengono proposti con altre offerte; che questo elemento di sorpresa è generalmente presente non soltanto nel caso di contratti conclusi a domicilio, ma anche in altre forme di contratti conclusi dal commerciante fuori dai propri locali;
considerando che è opportuno accordare al consumatore il diritto di rescissione (3) da esercitarsi entro un termine non inferiore a sette giorni, per permettergli di valutare gli obblighi che derivano dal contratto;
considerando che occorre inoltre adottare opportuni provvedimenti affinché il consumatore sia informato per iscritto del suo diritto a disporre di questo periodo di riflessione».
7. L’art. 1, n. 1, della direttiva 85/577 stabilisce quanto segue:
«La presente direttiva si applica ai contratti stipulati tra un commerciante che fornisce beni o servizi e un consumatore:
(...)
– durante una visita del commerciante
i) al domicilio del consumatore o a quello di un altro consumatore;
(...)
qualora la visita non abbia luogo su espressa richiesta del consumatore».
8. L’art. 4 della direttiva 85/577 così dispone:
«Il commerciante deve informare per iscritto il consumatore, nel caso di transazioni contemplate all’articolo 1, del suo diritto di rescindere il contratto entro i termini di cui all’articolo 5, nonché del nome e indirizzo della persona nei cui riguardi può essere esercitato tale diritto.
Detta informazione deve recare una data e menzionare gli elementi che permettono d’individuare il contratto. Essa è consegnata al consumatore:
a) al momento della stipulazione del contratto nel caso dell’articolo 1, paragrafo 1;
b) non oltre la stipulazione del contratto nel caso dell’articolo 1, paragrafo 2;
c) al momento della formulazione dell’offerta da parte del consumatore nel caso dell’articolo 1, paragrafi 3 e 4.
Gli Stati membri fanno sì che la loro legislazione nazionale preveda misure appropriate per la tutela dei consumatori qualora non venga fornita l’informazione di cui al presente articolo».
9. L’art. 5 della direttiva 85/577 così recita:
«1. Il consumatore ha il diritto di rescindere il proprio impegno indirizzando una comunicazione entro un termine di almeno (4) 7 giorni dal momento in cui ha ricevuto l’informazione di cui all’articolo 4, e secondo le modalità e condizioni prescritte dalla legislazione nazionale. Per l’osservanza del termine è sufficiente che la comunicazione sia inviata prima della scadenza del termine stesso.
2. Con l’invio della comunicazione il consumatore è liberato da tutte le obbligazioni derivanti dal contratto rescisso».
B – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
10. L’art. 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (5) (in prosieguo: la «Carta»), intitolato «Protezione dei consumatori», così dispone:
«Nelle politiche dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione dei consumatori».
C – Normativa nazionale
11. La direttiva 85/577 è stata trasposta nell’ordinamento spagnolo mediante la legge 21 novembre 1991, n. 26, in materia di contratti stipulati fuori dei locali commerciali (6) (in prosieguo: la «legge n. 26/1991»).
12. L’art. 3 della legge n. 26/1991 prevede quanto segue:
«1. Il contratto o la proposta contrattuale di cui all’art. 1 devono essere formalizzati per iscritto in doppia copia, unitamente ad un modulo di revoca del consenso (7), e vanno datati e sottoscritti dal consumatore di proprio pugno.
2. Il documento contrattuale deve presentare in caratteri evidenti, immediatamente sopra allo spazio riservato alla firma del consumatore, un riferimento chiaro e preciso al diritto di quest’ultimo di revocare il consenso accordato, nonché ai presupposti e agli effetti dell’esercizio di tale diritto.
3. Il modulo di revoca del consenso deve recare in caratteri evidenti il titolo “modulo di revoca” e indicare il nome e l’indirizzo della persona cui deve essere inviato nonché gli elementi identificativi del contratto e delle parti contraenti.
4. Una volta sottoscritto il contratto, l’imprenditore o la persona che agisce per suo conto ne trasmette una copia al consumatore insieme al modulo di revoca del consenso.
5. Spetta all’imprenditore provare l’adempimento degli obblighi di cui al presente articolo».
13. L’art. 4 della legge n. 26/1991 disciplina le conseguenze dell’inosservanza delle condizioni stabilite dall’art. 3 della medesima legge come segue:
«Il contratto stipulato o la proposta formulata in violazione delle condizioni stabilite dall’articolo precedente possono essere annullati su domanda del consumatore.
In nessun caso la causa di nullità potrà essere invocata dall’imprenditore, salvo che l’inadempimento sia interamente imputabile al consumatore».
14. L’art. 9 della legge n. 26/1991 prevede quanto segue:
«I diritti conferiti al consumatore dalla presente legge sono irrinunciabili. Ciononostante, si considereranno valide le clausole contrattuali che risultino più favorevoli per il consumatore».
III – Fatti, procedimento a quo e questione pregiudiziale
15. Il 20 maggio 2003 la sig.ra Eva Martín Martín ha concluso presso il suo domicilio un contratto con il rappresentante della società EDP Editores S.L. (in prosieguo: la «EDP»), avente ad oggetto l’acquisto di 15 volumi di un’opera, di 5 dischi DVD e di un lettore DVD (8). I prodotti le sono stati consegnati il 2 giugno 2003. L’ammontare del prezzo di compravendita era di EUR 1 909. Di tale somma la sig.ra Eva Martín Martín ha corrisposto EUR 47,48, senza pagare i restanti EUR 1 861,52.
16. Non avendo ricevuto i pagamenti per la merce fornita, la EDP ha chiesto allo Juzgado de Primera Instancia numero Uno de Salamanca di emettere un decreto ingiuntivo di pagamento nei confronti della sig.ra Eva Martín Martín, al fine di ottenerne la condanna a corrispondere l’importo residuo di EUR 1 861,52 oltre agli interessi di mora al tasso legale. Contro la sentenza del 14 giugno 2007 che l’ha condannata al pagamento della somma richiesta, la sig.ra Eva Martín Martín ha interposto appello dinanzi all’Audiencia Provincial de Salamanca (in prosieguo: il «giudice del rinvio» o il «giudice a quo»).
17. Nell’ordinanza di rinvio il giudice a quo sostiene che il contratto controverso potrebbe essere nullo, in quanto il consumatore non è stato informato in merito al suo diritto di recedere dal contratto entro 7 giorni dal ricevimento della merce ed alle condizioni e conseguenze dell’esercizio di tale diritto. Il giudice a quo sottolinea anche che il consumatore non ha domandato l’accertamento della nullità del contratto né nell’ambito del giudizio di primo grado, né in sede di appello.
18. A questo proposito il giudice del rinvio riferisce che, ai sensi del diritto spagnolo e, più precisamente, dell’art. 4 della legge n. 26/1991, qualora in sede di conclusione del contratto non sia stato soddisfatto l’obbligo di informare il consumatore del suo diritto di recesso, è al consumatore stesso che incombe l’onere di chiedere la dichiarazione di nullità del contratto. Inoltre, secondo le norme spagnole, nei procedimenti civili vige il principio dispositivo («principio de rogación»), in forza del quale il giudice non può prendere in considerazione d’ufficio fatti, prove e domande non presentati dalle parti. Pertanto il giudice a quo si chiede se, nella odierna fattispecie, esso sia tenuto a decidere unicamente sulle domande presentate dalle parti nel procedimento d’appello oppure se la direttiva 85/577 gli consenta di dichiarare d’ufficio la nullità del contratto.
19. Stanti tali premesse, il giudice a quo, con ordinanza 20 maggio 2008, ha sospeso il procedimento e sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se l’art. 153 CE, letto in combinato disposto con gli artt. 3 CE e 95 CE, con l’art. 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché con la direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, e in particolare con l’art. 4 di quest’ultima, debba essere interpretato nel senso che consente al giudice investito del ricorso d’appello avverso la sentenza di primo grado di dichiarare d’ufficio la nullità di un contratto rientrante nell’ambito di applicazione della suddetta direttiva, qualora risulti che tale nullità non è mai stata eccepita in alcun momento dal consumatore convenuto, né nell’ambito dell’opposizione al procedimento ingiuntivo, né in sede di udienza, né nel ricorso di appello».
IV – Procedimento dinanzi alla Corte
20. L’ordinanza di rinvio è pervenuta alla Corte il 26 maggio 2008. Nella fase scritta del procedimento hanno presentato osservazioni la EDP, i governi spagnolo e austriaco, nonché la Commissione. All’udienza svoltasi il 12 marzo 2009, la EDP, il governo spagnolo e quello ceco – che non ha presentato osservazioni scritte – e la Commissione hanno svolto le loro difese orali e risposto ai quesiti della Corte.
V – Argomenti delle parti
21. La EDP sostiene che l’art. 4 della direttiva 85/577 non può essere interpretato nel senso che consenta al giudice nazionale di dichiarare d’ufficio la nullità del contratto concluso con un consumatore fuori dei locali commerciali, qualora tale nullità non sia stata dedotta dal consumatore.
22. A sostegno della sua tesi la EDP sottolinea che, in forza dell’art. 4 della direttiva 85/577, gli Stati membri devono far sì che la loro legislazione nazionale preveda misure appropriate per la tutela dei consumatori, e che nessuna disposizione di tale direttiva stabilisce che il giudice nazionale possa dichiarare d’ufficio la nullità del contratto qualora questa non sia stata fatta valere dal consumatore. A suo avviso, pertanto, la normativa spagnola applicabile (9), che impone al consumatore l’onere di chiedere la dichiarazione di nullità del contratto, non è in contrasto con l’art. 4 della direttiva 85/577, bensì tutela rigorosamente i diritti dei consumatori. A parere della EDP occorre in tale contesto altresì verificare se una disposizione nazionale renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto comunitario (10).
23. Oltre a ciò, la EDP chiarisce che il diritto spagnolo opera una distinzione tra nullità relativa e nullità assoluta. Essa sottolinea che nel caso dei contratti conclusi fuori dei locali commerciali l’eventuale nullità ha carattere relativo e può essere dichiarata soltanto su domanda della parte. Ove si tratti di nullità assoluta, la relativa azione di accertamento è, ai sensi della normativa spagnola, imprescrittibile ed è proponibile anche da terzi, e il vizio può altresì essere rilevato d’ufficio dal giudice.
24. Il governo spagnolo sostiene che l’art. 4 della direttiva 85/577 non va necessariamente interpretato nel senso che consenta al giudice nazionale di accertare d’ufficio la nullità del contratto concluso fuori dei locali commerciali nel caso in cui il consumatore non abbia dedotto tale nullità in alcuna fase del procedimento.
25. Il governo spagnolo afferma che il livello di tutela dei consumatori a questi accordato dalla legge n. 26/1991 soddisfa interamente le prescrizioni del Trattato CE e della direttiva 85/577, sicché, a suo avviso, tale legge ha integralmente e correttamente trasposto le disposizioni della direttiva citata nell’ordinamento spagnolo (11). L’art. 4 della legge n. 26/1991 accorda al consumatore una tutela adeguata, stabilendo che questi può chiedere l’annullamento del contratto qualora non sia stato informato del suo diritto di recesso. Il detto governo afferma che l’obbligo imposto agli Stati membri dall’art. 4 della direttiva – ossia provvedere affinché i loro ordinamenti nazionali prevedano misure appropriate per la tutela dei consumatori – può essere soddisfatto in vari modi; uno di questi consiste nel conferire al consumatore la possibilità di domandare l’annullamento del contratto. La scelta circa il modo di garantire tale tutela dei consumatori è, ad avviso del governo spagnolo, riservata all’ordinamento interno di ciascuno Stato membro.
26. Il governo spagnolo afferma che dalla giurisprudenza della Corte relativa alla direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (12) (in prosieguo: la «direttiva 93/13»), risulta che il giudice deve avere la possibilità di accertare d’ufficio la nullità delle clausole abusive nei contratti di consumo qualora si tratti di una questione di ordine pubblico. Al riguardo, il detto governo rinvia alle sentenze Océano Grupo (13), Cofidis (14) e Mostaza Claro (15). Sebbene nella presente causa non venga in questione la direttiva 93/13, bensì la direttiva 85/577, è necessario, ad avviso del governo spagnolo, tenere conto della suddetta giurisprudenza anche nel giudicare sulle controversie vertenti su quest’ultima direttiva. Tuttavia, a suo avviso, occorre stabilire se nella presente fattispecie si configuri una questione di ordine pubblico.
27. Il governo austriaco afferma che l’art. 4 della direttiva 85/577 va interpretato nel senso che non esige dagli Stati membri che i loro tribunali siano tenuti a dichiarare d’ufficio la nullità del contratto concluso fuori dei locali commerciali qualora tale nullità non sia stata dedotta dal consumatore nel procedimento dinanzi al giudice nazionale.
28. Il governo austriaco sostiene che dall’art. 4 della direttiva 85/577 non può desumersi che il contratto sia nullo per il semplice fatto che il commerciante non ha informato il consumatore del suo diritto di recedere dal contratto. Al contrario della direttiva 85/577, l’art. 6, n. 1, della direttiva 93/13 stabilisce espressamente che «[g]li Stati membri prevedono che le clausole abusive (...) non vincolano il consumatore». Per contro, l’art. 4 della direttiva 85/577 stabilisce unicamente che «[g]li Stati membri fanno sì che la loro legislazione nazionale preveda misure appropriate per la tutela dei consumatori». Il governo austriaco afferma che, secondo una consolidata giurisprudenza, in assenza di norme comunitarie in materia spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto comunitario (16).
29. Il governo austriaco sottolinea poi che gli Stati membri possono prevedere anche altre misure appropriate per il caso in cui il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recesso, e adduce come esempio l’eventuale facoltà del consumatore di recedere dal contratto senza limiti di tempo (17); un’altra possibile misura potrebbe consistere nell’obbligo per i giudici di informare il consumatore del suo diritto di recesso. Pertanto, l’annullabilità del contratto ex officio sarebbe soltanto una delle possibilità che si offrono agli Stati membri per tutelare i consumatori nel senso previsto dall’art. 4 della direttiva 85/577.
30. Il governo austriaco ritiene pertanto che l’art. 4 della direttiva 85/577 non imponga agli Stati membri di far sì che i tribunali nazionali siano tenuti a dichiarare d’ufficio la nullità del contratto nel caso in cui il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recesso.
31. La Commissione sostiene invece che occorre interpretare la direttiva 85/577 nel senso che, qualora il contratto sia stato concluso senza osservare l’obbligo di informare il consumatore del suo diritto di recesso, il giudice nazionale deve rilevare d’ufficio tale violazione e dichiarare la nullità del contratto, quand’anche il consumatore non l’abbia dedotta. Ad avviso della Commissione, la possibilità per il consumatore di richiedere l’annullamento del contratto qualora egli non sia stato informato del suo diritto di recesso non costituisce una misura appropriata per la tutela dei consumatori nel senso di cui all’art. 4 della direttiva 85/577. Secondo la detta istituzione, vi è il rischio che il consumatore non conosca i propri diritti e dunque neppure li faccia valere.
32. La Commissione sottolinea che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, in mancanza di una specifica normativa comunitaria, la disciplina delle modalità procedurali intese a garantire la salvaguardia dei diritti di cui gli amministrati godono ai sensi dell’ordinamento comunitario è riservata, in forza del principio dell’autonomia processuale degli Stati membri, all’ordinamento giuridico interno di ciascuno di questi, a condizione tuttavia che tali modalità non siano meno favorevoli di quelle applicabili a situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) (18). La Commissione afferma altresì che i giudici nazionali possono agire d’ufficio soltanto in casi eccezionali, per il pubblico interesse (19).
33. La Commissione sostiene però che la Corte ha già avuto modo di statuire, in riferimento alla direttiva 93/13, che il giudice nazionale può valutare d’ufficio se ci si trovi in presenza di clausole abusive nei contratti conclusi da consumatori (20). Inoltre, anche in riferimento alla direttiva del Consiglio 22 dicembre 1986, 87/102/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo (21) (in prosieguo: la «direttiva 87/102»), la Corte ha statuito che il giudice nazionale ha la facoltà di vigilare d’ufficio affinché il consumatore possa far valere determinati diritti nei confronti del soggetto concedente il credito (22). La Commissione allega che tale giurisprudenza può essere trasposta in via analogica anche all’interpretazione della direttiva 85/577.
34. All’udienza la Commissione ha aggiunto che eventuali altre misure – quali, ad esempio, sanzioni amministrative, la facoltà di recedere dal contratto senza limiti di tempo, oppure l’obbligo per il giudice di informare il consumatore del suo diritto di recesso – non sono appropriate ai fini della tutela del consumatore. Infatti, le misure amministrative possono certamente avere un effetto dissuasivo, ma non sono destinate alla tutela del singolo consumatore; la facoltà di recedere dal contratto senza limiti di tempo non costituisce una misura appropriata, in quanto sussiste il rischio che il consumatore non sia a conoscenza di questo suo diritto; infine, l’obbligo per il giudice di informare il consumatore del suo diritto di recesso è subordinato all’esistenza di norme processuali nazionali che contengano una previsione in tal senso. Da ultimo, la Commissione afferma che il consumatore, poiché in alcuni casi desidererà mantenere in vita il contratto, deve avere la possibilità di opporsi all’annullamento e di ottenere che in tali ipotesi il contratto continui a produrre effetti vincolanti nei suoi confronti.
35. Il governo ceco, che non ha presentato osservazioni scritte, ha affermato all’udienza che non concorda con la tesi della Commissione e che a suo avviso la direttiva 85/577 non può essere interpretata nel senso che il giudice nazionale abbia la facoltà di dichiarare d’ufficio la nullità del contratto concluso fuori dei locali commerciali, qualora il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recesso.
36. A sostegno della sua tesi, il governo ceco adduce tre ordini di argomenti. Quale primo argomento esso asserisce che, attraverso l’annullabilità d’ufficio, si interferisce nel diritto del consumatore di decidere personalmente se mantenere in vita o no il contratto; infatti, ai sensi dell’art. 5 della direttiva 85/577, soltanto il consumatore ha il diritto di recedere dal contratto. Anche qualora il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recesso, tale diritto non si estingue, dal momento che in forza del sopra citato art. 5 della direttiva il termine per il recesso comincia a decorrere soltanto una volta che il consumatore sia stato informato del suo diritto. Quale secondo argomento il governo ceco afferma che gli Stati membri hanno una competenza esclusiva in materia processuale civile; una competenza ripartita sussiste unicamente nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile e soltanto ove si tratti di cause che presentano elementi transnazionali. Ad avviso del detto governo, sussiste un dubbio quanto alla possibilità di ricorrere all’art. 94 CE (ex art. 100 del Trattato CE) – che ha costituito la base giuridica per l’adozione della direttiva 85/577 – al fine di adottare misure che interferiscono in tale competenza esclusiva degli Stati membri. Nel valutare tale questione, occorrerebbe tener conto del principio di proporzionalità. Quale terzo argomento il governo ceco adduce che la giurisprudenza relativa ad altre direttive in materia di tutela dei consumatori, riguardo alle quali la Corte ha già riconosciuto la possibilità per i giudici nazionali di attivarsi d’ufficio, non può essere trasposta alla presente fattispecie, dal momento che si tratta qui di interpretare la direttiva 85/577, la quale è caratterizzata da disposizioni e da un’economia sistematica diverse da quelle delle direttive in relazione alle quali la Corte ha ammesso la suddetta possibilità di intervento d’ufficio del giudice nazionale.
VI – Valutazione dell’avvocato generale
A – Introduzione
37. La presente fattispecie riguarda la problematica della conclusione dei contratti fuori dei locali commerciali, nonché la questione delle conseguenze nel caso in cui il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recedere da un contratto di questo tipo. Già in varie occasioni la Corte ha affrontato nella sua giurisprudenza il tema delle conseguenze di tale mancata informazione (23), ma fino ad oggi non ha ancora statuito sulla questione se in tale contesto anche i giudici nazionali debbano svolgere un ruolo attivo, intervenendo d’ufficio in caso di mancata informazione al consumatore. Pertanto, per statuire nella presente controversia, la Corte dovrà approfondire l’analisi delle finalità della direttiva 85/577 indagando il testo delle sue singole disposizioni.
38. Con la sua questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’art. 153 CE, letto in combinato disposto con gli artt. 3 CE e 95 CE, con l’art. 38 della Carta, nonché con le disposizioni della direttiva 85/577, e segnatamente con l’art. 4 di questa, debba essere interpretato nel senso che esso consente al giudice nazionale di dichiarare d’ufficio la nullità di un contratto concluso fuori dei locali commerciali nel caso in cui il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recedere dal contratto medesimo, malgrado che il consumatore non abbia fatto valere tale nullità nell’ambito del procedimento dinanzi ai giudici nazionali.
B – Analisi della questione pregiudiziale
1. Considerazioni introduttive in merito alla questione pregiudiziale
a) Disposizioni comunitarie delle quali il giudice del rinvio chiede l’interpretazione
39. Con la sua questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede di interpretare varie disposizioni di diritto comunitario, e più precisamente l’art. 153 CE, letto in combinato disposto con gli artt. 3 CE e 95 CE, con l’art. 38 della Carta, nonché con le disposizioni della direttiva 85/577. Nell’ambito di tale complesso di norme, importanza decisiva ai fini della decisione nella presente causa rivestirà l’interpretazione delle disposizioni della direttiva 85/577, la quale, in quanto atto normativo di diritto derivato, concretizza gli sforzi della Comunità intesi alla tutela dei consumatori sancita dal diritto primario.
40. L’art. 153 CE, inserito nel titolo del Trattato dedicato alla «Protezione dei consumatori», reca, al paragrafo 1, una disposizione generale in forza della quale, al fine di promuovere gli interessi dei consumatori ed assicurare un livello elevato di protezione di questi ultimi, la Comunità contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei consumatori stessi, nonché a promuovere il loro diritto all’informazione, all’educazione e all’autoorganizzazione per la salvaguardia dei propri interessi. Il paragrafo 2 dell’articolo suddetto stabilisce che nella definizione e nell’attuazione di altre politiche o attività comunitarie sono prese in considerazione le esigenze inerenti alla protezione dei consumatori. Nei paragrafi 3 e 4 del medesimo art. 153 CE vengono stabilite le misure che la Comunità adotta per il raggiungimento dell’obiettivo della tutela dei consumatori, e si precisa la base giuridica per la loro adozione. Il paragrafo 5 di tale articolo conferisce agli Stati membri la facoltà di introdurre misure più rigorose per la tutela dei consumatori.
41. L’art. 153 CE costituisce dunque una disposizione di diritto comunitario primario a carattere generale in materia di tutela dei consumatori. Una disposizione a carattere ancor più generale riguardante tale materia è contenuta nell’art. 3, n. 1, CE, il quale individua i diversi settori di attività della Comunità, tra i quali rientra in particolare, ai sensi della lettera t) di tale disposizione, anche il contributo al rafforzamento della protezione dei consumatori. Occorrerà dunque interpretare gli articoli della direttiva 85/577 alla luce di tali disposizioni generali del Trattato CE.
42. Con la sua questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede altresì di interpretare l’art. 95 CE e l’art. 38 della Carta.
43. Sulla base dell’art. 95 CE vengono adottate le misure che hanno per oggetto l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno. Dalla decisione di rinvio non risulta per quale motivo il giudice nazionale richieda l’interpretazione di tale articolo, in quanto non questo, bensì l’art. 94 CE (già art. 100 del Trattato CE) ha costituito la base giuridica per l’adozione della direttiva 85/577. Pertanto, non è a mio avviso necessario interpretare l’art. 95 CE nell’ambito della presente causa.
44. L’art. 38 della Carta stabilisce che nelle politiche dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione dei consumatori. Per quanto riguarda le disposizioni della Carta, desidero sottolineare che esse non costituiscono parte dell’ordinamento comunitario, sicché la Corte non è competente ad interpretarle (24). Vero è però che spesso gli avvocati generali fanno riferimento a tale documento nell’argomentazione delle loro conclusioni (25) e che anche la Corte ha già menzionato la Carta nella sua giurisprudenza (26). Pertanto, nella presente causa le disposizioni della Carta possono trovare impiego quale ausilio per l’interpretazione della direttiva 85/577, ma non sarà possibile tenerne conto ai fini della risposta alla questione pregiudiziale sollevata.
45. Un’importanza decisiva per la soluzione di tale questione sarà rivestita dall’interpretazione delle disposizioni della direttiva 85/577. Invero, nella sua questione il giudice del rinvio menziona esplicitamente soltanto l’art. 4 di tale direttiva; tuttavia, in conformità ad una costante giurisprudenza, la Corte deve fornire al giudice nazionale tutti gli elementi interpretativi rilevanti nell’ambito del diritto comunitario che possano essere utili per la soluzione della causa di cui è investito, indipendentemente dal fatto che egli vi abbia fatto o meno riferimento nella formulazione delle sue questioni (27). Nell’interpretare la direttiva 85/577 occorrerà in particolare tener conto, oltre che dell’art. 4, anche dell’art. 5, anch’esso riguardante il diritto del consumatore di recedere dal contratto.
b) Problemi scaturenti dalla questione pregiudiziale
46. Prima di iniziare ad analizzare il quesito pregiudiziale, desidero attirare l’attenzione sulla complessità dei problemi giuridici che questo comporta e che vanno assunti quale filo conduttore per la sua analisi.
47. In primo luogo, dalle indicazioni fornite dal giudice nazionale nella sua ordinanza di rinvio risulta che esso parte dal presupposto che la legislazione spagnola, in forza della quale spetta al consumatore chiedere l’annullamento, non sia conforme al diritto comunitario e, in particolare, alle disposizioni della direttiva 85/577 e del Trattato CE relative alla tutela dei consumatori. Per tale motivo, nell’analisi della questione pregiudiziale sarà necessario appurare se tale premessa logica da cui muove il giudice dal rinvio sia corretta o se invece la normativa spagnola applicabile garantisca misure appropriate nel caso in cui il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recedere dal contratto.
48. In secondo luogo, dobbiamo tener presente che la questione pregiudiziale verte sulla rilevabilità d’ufficio della nullità del contratto per il fatto che il diritto spagnolo sanziona la mancata informazione al consumatore con una nullità a carattere relativo; il giudice del rinvio, ritenendo che tale nullità relativa non costituisca una misura appropriata per la tutela dei consumatori, intende garantire quest’ultima mediante l’applicazione dell’istituto della nullità assoluta. Pertanto, il detto giudice non chiede se esso possa applicare d’ufficio le disposizioni della direttiva 85/577, bensì se possa applicare d’ufficio le disposizioni del diritto spagnolo mediante le quali tale direttiva è stata trasposta nell’ordinamento interno. Infatti, nessuna disposizione della direttiva 85/577 stabilisce la nullità del contratto concluso fuori dei locali commerciali nel caso in cui il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recedere da quest’ultimo. Allo stesso modo, la direttiva in questione non prevede alcun’altra conseguenza nel caso di mancata informazione al consumatore in merito a tale diritto di recesso; piuttosto, all’art. 4, terzo comma, essa stabilisce unicamente che gli Stati membri provvedono affinché la loro legislazione nazionale preveda misure appropriate per la tutela dei consumatori in caso di mancata informazione. Gli Stati membri sono dunque liberi di scegliere quali conseguenze scaturiranno nel caso in cui il consumatore non venga informato del suo diritto di recesso, là dove la direttiva esige unicamente che le misure in questione siano appropriate per la tutela dei consumatori (28). Per tale motivo, nel decidere sulla questione pregiudiziale la Corte dovrà far attenzione a non imporre agli altri Stati membri di prevedere nei propri ordinamenti nazionali la nullità del contratto quale conseguenza della mancata informazione al consumatore in merito al suo diritto di recesso.
49. Nel prosieguo delle presenti conclusioni analizzerò anzitutto la questione se la nullità relativa del contratto prevista dal diritto spagnolo costituisca una misura appropriata nel senso di cui all’art. 4, terzo comma, della direttiva 85/577; passerò quindi ad illustrare la regola generale sancita dal diritto comunitario riguardo alla possibilità di rilevare d’ufficio determinate questioni; analizzerò poi nei suoi contenuti la giurisprudenza con la quale la Corte ha riconosciuto un’eccezione a tale regola, verificando altresì se tale giurisprudenza possa essere trasposta alla presente fattispecie; concluderò infine esaminando la questione se il giudice del rinvio abbia nel caso di specie la facoltà oppure l’obbligo di attivarsi d’ufficio.
2. Possibilità di qualificare la nullità relativa del contratto come misura appropriata nel senso di cui all’art. 4, terzo comma, della direttiva 85/577
50. La legislazione spagnola stabilisce che, qualora il contratto venga concluso senza che il consumatore sia stato informato del suo diritto di recesso, esso potrà essere annullato su domanda del consumatore; pertanto, il diritto spagnolo fa ricorso all’istituto della nullità relativa.
51. Riguardo all’impiego del termine «nullità», sotto il profilo teorico e terminologico desidero qui far presente che la Spagna rientra fra gli Stati membri che distinguono tra «nullità assoluta» e «nullità relativa» (oltre ad essa, ad esempio, il Belgio (29) e la Francia (30)), a differenza di quegli Stati membri che distinguono tra «nullità» e «annullabilità» dei contratti (come ad esempio l’Austria (31), la Germania (32), i Paesi Bassi (33) e la Slovenia (34)). Ai sensi del diritto spagnolo, sussiste nullità assoluta qualora ad esempio manchi uno dei requisiti per la conclusione del contratto oppure questo sia contrario a norme imperative o a principi morali (35), mentre la nullità relativa interviene ad esempio nel caso in cui sussistano vizi del consenso al momento della conclusione del contratto (36). La nullità assoluta è rilevabile d’ufficio dal giudice e può essere fatta valere da qualsiasi interessato, mentre la nullità relativa deve essere eccepita dalla parte nel cui interesse è riconosciuta (37). La distinzione tra nullità e annullabilità comporta certo una differenza dal punto di vista terminologico, ma presenta analogie a livello concettuale (38); in tale ambito, chiunque può far valere la nullità e i tribunali sono tenuti a rilevarla d’ufficio; invece, qualora sussistano cause di annullabilità, queste possono essere fatte valere unicamente dalla parte interessata (39). Segnalo peraltro che nullità ed annullabilità dei contratti sono disciplinate anche dal documento del gruppo di esperti Draft Common Frame of Reference (DCFR) (40) (Progetto di quadro comune di riferimento). Tale documento, all’art. II.‑7:301, stabilisce che il contratto è nullo qualora: (a) violi un principio riconosciuto come fondamentale negli ordinamenti degli Stati membri dell’Unione europea, e (b) la sanzione della nullità sia necessaria per assicurare l’effettività di tale principio (41). Per contro, il DCFR prevede l’annullabilità del contratto, ad esempio, in caso di errore (42), dolo (43) o violenza (44) inficianti la conclusione del contratto.
52. Per stabilire se la disciplina spagnola, che dispone la nullità relativa del contratto in caso di mancata informazione al consumatore sul suo diritto di recesso, costituisca una misura appropriata nel senso di cui all’art. 4, terzo comma, della direttiva 85/577, dobbiamo anzitutto prendere in esame le particolari caratteristiche dei contratti conclusi fuori dei locali commerciali e l’importanza del diritto del consumatore di recedere da tali contratti.
53. Come risulta dal quarto ‘considerando’ della direttiva 85/577, è di regola il commerciante la parte che assume l’iniziativa delle trattative di tali contratti, dinanzi alle quali il consumatore si trova in una situazione caratterizzata da un elemento di sorpresa, non essendo egli preparato alla conclusione del contratto (45). Al consumatore deve dunque essere accordata una tutela particolare, in quanto egli non ha la possibilità di confrontare la qualità e il prezzo che gli vengono proposti con altre offerte (46).
54. In considerazione delle particolari caratteristiche dei contratti conclusi fuori dei locali commerciali, il consumatore deve disporre, dopo la conclusione del contratto, di un periodo di riflessione, di uno spatium deliberandi (47) nel quale poter valutare gli obblighi che il contratto comporta, nonché della facoltà, prevista dall’art. 5, n. 1, della direttiva 85/577, di recedere dal contratto entro un termine non inferiore a sette giorni (48). Ai sensi dell’art. 5, n. 2, della direttiva, se il consumatore decide di recedere dal contratto, è liberato da tutte le obbligazioni derivanti dal contratto rescisso. Il citato diritto del consumatore è di importanza tale che egli non può rinunciarvi (49).
55. Al fine di garantire al consumatore la possibilità di esercitare tale importante diritto, è essenziale che egli ne riceva adeguata informazione in forma scritta. Infatti, è possibile che il commerciante sfrutti a proprio vantaggio il fatto di poter convincere il consumatore a concludere il contratto – eventualmente sull’onda di un momentaneo entusiasmo di questi o a motivo della sua impossibilità di confrontare tale offerta con altre – e non lo informi del suo diritto di recedere dal contratto. Può accadere che il consumatore, una volta «sbollito l’entusiasmo» (50), si penta della propria decisione, ma, ignaro della facoltà di recedere dal contratto, accetti il fatto di essere vincolato all’accordo stipulato.
56. Pertanto, ai fini della tutela del consumatore nell’ambito dei contratti conclusi fuori dei locali commerciali, non è importante soltanto che il consumatore abbia il diritto di recedere dal contratto, ma anche che egli sia consapevole dei propri diritti e ne sia informato (51). Come già sottolineato dalla Corte nella sentenza Heininger, se il consumatore non ha conoscenza dell’esistenza di un diritto di recesso, si trova nell’impossibilità di esercitarlo (52). Qualora non gli sia stata fornita l’informazione sul diritto di recesso, il consumatore non potrà conseguentemente esercitare tutti i diritti a questo collegati, come ad esempio richiedere l’accertamento della nullità del contratto concluso in assenza di tale informazione, tranne il caso in cui vi sia la garanzia che egli è stato validamente informato di tali diritti (collegati con il diritto di recesso).
57. Pertanto, a mio avviso, la normativa spagnola, la quale stabilisce che il consumatore può chiedere l’annullamento del contratto concluso al di fuori dei locali commerciali qualora non sia stato informato del suo diritto di recedere da quest’ultimo, non costituisce una misura appropriata nel senso di cui all’art. 4, terzo comma, della direttiva 85/577, tranne quando vi sia la garanzia che il consumatore è stato validamente informato dei diritti conferitigli in tali circostanze dall’ordinamento nazionale.
58. In prosieguo si dovrà quindi accertare se il giudice nazionale debba attivarsi d’ufficio nel caso in cui il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recesso dal contratto.
3. Regola generale: assenza nel diritto comunitario di un obbligo generale di accertamento d’ufficio
59. Va sottolineato come in base al diritto comunitario non sussista un obbligo generale dei giudici nazionali di tener conto d’ufficio dei diritti conferiti ai singoli dall’ordinamento comunitario. Secondo una consolidata giurisprudenza, in mancanza di una specifica disciplina comunitaria, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità procedurali per garantire la salvaguardia dei diritti di cui gli amministrati godono ai sensi dell’ordinamento comunitario, in forza del principio dell’autonomia processuale degli Stati membri, a condizione, tuttavia, che tali modalità non siano meno favorevoli di quelle applicabili a situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) (53). Ogni caso in cui si ponga la questione se una norma processuale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti ai singoli dal diritto comunitario dev’essere esaminato tenendo conto del ruolo di tale norma nell’insieme del procedimento, nonché dello svolgimento e delle peculiarità di quest’ultimo dinanzi ai diversi giudici nazionali (54).
60. Dalla giurisprudenza emerge altresì che il principio di effettività non impone ai giudici nazionali l’obbligo di sollevare d’ufficio questioni o eccezioni fondate su una disposizione comunitaria, indipendentemente dall’importanza di quest’ultima per l’ordinamento giuridico comunitario, purché sia data alle parti la possibilità effettiva di dedurre un motivo fondato sul diritto comunitario dinanzi al giudice nazionale (55). Ciò si giustifica in base al principio secondo cui l’iniziativa del processo spetta alle parti e, di conseguenza, il giudice può agire d’ufficio solo in casi eccezionali, per il pubblico interesse (56).
61. La Corte ha però elaborato nella sua giurisprudenza un’eccezione a tale principio generale in relazione ad alcune direttive in materia di tutela dei consumatori – in riferimento prima alla direttiva 93/13, e poi anche alla direttiva 87/102 – ammettendo che in vista di tale tutela e della realizzazione delle finalità di tali direttive il giudice nazionale possa rilevare d’ufficio talune questioni (57).
62. Per tale motivo esaminerò qui di seguito il contenuto della giurisprudenza riguardante le direttive 93/13 e 87/102, per poi verificare se essa sia trasponibile per analogia alla direttiva 85/577.
4. Eccezione alla regola generale: la giurisprudenza relativa alle direttive 93/13 e 87/102
a) Giurisprudenza relativa alla direttiva 93/13
63. Per quanto riguarda la direttiva 93/13 vengono in rilievo le sentenze Océano Grupo (58), Cofidis (59) e Mostaza Claro (60).
64. Nella sentenza Océano Grupo la Corte ha sottolineato che il sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13 è fondato sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere negoziale sia il grado di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte dal professionista, senza poter incidere sul contenuto delle stesse (61). La Corte ha affermato che l’obiettivo perseguito dall’art. 6 della direttiva 93/13 – il quale obbliga gli Stati membri a prevedere che le clausole abusive non vincolino i consumatori – non potrebbe essere conseguito se questi ultimi fossero tenuti a eccepire essi stessi l’abusività di tali clausole (62). Essa ha sottolineato che esiste un rischio non trascurabile che, soprattutto per ignoranza, il consumatore non faccia valere il carattere abusivo della clausola oppostagli; pertanto, secondo la Corte, una tutela effettiva del consumatore può essere ottenuta solo se al giudice nazionale viene riconosciuta la facoltà di valutare d’ufficio tale clausola (63).
65. Nella sentenza Océano Grupo la Corte ha altresì evidenziato che la facoltà per il giudice di esaminare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola costituisce un mezzo idoneo tanto a realizzare l’obiettivo fissato dall’art. 6 della direttiva – che è quello di impedire che il consumatore sia vincolato da una clausola abusiva – quanto a contribuire al raggiungimento dell’obiettivo contemplato dall’art. 7 della medesima direttiva (64), dato che tale esame può avere un effetto dissuasivo e dunque concorrere a far cessare l’inserimento di clausole abusive nei contratti conclusi tra un professionista e i consumatori (65).
66. La Corte ha dunque statuito, nella medesima sentenza Océano Grupo, che la tutela assicurata ai consumatori dalla direttiva 93/13 comporta che il giudice nazionalepossa valutare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale (66).
67. Similmente, nella sentenza Cofidis la Corte ha sottolineato che la facoltà per il giudice di esaminare d’ufficio l’abusività di una clausola contrattuale è necessaria per garantire al consumatore una tutela effettiva, tenuto conto in particolare del rischio non trascurabile che questi ignori i suoi diritti o incontri difficoltà per esercitarli (67). La Corte ha così affermato in tale pronuncia che la direttiva 93/13 osta ad una normativa interna che, in un’azione promossa da un professionista nei confronti di un consumatore e basata su un contratto stipulato tra loro, vieti al giudice nazionale, alla scadenza di un termine di decadenza, di rilevare d’ufficio o a seguito di un’eccezione sollevata dal consumatore il carattere abusivo di una clausola inserita nel suddetto contratto (68).
68. I principi sopra indicati sono stati ribaditi dalla Corte nella sentenza Mostaza Claro, dove ha statuito che la direttiva 93/13 dev’essere interpretata nel senso che essa implica che un giudice nazionale chiamato a pronunciarsi sull’impugnazione di un lodo arbitrale rilevi la nullità dell’accordo arbitrale ed annulli il lodo, nel caso in cui ritenga che tale accordo contenga una clausola abusiva, anche qualora il consumatore non abbia fatto valere tale nullità nell’ambito del procedimento arbitrale, ma solo in quello per l’impugnazione del lodo (69).
b) Giurisprudenza relativa alla direttiva 87/102
69. Come sottolineato dalla Commissione, la Corte ha già trasposto la giurisprudenza elaborata nelle sentenze Océano Grupo, Cofidis e Mostaza Claro ad un’altra direttiva in materia di tutela dei consumatori, vale a dire la direttiva 87/102. Nella sentenza Rampion (70) la Corte ha dichiarato che la direttiva 87/102 dev’essere interpretata nel senso che consente al giudice nazionale di applicare d’ufficio le disposizioni che traspongono nel diritto interno l’art. 11, n. 2, della direttiva stessa (71). Tale disposizione della direttiva 87/102 stabilisce che, in presenza di determinati presupposti (72), il consumatore può procedere contro il finanziatore, e che gli Stati membri devono stabilire entro quali limiti e a quali condizioni il diritto è esercitabile.
70. Nella motivazione della sentenza Rampion la Corte ha chiarito che la direttiva 87/102 ha un duplice scopo, e precisamente, da un lato, di assicurare la realizzazione di un mercato comune del credito al consumo e, dall’altro, di proteggere i consumatori che ottengono tali crediti (73). La finalità dell’art. 11, n. 2, di tale direttiva è di conferire al consumatore taluni diritti nei confronti del finanziatore, che si aggiungono ai suoi normali diritti contrattuali nei riguardi di questi e del fornitore di beni o servizi (74). La Corte ha giudicato che tale finalità non potrebbe essere effettivamente perseguita se il consumatore si trovasse nell’obbligo di far valere lui stesso il diritto di agire in giudizio che gli spetta nei confronti del finanziatore, in particolare in ragione del rischio che egli ignori i propri diritti o incontri difficoltà per esercitarli (75).
5. Trasposizione della giurisprudenza riguardante la direttiva 93/13 e la direttiva 87/102 alla presente controversia
71. A mio avviso, la giurisprudenza sopra richiamata è trasponibile alla presente fattispecie, ma nel richiamarne i principi occorre assicurare che vengano applicati con gli opportuni adeguamenti e in modo non contrastante con le finalità e le specifiche disposizioni della direttiva 85/577.
72. Anzitutto, alla presente fattispecie può senza dubbio essere trasposta la ratio che ha ispirato la giurisprudenza suddetta, ovvero le motivazioni che hanno mosso la Corte a pronunciarsi in quei termini nelle sentenze citate. La giurisprudenza di cui alle sentenze Océano Grupo, Cofidis, Mostaza Claro e Rampion parte dal presupposto che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al commerciante (76) e che sussista il rischio che il detto consumatore ignori i propri diritti o incontri difficoltà per esercitarli (77). Anche il sistema istituito dalla direttiva 85/577 si fonda sul fatto che, nell’ambito del contratto, il consumatore è la parte più debole e deve dunque essergli garantita una tutela particolare, ciò che risulta in particolare dall’esigenza che egli sia informato per iscritto del suo diritto di recesso – presumendosi dunque che ignori tale diritto qualora non ne sia stato informato – nonché dall’obbligo per gli Stati membri di prevedere misure appropriate per il caso di mancato rilascio di tale informazione (78). Pertanto, l’obiettivo di un elevato livello di tutela dei consumatori è identico tanto nel caso delle direttive 93/13 o 87/102, quanto in quello della direttiva 85/577 (79). Tutti tali atti muovono dunque dal presupposto dell’esistenza di un rischio che il consumatore ignori i propri diritti. Tale disparità tra il consumatore e il commerciante può essere riequilibrata solo grazie a un intervento positivo da parte di soggetti estranei al rapporto contrattuale (80).
73. Inoltre, nel trasporre la giurisprudenza di cui sopra occorre operare una chiara distinzione tra ciò che il giudice nazionale accerta d’ufficio e la conseguenza di tale accertamento. Il punto essenziale della giurisprudenza relativa alla direttiva 93/13 consiste nel prevedere che il giudice nazionale accerti d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale, e non nella possibilità per il predetto di dichiarare che tale clausola non vincola il consumatore; quest’ultima è soltanto una conseguenza della constatazione del carattere abusivo della clausola (81). Anche agli effetti della direttiva 87/102 il giudice nazionale applica d’ufficio le disposizioni mediante le quali l’art. 11, n. 2, di quest’ultima è stato trasposto nell’ordinamento interno; tuttavia le conseguenze vengono stabilite da norme nazionali e possono variare da uno Stato membro all’altro. Per analogia con la distinzione tra accertamento d’ufficio e conseguenze di tale accertamento, appare ragionevole che nel contesto della direttiva 85/577 il giudice nazionale accerti d’ufficio se il consumatore sia stato informato del suo diritto di recedere dal contratto.
74. È chiaro che, a questo punto, sorge la questione relativa alle conseguenze della constatazione di un’eventuale omessa informazione. Il giudice del rinvio ritiene che in tal caso una misura appropriata per la tutela dei consumatori sia la nullità assoluta del contratto, in quanto misura più rigorosa della nullità relativa prevista dal diritto spagnolo. Tuttavia, si pone la questione se la nullità assoluta, quale conseguenza della mancata informazione al consumatore, costituisca una misura rispondente alle finalità della direttiva 85/577; occorre dunque stabilire – similmente a quanto effettuato in relazione alla nullità relativa – se la nullità assoluta del contratto accertata d’ufficio dal giudice nazionale costituisca una misura appropriata per la tutela dei consumatori ai sensi dell’art. 4, terzo comma, della detta direttiva.
75. Riguardo al carattere appropriato della nullità assoluta, desidero anzitutto istituire un parallelo tra il diritto del consumatore di recedere dal contratto ed il suo diritto di decidere in merito alla validità del contratto concluso in assenza dell’informazione suddetta. Dobbiamo tener conto del fatto che l’esercizio del diritto di recesso dal contratto concluso fuori dei locali commerciali è subordinato alla volontà del consumatore. L’art. 5, n. 1, della direttiva 85/577 stabilisce che «[i]l consumatore ha il diritto (82) di rescindere il proprio impegno (...)». L’essenza di tale disposizione consiste dunque nel fatto che è lo stesso consumatore a decidere se recedere o no dal contratto. Dall’art. 5, n. 2, della medesima direttiva risulta poi che il consumatore è liberato da tutte le obbligazioni derivanti dal contratto rescisso soltanto qualora abbia inviato alla controparte una comunicazione di recesso. Pertanto, affinché il consumatore non sia più vincolato al contratto, è necessaria una sua decisione seguita da un comportamento consistente nell’inviare alla controparte una comunicazione di recesso.
76. Il consumatore, così come deve avere la possibilità di esercitare egli stesso il proprio diritto di recesso, deve avere altresì la possibilità di decidere personalmente se mantenere in vita o no il contratto concluso in assenza dell’informazione suddetta. È possibile infatti che egli intenda confermare la validità di tale contratto sebbene non sia stato informato del suo diritto di recesso. Nella presente fattispecie, giusta le disposizioni del diritto spagnolo, se sarà accertata la nullità del contratto, il consumatore dovrà in linea di massima, in virtù del principio quod nullum est, nullum producit effectum (83), restituire al commerciante la merce ricevuta, ma avrà a sua volta diritto al rimborso del prezzo già pagato (84). È però possibile che ciò non si traduca in un vantaggio per il consumatore; al contrario, può accadere che la nullità di un simile contratto vada interamente a suo danno (85). Pertanto, volendo tutelare eccessivamente il consumatore, è possibile che invece gli arrechiamo un danno, come ben illustra il detto latino summum ius summa iniuria.
77. Oltre a ciò, è importante tener presente che, accettando l’ipotesi della nullità assoluta, compieremmo un ulteriore passo fuori dei confini tracciati dalla giurisprudenza relativa alla direttiva 93/13. Infatti, l’art. 6, n. 1, della direttiva 93/13 consente che «il contratto resti vincolante per le parti (...), sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive». Pertanto, nel contesto della direttiva 93/13 il giudice nazionale accerta d’ufficio unicamente se specifiche clausole del contratto abbiano carattere abusivo, ma questo rimane valido qualora la sua sussistenza sia possibile anche senza le clausole dichiarate abusive. Tuttavia, nella presente fattispecie il giudice del rinvio intende dichiarare la nullità dell’intero contratto, sicché in tal caso le conseguenze per quest’ultimo sarebbero più gravi di quelle scaturenti dalla direttiva 93/13.
78. Ritengo perciò che la nullità assoluta del contratto, dichiarata d’ufficio dal giudice nazionale in caso di mancata informazione al consumatore in merito al suo diritto di recesso, non costituisca una misura appropriata per la tutela dei consumatori nel senso di cui all’art. 4, terzo comma, della direttiva 85/577.
79. Di conseguenza, nel definire le conseguenze derivanti dalla constatazione del giudice nazionale relativa alla mancata informazione al consumatore in merito al suo diritto di recesso, è necessario ricercare, attraverso un’interpretazione teleologica, un’alternativa maggiormente confacente alla finalità della direttiva 85/577.
80. A mio avviso, la finalità perseguita dalla direttiva 85/577 può essere al meglio raggiunta prevedendo che il giudice nazionale, qualora accerti d’ufficio che il consumatore non è stato informato del diritto di recesso che gli spetta, porti quest’ultimo a conoscenza dei diritti conferitigli in tali circostanze dall’ordinamento nazionale. In tal modo, da un lato, si garantisce un’adeguata tutela del consumatore e, dall’altro, si consente a questi di decidere personalmente, in ossequio al principio di autonomia nell’ambito del diritto privato (86), se mantenere la validità del contratto nel caso in cui egli non sia stato informato in merito al proprio diritto di recesso.
81. Inoltre, mediante la soluzione che prevede che il giudice nazionale informi il consumatore dei diritti ad esso conferiti dall’ordinamento nazionale viene rispettato il diritto degli Stati membri, garantito dall’art. 4, terzo comma, della direttiva 85/577, di scegliere autonomamente le misure appropriate per il caso di mancata informazione al consumatore in merito al suo diritto di recesso dal contratto. Se al giudice nazionale fosse consentito dichiarare d’ufficio la nullità del contratto concluso in assenza di tale informazione, gli Stati membri sarebbero privati del margine di discrezionalità ad essi concesso dalla direttiva quanto alle conseguenze per i contratti affetti da tale vizio. Infatti, l’analisi comparatistica mostra che gli Stati membri, in sede di trasposizione dell’art. 4, terzo comma, della direttiva 85/577, hanno di fatto optato per misure di natura assai differente tra loro per il caso di mancata informazione al consumatore in merito al suo diritto di recesso. Tali soluzioni di vario tipo si lasciano sommariamente suddividere in due gruppi; a titolo illustrativo – e lasciando impregiudicata la questione se le misure di attuazione nazionali abbiano correttamente trasposto le disposizioni della direttiva 85/577 – menzionerò qui di seguito le soluzioni adottate da alcuni Stati membri.
82. Nel primo gruppo rientrano i paesi i cui ordinamenti giuridici, quale conseguenza per la mancata informazione al consumatore, prevedono la nullità del contratto (ad esempio il Belgio (87), il Lussemburgo (88), i Paesi Bassi (89) e la Spagna (90)) oppure l’inefficacia dello stesso nei confronti del consumatore (ad esempio la Finlandia (91)), ovvero stabiliscono l’impossibilità di chiederne a questi l’adempimento (ad esempio l’Irlanda (92) e il Regno Unito (93)). Nel secondo gruppo sono compresi i paesi nei quali, per effetto della mancata informazione al consumatore, viene prolungato il termine previsto per il recesso dal contratto (94) (ad esempio l’Austria (95), la Repubblica ceca (96), l’Italia (97), la Germania (98) e la Slovenia (99)). Merita ricordare altresì che alcuni Stati, accanto alle sanzioni principali per la mancata informazione – ad esempio la nullità del contratto o il prolungamento del termine di recesso –, prevedono anche una sanzione pecuniaria (è il caso del Belgio (100) e dell’Italia (101)). Faccio poi presente che, in una prospettiva de lege ferenda, tale questione verrà forse risolta in maniera unitaria dalla Direttiva sui diritti dei consumatori, la quale si trova attualmente ancora in fase di proposta (102) e stabilisce che, in caso di mancata informazione al consumatore in merito al suo diritto di recedere dal contratto, il periodo di recesso scade tre mesi dopo che il commerciante abbia adempiuto pienamente ai suoi altri obblighi contrattuali (103).
83. Resta da verificare se le disposizioni della direttiva 85/577 costituiscano norme di ordine pubblico. Nella sentenza Mostaza Claro (104) la Corte ha implicitamente già qualificato le disposizioni della direttiva 93/13 come idonee a costituire parte dell’ordine pubblico (105), evidenziando in tale sede, segnatamente, il fatto che l’art. 6, n. 1, di tale direttiva ha natura di norma imperativa. Anche per quanto riguarda la direttiva 85/577 possiamo affermare che il suo art. 4 – il quale impone al commerciante l’obbligo di informare per iscritto il consumatore in merito al suo diritto di recedere dal contratto – costituisce una norma imperativa, la quale, in considerazione della posizione di inferiorità di una delle parti del contratto, mira a sostituire all’equilibrio formale fra i diritti e gli obblighi delle parti contraenti un effettivo equilibrio tra queste ultime. Come già sottolineato dalla Corte nella sentenza Mostaza Claro in riferimento alla direttiva 93/13, possiamo constatare anche in relazione alla direttiva 85/577 che questa, mirando a rafforzare la tutela dei consumatori ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. t), CE, costituisce uno strumento indispensabile per l’adempimento dei compiti affidati alla Comunità e, in particolare, per l’innalzamento del livello e della qualità della vita al suo interno (106).
84. Quand’anche la Corte non condividesse l’argomentazione di cui al paragrafo precedente relativa all’ordine pubblico, mi preme sottolineare che nelle sentenze Océano Grupo e Cofidis essa non ha fatto riferimento, per giustificare l’intervento d’ufficio dei giudici nazionali, all’ordine pubblico, bensì unicamente alla tutela effettiva del consumatore, la quale, in considerazione del rischio che questi ignori i propri diritti, può essere ottenuta soltanto riconoscendo ai giudici nazionali un potere di intervento d’ufficio (107). Anche nella presente fattispecie occorre senz’altro garantire una tutela effettiva dei consumatori, sicché tale esigenza può a mio avviso essere sufficiente per giustificare l’intervento d’ufficio del giudice nazionale, senza necessità di aderire agli argomenti riguardanti l’ordine pubblico.
85. A mio avviso, la soluzione che prevede che il giudice nazionale, una volta accertata d’ufficio la mancata informazione al consumatore in merito al suo diritto di recesso, porti quest’ultimo a conoscenza dei diritti conferitigli in tali circostanze dall’ordinamento nazionale, non contrasta neppure con le statuizioni della Corte nella sentenza Hamilton (108). In tale pronuncia – avente ad oggetto la questione se costituisca una misura appropriata per la tutela dei consumatori una norma in forza della quale il diritto di recesso del consumatore si estingue dopo un mese dal pieno adempimento, ad opera di entrambe le parti, degli obblighi derivanti da un contratto di mutuo a lungo termine – la Corte ha sottolineato che il termine «appropriate», impiegato all’art. 4, terzo comma, della direttiva 85/577, mostra che le misure cui esso si riferisce non mirano ad una tutela assoluta dei consumatori (109), ed ha evidenziato altresì che tanto l’economia generale quanto il tenore letterale di varie disposizioni della detta direttiva indicano che tale tutela è soggetta ad alcuni limiti (110). Va però tenuto presente che tali limiti riguardano la particolare situazione di fatto che veniva in questione nella causa suddetta, nella quale gli obblighi derivanti dal contratto erano stati interamente adempiuti da entrambe le parti (111).
86. Tuttavia, dalla descrizione dei fatti della causa principale, quale fornita nell’ordinanza di rinvio, risulta che le obbligazioni del contratto non sono ancora state interamente adempiute. La merce acquistata è stata consegnata al consumatore, e del prezzo di acquisto, ammontante complessivamente a EUR 1 909, egli ha versato EUR 47,48, cioè una minima parte. Il commerciante ha avviato un procedimento nei confronti del consumatore a motivo dell’incompleto adempimento dell’obbligazione a questi incombente in forza del contratto. Pertanto, nella presente causa non vengono in questione le limitazioni alla tutela dei consumatori introdotte dalla Corte con la sentenza Hamilton, dal momento che gli obblighi derivanti dal contratto non sono ancora stati interamente adempiuti da entrambe le parti.
6. Configurabilità del potere di intervento ex officio del giudice nazionale come facoltà oppure come obbligo
87. Sebbene la questione sollevata dal giudice del rinvio non miri a stabilire se egli, in forza dell’art. 4 della direttiva 85/577, abbia l’obbligo di attivarsi d’ufficio qualora il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recesso o se invece la norma suddetta gli consenta tale intervento, si rende necessario chiarire se nella presente fattispecie si configuri in capo al giudice nazionale una facoltà oppure un obbligo di procedere a tale intervento d’ufficio. Ciò assume particolare importanza per il fatto che nella presente causa la Commissione sostiene la tesi secondo cui i giudici nazionali hanno, in una fattispecie quale quella in esame, l’obbligo di attivarsi d’ufficio (112), mentre il governo austriaco afferma l’insussistenza di tale obbligo (113).
88. Mi preme anzitutto sottolineare che la questione sollevata dal giudice del rinvio va intesa nel contesto dell’ordinamento giuridico spagnolo. Il diritto spagnolo, infatti, non consente al giudice del rinvio, in una fattispecie quale quella presente, di attivarsi d’ufficio, motivo per cui il detto giudice chiede se tale intervento d’ufficio gli sia consentito in virtù del diritto comunitario (114). Dalla formulazione della questione pregiudiziale appare in realtà chiaramente che il giudice del rinvio tenta di trovare nel diritto comunitario un fondamento giuridico per un suo intervento d’ufficio.
89. Va inoltre sottolineato, a titolo di raffronto, che nella sentenza Océano Grupo (115) la Corte ha statuito, in riferimento alla direttiva 93/13, che il giudice nazionale può valutare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale. Analogamente, nella sentenza Cofidis la Corte ha parlato di facoltà (116) del giudice nazionale di procedere a tale valutazione d’ufficio. La Corte si è poi spinta un passo più in là nella sentenza Mostaza Claro, dove ha affermato che il giudice nazionale deve valutare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale (117).
90. Anche nella presente fattispecie sussiste a mio avviso un obbligo del giudice nazionale di intervenire d’ufficio, poiché solo così è possibile garantire l’effettiva tutela dei consumatori perseguita dalla direttiva 85/577 (118). Se tale valutazione fosse rimessa alla discrezionalità dei giudici nazionali, non sarebbe chiaro sulla base di quali criteri i giudici interverrebbero d’ufficio in alcuni casi, astenendosene in altri. L’obbligo di intervento d’ufficio dei giudici nazionali è importante anche a motivo del fatto che un simile intervento sistematicamente attuato produrrà un effetto dissuasivo, scoraggiando i commercianti dall’omettere l’informazione al consumatore relativa al suo diritto di recesso dal contratto (119).
91. A mio avviso, i giudici nazionali hanno dunque l’obbligo, e non solo la facoltà, di verificare d’ufficio se il consumatore sia stato informato del suo diritto di recedere dal contratto e, in caso negativo, di portarlo a conoscenza dei diritti a lui conferiti in tali circostanze dall’ordinamento nazionale.
C – Conclusione
92. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, ritengo che la questione pregiudiziale sollevata debba essere risolta statuendo che l’art. 153 CE, letto in combinato disposto con l’art. 3, n. 1, lett. t), CE e con l’art. 4, terzo comma, della direttiva 85/577, va interpretato nel senso che esso, in circostanze quali quelle di cui alla causa principale, non consente al giudice nazionale di dichiarare d’ufficio la nullità del contratto nel caso in cui il consumatore non l’abbia dedotta nel corso del procedimento dinanzi a tale giudice; tuttavia, il giudice nazionale deve accertare d’ufficio se il consumatore sia stato informato del suo diritto di recedere dal contratto e, in caso negativo, portarlo a conoscenza dei diritti conferitigli in tali circostanze dall’ordinamento nazionale.
VII – Conclusione
93. Tenuto conto di quanto sopra esposto, propongo alla Corte di risolvere la questione pregiudiziale sollevata dall’Audiencia Provincial de Salamanca statuendo quanto segue:
L’art. 153 CE, letto in combinato disposto con l’art. 3, n. 1, lett. t), CE e con l’art. 4, terzo comma, della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, va interpretato nel senso che esso, in circostanze quali quelle di cui alla causa principale, non consente al giudice nazionale di dichiarare d’ufficio la nullità del contratto nel caso in cui il consumatore non l’abbia dedotta nel corso del procedimento dinanzi a tale giudice; tuttavia, il giudice nazionale deve accertare d’ufficio se il consumatore sia stato informato del suo diritto di recedere dal contratto e, in caso negativo, portarlo a conoscenza dei diritti conferitigli in tali circostanze dall’ordinamento nazionale.
1 – Lingua originale: lo sloveno.
2 – GU L 372 del 31.12.1985, pag. 31.
3 – Riguardo alle nozioni di «preklic» [letteralmente: «revoca» – NdT] e «odstop» [letteralmente: «recesso» – NdT], faccio presente che la direttiva 85/577 utilizza due espressioni, e precisamente: all’art. 4, primo comma, afferma che il consumatore ha una «pravic[a] do preklica» [letteralmente: «diritto di revoca»; nella versione italiana della direttiva: «diritto di rescindere il contratto» – NdT] («droit de résiliation/résilier», «Widerrufsrecht», «right of cancellation», «derecho de rescisión/a rescindir»), mentre all’art. 5, n. 1, stabilisce che il consumatore ha una «pravic[a], da odstopi od pogodbe» [letteralmente: «diritto di recedere dal contratto»; nella versione italiana della direttiva: «diritto di rescindere il proprio impegno» – NdT] («droit de renoncer aux effets de son engagement», «das Recht, von der eingegangenen Verpflichtung zurückzutreten», «right to renounce the effects of his undertaking», «derecho de renunciar a los efectos de su compromiso»). Per quanto riguarda la versione tedesca della direttiva 85/577, segnalo che al quarto ‘considerando’ viene impiegata la stessa espressione che all’art. 5, n. 1 [«das Recht, (…) zurückzutreten»]. L’esame comparatistico degli istituti giuridici del «preklic» e dell’«odstop» eccederebbe i limiti dell’analisi svolta nelle presenti conclusioni, in quanto gli effetti giuridici di tali due istituti sono determinati dagli ordinamenti dei singoli Stati membri; mi limito a segnalare che nelle presenti conclusioni non utilizzo entrambe le espressioni, bensì solo quella di «odstop od pogodbe» [«recesso dal contratto»].
4 – Nota riguardante unicamente la versione slovena delle presenti conclusioni: [omissis].
5 – La Carta è stata solennemente proclamata il 7 dicembre 2000 a Nizza (GU C 364 del 18.12.2000, pag. 1); tale solenne proclamazione è stata ripetuta il 12 dicembre 2007 a Strasburgo (GU C 303 del 14.12.2007, pag. 1).
6 – Ley 26/1991, de 21 de noviembre, sobre contratos celebrados fuera de los establecimientos mercantiles, Boletín Oficial del Estado (BOE del 26.11.1991, pag. 283/1991.
7 – La legge n. 26/1991 utilizza il termine «revocación».
8 – Occorre precisare che nel contratto viene menzionato quale acquirente il sig. Juan Caballo Bueno, convivente more uxorio della sig.ra Eva Martín Martín, ma la sottoscrizione è stata apposta da quest’ultima. Nell’intera procedura svoltasi dinanzi ai giudici spagnoli questi hanno considerato quale unica parte contrattuale la sig.ra Eva Martín Martín.
9 – La EDP sostiene che nella presente fattispecie trova applicazione il regio decreto 16 novembre 2007 (Real Decreto Legislativo 1/2007, de 16 de noviembre), che ha abrogato la legge n. 26/1991. Tuttavia, come chiarito dal governo spagnolo (v. nota 11 delle presenti conclusioni), nella causa in esame la disciplina pertinente è quella dettata dalla legge n. 26/1991, vigente all’epoca dei fatti.
10 – In tale contesto la EDP rinvia alla sentenza della Corte 14 dicembre 1995, causa C‑312/93, Peterbroeck (Racc. pag. I‑4599, punto 14).
11 – Il governo spagnolo afferma anche che la legge n. 26/1991, sebbene sia stata sostituita dal regio decreto 16 novembre 2007, n. 1/2007 (Real Decreto Legislativo 1/2007, de 16 de noviembre), era ancora vigente nell’ordinamento spagnolo all’epoca dei fatti.
12 – GU L 95 del 21.4.1993, pag. 29.
13 – Sentenza 27 giugno 2000, cause riunite da C‑240/98 a C‑244/98, Océano Grupo e Salvat Editores (Racc. pag. I-4941).
14 – Sentenza 21 novembre 2002, causa C‑473/00, Cofidis (Racc. pag. I‑10875).
15 – Sentenza 26 ottobre 2006, causa C‑168/05, Mostaza Claro (Racc. pag. I‑10421).
16 – Sul punto il governo austriaco rinvia alle sentenze 16 dicembre 1976, causa 33/76, Rewe (Racc. pag. 1989, punto 5), e 13 marzo 2007, causa C‑432/05, Unibet (Racc. pag. I‑2271, punto 39).
17 – In proposito il governo austriaco fa riferimento alla sentenza 13 dicembre 2001, causa C‑481/99, Heininger (Racc. pag. I‑9945).
18 – In proposito la Commissione rinvia alle sentenze 14 dicembre 1995, cause riunite C‑430/93 e C‑431/93, van Schijndel e van Veen (Racc. pag. I‑4705, punto 17); 9 dicembre 2003, causa C‑129/00, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑14637, punto 25); 7 giugno 2006, cause riunite da C‑222/05 a C‑225/05, van der Weerd e a. (Racc. pag. I‑4233, punto 28), e Mostaza Claro (cit. alla nota 15, punto 24).
19 – Sul punto la Commissione rinvia alle sentenze van Schijndel (punto 21) e van der Weerd (punto 35), citate alla nota 18.
20 – Al riguardo la Commissione cita le sentenze Océano Grupo (cit. alla nota 13, punto 28), Cofidis (cit. alla nota 14, punto 32) e Mostaza Claro (cit. alla nota 15, punto 27).
21 – GU L 42 del 12.2.1987, pag. 48. Faccio presente che tale direttiva è stata abrogata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 aprile 2008, 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE (GU L 133 del 22.5.2008, pag. 66).
22 – La Commissione rinvia a tal fine alla sentenza 4 ottobre 2007, causa C‑429/05, Rampion (Racc. pag. I‑8017).
23 – V. sentenze Heininger (cit. alla nota 17); 25 ottobre 2005, causa C‑350/03, Schulte (Racc. pag. I‑9215); 25 ottobre 2005, causa C‑229/04, Crailsheimer Volksbank (Racc. pag. I‑9273), e 10 aprile 2008, causa C‑412/06, Hamilton (non ancora pubblicata nella Raccolta).
24 – V. in tal senso ordinanze 6 ottobre 2005, causa C‑328/04, Vajnai (Racc. pag. I‑8577, punto 13), e 16 gennaio 2008, causa C‑361/07, Polier (Racc. pag. I‑6, punto 11).
25 – V., ad esempio, le conclusioni presentate dall\'avvocato generale Poiares Maduro il 9 settembre 2008 nella causa C‑465/07, Elgafaji (non ancora pubblicate nella Raccolta, paragrafi 21 e 23); quelle da me presentate in data 11 settembre 2008 nella causa C‑308/07 P, Gorostiaga (non ancora pubblicate nella Raccolta, paragrafi 56, 91 e 92); le conclusioni presentate dall\'avvocato generale Mengozzi il 21 gennaio 2009 nella causa C‑12/08, Mono Car Styling (non ancora pubblicate nella Raccolta, paragrafi 49, 83, 95 e 97), nonché quelle presentate dall\'avvocato generale Kokott il 22 gennaio 2009 nella causa C‑75/08, Mellor (non ancora pubblicate nella Raccolta, paragrafi 24, 25 e 33).
26 – V. sentenza 13 marzo 2007, causa C‑432/05, Unibet (Racc. pag. I‑2271, punto 37).
27 – V. ad esempio sentenze 12 dicembre 1990, causa C‑241/99, SARPP (Racc. pag. I‑4695, punto 8); 4 marzo 1999, causa C‑87/97, Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola (Racc. pag. I-1301, punto 16); 7 settembre 2004, causa C‑456/02, Trojani (Racc. pag. I‑7573, punto 38); 12 maggio 2005, causa C‑452/03, RAL (Channel Islands) e a. (Racc. pag. I‑3947, punto 25), e 22 dicembre 2008, causa C‑336/07, Kabel Deutschland (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 47).
28 – In tal senso si esprime anche il documento della Commissione europea Discussion paper on the Review of Directive 85/577/EEC to protect the consumer in respect of contracts negotiated away from business premises (Doorstep Selling Directive), consultabile alla pagina Internet http://ec.europa.eu/consumers/cons_int/safe_shop/door_sell/doorstepselling_discussionpaper.pdf, pag. 9. In dottrina v. anche Ehricke, U., «L’extension au contrat d’acquisition du bien immobilier des effets juridiques de la révocation d’un contrat de crédit immobilier en application de la directive 85/577/CEE sur le démarchage à domicile. Réflexions sur les limites des principes d’interprétation conforme et d’effet utile des directives», in Revue Européenne de Droit Bancaire et Financier (EUREDIA), n. 1/2004, pag. 163, il quale sottolinea che la direttiva 85/577 conferisce agli Stati membri un\'ampia discrezionalità quanto alla trasposizione delle sue disposizioni nel diritto nazionale.
29 – V., ad esempio, van Gerven, W., Verbintenissenrecht, 2ª ed., Acco, Lovanio, 2006, pagg. 146 e segg., il quale precisa che il diritto belga distingue tra nullità assoluta e nullità relativa.
30 – V., ad esempio, Flour, J., Aubert, J.-L., e Savaux, É., Les obligations. 1. Acte juridique, 12ª ed., Sirey, Parigi, 2006, pag. 259, punto 324.
31 – In base al diritto austriaco l’annullabilità è prevista per il caso in cui il contratto sia stato concluso con dolo o violenza; v. Rummel, P., in Rummel, P., Kommentar zum Allgemeinen bürgerlichen Gesetzbuch, Manz, Vienna, 2000, commento all’art. 870, pag. 1321, punto 1. La nullità è invece prevista, ai sensi dell’art. 879 dell’Allgemeines bürgerliches Gesetzbuch, qualora il contratto violi un divieto sancito dalla legge o si ponga in contrasto con i buoni costumi. Si deve precisare che, ciononostante, la dottrina austriaca distingue ulteriormente, nell’ambito della nullità, tra nullità assoluta, che può essere fatta valere da chiunque e che può essere rilevata d’ufficio dai giudici, e nullità relativa, che può essere fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse è riconosciuta. Al riguardo v. Krejci, H., in Rummel, P., Kommentar zum Allgemeinen bürgerlichen Gesetzbuch, Manz, Vienna, 2000, commento all’art. 879, pag. 1447, punti 247‑249.
32 – V., ad esempio, Larenz, K., e Wolf, M., Allgemeiner Teil des Bürgerlichen Gesetzbuchs, 9ª ed., Beck, Monaco di Baviera, 2004, pag. 796, punti 4 e segg. (in merito alla nullità), e pag. 800, punti 21 e segg. (in merito all’annullabilità).
33 – V., ad esempio, Hijma, J., Bijzondere overeenkomsten, 1ª parte, 7ª ed., Kluwer, Deventer, 2007, pag. 224, punto 218; Hartkamp, A. S., Verbintenissenrecht, 2ª parte, 12ª ed., Kluwer, Deventer, 2005, pag. 484, punto 459.
34 – V., ad esempio, Polajnar Pavčnik, A., in Juhart, M., e Plavšak, N. (a cura di), Obligacijski zakonik s komentarjem, 1° vol., GV založba, Lubiana, 2003, commento all’art. 86, pagg. 506 e segg. (riguardo alla nullità), e commento all’art. 94, pagg. 524 e segg. (riguardo all’annullabilità).
35 – V. Moreno Gil, Ó., Código civil y jurisprudencia concordada, Boletín oficial del estado, Madrid, 2006, pag. 1430, commento all’art. 1.300, punti 4.399 e 4.407. Cfr., per il diritto francese, ad esempio Flour, J., e a., op. cit. alla nota 30, pag. 259, punto 325; per il diritto belga, cfr. ad esempio Cornelis, L., Algemene theorie van de verbintenis, Intersentia, Anversa/Groningen, 2000, pag. 676, punto 539.
36 – V. Moreno Gil, Ó., op. cit. alla nota 35, pag. 1430, commento all’art. 1.300, punto 4.399. Cfr., quanto al diritto francese, Flour, J., e a., op. cit. alla nota 30, pag. 260, punto 325, e pag. 262, punto 328; per il diritto belga, v. van Gerven, W., Verbintenissenrecht, 2ª ed., Acco, Lovanio, 2006, pag. 147.
37 – V. Moreno Gil, Ó., op. cit. alla nota 35, pag. 1430, commento all’art. 1.300, punti 4.399 e 4.407. Cfr., per il diritto francese, Flour, J., e a., op. cit. alla nota 30, pag. 260, punto 326; per il diritto belga v., ad esempio, van Gerven, W., Verbintenissenrecht, 2ª ed., Acco, Lovanio, 2006, pag. 147.
38 – V., quanto al diritto tedesco, ad esempio Larenz, K., e Wolf, M., op. cit. alla nota 32, pag. 796, punto 2, dove vengono menzionate, quali esempi di cause di nullità, la violazione di una forma prescritta e l’inosservanza di divieti stabiliti ex lege o dei buoni costumi, mentre vengono indicati, quali esempi di cause di annullabilità, l’errore ed il dolo. Cfr., per il diritto olandese, Hartkamp, A. S., op. cit. alla nota 33, pagg. 484 e segg., punti 459 e 460; per il diritto sloveno, v. Polajnar Pavčnik, A., op. cit. alla nota 34; quanto alla nullità, commento all’art. 86 (pagg. 506 e segg.), quanto all’annullabilità, commento agli artt. 524 e segg.
39 – Per il diritto tedesco v., ad esempio, Larenz, K., op. cit. alla nota 32, pag. 797, punto 5; per il diritto olandese v. Hartkamp, A. S., op. cit. alla nota 33, pag. 485; in merito alla rilevabilità d’ufficio della nullità, v. punto 459, mentre per l’azione di annullamento v. punto 460; per il diritto sloveno v. Polajnar Pavčnik, A., op. cit. alla nota 34; in merito alla rilevabilità d’ufficio della nullità, v. commento all’art. 92 (pagg. 50 e segg.); per l’azione di annullamento, v. commento all’art. 95 (pagg. 527 e segg.).
40 – Von Bar, C., e a. (a cura di), Principles, Definitions and Model Rules of European Private Law, Draft Common Frame of Reference (DCFR). Interim Outline Edition; prepared by the Study Group on a European Civil Code and the Research Group on EC Private Law (Acquis Group), Sellier, European Law Publishers, Monaco di Baviera, 2008.
41 – Il testo originario dell’art. II.-7:301 (Contracts infringing fundamental principles) è il seguente: «A contract is void to the extent that: (a) it infringes a principle recognised as fundamental in the laws of the Member States of the European Union; and (b) nullity is required to give effect to that principle».
42 – V. ad esempio il paragrafo 1 dell’art. II.-7:201 (Mistake), che nella versione originale recita: «A party may avoid a contract for mistake of fact or law existing when the contract was concluded if: (a) the party, but for the mistake, would not have concluded the contract or would have done so only on fundamentally different terms and the other party knew or could reasonably be expected to have known this; and (b) the other party; (i) caused the mistake; (ii) caused the contract to be concluded in mistake by leaving the mistaken party in error, contrary to good faith and fair dealing, when the other party knew or could reasonably be expected to have known of the mistake; (iii) caused the contract to be concluded in mistake by failing to comply with a pre-contractual information duty or a duty to make available a means of correcting input errors; or (iv) made the same mistake».
43 – V. ad esempio il paragrafo 1 dell’art. II.-7:205 (Fraud), che nella versione originale recita: «A party may avoid a contract when the other party has induced the conclusion of the contract by fraudulent misrepresentation, whether by words or conduct, or fraudulent non-disclosure of any information which good faith and fair dealing, or any pre-contractual information duty, required that party to disclose».
44 – V. ad esempio il paragrafo 1 dell’art. II.-7:206 (Coercion or threats), che nella versione originale recita: «A party may avoid a contract when the other party has induced the conclusion of the contract by coercion or by the threat of an imminent and serious harm which it is wrongful to inflict, or wrongful to use as a means to obtain the conclusion of the contract».
45 – La Corte ha ad esempio sottolineato, nella sentenza 25 ottobre 2005, causa C‑229/04, Crailsheimer Volksbank (Racc. pag. I‑9273, punto 43), che l’obiettivo della direttiva è quello di tutelare il consumatore contro l’elemento di sorpresa inerente alla vendita a domicilio. L’elemento della sorpresa viene evidenziato anche da Martín Briceño, M. del R., La Directiva 85/577, de 20 de diciembre, referente a la protección de los consumidores en el caso de contratos negociados fuera de los establecimientos comerciales, La armonización legislativa de la Unión Europea, Dykinson, Madrid, 1999, pag. 162.
46 – V. ad esempio Martín Briceño, op. cit. alla nota 45, pag. 162; Habersack, M., «The Doorstep Selling Directive and Mortgage Loan Contracts», in European Business Law Review, n. 6/2000, pag. 394.
47 – Tale espressione relativa al periodo di riflessione viene utilizzata da Manes, P., «Il diritto di pentimento nei contratti dei consumatori dalla legislazione francese alla normativa italiana in attuazione della direttiva 85/577», in Contratto e impresa. Europa, n. 2/1996, pag. 696.
48 – In dottrina v. ad esempio Habersack, op. cit. alla nota 46, pag. 394. Mankowski, P., «Die gemeinschaftsrechtliche Kontrolle von Erlöschenstatbeständen für verbraucherschützende Widerrufsrechte», in Juristenzeitung, n. 23/2008, pag. 1143, sottolinea che il diritto di recesso rappresenta in realtà l’unico strumento approntato dalla direttiva 85/577 per la tutela del consumatore e che qualsiasi limitazione del diritto suddetto porta necessariamente ad una menomazione di tale tutela.
49 – V. l’art. 6 della direttiva 85/577, ai sensi del quale il consumatore non può rinunciare ai diritti conferitigli a norma di tale direttiva.
50 – Il periodo di ripensamento successivo alla conclusione del contratto viene spesso denominato «cooling off period» (letteralmente: «periodo di raffreddamento»). V. ad esempio il Libro verde sulla revisione dell\'acquis relativo ai consumatori (presentato dalla Commissione europea), COM(2006) 744 def., pag. 10 della versione inglese, nonché il documento di discussione della Commissione europea Discussion paper on the Review of Directive 85/577/EEC to protect the consumer in respect of contracts negotiated away from business premises (Doorstep Selling Directive), consultabile alla pagina Internet http://ec.europa.eu/consumers/cons_int/safe_shop/door_sell/doorstepselling_discussionpaper.pdf, pag. 10.
51 – Aggiungo che in tal modo la direttiva 85/577 impone al commerciante una particolare responsabilità, in quanto l’esercizio dei diritti del consumatore dipende dall’informazione fornita dal commerciante medesimo. Al riguardo v. le conclusioni presentate dall’avvocato generale Léger il 12 luglio 2001 nella causa C‑481/99, Heininger (Racc. pag. I‑9945, paragrafo 60).
52 – V. sentenza Heininger (cit. alla nota 17, punto 45). V. anche sentenza Hamilton (cit. alla nota 23, punto 33), nonché le conclusioni presentate dall’avvocato generale Léger il 12 luglio 2001 nella causa C‑481/99, Heininger (Racc. pag. I‑9945, paragrafo 60). In dottrina v., ad esempio, Rudisch, B., «Das “Heininger”‑Urteil des EuGH vom 13.12.2001, Rs C‑481/99: Meilenstein oder Stolperstein für den Verbraucherschutz bei Realkrediten?», in Eccher, B., Nemeth, K., e Tangl, A. (a cura di), Verbraucherschutz in Europa. Festgabe für em. o. Univ.-Prof. Dr. Heinrich Mayrhofer, Verlag Österreich, Vienna, 2002, pag. 202.
53 – V. in tal senso sentenze Peterbroeck (cit. alla nota 10, punto 12) e van Schijndel (cit. alla nota 18, punto 17); 16 maggio 2000, causa C‑78/98, Presdon e a. (Racc. pag. I‑3201, punto 31); 9 dicembre 2003, causa C‑129/00, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑14637, punto 25); van der Weerd (cit. alla nota 18, punto 28) e Mostaza Claro (cit. alla nota 15, punto 24).
54 – V. sentenze Peterbroeck (cit. alla nota 10, punto 14), van Schijndel (cit. alla nota 18, punto 19) e van der Weerd (cit. alla nota 18, punto 33).
55 – V. sentenza van der Weerd (cit. alla nota 18, punto 41); v. in tal senso anche la sentenza van Schijndel (cit. alla nota 18, punto 22). In dottrina v. ad esempio Lenaerts, K., Arts, D., e Maselis, I., Procedural Law of the European Union, 2ª ed., Sweet & Maxwell, Londra, 2006, pag. 104, punto 3-035; Simon, D., «Modalités du relevé d’office», in Europe – Revue mensuelle LexisNexis JurisClasseur, agosto‑settembre 2007, pag. 12; Jans, J. H., e Marseille, A. T., «Joined Cases C‑222–225/05, Van der Weerd and others v. Minister van Landbouw, Natuur en Voedselkwaliteit, Judgment of the Court (Fourth Chamber) of 7 June 2007, [2007] ECR I-4233», in Common Market Law Review, n. 3/2008, pagg. 858 e 859.
56 – V. sentenze van Schijndel (cit. alla nota 18, punto 21) e van der Weerd (cit. alla nota 18, punto 35).
57 – Segnalo che la Corte ha ammesso un’eccezione al suddetto principio generale anche in altri casi, ad esempio nella sentenza Peterbroeck (cit. alla nota 10), nella quale ha statuito che il diritto comunitario osta all’applicazione di una norma processuale nazionale che vieti al giudice nazionale di valutare d’ufficio la compatibilità di un provvedimento di diritto nazionale con una disposizione comunitaria quando quest’ultima non sia stata invocata dal singolo entro un determinato termine. Lo stesso vale per l’applicazione di disposizioni nel settore del diritto comunitario della concorrenza; v. sentenze 1° giugno 1999, causa C‑126/97, Eco Swiss (Racc. pag. I‑3055, punto 40), e 13 luglio 2006, cause riunite da C‑295/04 a C‑298/04, Manfredi e a. (Racc. pag. I‑6619, punto 31).
58 – V. sentenza Océano Grupo (cit. alla nota 13).
59 – V. sentenza Cofidis (cit. alla nota 14).
60 – V. sentenza Mostaza Claro (cit. alla nota 15).
61 – V. sentenza Océano Grupo (cit. alla nota 13, punto 25).
62 – Ibidem (punto 26).
63 – Ibidem (punto 26). Ciò è stato successivamente ribadito dalla Corte nelle sentenze Cofidis (cit. alla nota 14, punto 33) e Mostaza Claro (cit. alla nota 15, punto 28).
64 – L’art. 7 della direttiva 93/13 stabilisce, al paragrafo 1, che gli Stati membri «provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l\'inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori», e, al paragrafo 2, che tali mezzi «comprendono disposizioni che permettano a persone o organizzazioni, che a norma del diritto nazionale abbiano un interesse legittimo a tutelare i consumatori, di adire, a seconda del diritto nazionale, le autorità giudiziarie o gli organi amministrativi competenti affinché stabiliscano se le clausole contrattuali (...) abbiano carattere abusivo (...)». La finalità dell’art. 7 è dunque quella di consentire di assicurare la tutela dei consumatori anche per il tramite di soggetti che non sono le parti del contratto.
65 – V. sentenza Océano Grupo (cit. alla nota 13, punto 28). La Corte ha successivamente ribadito tale posizione nelle sentenze Cofidis (cit. alla nota 14, punto 32) e Mostaza Claro (cit. alla nota 15, punto 27).
66 – V. sentenza Océano Grupo (cit. alla nota 13, punto 1 del dispositivo).
67 – V. sentenza Cofidis (cit. alla nota 14, punto 33).
68 – V. sentenza Cofidis (cit. alla nota 14, punto 38 e dispositivo).
69 – V. sentenza Mostaza Claro (cit. alla nota 15, punto 39 e dispositivo).
70 – V. sentenza Rampion (cit. alla nota 22).
71 – Ibidem (punto 69 e dispositivo).
72 – Nell’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102 vengono enumerate le seguenti condizioni: «Quando: a) per l’acquisto di beni o la fornitura di servizi il consumatore conclude un contratto di credito con una persona diversa dal fornitore, e b) tra il [finanziatore] e il fornitore dei beni o dei servizi esiste un precedente accordo in base al quale il credito è messo esclusivamente da quel [finanziatore] a disposizione dei clienti di quel fornitore per l’acquisto di merci o di servizi di tale fornitore, e c) il consumatore di cui alla lettera a) ottiene il credito in conformità al precedente accordo, e d) i beni o i servizi considerati dal contratto di credito non sono forniti o sono forniti soltanto in parte, o non sono conformi al relativo contratto di fornitura, e) il consumatore ha proceduto contro il fornitore, ma non ha ottenuto la soddisfazione cui aveva diritto».
73 – V. sentenza Rampion (cit. alla nota 22, punto 59).
74 – Ibidem (punto 64).
75 – Ibidem (punto 65).
76 – La posizione di inferiorità del consumatore rispetto al venditore viene evidenziata ad esempio nelle sentenze Océano Grupo (cit. alla nota 13, punto 25) e Mostaza Claro (cit. alla nota 15, punto 26).
77 – V. sentenze Océano Grupo (cit. alla nota 13, punto 26), Cofidis (cit. alla nota 14, punto 33), Mostaza Claro (cit. alla nota 15, punto 28) e Rampion (cit. alla nota 22, punto 65).
78 – La Corte ha sottolineato che la finalità principale della direttiva 85/577 è di tutelare il consumatore contro il rischio derivante dalle circostanze inerenti alla stipulazione di un contratto fuori dei locali commerciali, e che tale tutela del consumatore viene realizzata con l\'istituzione di un diritto di recesso; v. sentenze Heininger (cit. alla nota 17, punto 38) e 25 ottobre 2005, causa C‑350/03, Schulte (Racc. pag. I‑9215, punto 66). V. anche sentenza Hamilton (cit. alla nota 23, punto 32).
79 – Faccio presente che l’esigenza di un elevato livello di tutela dei consumatori trova espressione anche nell’art. 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione (riferimenti alla nota 5), la quale stabilisce che nelle politiche dell\'Unione è garantito un livello elevato di protezione dei consumatori.
80 – V., per analogia, sentenze Océano Grupo (cit. alla nota 13, punto 27) e Mostaza Claro (cit. alla nota 15, punto 26).
81 – Desidero far presente che le conseguenze che derivano, ai sensi della direttiva 93/13, dall’inserimento di una clausola abusiva nel contratto sono differenti da quelle previste dalla direttiva 85/577 in caso di mancata informazione al consumatore in merito al suo diritto di recesso dal contratto. L’art. 6, n. 1, della direttiva 93/13 impone espressamente agli Stati membri di prevedere «che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore (...)» (il corsivo è mio). Per contro, il terzo comma dell’art. 4 della direttiva 85/577 stabilisce unicamente che «[g]li Stati membri fanno sì che la loro legislazione nazionale preveda misure appropriate per la tutela dei consumatori qualora non venga fornita l’informazione di cui al presente articolo» (enfasi aggiunta). La differenza tra questi due ordini di conseguenze risiede anche nel fatto che nel caso della direttiva 93/13 la sanzione per la clausola abusiva è stabilita dal diritto comunitario, mentre in caso di mancata informazione al consumatore riguardo al suo diritto di recesso gli effetti sono disciplinati dal diritto nazionale.
82 – Il corsivo è mio. V. anche le altre versioni linguistiche di questa parte della disposizione: in lingua francese («le consommateur a le droit»), inglese («the consumer shall have the right»), tedesca («der Verbraucher besitzt das Recht»), italiana [omissis] e spagnola («el consumidor tendrá el derecho»).
83 – Tale principio implica che il contratto nullo non produce effetti giuridici; ciò viene ad esempio affermato, per quanto riguarda il diritto spagnolo, da Díez‑Picazo, L., e Gullón, A., Sistema de derecho civil, Vol. II, 7ª ed., Tecnos, Madrid, 1995, pag. 109. Sotto il profilo comparatistico segnalo che tale principio viene riconosciuto anche nell’ordinamento di altri Stati membri; v. ad esempio, in riferimento al diritto francese, Flour, J., e a., op. cit. alla nota 30, pag. 297, punto 361; per il diritto sloveno, Polajnar Pavčnik, A., op. cit. alla nota 34, commento all’art. 86, pag. 507.
84 – V. art. 1.303 del Código civil spagnolo. Nella dottrina spagnola, in merito all\'obbligo di restituzione della merce ricevuta in base ad un contratto nullo, v. Díez-Picazo, L., e Gullón, A., op. cit. alla nota 83, pag. 111. Analoga disciplina è prevista negli ordinamenti giuridici di altri Stati membri; v. ad esempio, per il diritto tedesco, Larenz, K., e Wolf, M., op. cit. alla nota 32, pag. 797, punto 8, i quali affermano che, in caso di nullità del contratto, occorre ripristinare la situazione che vi sarebbe stata se il contratto nullo non fosse mai stato adempiuto; per il diritto francese, v. Flour, J., e a., op. cit. alla nota 30, pag. 298, punto 362; quanto alla disciplina slovena, v. Polajnar Pavčnik, A., op. cit. alla nota 34, commento all’art. 87, pagg. 513 e segg.
85 – Immaginiamo il caso di una vendita a domicilio in cui il consumatore acquisti in prevendita, e al minor prezzo previsto per i primi acquirenti, un’enciclopedia. Il consumatore paga il prezzo, ma il venditore non fornisce la merce nel termine previsto, sicché viene convenuto in giudizio dal detto consumatore. Il giudice accerta che il consumatore non è stato informato del suo diritto di recesso dal contratto, dichiarando quindi la nullità di quest\'ultimo. Il venditore restituisce al consumatore il prezzo pagato, ma questi, desiderando comunque acquistare l\'enciclopedia, la ordina nuovamente, però a un prezzo più elevato, non essendo più possibile acquistarla al minor prezzo praticato in prevendita.
86 – V., ad esempio, Basedow, J., «Die Europäische Union zwischen Marktfreiheit und Überregulierung – Das Schicksal der Vertragsfreiheit», in Bitburger Gespräche Jahrbuch 2008/I, Beck, Monaco di Baviera, 2009, pag. 86, il quale sottolinea che la libertà contrattuale è l’espressione più importante dell’autonomia nel diritto privato. Riguardo all’autonomia nel diritto privato, v. a titolo comparatistico, nella dottrina tedesca, Larenz, K., e Wolf, M., Allgemeiner Teil des bürgerlichen Rechts, 9ª ed., Beck, Monaco di Baviera, 2004, pag. 2, punto 2; nella dottrina austriaca Koziol, H., e Welser, R., Grundriss des bürgerlichen Rechts. Band I: Allgemeiner Teil – Sachenrecht – Familienrecht, 11ª ed., Manzsche Verlags- u. Universitätsbuchhandlung, Vienna, 2000, pag. 84; nella dottrina spagnola Díez‑Picazo, L., e Gullón, A., Sistema de derecho civil, Vol. I, 10ª ed., Tecnos, Madrid, 2002, pagg. 369 e segg., 375; v., nella dottrina francese, Aubert, J.-L., e Savaux, É., Les obligations. 1. Acte juridique, 12ª ed., Sirey, Parigi, 2006, pag. 72, punti 99 e segg.
87 – Per il Belgio, v. l’art. 88, terzo comma, della Loi du 14/7/1991 sur les pratiques du commerce et sur l’information et la protection du consommateur, il quale stabilisce che la conseguenza della mancata informazione al consumatore è la nullità del contratto. Segnalo che la legge non precisa se si tratti di nullità relativa o assoluta ed anche tra i giudici belgi non vi è concordia di posizioni al riguardo; v. ad esempio la sentenza dell’Hof van Beroep te Antwerpen 31 ottobre 2005 (Rechtskundig Weekblad 2007-08, n. 22, 26.1.2008), nella quale tale giudice afferma che si tratta di nullità assoluta, nonché la sentenza dell’Hof van Beroep te Gent 21 febbraio 2007 (Jaarboek Handelspraktijken & Mededinging 2007, pag. 369), dove il tribunale si esprime a favore di una nullità relativa.
88 – Quanto al Lussemburgo, v. l’art. 10, quarto comma, della Loi du 16 juillet 1987 concernant le colportage, la vente ambulante, l’étalage de marchandises et la sollicitation de commandes, il quale prevede la nullità del contratto e la possibilità per il consumatore di eccepire tale nullità qualora egli non sia stato informato del suo diritto di recesso.
89 – V. l’art. 24, n. 1, del Colportagewet olandese, il quale stabilisce che la mancata informazione al consumatore comporta la nullità del contratto. Alla luce della generale suddivisione tra «nullità» e «annullabilità» nel diritto olandese, si tratta in questo caso di una nullità rilevabile d\'ufficio dal giudice; v. Hartkamp, A. S., Verbintenissenrecht, 2ª parte, 12ª ed., Kluwer, Deventer, 2005, pag. 484, punto 459.
90 – Come indicato al paragrafo 13 delle presenti conclusioni, dall\'art. 4 della Ley 26/1991, de 21 de noviembre, sobre contratos celebrados fuera de los establecimientos mercantiles, risulta che il contratto concluso o l\'offerta presentata in violazione dell\'obbligo di informare il consumatore del suo diritto di recesso possono essere annullati su domanda di quest\'ultimo.
91 – Per la Finlandia, v. il capitolo 6, art. 20, del Kuluttajansuojalaki 38/1978, il quale stabilisce che il contratto non vincola il consumatore, ma questi è tenuto a far valere tale inefficacia.
92 – Riguardo all\'Irlanda, v. l’art. 4, n. 1, lett. b), dell’European Communities (Cancellation of Contracts negotiated away from business premises) Regulations, 1989, il quale stabilisce inoltre che al consumatore non può essere chiesto l\'adempimento del contratto («the contract shall not be enforceable») qualora egli non sia stato informato del suo diritto di recesso.
93 – Nel Regno Unito trova applicazione l’art. 7, n. 6, del The Cancellation of Contracts made in a Consumer’s Home or Place of Work etc. Regulations 2008, il quale stabilisce che al consumatore non può essere chiesto l\'adempimento del contratto («the contract shall not be enforceable») nel caso in cui egli non sia stato informato del suo diritto di recesso.
94 – In questa sede non mi occuperò della questione se quelle norme nazionali che comunque fissano un limite temporale a tale termine più lungo siano conformi alle statuizioni della Corte nella sentenza Heininger (cit. alla nota 17).
95 – V. l’art. 3, n. 1, del Konsumentenschutzgesetz austriaco, a norma del quale il termine per il recesso dal contratto inizia a decorrere a partire dal momento in cui il consumatore viene informato del proprio diritto di recesso.
96 – Nel diritto ceco, v. l’art. 57, n. 3, dell’Občiansky zákonník – Zákon č. 40/1964, in base al quale il consumatore, ove non sia stato informato del suo diritto di recesso, può recedere dal contratto nel termine di un anno dalla data di conclusione dello stesso.
97 – Per l’Italia, v. l’art. 65, terzo comma, del Codice del consumo, in forza del quale, qualora il consumatore non sia stato informato del suo diritto di recesso, il termine per l’esercizio di quest’ultimo è prolungato a 60 giorni e decorre, per i contratti di vendita di beni, dal giorno del loro ricevimento da parte del consumatore e, per i contratti di prestazione di servizi, dal giorno della conclusione del contratto.
98 – V. l’art. 355, n. 3, del Bürgerliches Gesetzbuch (BGB) tedesco, a norma del quale il diritto del consumatore di recedere dal contratto non si estingue nel caso in cui egli non sia stato regolarmente informato di tale diritto.
99 – V. l’art. 43č, n. 4, del Zakon o varstvu potrošnikov sloveno, in forza del quale, in caso di mancata informazione al consumatore, il termine per recedere dal contratto è di tre mesi. L’art. 43č disciplina in realtà il recesso nei contratti conclusi a distanza, ma si applica mutatis mutandis, in forza dell’art. 46c, n. 4, della medesima legge, ai contratti negoziati fuori dei locali commerciali.
100 – In Belgio, una sanzione pecuniaria in caso di assenza di tale informazione è prevista dall’art. 102, punto 7, della Loi du 14/7/1991 sur les pratiques du commerce et sur l’information et la protection du consommateur.
101 – La previsione di una sanzione amministrativa pecuniaria è contenuta nell’art. 62 del Codice del consumo italiano.
102 – Proposta di direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sui diritti dei consumatori [COM(2008) 614 def.]. Tale direttiva è destinata a sostituire le direttive 85/577 e 93/13, nonché la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 maggio 1997, 97/7/CE, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza (GU L 144 del 4.6.1997, pag. 19), e la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 25 maggio 1999, 1999/44/CE, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo (GU L 171 del 7.7.1999, pag. 47). V. l’art. 47 della succitata Proposta di direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sui diritti dei consumatori [COM(2008) 614 def.] ed il memorandum esplicativo di tale proposta (pag. 3).
103 – V. l’art. 13 della Proposta di direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sui diritti dei consumatori [COM(2008) 614 def.].
104 – V. sentenza Mostaza Claro (cit. alla nota 15, punti 35‑38).
105 – V., in tal senso, anche Jordans, R., «Anmerkung zu EuGH Rs. C‑168/05 - Elisa Maria Mostaza Claro gegen Centro Móvil Milenium SL», in Zeitschrift für Gemeinschaftsprivatrecht, n. 1/2007, pag. 50; Courbe, P., Brière, C., Dionisi‑Peyrusse, A., Jault-Seseke, F., e Legros, C., «Clause compromissoire et réglementation des clauses abusives: CJCE, 26 octobre 2006», in Petites affiches, n. 152/2007, pag. 14; Poissonnier, G., e Tricoit, J.-P., «La CJCE confirme sa volonté de voir le juge national mettre en oeuvre le droit communautaire de la consommation», in Petites affiches, n. 189/2007, pag. 15.
106 – Cfr. sentenza Mostaza Claro (cit. alla nota 15, punto 37).
107 – V. sentenze Océano Grupo (cit. alla nota 13, punto 26) e Cofidis (cit. alla nota 14, punto 33). Ciò viene sottolineato anche dall’avvocato generale Mengozzi nelle conclusioni da lui presentate il 29 marzo 2007 nella causa C‑429/05, Rampion (Racc. pag. I‑8017, paragrafo 61).
108 – Sentenza Hamilton (cit. alla nota 23).
109 – Ibidem (punto 39). Su ciò viene posto l’accento anche in dottrina; v. ad esempio Mankowski, P., «Die gemeinschaftsrechtliche Kontrolle von Erlöschenstatbeständen für verbraucherschützende Widerrufsrechte», in Juristenzeitung, n. 23/2008, pag. 1143.
110 – Ibidem (punto 40).
111 – In dottrina tale aspetto viene sottolineato, ad esempio, da Kroll, K., «Vertragserfüllung als zeitliche Grenze des verbraucherschützenden Widerrufsrechts», in Neue Juristische Wochenschrift, n. 28/2008, pag. 2000. In tal senso v. anche Edelmann, H., «EuGH: Kein grenzenloser Verbraucherschutz», in Betriebs-Berater, n. 19/2008, pag. 970; Raynouard, A., «CJCE, 10 avril 2008, C‑412/06, Annelore Hamilton c/Volksbank Filder eG», in Revue de jurisprudence commerciale, n. 4/2008, pag. 305. Mi permetto di aggiungere che la Corte, nella sentenza Hamilton, ha sottolineato che il riferimento alla nozione di «obblighi che derivano dal contratto» di cui al quinto ‘considerando’ della direttiva 85/577 mostra che il consumatore può rescindere tale contratto nel corso della sua durata (sentenza Hamilton, cit. alla nota 23, punto 41, enfasi aggiunta) – beninteso a patto che egli non sia stato informato del suo diritto di recesso. Ciò comunque non depone per l’esistenza di limiti alla tutela del consumatore fintantoché le obbligazioni scaturenti dal contratto non siano ancora state adempiute.
112 – V. paragrafo 31 delle presenti conclusioni.
113 – Più precisamente, il governo austriaco sostiene che l’art. 4 della direttiva 85/577 non esige dagli Stati membri che i loro giudici nazionali siano obbligati ad attivarsi d\'ufficio. V. paragrafo 27 delle presenti conclusioni.
114 – In questa prospettiva è possibile comprendere anche il quesito pregiudiziale sollevato dal giudice e la relativa risposta della Corte nella causa Océano Grupo (cit. alla nota 13). V., in tal senso, Van Huffel, M., «La condition procédurale des règles de protection des consommateurs: les enseignements des arrêts Océano, Heininger et Cofidis de la Cour de justice», in Revue européenne de droit de la consommation, n. 2/2003, pag. 94.
115 – Ciò è quanto risulta dalla maggior parte delle versioni linguistiche del punto 1 del dispositivo della sentenza Océano Grupo (cit. alla nota 13). V. ad esempio le versioni francese («le juge national puisse apprécier d’office»), inglese («the national court being able to determine of its own motion»), tedesca («das nationale Gericht von Amts wegen prüfen kann»), italiana («il giudice nazionale […] possa valutare d’ufficio»), spagnola («el Juez nacional pueda apreciar de oficio»), portoghese («o juiz nacional possa apreciar oficiosamente») e olandese («dat de nationale rechter […] ambtshalve kan toetsen»).
116 – V. sentenza Cofidis (cit. alla nota 14, punti 32, 33 e 35). Alcune versioni linguistiche di tali punti della pronuncia impiegano due termini distinti; è il caso delle versioni francese («faculté» e «pouvoir»), italiana («facoltà» e «potere») e portoghese («faculdade» e «poder»). Altre utilizzano invece il medesimo termine; v., ad esempio, le versioni inglese («power»), tedesca («Befugnis»), spagnola («facultad») e olandese («bevoegdheid»).
117 – In proposito, mi permetto di segnalare che nel dispositivo della sentenza Mostaza Claro (cit. alla nota 15) soltanto alcune versioni linguistiche impiegano espressamente una forma imperativa – v. ad esempio le versioni inglese («must determine whether the arbitration agreement is void») o slovena («mora […] presojati ničnost arbitražnega dogovora») –, mentre altre presentano, sempre nel dispositivo della sentenza citata, l’indicativo – qual’è il caso delle versioni francese («apprécie la nullité de la convention d’arbitrage») e tedesca («die Nichtigkeit der Schiedsvereinbarung prüft»). Tuttavia, l’obbligo di esame d’ufficio risulta chiaramente dal punto 38 di tale sentenza, in numerose versioni linguistiche: francese («soit tenu d’apprécier d’office»), inglese («being required to assess of its own motion»), tedesca («von Amts wegen […] prüfen muss»), italiana («sia tenuto a valutare d’ufficio»), spagnola («deba apreciar de oficio»), portoghese («deva apreciar oficiosamente»), slovena («dolžnost […], da po uradni dolžnosti presoja») e olandese («ambtshalve dient te beoordelen»).
118 – Nell’ambito di un raffronto con la direttiva 93/13 ciò viene sottolineato da Van Huffel, op. cit. alla nota 114, pag. 97.
119 – Ibidem (punto 77).