Corte di Giustizia
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE VERICA TRSTENJAK
presentate il 14 maggio 2009

Causa C‑40/08 Asturcom Telecomunicaciones SL
contro
Cristina Rodríguez Nogueira
domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Juzgado de Primera Instancia n. 4 de Bilbao (Spagna)

Tutela dei consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive contenute nei contratti stipulati con i consumatori – Facoltà di un giudice nazionale chiamato a statuire su una domanda di esecuzione forzata di esaminare d’ufficio la questione della nullità di una clausola compromissoria – Obbligo di garantire l’efficacia della direttiva in sede di applicazione del diritto nazionale

I – Introduzione

1. Nella presente domanda di pronuncia pregiudiziale lo Juzgado de Primera Instancia n. 4 de Bilbao (in prosieguo: il «giudice del rinvio») investe la Corte di una questione pregiudiziale inerente l’interpretazione della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (2).

2. In particolare, si tratta qui di stabilire se dall’obiettivo della direttiva, che consiste nella tutela dei consumatori, si evinca che il giudice nazionale chiamato a statuire su una domanda di esecuzione forzata può esaminare d’ufficio la questione della nullità di una clausola compromissoria e, di conseguenza, annullare il lodo arbitrale, in quanto la convenzione arbitrale contiene, a suo avviso, una clausola abusiva pregiudizievole per il consumatore.

II – Contesto normativo

A – Normativa comunitaria

3. L’art. 3, n. 1, della direttiva 93/13 prevede quanto segue:

«Una clausola contrattuale, che non è stata oggetto di negoziato individuale, si considera abusiva se, malgrado il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto».

4. L’art. 6, n. 1, della medesima direttiva così recita:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

5. L’art. 7, n. 1, della direttiva è del seguente tenore:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

6. L’allegato alla direttiva contiene un elenco indicativo delle clausole che possono essere dichiarate abusive. Tra queste, il punto 1, lett. q), dell’allegato annovera le clausole che hanno per oggetto o per effetto di «sopprimere o limitare l’esercizio di azioni legali o vie di ricorso del consumatore, in particolare obbligando il consumatore a rivolgersi esclusivamente a una giurisdizione di arbitrato non disciplinata da disposizioni giuridiche, limitando indebitamente i mezzi di prova a disposizione del consumatore o imponendogli un onere della prova che, ai sensi della legislazione applicabile, incomberebbe a un’altra parte del contratto».

B – Normativa nazionale

7. Nel diritto spagnolo la tutela dei consumatori a fronte di clausole abusive è stata garantita inizialmente dalla Ley General 26/1984 para la Defensa de los Consumidores y Usuarios (legge generale n. 26/1984, relativa alla tutela dei consumatori e degli utenti) del 10 luglio 1984 (BOE n. 176 del 24 luglio 1984; in prosieguo: la «Ley 26/1984»).

8. La Ley 26/1984 è stata modificata dalla Ley 7/1998 sobre Condiciones Generales de la Contratación (legge n. 7/1998, relativa alle condizioni generali dei contratti) del 13 aprile 1998 (BOE n. 89 del 14 aprile 1998; in prosieguo: la «Ley 7/1998»), che ha recepito la direttiva nel diritto interno.

9. La Ley 7/1998 ha aggiunto alla Ley 26/1984, inter alia, un art. 10 bis il cui n. 1 così recita:

«Si considerano clausole abusive tutte quelle disposizioni contrattuali che non hanno costituito oggetto di negoziato individuale le quali, malgrado il requisito della buona fede, determinano a danno del consumatore uno squilibrio significativo dei diritti e degli obblighi contrattuali delle parti. In ogni caso, si considerano clausole abusive le disposizioni contrattuali elencate nella prima disposizione addizionale della presente legge.

(…)».

10. Ai sensi dell’art. 8 della Ley 7/1998:

«1. Sono nulle le condizioni generali pregiudizievoli per l’aderente e in contrasto con le disposizioni della presente legge o di qualsiasi altra norma imperativa, a meno che essa non sanzioni diversamente la loro violazione».

2. In particolare, sono nulle le condizioni generali abusive inserite nei contratti conclusi con i consumatori quali definite, in ogni caso, dall’art. 10 bis e dalla prima disposizione addizionale della Ley 26/1984 (…)».

11. All’epoca dei fatti di cui alla causa principale la procedura arbitrale era disciplinata dalla Ley de Arbitraje (legge n. 60/2003, relativa all’arbitrato) del 23 dicembre 2003 (BOE n. 309 del 26 dicembre 2003; in prosieguo: la «Ley 60/2003»).

12. L’art. 8, nn. 4 e 5, della Ley 60/2003 stabilisce quanto segue:

«4. Il tribunale di primo grado del luogo in cui è stato pronunciato il lodo è competente per decidere sulla sua esecuzione forzata ai sensi dell’art. 545, n. 2, del codice di procedura civile (…).

5. Il ricorso per annullamento del lodo arbitrale è proposto dinanzi all’Audiencia Provincial del luogo in cui esso è stato pronunciato».

13. L’art. 22 della Ley 60/2003 stabilisce quanto segue:

«1. Gli arbitri possono decidere in ordine alla propria competenza, incluse le eccezioni relative all’esistenza o alla validità della clausola compromissoria ed ogni altra eccezione il cui accoglimento impedisca di esaminare il merito della controversia. A tali effetti, una clausola compromissoria contenuta in un contratto è considerata indipendente dalle altre clausole contrattuali. Una decisione arbitrale che dichiari nullo il contratto non comporta di per sé la nullità della clausola compromissoria.

2. Le eccezioni di cui al precedente paragrafo devono essere sollevate al più tardi nell’atto di risposta, senza che il fatto di aver designato o concorso a designare l’arbitro costituisca un impedimento. L’eccezione relativa all’usurpazione di competenza da parte degli arbitri dev’essere proposta non appena l’arbitro tratti la materia assertivamente estranea al proprio ambito di competenza».

14. L’art. 40 della Ley 60/2003 così recita:

«È possibile chiedere l’annullamento di un lodo ai sensi delle disposizioni del presente titolo».

15. L’art. 41, n. 1, della Ley 60/2003 contiene le seguenti disposizioni:

«Un lodo può essere annullato solo qualora la parte ricorrente deduca e dimostri quanto segue:

a) che la clausola compromissoria non esiste o è invalida;

b) che non è stata debitamente informata della designazione di un arbitro o dello svolgimento del procedimento arbitrale oppure che, per qualsiasi altra ragione, non ha potuto far valere i propri diritti;

(…)

f) che il lodo è contrario all’ordine pubblico».

16. L’art. 43 della Ley 60/2003 così recita:

«Il lodo definitivo produce fra le parti effetti di cosa giudicata. Contro di esso può essere chiesta solo la revocazione conformemente alle disposizioni della Ley de Enjuiciamiento Civil [codice di procedura civile]».

17. Ai sensi dell’art. 44 della Ley 60/2003, l’esecuzione forzata dei lodi arbitrali è disciplinata dalle disposizioni del codice di procedura civile e del titolo VIII della Ley 60/2003 medesima.

18. Ai sensi dell’art. 517, n. 2, secondo comma, della Ley n. 1/2000 (codice di procedura civile) del 7 gennaio 2000 (BOE dell’8 gennaio 2000; in prosieguo: la «Ley 1/2000»), i lodi ovvero le decisioni arbitrali sono suscettibili di esecuzione forzata.

19. L’art. 556, n. 1, della Ley 1/2000 prevede il diritto dell’esecutato di proporre opposizione al decreto di esecuzione entro dieci giorni dalla notifica del medesimo.

20. L’art. 559, n. 1, della Ley 1/2000 elenca alcuni vizi di procedura che l’esecutato può opporre all’esecuzione.

III – Fatti, procedimento principale e questione pregiudiziale

21. Il 24 maggio 2004 la sig.ra María Cristina Rodríguez Nogueira (in prosieguo: la «debitrice esecutata») concludeva con l’operatore Asturcom Telecomunicaciones S. L. (in prosieguo: l’«Asturcom») un contratto di abbonamento ad una linea di telefonia mobile per privati. Tale contratto conteneva una clausola compromissoria la quale sottoponeva ogni eventuale controversia concernente l’esecuzione del contratto stesso all’arbitrato dell’Asociación Europea de Arbitraje de Derecho y Equidad (Associazione europea per l’arbitrato secondo diritto e secondo equità; in prosieguo: l’«AEADE»).

22. Nel contratto la debitrice esecutata si impegnava, inter alia, a mantenere l’abbonamento per un periodo di 18 mesi a decorrere dalla data concreta di attivazione del servizio e ad effettuare un consumo minimo di EUR 6 per ciascuna linea. Essa si impegnava al contempo a non modificare le condizioni concordate con l’operatore. Si impegnava inoltre a pagare le fatture e a non disdire l’abbonamento alle altre linee telefoniche contrattate con il medesimo operatore. Veniva inoltre convenuto che, in caso di inadempimento del contratto, la cliente fosse tenuta a versare all’operatore un importo pari a EUR 300 per linea che sarebbe stato fissato, all’occorrenza, con modalità prestabilite.

23. Poiché la debitrice esecutata non saldava alcune fatture e recedeva dal contratto prima dello scadere della sua durata minima, l’Asturcom presentava presso l’AEADE a Bilbao, il 16 febbraio 2005, una domanda di arbitrato nei suoi confronti per inadempimento del contratto.

24. Con lodo emesso il 14 aprile 2005 la debitrice esecutata veniva condannata a pagare una somma pari a EUR 669,69. Poiché essa non faceva valere in giudizio la nullità del lodo arbitrale, quest’ultimo diventava definitivo.

25. Il 29 ottobre 2007 l’Asturcom presentava una domanda di esecuzione forzata nei confronti della sig.ra Rodríguez Nogueira per la somma summenzionata ed ulteriori EUR 300 a titolo di interessi e spese.

26. Nell’ordinanza di rinvio il giudice a quo illustra innanzitutto i motivi per cui ritiene abusiva la clausola compromissoria contenuta nel contratto. Al riguardo esso rinvia in particolare alla circostanza che l’associazione cui è demandato l’arbitrato elabora essa stessa i contratti di telefonia, che nella clausola non viene né specificata la città in cui il tribunale arbitrale ha la propria sede né è prevista la possibilità di scegliere tra più città, e che i costi per recarsi presso il luogo dell’arbitrato sono superiori all’importo del credito principale.

27. Il giudice del rinvio precisa, tuttavia, che la legge spagnola sull’arbitrato non obbliga né autorizza gli arbitri ad esaminare d’ufficio le clausole compromissorie e a dichiarare la nullità di quelle che risultino nulle o abusive.

28. Il giudice del rinvio dubita della compatibilità di queste regole procedurali con il diritto comunitario. Esso ha pertanto sospeso il procedimento al fine di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se la tutela dei consumatori garantita dalla direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, possa implicare che il giudice chiamato a pronunciarsi su un’istanza di esecuzione forzata di un lodo arbitrale definitivo emesso in assenza del consumatore rilevi d’ufficio la nullità della convenzione arbitrale e, di conseguenza, annulli il lodo, in quanto ritiene che la detta convenzione contenga una clausola abusiva pregiudizievole per il consumatore».

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

29. L’ordinanza di rinvio del 29 gennaio 2008 è pervenuta alla cancelleria della Corte il 5 febbraio 2008.

30. Hanno presentato osservazioni scritte, nei termini previsti dall’art. 23 dello Statuto della Corte, i governi del Regno di Spagna e della Repubblica ungherese nonché la Commissione.

31. Poiché nessuno ha chiesto che fosse tenuta un’udienza, dopo la riunione generale del 10 febbraio 2009 la causa era matura per la predisposizione delle presenti conclusioni.

V – Argomenti sostanziali delle parti

32. L’Asturcom propone di risolvere negativamente la questione sollevata dal giudice del rinvio. Essa rammenta che, anche se l’ordinamento giuridico spagnolo non conferisce espressamente al giudice nazionale una corrispondente facoltà, esso sarebbe comunque legittimato, in forza della sentenza Mostaza Claro (3), ad esaminare d’ufficio la questione della nullità di una clausola compromissoria nell’ambito di un ricorso di annullamento. Ne conseguirebbe che la legislazione nazionale sia conforme ai requisiti fissati dal diritto comunitario nel settore della tutela dei consumatori a fronte di clausole abusive.

33. L’Asturcom sottolinea inoltre che la giurisprudenza del Tribunal Constitucional (Corte costituzionale) spagnolo equiparerebbe lodi arbitrali e decisioni giudiziarie, cosicché un lodo arbitrale che non venga impugnato entro due mesi dalla notifica – come nel caso di specie – acquisterebbe autorità di cosa giudicata analogamente ad una decisione giudiziaria irrevocabile ed esecutiva. Di conseguenza, un giudice competente per l’esecuzione di un lodo arbitrale irrevocabile non potrebbe ab initio e d’ufficio verificare se la clausola compromissoria sia valida o nulla e rifiutare, quindi, di disporre l’esecuzione forzata, come del resto avrebbe stabilito la giurisprudenza dell’Audiencia Provincial de Madrid.

34. Un’interpretazione del genere consentirebbe non solo di rispettare il principio della certezza del diritto, il quale troverebbe espressione nell’autorità di cosa giudicata, ma sarebbe altresì compatibile con la summenzionata sentenza Mostaza Claro, la quale autorizzerebbe il giudice nazionale ad accertare la nullità di una clausola compromissoria abusiva solo nell’ambito di un ricorso di annullamento avverso un lodo arbitrale non ancora definitivo.

35. I governiungherese e spagnolo propongono invece alla Corte di riconoscere al giudice nazionale chiamato a pronunciarsi su un’istanza di esecuzione forzata di un lodo arbitrale già definitivo la competenza ad esaminare la questione della nullità della clausola compromissoria. Essi fanno valere sostanzialmente argomenti analoghi, soprattutto in relazione alla possibilità di un’applicazione analogica dei principi sviluppati nella giurisprudenza.

36. Il governo ungherese fa valere in particolare che dalla giurisprudenza della Corte emergerebbe che i motivi di interesse pubblico sui quali si fonderebbe l’obiettivo di tutela della direttiva esigerebbero appunto che il giudice nazionale, soprattutto in un caso come quello che caratterizza il procedimento principale, verifichi d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contenuta in un contratto concluso con un consumatore.

37. Il governo spagnolo condivide sostanzialmente tale conclusione, procedendo ad alcuni chiarimenti in merito al diritto processuale nazionale.

38. Così, esso sottolinea che non sussisterebbe alcuna incompatibilità fra l’ordinamento giuridico dello Stato membro e l’ordinamento giuridico comunitario nel settore della tutela dei consumatori a fronte di clausole abusive. Ai sensi delle pertinenti disposizioni spagnole la validità di una clausola compromissoria potrebbe e dovrebbe essere esaminata quale questione di ordine pubblico, e non solo da parte del giudice di merito, bensì anche dal giudice dell’esecuzione, a prescindere dalla circostanza che la parte interessata sia comparsa o meno dinanzi all’arbitro ovvero dinanzi al giudice dell’esecuzione ed abbia proposto o meno impugnazione.

39. Secondo il governo spagnolo, numerose decisioni giudiziarie spagnole, fra le quali una sentenza dell’Audiencia Nacional del 9 maggio 2005, hanno accordato al giudice nazionale un potere di controllo sulle decisioni arbitrali delle quali deve disporre l’esecuzione, e segnatamente per motivi di ordine pubblico, anche qualora nessuna della parti abbia sollevato tale questione.

40. Di conseguenza, sia una corretta attuazione della tutela dei consumatori sia un’interpretazione estensiva della nozione di ordine pubblico dovrebbero mettere il giudice nazionale dell’esecuzione nella condizione di esaminare d’ufficio la validità della convenzione arbitrale e di dichiarare nullo il lodo allorché pervenga alla conclusione che la convenzione contiene una clausola abusiva.

41. La Commissione richiama innanzitutto l’attenzione su talune differenze fra la fattispecie alla base della causa in oggetto e la causa Mostaza Claro, le quali consisterebbero, in primo luogo, nel fatto che il consumatore, nel caso presente, ha assunto un atteggiamento passivo e, in secondo luogo, nel fatto che la questione del carattere abusivo della clausola compromissoria si pone non nell’ambito di un ricorso di annullamento avverso il lodo arbitrale, bensì in sede di esecuzione forzata. La Commissione riconosce altresì che i poteri di controllo di un giudice dell’esecuzione sarebbero in linea di principio più limitati rispetto a quelli di un giudice investito di un ricorso di annullamento.

42. La Commissione fa tuttavia valere che l’importanza degli obiettivi perseguiti con la direttiva renderebbe necessario che il giudice dell’esecuzione possa, in via eccezionale, verificare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola compromissoria e, se del caso, dichiararla nulla. In casi come questo di specie, nei quali il consumatore non ha impugnato il lodo arbitrale, il giudice dell’esecuzione risulterebbe essere l’unica istanza indipendente, in quanto non avrebbe alcun interesse personale al mantenimento della clausola compromissoria, e ciò lo predestinerebbe alla verifica della validità di tale clausola.

43. Da ultimo la Commissione si pronuncia sulla questione, sollevata dal giudice del rinvio, se la valutazione d’ufficio del carattere abusivo di una clausola compromissoria costituisca una facoltà o addirittura un obbligo del giudice nazionale. Sulla scorta del punto 38 nonché del dispositivo della sentenza Mostaza Claro essa conclude per l’obbligatorietà di tale verifica.

VI – Valutazione giuridica

A – Osservazioni preliminari

44. Per clausola abusiva si intende, ai termini della definizione contenuta nell’art. 3 della direttiva 93/13, una clausola formulata in anticipo unilateralmente dalla parte contraente economicamente più forte e imposta alla controparte senza che quest’ultima abbia potuto esercitare alcuna influenza sul suo contenuto. In tale contesto il carattere abusivo di una clausola si caratterizza sostanzialmente, ai sensi dell’art. 3, n. 1, per il fatto che essa, malgrado il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo ed ingiustificato squilibrio tra le parti del contratto (4).

45. La problematica delle clausole abusive nei contratti conclusi con i consumatori era nota già molto prima dell’entrata in vigore della direttiva 93/13. In una società di prestazioni di servizi e di consumi in continua espansione come quella europea l’uso di contratti standard, le cui singole clausole non sono oggetto di negoziati individuali fra le parti, si è inevitabilmente diffuso sempre di più. Il pericolo legato all’impiego di siffatte clausole contrattuali formulate in anticipo unilateralmente risiede nella mancante o insufficiente considerazione degli interessi della controparte di colui che se ne serve (5).

46. La direttiva 93/13 mira a porre rimedio a tale situazione, segnatamente attraverso un’armonizzazione parziale delle disposizioni degli Stati membri nel settore della tutela dei consumatori (6). Essa è intesa ad assicurare una tutela minima comune contro le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori negli Stati membri della Comunità. Elementi essenziali di questa direttiva sono, da un lato, la regola contenuta nell’art. 6, n. 1, in base alla quale gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute nei contratti stipulati fra un consumatore ed un professionista «non vincolano il consumatore», e, dall’altro, l’art. 7, n. 1, ai cui sensi gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci «per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

47. Gli artt. 6 e 7 della direttiva 93/13 costituiscono, sotto il profilo dogmatico‑giuridico, norme imperative di diritto secondario a tutela del consumatore le quali comportano una restrizione della libertà contrattuale quale espressione più importante dell’autonomia privata (7).

B – La competenza dei giudici nazionali ad esaminare clausole abusive secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia

48. La Corte, nelle sentenze Océano (8), Cofidis (9) e Mostaza Claro (10), ha interpretato tali disposizioni attribuendo loro un significato che consente al giudice nazionale, nell’esercizio delle sue funzioni, di procedere in maniera efficace nei confronti di clausole abusive. La causa in oggetto è influenzata in maniera determinante da tali sentenze. Occorre pertanto esaminare in prosieguo in che misura, sulla base delle affinità dei rispettivi casi di partenza, risulti ammissibile una trasposizione al caso concreto dei principi ivi sviluppati.

49. Occorre innanzitutto rammentare quali siano questi principi giurisprudenziali sulla cui scorta occorre valutare il caso di specie.

50. Punto di partenza delle considerazioni della Corte in sede di interpretazione degli artt. 6 e 7 della direttiva 93/13 era la constatazione che «il sistema di tutela istituito dalla direttiva è fondato sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere nelle trattative sia il grado di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte dal professionista, senza poter incidere sul contenuto delle stesse» (11). La Corte ha desunto da tale circostanza che «la diseguaglianza tra il consumatore e il professionista possa essere riequilibrata solo grazie a un intervento positivo da parte di soggetti estranei al rapporto contrattuale» (12).

51. La Corte ha inoltre rilevato che la facoltà per il giudice nazionale di esaminare d’ufficio l’abusività di una clausola costituisce un mezzo idoneo al conseguimento dell’obiettivo fissato dall’art. 6 della direttiva, il quale consiste nell’impedire che il singolo consumatore sia vincolato da una clausola abusiva. Essa ha considerato tale facoltà del giudice nazionale parimenti idonea a realizzare l’obiettivo dell’art. 7, dato che tale esame può avere un effetto dissuasivo e, pertanto, contribuire a far cessare l’inserimento di clausole abusive da parte di un professionista nei contratti conclusi con i consumatori (13). La Corte ha poi accertato che la facoltà di esaminare d’ufficio l’abusività di una clausola è necessaria al fine di ottenere una tutela effettiva del consumatore, tanto più che esiste il rischio non trascurabile che, soprattutto per ignoranza, il consumatore non faccia valere l’abusività della clausola oppostagli.

52. Alla luce delle considerazioni che precedono, la Corte, nella sentenza Océano (14), ha correttamente dichiarato che la tutela assicurata ai consumatori dalla direttiva 93/13 comporta che il giudice nazionale, esaminando la ricevibilità dell’istanza presentatagli, possa valutare d’ufficio l’abusività di una clausola del contratto per cui è causa.

53. Nella sentenza Cofidis (15) la Corte ha precisato la propria giurisprudenza nel senso che la competenza di un giudice nazionale a rilevare d’ufficio o a seguito di un’eccezione sollevata dal consumatore la nullità di una clausola contenuta in un contratto non può essere fatta dipendere dall’osservanza di un termine di decadenza.

54. Infine, nella sentenza Mostaza Claro (16), la Corte ha deciso che un giudice nazionale chiamato a pronunciarsi sull’impugnazione di un lodo può esaminare d’ufficio la questione della nullità dell’accordo arbitrale ed annullare il lodo, nel caso ritenga che tale accordo contenga una clausola abusiva pregiudizievole per il consumatore, anche qualora quest’ultimo non abbia fatto valere tale nullità nell’ambito del procedimento arbitrale, ma solo in quello per l’impugnazione del lodo.

55. La Corte ha motivato la sua decisione asserendo che l’obiettivo perseguito dall’art. 6 della direttiva non potrebbe essere raggiunto qualora il giudice investito di un’impugnazione di un lodo arbitrale non possa valutare la nullità di tale lodo per il solo motivo che il consumatore non ha fatto valere la nullità della clausola compromissoria nell’ambito del procedimento arbitrale (17). Una simile omissione da parte del consumatore non potrebbe dunque in alcun caso essere compensata dall’azione di terzi. Il sistema di tutela speciale creato dalla direttiva risulterebbe, secondo la Corte, definitivamente compromesso (18).

C – Esame della questione pregiudiziale

1. Sul sindacato del giudice dell’esecuzione

56. Al pari della causa Mostaza Claro la presente causa ha ad oggetto una clausola compromissoria che il giudice del rinvio considera abusiva (19). Dalla giurisprudenza della Corte si evince che spetta al giudice nazionale determinare se una clausola contrattuale soddisfi i criteri per essere qualificata abusiva ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva 93/13 (20). Ad avviso del giudice del rinvio, la clausola compromissoria controversa costituisce un ostacolo alla difesa e alla produzione di motivi da parte della sig.ra Rodríguez Nogueira, il che depone a favore della sua qualificazione ai sensi dell’art. 3, n. 3, della direttiva in combinato disposto con la lett. q) dell’allegato.

57. La causa in oggetto si distingue, tuttavia, dalla causa Mostaza Claro per il fatto che la sig.ra Rodríguez Nogueira non è né comparsa dinanzi all’arbitro né ha impugnato il lodo. Diversamente che nella causa Mostaza Claro si pone pertanto qui la questione se il giudice nazionale possa accertare il carattere abusivo di una clausola nell’ambito di un procedimento di esecuzione forzata. Un’ulteriore differenza risiede nel fatto che nella causa Mostaza Claro i consumatori avevano invocato espressamente il carattere abusivo della clausola compromissoria controversa, mentre ora il giudice del rinvio chiede se il carattere abusivo di una siffatta clausola debba essere esaminato d’ufficio in sede di decisione su un’istanza di esecuzione forzata.

58. Fatta eccezione per l’Asturcom, tutte le parti intervenute nel procedimento sostengono che il giudice nazionale deve poter rilevare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola compromissoria e dichiararla nulla anche nell’ambito di un procedimento di esecuzione forzata. Tale tesi deve essere esplicitamente condivisa.

59. A mio avviso, tale interpretazione è quella che tiene maggiormente conto dell’obiettivo di tutela del consumatore perseguito dalla direttiva 93/13. Essa è altresì conforme alla lettera dell’art. 7, n. 1, della direttiva 93/13, il quale esige espressamente dagli Stati membri l’applicazione di «mezzi adeguati ed efficaci» per tutelare i consumatori contro l’impiego di clausole abusive. Di particolare importanza per la valutazione giuridica della questione pregiudiziale è al riguardo il requisito, messo in evidenza dal legislatore comunitario, dell’efficacia delle misure di attuazione nazionali. Esso è in definitiva conforme alla costante giurisprudenza della Corte la quale esige dagli Stati membri, nell’ambito della trasposizione di una direttiva, che vengano assicurati in maniera effettiva i diritti dei singoli, qualora la direttiva conferisca tali diritti (21).

60. Né osta in alcun caso l’autonomia istituzionale e procedurale degli Stati membri, nota come «autonomia processuale». Dalla giurisprudenza costante della Corte emerge piuttosto che, in mancanza di una pertinente disciplina comunitaria, spetta a ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità di procedura dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto comunitario (22).

61. Tutto ciò deve essere valutato alla luce del fatto che il principio della tutela giurisdizionale effettiva costituisce, secondo giurisprudenza costante, un principio generale del diritto comunitario che risulta dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, è sancito dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ed è stato ribadito anche dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (23), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (24). A ciò si aggiunge che, secondo giurisprudenza costante della Corte, il diritto alla difesa è tutelato «in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e che possa sfociare in un atto per essa lesivo» (25), quindi anche nei procedimenti arbitrali (26).

62. È vero che negli ordinamenti giuridici degli Stati membri il procedimento di esecuzione forzata non ha in linea di principio ad oggetto l’esame sostanziale di un lodo arbitrale, bensì esclusivamente la sua attuazione forzata, e che inoltre la facoltà del debitore esecutato di sollevare eccezioni sostanziali nei confronti del titolo esecutivo è di regola limitata in forza del diritto degli Stati membri in materia di esecuzione forzata e dipende solo dal soddisfacimento di determinati presupposti (27). A mio avviso occorre, tuttavia, accordare al giudice nazionale un sindacato analogo anche nell’ambito del procedimento di esecuzione forzata, se non si vuole pregiudicare l’obiettivo di tutela del consumatore perseguito dalla direttiva 93/13 (28).

63. L’interpretazione opposta comporterebbe, infatti, che il carattere abusivo di una clausola contrattuale finisca col prevalere e ciò irrevocabilmente a scapito del consumatore. Si verrebbe in tal modo a creare una situazione giuridica che il legislatore comunitario intendeva assolutamente impedire in considerazione della particolare esigenza di tutela degli interessi economici del consumatore.

64. Proprio la presente fattispecie mostra in maniera particolarmente lampante che l’assenza di un corrispondente sindacato in capo al giudice dell’esecuzione non sarebbe compatibile con la direttiva 93/13. Per non subire le conseguenze negative di una clausola contrattuale nulla il consumatore dovrebbe, infatti, difendersi dalla stessa assolutamente già prima del procedimento di esecuzione, ossia nel procedimento che lo precede. Nel caso presente la sig.ra Rodríguez Nogueira, quale debitrice esecutata, avrebbe dovuto quindi partecipare già all’arbitrato, della cui legittimità il giudice del rinvio appunto dubita – in altri termini: il diritto nazionale si aspetterebbe dal consumatore la partecipazione ad un procedimento nullo, al fine di poter fare dichiarare la nullità del contratto. Tale conclusione non sarebbe accettabile e mostra che al giudice dell’esecuzione deve spettare un potere di controllo adeguato.

65. Il conseguimento dell’obiettivo della direttiva esige inoltre, come ha rilevato la Corte, che la diseguaglianza tra il consumatore e il professionista possa essere riequilibrata grazie all’intervento positivo di soggetti estranei al rapporto contrattuale (29). Stando alle informazioni del giudice del rinvio, la legge spagnola sull’arbitrato non obbliga né consente ai giudici arbitrali di esaminare d’ufficio le convenzioni arbitrali e di annullare quelle nulle o abusive (30).

66. Tuttavia, anche nel caso in cui i giudici arbitrali vi fossero obbligati o autorizzati, sussisterebbero seri dubbi sulla possibilità di considerare un arbitro sempre indipendente e neutrale, tanto più che un giudice arbitrale può eventualmente avere un interesse personale al mantenimento della clausola compromissoria per la quale risulta competente. La Commissione sottolinea a buon diritto questo problema (31). Ciò avviene, per esempio, in una situazione come quella di specie, nella quale la clausola compromissoria è stata redatta dalla stessa associazione alla quale è demandato l’arbitrato. L’esame della questione della nullità di una clausola compromissoria abusiva non può, pertanto, essere affidato esclusivamente all’arbitro. Piuttosto, tale compito deve essere conferito ad un giudice che offra tutte le garanzie di indipendenza giudiziaria richieste in uno Stato di diritto.

67. Qualora, tuttavia, l’interessato non impugni il lodo arbitrale, il che non può essere escluso proprio alla luce della frequente mancanza di esperienza negli affari da parte dei consumatori (32), e tale lodo diventi quindi definitivo, il giudice investito dell’esecuzione forzata sarà di regola l’unica e ultima istanza in grado di verificare la legittimità di una clausola contrattuale (33). È dunque logico che l’ordinamento giuridico comunitario riconosca senz’altro al giudice dell’esecuzione, proprio a causa della sua posizione unica, una tale competenza. Agli Stati membri incombe poi l’obbligo di assicurare che il giudice dell’esecuzione disponga delle necessarie competenze processuali per rigettare, una volta annullato il lodo arbitrale, la domanda di esecuzione forzata.

68. Un motivo per rigettare una richiesta di esecuzione forzata può risultare, in linea di principio, da considerazioni di tutela dell’ordine pubblico (ordre public) di uno Stato membro. Un’analoga regola di diritto internazionale è contenuta nell’art. 5, n. 2, lett. a), della Convenzione di New York del 1958 per il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze arbitrali straniere (34) nonché nell’art. 29, n. 2, della Convenzione del 1966 sulla legislazione uniforme in materia di arbitrato nell’ambito del Consiglio d’Europa (35). Alcuni Stati membri dell’Unione europea prevedono disposizioni analoghe nei loro ordinamenti giuridici (36).

69. Il diritto positivo spagnolo non accorda espressamente al giudice dell’esecuzione la facoltà di esaminare d’ufficio la validità di una clausola compromissoria. Anche il giudice a quo ne fa menzione nella sua ordinanza di rinvio. Il sindacato di un giudice spagnolo dell’esecuzione, come nella maggior parte degli Stati membri della Comunità, è pertanto limitato e inteso piuttosto a verificare il rispetto delle formalità della procedura di esecuzione forzata. Occorre tuttavia rilevare che, negli anni passati, diversi giudici spagnoli investiti dell’esecuzione di lodi arbitrali hanno respinto domande di esecuzione forzata asserendo che i lodi arbitrali controversi non fossero compatibili con l’ordine pubblico (37). Una parte considerevole della giurisprudenza (38) e della dottrina (39) spagnole sembra condividere tale posizione. Un recente indirizzo giurisprudenziale perviene sostanzialmente alla medesima conclusione ed indica nell’esigenza della tutela dei consumatori il motivo per un corrispondente sindacato del giudice dell’esecuzione (40). Nonostante ciò, la situazione giuridica spagnola, in assenza di un’univoca giurisprudenza di ultimo grado, non sembra a tutt’oggi perfettamente chiara.

70. Il recepimento da parte dell’ordinamento giuridico comunitario di un principio di diritto riconosciuto nel diritto internazionale ma anche negli ordinamenti giuridici di alcuni Stati membri dell’Unione europea, principio il quale vieta l’esecuzione di un lodo arbitrale che viola l’ordine pubblico, mi sembra opportuno alla luce della circostanza che la Corte, nella sentenza Mostaza Claro, ha implicitamente annoverato le disposizioni comunitarie a tutela del consumatore contenute nella direttiva 93/13 tra le disposizioni di ordine pubblico (41). Da tale circostanza la Corte ha desunto la legittimità dell’annullamento di un lodo arbitrale che violi una di tali disposizioni.

71. Come dichiarato dalla Corte in quella sentenza, la disposizione imperativa di cui all’art. 6, n. 1, della direttiva 93/13, ai sensi del quale le clausole abusive contenute in un contratto concluso tra un consumatore e un professionista «non vincolano il consumatore», esige che il giudice nazionale verifichi d’ufficio la natura abusiva di una clausola contrattuale, ponendo in tal modo un argine allo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista (42). Dall’altro lato, la direttiva 93/13, che ha lo scopo di rafforzare la tutela dei consumatori, costituisce, secondo la Corte, un provvedimento ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. t), CE, indispensabile per l’adempimento dei compiti affidati alla Comunità e, in particolare, per l’innalzamento del livello e della qualità della vita al suo interno (43).

72. Sono naturalmente consapevole del fatto che l’interpretazione degli artt. 6 e 7 della direttiva 93/13 sostenuta in questa sede potrebbe sfociare in una deroga al principio dell’autorità di cosa giudicata sancito negli ordinamenti giuridici di alcuni Stati membri, ponendo così necessariamente la questione di come armonizzare tale interpretazione con la giurisprudenza elaborata sinora dalla Corte in materia di autorità di cosa giudicata di atti giuridici e di sentenze nazionali definitivi contrari al diritto comunitario.

73. Nella sentenza Kapferer (44) la Corte ha rammentato l’importanza che il principio dell’autorità di cosa giudicata riveste sia nell’ordinamento giuridico comunitario sia negli ordinamenti giuridici nazionali e ha confermato il principio secondo il quale, al fine di garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici sia una buona amministrazione della giustizia, le decisioni giurisdizionali divenute definitive dopo l’esaurimento delle vie di ricorso disponibili o dopo la scadenza dei termini previsti per questi ricorsi non dovrebbero più essere rimesse in discussione. Inoltre, fondandosi sulla sentenza Eco Swiss (45), la Corte ha deciso che il principio di cooperazione derivante dall’art. 10 CE non impone ad un giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne allo scopo di riesaminare ed annullare una decisione giudiziaria passata in giudicato qualora risulti che questa viola il diritto comunitario (46).

74. La Corte ha tuttavia risolto questo rapporto conflittuale fra la certezza del diritto e la tutela dei consumatori chiarendo implicitamente che il principio dell’autorità di cosa giudicata è soggetto alla condizione dell’osservanza dei principi di equivalenza e di effettività. Nel disciplinare le modalità di procedura dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la salvaguardia dei diritti derivanti, per i privati, dall’effetto diretto delle norme comunitarie, gli Stati membri devono infatti far sì che tali modalità non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) e non siano strutturate in modo da rendere in pratica impossibile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) (47).

75. Sulla scorta delle considerazioni che precedono, e soprattutto alla luce della necessità di un’effettiva tutela dei consumatori (48) nonché avuto riguardo alla giurisprudenza della Corte (49), la quale esige espressamente un intervento positivo di una parte terza, estranea alle parti del contratto, sono convinta che una deroga al principio dell’autorità di cosa giudicata possa, in via eccezionale, essere necessaria.

76. Dall’insieme delle considerazioni sin qui svolte si evince che il giudice nazionale deve respingere una domanda di esecuzione forzata fondata su un lodo arbitrale definitivo emesso in assenza del consumatore, ed annullare il lodo stesso qualora pervenga alla conclusione che il compromesso arbitrale contiene una clausola abusiva pregiudizievole per il consumatore (50).

2. Obbligo di verifica del giudice dell’esecuzione

77. Nonostante la questione pregiudiziale non sia al riguardo del tutto chiara, il giudice del rinvio sembra chiedere alla Corte altresì se il giudice dell’esecuzione sia non solo legittimato, bensì anche obbligato ad esaminare d’ufficio la natura abusiva di una clausola compromissoria.

78. In proposito occorre rilevare che la Corte, sia nella sentenza Oceano (51) che nella sentenza Cofidis (52), ha parlato della «facoltà» ovvero del «potere» del giudice nazionale di valutare d’ufficio la natura abusiva di una clausola. Ciò consentirebbe a prima vista di concludere nel senso che il giudice nazionale, pur potendo esaminare la natura abusiva di una clausola, non vi è tuttavia obbligato. Una siffatta interpretazione di quelle sentenze terrebbe tuttavia a malapena conto del fatto che al centro delle considerazioni della Corte si trovava l’obiettivo di tutela dei consumatori perseguito dalla direttiva 93/13.

79. La Corte ha ritenuto particolarmente importante sottolineare che un tale sindacato giurisdizionale è idoneo ad esplicare un effetto dissuasivo e a contribuire a porre fine all’impiego, da parte dei professionisti, di clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori. Ritengo che l’effetto dissuasivo perseguito da una siffatta verifica verrebbe, tuttavia, considerevolmente ridotto qualora questa fosse rimessa esclusivamente alla discrezionalità del giudice dell’esecuzione. La tutela dei consumatori verrebbe invece assicurata, in conformità dei precetti del diritto comunitario, qualora il giudice dell’esecuzione fosse giuridicamente obbligato a procedere ad una siffatta verifica (53).

80. Questa tesi sembra essere alla base anche della sentenza Mostaza Claro. In tale sentenza la Corte ha constatato che l’importanza che la tutela dei consumatori riveste all’interno dell’ordinamento giuridico comunitario giustifica che «il giudice nazionale sia tenuto a valutare d’ufficio la natura abusiva di una clausola contrattuale, in tal modo ponendo un argine allo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista»(54).

81. Di conseguenza, la Corte, in quella sentenza, ha altresì deciso che «la direttiva 93/13 dev’essere interpretata nel senso che essa implica che un giudice nazionale chiamato a pronunciarsi sull’impugnazione di un lodo arbitrale rilevi la nullità dell’accordo arbitrale ed annulli il lodo, nel caso ritenga che tale accordo contenga una clausola abusiva, anche qualora il consumatore non abbia fatto valere tale nullità nell’ambito del procedimento arbitrale, ma solo in quello per l’impugnazione del lodo» (55). Come osservavo sopra, la Corte ha sostanzialmente motivato la propria decisione asserendo che le disposizioni comunitarie poste a tutela dei consumatori costituiscono disposizioni di ordine pubblico.

82. Dalle suesposte considerazioni consegue dunque che il diritto comunitario impone al giudice nazionale un obbligo di verifica.

VII – Conclusione

83. Alla luce delle considerazioni che precedono propongo alla Corte di rispondere come segue al Juzgado de Primera Instancia n. 4 de Bilbao:

«Dall’obiettivo di tutela dei consumatori garantito dalla direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, si evince che il giudice chiamato a pronunciarsi su un’istanza di esecuzione forzata di un lodo arbitrale definitivo emesso in assenza del consumatore deve esaminare d’ufficio la questione della nullità della convenzione arbitrale e, di conseguenza, annullare il lodo qualora ritenga che la detta convenzione contiene una clausola abusiva pregiudizievole per il consumatore».

1 – Lingua originale: il tedesco.

2 – GU L 95, pag. 29.

3 – Sentenza 26 ottobre 2006, causa C‑168/05 (Racc. pag. I‑10421).

4 – Kohles, S., Das Recht der vorformulierten Vertragsbedingungen in Spanien – Die Umsetzung der Richtlinie 93/13/EWG über missbräuchliche Klauseln in Verbraucherverträgen, Francoforte sul Meno 2004, pag. 56.

5 – Baier, K., Europäische Verbraucherverträge und missbräuchliche Klauseln – Die Umsetzung der Richtlinie 93/13/EWG über missbräuchliche Klauseln in Verbraucherverträgen in Deutschland, Italien, England und Frankreich, Amburgo 2004, pag. 2.

6 – Anche la direttiva 93/13, così come la direttiva 85/577/CEE per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, la direttiva 97/7/CE in materia di contratti a distanza nonché la direttiva 1999/44/CE su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo, si fonda sull’approccio dell'armonizzazione minima. Tale approccio viene abbandonato espressamente nella proposta della Commissione 8 ottobre 2008 di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sui diritti dei consumatori, COM(2008) 614 def., la quale mette insieme queste quattro direttive creando un unico strumento orizzontale. Il progetto di direttiva abbraccia adesso un approccio di armonizzazione completa, con la conseguenza che gli Stati membri non possono mantenere o adottare disposizioni divergenti da quelle fissate nella direttiva. La proposta intende contribuire al corretto funzionamento del mercato interno tra imprese e consumatori e al conseguimento di un elevato livello comune di tutela dei consumatori mediante l'armonizzazione completa degli aspetti fondamentali del diritto contrattuale dei consumatori che sono pertinenti per il mercato interno.

7 – V., sulla restrizione della libertà contrattuale ad opera di atti giuridici comunitari, Basedow, J., «Die Europäische Union zwischen Marktfreiheit und Überregulierung – Das Schicksal der Vertragsfreiheit», Sonderdruck aus Bitburger Gespräche Jahrbuch 2008/I, Monaco di Baviera 2009. Secondo l’Autore, il diritto comunitario secondario, qualora abbia ad oggetto contratti privati, riveste carattere prevalentemente imperativo. La maggior parte delle disposizioni restringono la libertà contrattuale, solo poche rimandano espressamente alla facoltà delle parti di disciplinare per contratto un determinato oggetto. In dottrina, la libertà contrattuale viene intesa quale la massima espressione dell’autonomia privata e quindi quale garanzia individuale. Sull’autonomia privata si v., sotto il profilo giuridico‑comparatistico, nella dottrina tedesca, Larenz, K., Wolf, M., Allgemeiner Teil des bürgerlichen Rechts, 9a edizione, Monaco di Baviera 2004, punto 2; nel diritto austriaco, Koziol, H., Welser, R., Grundriss des bürgerlichen Rechts. Band I: Allgemeiner Teil – Sachenrecht – Familienrecht, 11a edizione, Vienna 2000, pag. 84; nel diritto francese, Aubert, J.-L., Savaux, É., Les obligations. 1. Acte juridique, 12a edizione, Parigi 2006, pag. 72, punto 99, e, nel diritto spagnolo, Díez-Picazo, L./Gullón, A., Sistema de derecho civil, vol. I, 10a edizione, Madrid 2002, pag. 369 e seg. Questi ultimi affermano che l’autonomia privata viene limitata sotto il profilo giuridico dalle norme imperative e dalle norme di ordine pubblico.

8 – Sentenza 27 giugno 2000, cause riunite da C‑240/98 a C‑244/98, Océano (Racc. pag. I‑4941).

9 – Sentenza 21 novembre 2002, causa C‑473/00, Cofidis (Racc. pag. I‑10875).

10 – Cit. alla nota 3.

11 – Sentenze Océano (cit. alla nota 8, punto 25) nonché Mostaza Claro (cit. alla nota 3, punto 25).

12 – Sentenze Océano (cit. alla nota 8, punto 27) nonché Mostaza Claro (cit. alla nota 3, punto 26).

13 – Sentenze Océano (cit. alla nota 8, punto 28); Cofidis (cit. alla nota 9, punto 32) nonché Mostaza Claro (cit. alla nota 3, punto 27).

14 – Cit. alla nota 8, punto 29.

15 – Cit. alla nota 9, punto 38.

16 – Cit. alla nota 3, punto 39.

17 – Ibidem, punto 30.

18 – Ibidem, punto 31.

19 – V. il punto terzo dell’ordinanza di rinvio.

20 – V. sentenze 1° aprile 2004, causa C‑237/02, Freiburger Kommunalbauten (Racc. pag. I‑3403, punto 22), e Mostaza Claro (cit. alla nota 3, punto 23).

21 – V. sentenze 22 giugno 1989, causa 103/88, Fratelli Constanzo (Racc. pag. 1839, punti 29 e segg.), e 30 maggio 1991, causa C‑208/90, Emmott (Racc. pag. I‑4269, punti 20 e segg.). In tal senso anche Schroeder, W., EUV/EGV – Kommentar (a cura di Rudolf Streinz), art. 249, punto 96, pag. 2183. Sull’obbligo degli Stati membri di assicurare l’efficacia pratica (effet utile) di una direttiva allorché viene trasposta nel diritto nazionale, v. sentenza 8 aprile 1976, causa 48/75, Royer (Racc. pag. 497).

22 – V., in tal senso, sentenze 16 dicembre 1976, causa 33/76, Rewe (Racc. pag. 1989, punto 5), e causa 45/76, Comet (Racc. pag. 2043, punto 13); 14 dicembre 1995, causa C‑312/93, Peterbroeck (Racc. pag. I‑4599, punto 12), nonché le sentenze 20 settembre 2001, causa C‑453/99, Courage e Crehan (Racc. pag. I‑6297, punto 29); 11 settembre 2003, causa C‑13/01, Safalero (Racc. pag. I‑8679, punto 49); 13 marzo 2007, causa C‑432/05, Unibet (Racc. pag. I‑2271, punto 39); 7 giugno 2007, cause riunite da C‑222/05 a C‑225/05, van der Weerd e a. (Racc. pag. I‑4233, punto 28), nonché 12 febbraio 2008, causa C‑2/06, Kempter (Racc. pag. I‑411, punto 57).

23 – GU C 364, pag. 1.

24 – Sentenze 15 maggio 1986, causa 222/84, Johnston (Racc. pag. 1651, punti 18 e 19); 15 ottobre 1987, causa 222/86, Heylens e a. (Racc. pag. 4097, punto 14); 27 novembre 2001, causa C‑424/99, Commissione/Austria (Racc. pag. I‑9285, punto 45); 25 luglio 2002, causa C‑50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio (Racc. pag. I‑6677, punto 39), nonché 19 giugno 2003, causa C‑467/01, Eribrand (Racc. pag. I‑6471, punto 61).

25 – V. sentenze 29 giugno 1994, causa C‑135/92, Fiskano/Commissione (Racc. pag. I‑2885, punto 39), e 24 ottobre 1996, causa C‑32/95 P, Commissione/Lisrestal e a. (Racc. pag. I‑5373, punto 21).

26 – V. paragrafo 59 delle conclusioni dell’avvocato generale Tizzano 27 aprile 2006 nella causa Mostaza Claro (sentenza cit. alla nota 3).

27 – L’autorità competente per l’esecuzione si atterrà di regola al titolo esecutivo e non verificherà essa stessa l’esistenza o meno del diritto oggetto di esecuzione, in quanto al riguardo decide il giudice della causa (v. Béguin, J./Ortscheidt, J./Seraglini, C. «La convention d'arbitrage», La Semaine juridique – Édition Générale, giugno 2007, n. 26, pag. 17). Eccezioni possono risultare, a seconda dell’ordinamento giuridico nazionale, nel caso dell’adempimento e della moratoria, qualora il debitore esecutato possa dimostrarle mediante determinati documenti. Al debitore esecutato spettano, in linea di principio, mezzi di impugnazione con i quali può far valere vizi procedurali dell’autorità competente per l’esecuzione. A seconda dell’ordinamento giuridico lo stesso dispone di diverse possibilità di sollevare eccezioni sostanziali contro l’esecuzione forzata (v. Schellhammer, K., Zivilprozess, 10a ed., Heidelberg 2003, pag. 109 e seg., punti 219 e 223; Lackmann, R., Zwangsvollstreckungsrecht mit Grundzügen des Insolvenzrechts, 6a ed., Monaco di Baviera 2003, pag. 80, punto 210).

28 – In tal senso anche Jordans, R., «Anmerkung zu EuGH Rs. C‑168/05 – Elisa Maria Mostaza Claro gegen Centro Móvil Milenium SL», Zeitschrift für Gemeinschaftsprivatrecht, 2007, pag. 50. Nonostante sia in linea di principio preclusa, nel procedimento inteso al riconoscimento e all’esecuzione del lodo arbitrale, la proposizione di eccezioni che potevano essere sollevate già in sede di arbitrato, l’Autore ritiene plausibili deroghe a tale regola in presenza di una violazione dell’ordre public.

29 – V. paragrafo 50 delle presenti conclusioni.

30 – V. il punto quarto dell’ordinanza di rinvio.

31 – V. punto 37 delle osservazioni della Commissione. Picó i Junoy, J., «El abuso del arbitraje por parte de ciertas instituciones arbitrales», DiarioLa Ley, Jahr XXVI, n. 6198, rimanda parimenti al pericolo della parzialità di un arbitro. L’Autore rinviene in via eccezionale un motivo per respingere la domanda di esecuzione forzata, allorché sussistano elementi che supportino tale parzialità.

32 – V. paragrafo 51 delle presenti conclusioni.

33 – In tal senso Sinne Picó i Junoy, J., op. cit. (nota 31).

34 – Disponibile sul sito Internet della Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (United Nations Commission on International Trade Law, UNCITRAL) http://www.uncitral.org. La Convenzione, all’art. 5, n. 2, lett. a), stabilisce quanto segue: «Recognition and enforcement of an arbitral award may also be refused if the competent authority in the country where recognition and enforcement is sought finds that: (…) (b) The recognition or enforcement of the award would be contrary to the public policy of that country [Il riconoscimento e l’esecuzione di una sentenza arbitrale potranno essere negati se l’autorità competente del paese dove sono domandati riscontra che: (…) b) il riconoscimento o l’esecuzione della sentenza sia contrario all’ordine pubblico]». Picó i Junoy, J., op. cit. (nota 31), ritiene che il diritto spagnolo debba essere interpretato alla luce di questa disposizione di diritto internazionale. Il giudice nazionale dovrebbe pertanto rigettare la domanda di esecuzione forzata annullando il lodo arbitrale.

35 – Disponibile sul sito Internet del Consiglio d’Europa. La Convenzione prevede, all’art. 29, quanto segue: «(1) An arbitral award may be enforced only when it can no longer be contested before arbitrators and when an enforcement formula has been apposed to it by the competent authority on the application of the interested party. (2) The competent authority shall refuse the application if the award or its enforcement is contrary to ordre public or if the dispute was not capable of settlement by arbitration [1) Una sentenza arbitrale può essere eseguita solo se non è più impugnabile dinanzi a un arbitro e se, su domanda della parte interessata, l’autorità competente vi abbia apposto la formula esecutiva. 2) L’autorità competente rifiuterà l’attuazione se la sentenza arbitrale o la sua esecuzione sia contraria all’ordine pubblico o se un arbitrato non sia possibile]».

36 – In Germania, le disposizioni rilevanti sono contenute nel codice di procedura civile (ZPO). Ai sensi dell’art. 1060, n. 1, ZPO, l’esecuzione forzata ha luogo se il lodo arbitrale viene dichiarato esecutivo. L’art. 1060, n. 2, ZPO, stabilisce che, dietro annullamento del lodo arbitrale, la domanda di esecuzione forzata deve essere respinta in presenza di uno dei motivi di annullamento elencati all’art. 1059, n. 2. L’art. 1059, n. 2, secondo comma, lett. b), ZPO, prevede un motivo speciale di annullamento. Ai sensi di tale disposizione il lodo arbitrale può essere annullato se il giudice accerta che il riconoscimento o l’esecuzione del lodo viola l’ordine pubblico (ordre public). I motivi di annullamento di cui all’art. 1059, n. 2, secondo comma, ZPO, devono essere presi in considerazione ‑ d’ufficio (Senat, BGHZ 142, 204, 206) ‑ nella procedura di esecuzione forzata, anche dopo lo scadere dei termini previsti per la domanda di annullamento (art. 1059, n. 3, ZPO). In Belgio, l’art. 1710, n. 1, del codice giudiziario (Code Judiciaire) prevede che l’esecuzione forzata di un lodo arbitrale può essere disposta solo dal Presidente del tribunale di primo grado su domanda della parte interessata. L’art. 1710, n. 3, prescrive che il Presidente respinga la domanda se il lodo viola, inter alia, l’ordine pubblico (ordre public).

37 – V., per esempio, ordinanze dell’Audiencia Provincial de Madrid (sección 14) 28 luglio 2005 (rec. num. 302/2005) e 29 luglio 2005 (rec. num. 155/2005).

38 – V. sentenza del Tribunal Supremo 6 novembre 2007, n. 8. In tale sentenza il Tribunal Supremo dichiara che le competenze conferite al giudice dell’esecuzione gli consentono di verificare il rispetto del primato del diritto comunitario nonché degli altri motivi di ordine pubblico. Il Tribunal Supremo non fa riferimento, tuttavia, ad alcun fondamento normativo per la sua tesi.

39 – V. Picó i Junoy, J., op. cit. (nota 31), Lorca Navarrete, A. M., «Los motivos de la denominada acción de anulación contra el laudo arbitral en la vigente ley de arbitraje», Diario La Ley, n. 6005.

40 – V., per esempio, ordinanze dell’Audiencia Provincial de Madrid (sección 21) 10 giugno 2008 (rec. num. 694/2007), 19 giugno 2007 e 24 maggio 2007.

41 – Sentenza Mostaza Claro (cit. alla nota 3, punto 38). Anche la dottrina condivide questa interpretazione. Jordans, R., op. cit. (nota 28), pag. 50, intende la sentenza nel senso che la Corte ha considerato la clausola in questione talmente abusiva da farne questione di ordine pubblico. Secondo Loos, M., «Case: ECJ – Mostaza Claro», European Review of Contract Law, 2007, vol. 4, pag. 443, la Corte ha attribuito alle disposizioni imperative della direttiva concernenti la tutela dei consumatori il rango di norme di ordine pubblico, come già in precedenza alle disposizioni in materia di concorrenza. Poissonnier, G./Tricoit, J.‑P., «La CJCE confirme sa volonté de voir le juge national mettre en oeuvre le droit communautaire de la consommation», Petites affiches, settembre 2007, n. 189, pag. 15, riconoscono che la Corte, diversamente dalla Commissione, non ha qualificato espressamente come norme di ordine pubblico le disposizioni comunitarie concernenti la tutela dei consumatori. Essi ritengono, tuttavia, che le allegazioni della Corte in tale sentenza possono essere intese in tal senso. Secondo Courbe, P./Brière, C./Dionisi-Peyrusse, A./Jault-Seseke, F./Legros, C., «Clause compromissoire et réglementation des clauses abusives: CJCE, 26 octobre 2006», Petites affiches, 2007, n. 152, pag. 14, tale giurisprudenza comporta che le disposizioni concernenti la tutela dei consumatori contenute nella direttiva 93/13 divengono norme di ordine pubblico.

42 – Sentenza Mostaza Claro (cit. alla nota 3, punto 38).

43 – Ibidem, punto 37.

44 – Sentenza 16 marzo 2006, causa C‑234/04 (Racc. pag. I‑2585, punto 20).

45 – Sentenza 1° giugno 1999, causa C‑126/97 (Racc. pag. I‑3055, punti 46 e 47).

46 – Sentenza Kapferer (cit. alla nota 44, punto 24).

47 – Sentenza Kapferer (cit. alla nota 44, punto 22).

48 – V. paragrafo 59 delle presenti conclusioni.

49 – V. paragrafo 50 delle presenti conclusioni.

50 – In tal senso anche Azparren Lucas, A., «Intervención judicial en el arbitraje – La apreciación de oficio de cláusulas abusivas y de la nulidad del convenio arbitral», Diario La Ley, anno XXVIII, n. 6789, il quale commenta la sentenza Mostaza Claro e ritiene che la soluzione della questione oggetto della presente causa dovrebbe sostanzialmente fondarsi sui medesimi argomenti sostenuti nella causa Mostaza Claro. A suo avviso, la Corte si fonda, in quella sentenza, sul principio di effettività, ai sensi del quale l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto comunitario non deve essere reso eccessivamente difficile.

51 – Cit. alla nota 8, punto 25

52 – Cit. alla nota 9, punti 32, 33 e 35.

53 – In tal senso anche Van Huffel, M., «La condition procédurale des règles de protection des consommateurs: les enseignements des arrets Océano, Heininger et Cofidis de la Cour de Justice», Revue européenne de droit de la consommation, 2003, S. 97, il quale sostiene che gli obiettivi perseguiti dalla Corte sarebbero realizzabili solo qualora il giudice nazionale fosse obbligato ad accertare d’ufficio la natura abusiva di una clausola contrattuale.

54 – Sentenza Mostaza Claro (cit. alla nota 3, punti 35‑38). V. le diverse versioni linguistiche della sentenza, come per esempio la versione linguistica spagnola («deba apreciar de oficio»), quella tedesca («von Amts wegen … prüfen muss»), quella francese («soit tenu d’apprécier d’office»), quella inglese («being required to assess of its own motion»), quella italiana («sia tenuto a valutare d’ufficio»), quella olandese («ambtshalve dient te beoordelen») e quella portoghese («deva apreciar oficiosamente»).

55 – Sentenza Mostaza Claro (cit. alla nota 3, punto 38). In tal senso viene intesa anche dalla dottrina. V. Jordans, R., op. cit. (nota 28), e Poissonnier, G./Tricoit, J.‑P., op. cit. (nota 41).